Il caso

Conservazione digitale, ecco perché è importante anche a processo

Una sentenza della Corte di Cassazione sottolinea il valore della conservazione digitale, una fase dell’iter di gestione dei documenti informatici che troppo spesso è trascurata: vediamo qual è la sua utilità e quali sono i riferimenti normativi

Pubblicato il 24 Set 2020

Nicola Savino

esperto digitalizzazione a norma dei processi aziendali

giustizia e intelligenza artificiale

Un’interessante sentenza della Corte di Cassazione sez. Lavoro (11 febbraio 2019 n. 3912) chiarisce l’importanza della conservazione a norma dei documenti informatici. Nell’attuale quadro normativo e con l’introduzione delle nuove linee guida AGID sulla conservazione dei documenti informatici, anche nell’ottica dell’eliminazione dell’accreditamento per i conservatori, è fondamentale rimarcare il concetto che garantire le caratteristiche di autenticità, integrità e immodificabilità nel tempo dei documenti è una necessità.

La normativa di riferimento

Si premette che nella sentenza sopra citata la Corte di Cassazione richiama quanto stabilito dall’art. 20 del Codice dell’Amministrazione Digitale (d.lgs. 82/2005), nel testo precedente le modifiche apportate dal d.lgs. 217/2017 (che rileva nel caso di specie), il quale prevedeva al comma 1 la validità e rilevanza agli effetti di legge della registrazione su supporto informatico conforme alle regole tecniche di cui all’articolo 71 aggiungendo al comma 1 bis, che l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità.

È evidente, però, che questa sentenza si applica anche all’attuale Codice dell’Amministrazione Digitale, in quanto valgono le stesse considerazioni di seguito esposte, anche alla luce delle recenti pubblicazione delle Linee Guida di Agid sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici.

Il ricorso alla Suprema Corte

Secondo il ricorrente nel caso di specie “la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che in base alla normativa richiamata il documento informatico ha valore probatorio, valutabile “tenuto conto delle sue caratteristiche soggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità” e che comunque l’art. 116 c.p.c., comma 2, non può essere interpretato nel senso di rendere rilevante ai fini della prova di un fatto la produzione in giudizio dell’unico documento a disposizione della parte che lo attesti, quando lo stesso non è intelligibile se non attraverso appropriati mezzi informatici. Aggiunge che l’integrità del documento informatico e l’assenza di sue manipolazioni sono elementi indicati dalla legge quali attestanti la sua piena idoneità probatoria e che impongono l’indagine peritale necessaria alla lettura”.

Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Suprema corte di Cassazione ribadisce che il valore di prova legale del supporto informatico è subordinato al rispetto delle relative regole tecniche di produzione e conservazione, ed in difetto, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta ed il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio.

La sentenza in commento anche se richiama una normativa abrogata ha il merito di ribadire l’importanza della conservazione digitale a norma. Anche le recenti Linee Guida Agid, rimarcano l’obbligatorietà della conservazione, dimostrando quanto questo processo, sia fondamentale per garantire la validità legale del tempo dei dati e dei documenti digitali o divenuti digitali a seguito di trasformazione da documento analogico. Ad esempio la conservazione, come indicato dalle Linee Guida, garantisce la validità nel tempo, anche in merito alla obsolescenza tecnologica. Come esempio pratico, pensiamo alla firma digitale di un documento che tra molti anni potrebbe essere diventata una tecnologia obsoleta, minando la validità legale del documento. Problema che verrebbe risolto appunto, dal processo di conservazione digitale. Infatti nella sentenza richiamata, per dirlo in parole semplici, la parte che ha effettuato il ricorso in Cassazione è risultata soccombente perché la documentazione depositata non appariva leggibile e/o consultabile da parte dei giudici, e quindi non aveva alcun valore probatorio.

Perché non bisogna trascurare la conservazione

La costante evoluzione della tecnologia rende obsoleti i documenti digitali sia che essi siano conservati su supporti obsoleti, sia che essi non siano più leggibili a causa dell’obsolescenza del formato. Non possiamo continuare a pensare di conservare i documenti informatici sul desktop del nostro pc o all’interno di server aziendali, anche eventualmente sicuri, senza preoccuparci di assicurare immodificabilità al contenuto e leggibilità nel tempo. Un documento non leggibile, non ricercabile è un documento che semplicemente non esiste. La transizione dall’analogico al digitale comporta la necessità di provvedere alla conservazione digitale dei processi aziendali così da essere certi di poter contare su un impianto documentale “forte” tale da assicurare l’efficacia probatoria prevista dall’art. 2702 c.c.

Sicuramente bisogna ribadire che è di fondamentale importanza pensare all’intero ciclo del documento informatico dalla formazione, passando per la gestione dei documenti informatici ed in ultimo all’archiviazione e conservazione. Tuttavia troppo spesso l’ultima fase del ciclo di vita del documento informatico viene tralasciata pensando che archiviare un documento equivalga a conservarlo ma non è assolutamente così. La conservazione digitale consolida il documento informatico assicurando le caratteristiche di affidabilità, integrità e immodificabilità e garantendone l’intellegibilità nel tempo. In definitiva un documento così correttamente formato, gestito e conservato a norma avrà l’efficacia probatoria della scrittura privata ai sensi dell’art. 2702 c.c.

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