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Conservazione digitale, norme ignorate dalle PA locali: il sondaggio

La conservazione dei documenti digitali è un aspetto fortemente sottovalutato dalle pubbliche amministrazioni. In che misura cerca di mostrarlo un’indagine esplorativa condotta dall’Università della Calabria Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Pubblicato il 26 Set 2017

Roberto Guarasci

professore Documentazione e Scienze dell’informazione

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Nel marzo 2017 il Laboratorio di Documentazione dell’Università della Calabria, in collaborazione con l’Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha avviato un’indagine esplorativa per rilevare il livello di digitalizzazione delle Pubbliche Amministrazioni con particolare attenzione ai sistemi di conservazione dei documenti digitali.

Le motivazioni dell’indagine originavano dalla crescente constatazione che in tema di conservazione del digitale, a fronte di un quadro normativo ragionevolmente completo, le pubbliche amministrazioni non avessero ben capito che si era passati dal digitale come copia di lavoro dell’analogico, al digitale nativo con il conseguente rischio di distruzione/dispersione degli originali in assenza di politiche di conservazione mirate. Il mantra ricorrente, anche in grandi amministrazioni, era: “comunque noi stampiamo” ignorando che quell’azione generava una copia analogica di documento digitale, valida si ma pur sempre una copia e che l’originale era l’altro, il digitale.

I rischi della mancanza di politiche di conservazione a fronte di una crescente obbligatorietà di produzione di documenti originali nativi sono ovvi e rilevanti. Volevamo però capire quanto questa percezione avesse un fondamento e quanto influissero alcuni elementi di discrimine come la localizzazione geografica, le dimensioni o la tipologia dell’amministrazione produttrice.

Il questionario è stato strutturato in tre sezioni: la prima riguardava domande di carattere generale sull’ICT e sulle politiche di digitalizzazione, la seconda più specifica sulla conservazione digitale dei documenti e l’ultima sullo stato di realizzazione delle eventuali azioni intraprese, sui fattori abilitanti e sul quelli ostativi. È stato inviato a tutte le amministrazioni censite in indicepa.gov.it.

A fronte di 22,799 questionari inviati a Pubbliche Amministrazioni (22.391), Gestori di pubblici servizi (339) e Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza (23) sono pervenute 2,989 risposte diffuse su tutto il territorio nazionale.

Il dato più rilevante che emerge dalle risposte pervenute è proprio l’assenza di riscontro alle domande relative alla conservazione (45%) che denota sicuramente una scarsa sensibilità verso il problema. Tra le risposte positive la stragrande maggioranza (89,5%) si avvale di conservatori accreditati. Il panorama regionale è, poi, estremamente variegato ma se si sommano le non risposte alle risposte negative si delinea un quadro nazionale sostanzialmente poco confortante.

Da un’analisi granulare del panorama nazionale emerge che la domanda relativa alla messa in essere di un sistema di protocollo e gestione documentale ha fatto registrare in Umbria il 49,2% di risposte positive, ma a fronte del 50,8% di non risposte alla stessa domanda; la Campania ha risposto positivamente al 30,3%, negativamente per il 3%, ma ha fatto registrare il 66,7% di non risposte; l’Emilia Romagna ha risposto positivamente con un 32,2%, negativamente con il 2,2%, e il 65,6% di non risposte; la Lombardia ha fatto registrare il 45,3% di risposte positive, l’1,3% di risposte negative e il 53,4% di non risposte.

Alla domanda se esiste un sistema di conservazione dei documenti digitali, la Calabria risponde positivamente nel 24% dei casi, negativamente nel 16% e non risponde nel 60% con una punta di criticità nelle istituzioni scolastiche che fanno registrare solo un 8,8% di risposte positive. Il Piemonte ha risposto affermativamente nel 34,8% dei casi, negativamente nell’11,7% e non ha risposto nel 53,5% con punte di non risposta del 100% nelle Aziende Ospedaliere e negatività del 40% nelle aziende pubbliche di servizi alla persona. La Toscana ha un 24,8% di risposte positive, un 17,8% di risposte negative e un 57,3% di non risposte che diventano il 67,5% nel caso degli Istituti di Istruzione statali di ogni ordine e grado.

Solo il 12,35% delle pubbliche amministrazioni ha affermato di avere al proprio interno uno specifico ufficio che si occupa del digitale mentre, anche in questo caso, il 51,69% ha preferito non rispondere e il 35,97% ha dichiarato di non avere uffici o funzioni specifiche dedicate.

Tra le procedure e attività digitalizzate, il protocollo e la contabilità hanno fatto registrare un 30% di risposte positive, a seguire l’iter di produzione degli atti amministrativi e delibere con il 24%, i pagamenti dei tributi con il 23%, mentre solo il 9% gestisce in modalità digitale le procedure concorsuali.

Il 31% delle Amministrazioni afferma di offrire dei servizi online per i propri utenti: tra questi, una buona parte offre l’accesso telematico ai bandi di gara (28%) e ai concorsi pubblici (15%), anche se non per l’intero iter. Per i concorsi pubblici, solo il 4% delle Amministrazioni consente l’invio on-line della modulistica; il 2% consente di visualizzare on line le informazioni per l’iscrizione all’asilo nido per poi scendere all’1% tra le amministrazioni che consentono di inoltrare online la richiesta di iscrizione.

I servizi utilizzati per comunicare con l’utenza sono principalmente la posta elettronica ordinaria e quella certificata (57%). Solo il 6% delle amministrazioni utilizza i call center e l’11% gli sms.

Alla domanda sui fattori ostativi la maggioranza degli interessati ha posto l’accento sulla carenza di supporto da parte dei decisori, sui costi elevati e sul poco incisivo coordinamento all’interno delle amministrazioni sottolineando come manchi ancora una consapevolezza del ruolo e delle potenzialità reali del digitale che spesso viene subito e non metabolizzato come un fattore abilitante.

Anche i risultati sulla percezione e conoscenza dei termini del digitale da parte degli operatori della Pubblica Amministrazione non sono del tutto confortanti: il 32% dei rispondenti dichiara di conoscere il significato di “Accreditamento”, il 34% di “Conservazione digitale”, il 35% di “Dematerializzazione dei documenti”, il 37% di “Firma digitale”, mentre in pochi conoscono o hanno solo sentito parlare di termini quali “originali non unici” o “pacchetto di versamento”.

Merita anche attenzione la percentuale del 62% di rispondenti che non dà alcuna risposta alla domanda inerente al proprio grado di conoscenza della normativa relativa alla digitalizzazione della PA. Di contro il 24% risponde genericamente di essere abbastanza informato.

L’alto tasso di non risposte denota quasi un disinteresse nei confronti della “questione digitalizzazione” da parte delle pubbliche amministrazioni, che auspicano il procrastinarsi delle scadenze o demandano le azioni da svolgere a soggetti esterni, come evidenziato per la conservazione digitale (Figura 5), ai quali viene chiesto, spesso, di supplire anche alle funzioni proprie del soggetto pubblico.

Figura 5 Il sistema di conservazione è autonomo o affidato a conservatori esterni?

La Conservazione è sicuramente l’aspetto maggiormente sottovalutato dell’intero processo di gestione documentale. Molte amministrazioni hanno dichiarato di non aver redatto il proprio manuale di conservazione, né di aver aggiornato il manuale di gestione in prospettiva della conservazione affermando, implicitamente, di non aver realmente definito delle politiche mirate né di aver ripensato i processi nell’ottica del digitale.

La carenza di informazione e di formazione emerge chiaramente come uno degli snodi critici del processo, come anche l’assenza di una forte spinta dei decisori unita a reali competenze, capaci di far comprendere appieno i rischi e i vantaggi della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.

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