Il Piano Transizione 4.0 contempla tra le iniziative a sostegno della trasformazione digitale delle imprese anche il credito d’imposta ricerca e sviluppo, una misura per incentivare le aziende italiane a investire in questo settore, oltre che nell’innovazione e in ambiti correlati come il design. La Legge di bilancio 2022 prevede la proroga della misura per dieci anni. Sono ammissibili al credito di imposta R&S spese come per esempio quelle relative al personale coinvolto nei progetti di innovazione, ma anche le spese relative a canoni di beni materiali mobili e software necessari per lo svolgimento delle attività di ricerca.
Approfondiamo in cosa consiste di preciso il credito d’imposta ricerca sviluppo e a chi è destinata questa formula, da inserire nella dichiarazione dei redditi e fruire tramite modello F24 in compensazione.
Cos’è il credito d’imposta ricerca e sviluppo
Il credito d’imposta ricerca e sviluppo è una delle misure previste dal Piano Transizione 4.0, evoluzione di Industria 4.0: il piano in precedenza includeva incentivi a supporto dell’innovazione in chiave 4.0 delle imprese, formule successivamente trasformate in crediti di imposta. In particolare, il credito d’imposta ricerca e sviluppo è stato introdotto con il fine di fornire un sostegno alla competitività delle aziende italiane, attraverso la spinta a investire nei settori:
- Ricerca e sviluppo
- Innovazione tecnologica
- Design e ideazione estetica
Con la Legge di bilancio 2022 è stato previsto il rinnovo fino al 2031, quindi altri dieci anni, per la misura relativa alla ricerca e sviluppo, mentre il credito per attività di design e innovazione è stato rinnovato fino al 2025.
A chi è rivolto
Possono fruire del credito d’imposta per ricerca e sviluppo:
- Le aziende con residenza in Italia
- Stabili organizzazioni in Italia anche di soggetti non residenti
Fondamentale che le imprese che desiderino fruire del beneficio del credito d’imposta per ricerca e sviluppo rispettino le regole in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e gli adempimenti fiscali, in particolare il versamento di contributi, sia assistenziali che previdenziali, verso i lavoratori.
Ai fini dell’ottenimento del credito d’imposta per R&S non importa la dimensione dell’azienda richiedente, né il regime contabile o in che modo viene determinato il reddito.
Cause di esclusione
Al contrario, non possono richiedere il credito d’imposta ricerca e sviluppo:
- Aziende in liquidazione volontaria
- Imprese in fallimento
- Aziende in liquidazione amministrativa coatta
- Aziende in stato di concordato preventivo senza continuità
- Aziende che hanno ricevuto sanzioni interdittive.
Come funziona il credito d’imposta ricerca e sviluppo nella Legge di bilancio 2022
Come anticipato, la Manovra 2022 ha previsto il rinnovo per dieci anni della misura del credito d’imposta ricerca e sviluppo. Per il 2022 aliquote e parametri per l’attribuzione sono:
- Il 20% per ricerca e sviluppo, con tetto fissato a 4 milioni
- Il 10% per innovazione tecnologica, design e ideazione estetica fino a 2 milioni di euro
- Il 15% per innovazione con l’obiettivo di transizione ecologica o digitalizzazione in chiave 4.0 fino a 2 milioni di euro.
In seguito, è previsto un calo delle aliquote. In particolare, per il credito d’imposta ricerca e sviluppo, prorogato fino al 2031, si prevede un’aliquota del 10% fino a 5 milioni di euro, per design e innovazione invece del 5% fino a due milioni di euro e ancora del 10% per l’innovazione finalizzata alla transizione ecologica o alla digitalizzazione 4.0, con tetto di 4 milioni di euro.
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Come ottenere il credito d’imposta ricerca e sviluppo
Il credito d’imposta ricerca e sviluppo non è un bonus, non si tratta quindi di denaro che viene dato alle imprese. L’aliquota di riferimento va applicata in dichiarazione dei redditi, precisamente in quella riguardante il periodo d’imposta in cui si è sostenuto il costo per le attività contemplate dal credito, oltre che nei periodi successivi, finché cessa l’utilizzo.
Si può fruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo tramite presentazione del modello F24 in via telematica all’Agenzia delle entrate, il credito si utilizza in compensazione a partire dal periodo d’imposta seguente a quello in cui si sono tenute le spese.
Quali documenti servono
Per poter fruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo, è necessario avere:
- Una certificazione prodotta dal revisore legale dei conti. Se l’impresa appartiene a una categoria non obbligata a svolgere il processo di revisione, spiega il Mise sul proprio sito che “le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo non superiore a 5.000 euro”.
- Relazione tecnica, prodotta dal responsabile delle attività o del progetto per cui si chiede il credito e controfirmata dal legale rappresentate dell’impresa, che descriva riguardo a progetti in corso:
- Obiettivi dell’attività
- Contenuti
- Risultati
Quali sono le attività ammesse
Il MISE – Ministero dello sviluppo economico, punto di riferimento della governance del Piano Transizione 4.0, ha precisato sul proprio portale istituzionale le attività che rientrano nelle categorie previste per poter fruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo. In particolare, si precisa che sono contemplate come attività di ricerca e sviluppo
- Attività fondamentali di ricerca
- Ricerca industriale
- Sperimentazioni in ambito tecnologico e scientifico
Queste attività sono incluse nel comma 200 della Legge di bilancio 2019. Le spese in particolare riguardano:
- Tecnici e ricercatori, con rapporto di lavoro autonomo o subordinato o altra tipologia di rapporto: personale direttamente coinvolto nelle attività di R&S;
- Spese e canoni di beni materali mobili utilizzati per i progetti di ricerca e sviluppo
- Canoni e costi per software usati nelle attività di R&S
- Costi relativi a contratti di ricerca cosiddetti “extra muros”
- quote di ammortamento, citando il Mise “relative all’acquisto da terzi, anche in licenza d’uso, di privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale”
- costi per consulenza
- spese relative ai materiali necessari per l’attività di R&S.
Per l’innovazione tecnologica invece sono richieste attività che puntino a processi produttivi o alla creazione di prodotti migliorati rispetto a versioni precedenti o del tutto nuovi. Le attività sono incluse al comma 201 della Legge di bilancio 2019 e le spese contemplate sono:
- personale coinvolto nelle operazioni di innovazione tecnologica, attività svolte internamente all’impresa;
- Costi di beni materiali mobili utilizzati ai fini dell’innovazione
- Canoni e costi per i software usati nelle operazioni di innovazione
- Costi da sostenere per contratti relativi allo svolgimento diretto dal commissionario delle operazioni di innovazione
- Spese per la consulenza
- Costi per materiali necessari alle operazioni.
Per il credito relativo al design e ideazione estetica, sono richieste attività che abbiano il fine di innovare i prodotti dal punto di vista della forma, non tecnico o funzionale, per esempio quindi considerando il colore o le linee. Le attività per cui è possibile richiedere il credito d’imposta sono contemplate al comma 202 della Legge di bilancio 2019 e sono:
- Anche in questo caso costi relativi al personale coinvolto nel progetto di design;
- Spese e canoni di locazioni relativi ai beni materiali mobili utili per le attività di design. Il Mise precisa che sono inclusi anche realizzazione e progettazione dei campionari;
- Costi per contratti per lo svolgimento diretto delle attività da parte del commissionario;
- Costi di eventuali consulenze
- Costi di materiali e prodotti necessari al proprio progetto di design.