Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy a luglio ha pubblicato le “Linee Guida del credito d’imposta in Ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica”. Diventa finalmente operativa la procedura di certificazione del credito, con una prospettiva temporale di 10 anni, per il periodo 2021 – 2030
Le linee guida consistono in un documento che fornisce chiarimenti di carattere generale sui criteri per la qualificazione e la certificazione anche degli investimenti effettuati nell’ambito delle attività in R&S ai fini dell’ammissibilità al beneficio del credito d’imposta.
Credito di imposta ricerca e sviluppo, cosa cambia
Le Linee guida rappresentano l’ultimo tassello, in ordine temporale ma, probabilmente, il più importante finora, di un percorso avviato con la Legge 160/2019 e proseguito, più di recente, con il Decreto-legge 73/2022, che introduceva una procedura di certificazione per gli investimenti effettuati o da effettuare ad opera delle imprese in ambito R&S&I.
In sintesi: l’impresa che intende avvalersi della procedura può ora farne richiesta al Mimit, indicando il soggetto certificatore presente nell’apposito Albo e incaricato dall’impresa stessa per lo svolgimento dell’attività necessaria per l’ottenimento della certificazione che, una volta decorsi 90 giorni dal deposito della relativa istanza, senza riscontro da parte dell’ufficio, ha effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria in relazione alla qualificazione dei progetti o sottoprogetti.
La definizione di progresso scientifico
Un punto sicuramente di specifico interesse, all’interno di queste Linee guida, è anche l’inserimento di una delle indicazioni che Assobiotec aveva, da tempo, portato all’attenzione delle Istituzioni. Nel documento, infatti, è inserita la proposta di abbandonare l’interpretazione restrittiva prevista dall’Agenzia delle Entrate in merito alla definizione di progresso scientifico e tecnologico ai fini dell’ammissibilità dell’agevolazione fiscale.
Le Linee guida riconoscono che “se un particolare progresso scientifico o tecnologico è già stato raggiunto o tentato da altri soggetti, ma le informazioni sul processo o sul metodo o sul prodotto non fanno parte dello stato delle conoscenze scientifiche o tecnologiche disponibili e accessibili per l’impresa all’inizio delle operazioni di ricerca e sviluppo, perché coperti ad esempio da segreto aziendale, i lavori intrapresi per raggiungere tale progresso attraverso il superamento degli ostacoli o degli impedimenti scientifici o tecnologici incontrati possono ugualmente rappresentare un avanzamento scientifico o tecnologico e rilevare ai fini dell’ammissibilità al credito d’imposta”.
Questa nuova interpretazione si traduce in un’apertura nei confronti delle istanze al credito delle imprese biofarmaceutiche, su progetti di R&S in tutte le applicazioni delle biotecnologie, attraverso la sperimentazione di soluzioni sotto il profilo scientifico e/o tecnologico che potrebbero essere già note ad alcune imprese, ma non ancora diffuse nel settore di riferimento.
I dati
La farmaceutica è il settore che investe di più al mondo in ricerca e sviluppo. Fra il 2023 e il 2028 si stima che saranno investiti circa 1700 miliardi a livello mondiale.
In una competizione che è globale, dove tutti i Paesi cercano di investire in ricerca per arrivare a brevettare nuovi farmaci innovativi, l’Italia deve fare ancora molta strada.
I dati Efpia ce lo confermano. L’ultimo report della Federazione Europea delle Associazioni e delle Industrie farmaceutiche dicono che il nostro Paese è fanalino di coda per investimenti di R&S nel settore farmaceutico. Nel 2022 gli Stati Uniti hanno investito circa 71 miliardi, l’Europa 47, la Svizzera 9,5, la Germania 9,3; UK 6,8, il Belgio 5,7, la Francia 4,4.
E l’Italia? Ha investito in R&S solo 1,8 miliardi, cioè meno del 4% degli investimenti fatti in Europa.
I motivi legati a questo dato sono diversi. Ma uno è certamente collegato al fatto che nel nostro Paese, salvo alcune eccellenti eccezioni, non sono presenti grandi aziende farmaceutiche votate alla ricerca, come avviene invece, ad esempio, nel Regno Unito, in Svizzera o in altri Paesi europei. L’Italia non può quindi contare su investimenti locali.
La priorità: attrarre investimenti
Come fare allora per invertire la rotta? Dobbiamo essere più bravi degli altri Paesi ad attrarre investimenti da parte delle multinazionali che decidono di sviluppare determinati progetti al di fuori dei propri confini nazionali. Un recente studio Ambrosetti ci dice che in Italia oltre il 90% degli investimenti in ricerca clinica (oltre 700 milioni di euro) viene generato da investimenti esteri.
E’ allora urgente e necessario lavorare a livello Paese perché queste realtà trovino in Italia, non solo straordinarie risorse intellettuali ma anche le condizioni di ecosistema che garantiscano un ritorno dei loro investimenti.
I tre pilastri
Sono tre i pilastri su cui è necessario puntare per riuscire ad attrarre maggiori investimenti da parte delle multinazionali del farmaco: incentivi economici; certezza delle regole e la semplificazione delle attività burocratiche.
I primi due pilastri, lo abbiamo detto prima, hanno trovato nel Credito d’imposta per la R&S e nelle Linee Guida recentemente pubblicate dal Mimit, una base solida su cui poggiarsi.
Sul tema “semplificazioni” c’è invece da segnalare il lavoro importantissimo che sta portando avanti il Tavolo sulla sperimentazione clinica istituito presso il Ministero della Salute – di cui anche Assobiotec fa parte – per avvicinare rapidamente la normativa nazionale a quelle che sono le caratteristiche dei più nuovi e moderni farmaci.
Il ruolo del tavolo ministeriale
Perché, come ha recentemente dichiarato anche il Prof. Rasi, coordinatore del Tavolo ministeriale, in occasione della conferenza “Una Strategia Nazionale per le Life Sciences”, “lasciare lacune legislative significa esporre il sistema a rischi e inefficienze. Affrontare queste lacune normative è imprescindibile per garantire un sistema sanitario efficiente e sicuro. Un intervento legislativo tempestivo e coordinato è necessario per superare la frammentazione normativa, migliorare la gestione dei dispositivi medici e dei farmaci e assicurare che le politiche per la salute siano allineate con le esigenze moderne.”
In particolare, il tavolo è impegnato per la redazione di un Testo Unico in materia di sperimentazione clinica il cui primo draft potrebbe arrivare già in autunno. Il focus è su due priorità: la redazione di linee guida per AIFA per l’interpretazione delle norme europee – con particolare riferimento all’utilizzo di fornitori terzi, il rimborso delle spese ai pazienti e all’attivazione dei centri sperimentatori – e sulla semplificazione del nuovo contratto pubblicato dal Centro di Coordinamento dei Comitati Etici. Lo scorso 21 agosto AIFA ha pubblicato le nuove Linee Guida in materia di semplificazione regolatoria ed elementi di decentralizzazione ai fini della conduzione di sperimentazioni cliniche dei medicinali e quella in materia di semplificazione regolatoria ed elementi di decentralizzazione ai fini della conduzione di sperimentazioni cliniche dei medicinali redatta tenendo anche conto dei contributi del Tavolo istituito dal Ministro della Salute Schillaci.
Prossimo step per il Tavolo sulla sperimentazione clinica saranno i lavori sul tema della ricerca collaborativa con l’identificazione di un contratto standard che possa garantire maggiore spazio a questo tipo di partenariati.
Se riuscissimo a centrare anche il terzo obiettivo, quello delle semplificazioni, avremmo fatto veramente un pezzo importante di cammino.
Lo scenario futuro
Fare una stima di quelli che saranno gli impatti di queste tre misure (incentivi economici; certezza delle regole e la semplificazione delle attività burocratiche) nell’attrarre gli investimenti da parte delle multinazionali verso il nostro Paese non è semplice. Ma sono certo che qualcosa di positivo accadrà a tutto beneficio dei Pazienti e del Paese.
La ricerca è il fondamento delle più grandi scoperte all’origine delle tecnologie, dei processi e prodotti che hanno profondamente mutato la nostra vita, è un cardine dello sviluppo scientifico e socio-economico di ogni Paese. Per ogni euro investito in studi clinici si calcola un ritorno di 3 euro per il SSN. Ci sono poi importantissimi benefici non economici: pazienti che hanno la possibilità di accedere a trattamenti innovativi con grande anticipo rispetto alla loro disponibilità sul mercato; aziende sanitarie che possono godere di un miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria e della crescita professionale del personale e lo sviluppo di nuovi farmaci che porta un miglioramento della qualità della vita generale della popolazione.
È dunque imperativo un impegno mirato e tempestivo su questo fronte. Non possiamo permetterci di rimanere indietro in un mondo che avanza a ritmi vertiginosi. Abbiamo oggi nuovi importanti strumenti per fare di più e meglio. Ora tocca a noi