La Corte di Cassazione ha fatto chiarezza sulla gestione dei contributi a carico di chi è al contempo socio e amministratore di S.r.l. – società a responsabilità limitata con oggetto sociale classificabile nel settore terziario.
In particolare, in conformità alla prassi INPS e agli orientamenti giurisprudenziali prevalenti dal 2011, il socio-amministratore è obbligato al duplice versamento dei contributi presso la Gestione Commercianti INPS, in qualità di socio, per il reddito d’impresa prodotto dalla società e presso la Gestione Separata INPS per il reddito derivante dall’eventuale compenso percepito per la carica di amministratore. Con l’ordinanza numero 1759 del 27 gennaio 2021, la Suprema Corte non nega il principio generale della doppia iscrizione del socio-amministratore alle predette gestioni INPS, bensì enuclea l’assunto in forza del quale può essere esclusa l’iscrizione del socio alla Gestione Commercianti.
Il caso: l’impugnazione di una cartella di pagamento INPS
La Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado di accoglimento dell’opposizione proposta dal presidente del consiglio di amministrazione e socio di una S.r.l. avverso una cartella di pagamento notificata dall’INPS. In particolare, detta cartella riguardava i contributi dovuti alla Gestione Commercianti per l’attività svolta dallo stesso in qualità di socio che, in quanto amministratore con compenso, risultava altresì iscritto alla Gestione Separata INPS. La Corte d’Appello, ritenuta ammissibile la doppia iscrizione, affermava che ai fini dell’iscrizione alla Gestione Commercianti INPS l’attività svolta in qualità di socio doveva essere diversa e distinta da quella di amministratore.
Nel caso di specie, l’attività di supervisione e la posizione di referente per i clienti e i fornitori o l’assunzione di un dipendente da parte del presidente del consiglio di amministrazione, rientravano nelle normali incombenze dell’amministratore. Avverso la sentenza di secondo grado l’INPS ricorreva in cassazione affidandosi ad unico articolato motivo di ricorso.
L’illegittimità dell’operato dell’INPS secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha, innanzitutto, osservato che il comma 208 dell’articolo 1, della legge 662/1996 non ha introdotto alcun principio di alternatività tra l’iscrizione alla Gestione Commercianti e l’iscrizione alla Gestione Separata di cui all’art. 2, comma 26, Legge n. 335/95. La Corte ha infatti ribadito che, a seguito dell’interpretazione autentica della suddetta norma operata dall’articolo 12, comma 11, del Decreto Legge 78/2010, convertito nella Legge 122/2010, il legislatore ha escluso la regola dell’unicità dell’iscrizione. Tale unicità “resta possibile (e presso la gestione dell’attività prevalente) solo per le attività autonome esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti”.
La Corte ha, altresì, evidenziato che “in caso di esercizio di attività in forma d’impresa ad opera di commercianti o artigiani ovvero di coltivatori diretti contemporaneamente all’esercizio di attività autonoma per la quale è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale separata di cui all’art. 2, comma 26, legge 335/1995, non opera l’unificazione della contribuzione sulla base del parametro dell’attività prevalente, quale prevista dall’art. 1, comma 208, legge n. 662 del 1996″. Secondo la Corte di Cassazione, il suddetto principio della doppia contribuzione, richiamato dalla giurisprudenza, ha prodigato la prassi dell’INPS di procedere con l’iscrizione d’ufficio del socio-amministratore di società a responsabilità limitata: presso la Gestione Commercianti INPS, per il reddito d’impresa prodotto in qualità di socio e presso la Gestione Separata INPS per il reddito derivante dal compenso percepito per la carica di amministratore.
Con l’ordinanza in commento, gli ermellini non hanno messo in discussione il principio della doppia contribuzione, bensì la prassi operata d’ufficio dall’istituto previdenziale. In particolare, i giudici hanno stabilito che “lo svolgimento […] della sola attività di amministratore, senza alcuna partecipazione diretta all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda” non può essere sufficiente a giustificare l’iscrizione alla Gestione Commercianti, e che “né, di per sé, la qualifica di socio di una società di capitali (con responsabilità limitata al capitale sottoscritto e con partecipazione alla realizzazione dello scopo sociale esclusivamente tramite il conferimento di tale capitale) può essere significativa dell’esercizio di diretta attività commerciale nell’azienda”.
Nel caso di specie, lo svolgimento di attività di supervisione, la funzione di referente per i clienti e fornitori o l’assunzione di un dipendente rientrano tutte nelle competenze dell’amministratore e non anche in quelle di socio. Sulla base di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’INPS confermando l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio del socio-amministratore alla Gestione Commercianti non avendo l’istituto previdenziale provato la “partecipazione diretta all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda” per iscrivere il socio alla predetta gestione.
Conclusioni
Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte mette in discussione l’iscrizione d’ufficio del socio-amministratore di S.r.l. alla Gestione Commercianti. Secondo la Cassazione, è onere dell’INPS dimostrare la partecipazione diretta all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda che genererà l’obbligo di iscrivere il socio-amministratore di S.r.l. alla Gestione Commercianti.
Tale partecipazione diretta del socio nell’attività aziendale è facilmente dimostrabile dall’istituto nel caso in cui, ad esempio, la società eserciti una attività d’impresa con oggetto sociale classificabile nel settore terziario senza avvalersi dell’apporto di personale dipendente o collaboratori.