Le cripto attività sono con “tecnologia basata su registri distribuiti”, quindi non solo quelle su tecnologia blockchain. Emerge la nuova figura autonoma di “custode” dei token, che può affiancarsi alle figure delle piattaforme di emissione e a quelle di scambio dei token. E le Ico (Initial Coin Offering) sono affidate a soggetti a cui applicare le regole già previste per i gestori di piattaforme di equity crowdfunding.
Ci sono queste tra le novità fondamentali sul rapporto finale Consob, riguardo alle offerte iniziali e gli scambi di cripto attività (le Initial Coin Offering), pubblicato il 2 gennaio.
La nuova figura è una novità anche rispetto al documento in consultazione che avevamo esaminato su questa rivista al momento della sua pubblicazione.
Il rapporto si divide in quattro sezioni che riprendono gli aspetti definitori e le scelte di regolazione in merito alla fase iniziale di offerta ed alla successiva negoziazione di cripto-attività.
Aspetti definitori
In merito alla definizione di cripto-attività innanzitutto l’Autorità chiarisce che pur avendo ricevuto delle osservazioni e richieste in merito ad una maggior chiarezza circa l’esclusione di tali nuovi strumenti dall’ambito di applicazione della normativa europea, attraverso specifiche indicazioni, anche con tabelle ed esempi, non appare possibile per il legislatore nazionale e per le Autorità nazionali introdurre ulteriori specificazioni rispetto a quelle stabilite dall’Unione Europea.
La nozione di “strumento finanziario”, infatti, è contenuta nella cd. disciplina MiFID e recepita nell’ordinamento italiano dal Testo Unico della Finanza. Essendo di rango primario non può essere integrata né tantomeno derogata da indicazioni dei regolatori nazionali.
Il criterio, quindi, per comprendere se una cripto-attività possa essere esclusa dall’ambito di applicazione della disciplina “ordinaria” (ossia dalle previsioni del TUF attuative della MiFID) non può essere rinvenuto in una norma positiva, ma sarà necessario, di volta in volta, valutare se i diritti connessi al token possano farlo rientrare in una delle categorie elencate nell’Allegato I del TUF e, quindi, sia in realtà uno strumento finanziario e come tale soggetto al “regime ordinario”.
Il documento infatti, chiarisce che la disciplina che si intende promuovere è rivolta a disciplinare unicamente le offerte di token non assimilabili agli strumenti finanziari. Si tratta, in particolare dei cd. utility token, come chiarito dalla Consob, ossia di quei crypto asset che incorporano il diritto ad una prestazione futura, che può consistere nella possibilità di utilizzare un bene o ricevere un servizio che l’emittente ha già realizzato o promette di realizzare.
Nel documento in esame, inoltre, si chiarisce che non rientrano nel regime speciale che si intende delineare le operazioni di tokenizzazione di diritti connessi al trasferimento di beni mobili o immobili, o parti di essi. In verità l’esclusione non appare del tutto chiara, dal momento in cui la CONSOB ne esclude l’applicabilità solamente qualora non riconnessi a progetti imprenditoriali concreti (e, quindi, in assenza di un progetto o servizio da realizzare). Ciò dovrebbe far ritenere, ad esempio, che qualora vengano tokenizzati beni nell’ambito di un’iniziativa economica tesa poi ad offrire servizi ricollegati a tali beni, ci si potrebbe avvalere del regime di opt-in proposto dall’Autorità di controllo che prevede, sostanzialmente, una deroga all’applicazione delle discipline relative al prospetto d’offerta e alla promozione e collocamento a distanza per le cripto-attività che integrino la nozione domestica di prodotto finanziario.
Ciò in quanto l’obiettivo primario dell’intervento è duplice: si intendono, infatti, favorire le iniziative imprenditoriali basate su queste nuove tecnologie contemporaneamente tutelando il pubblico dei potenziali (e reali) investitori.
Alcune considerazioni, sempre dal punto di vista definitorio, sono svolte sia in merito all’utilizzo dei termini blockchain e distributed ledger technology (DLT).
Accogliendo alcune delle osservazioni pervenute, la CONSOB riprende la definizione contenuta nell’art. 8 ter della legge n. 12/2019, chiarendo che il riferimento deve essere considerato svolto in generale alle cripto-attività memorizzate tramite “tecnologia basata su registri distribuiti”, quindi non solo su tecnologia blockchain. D’altra parte non viene considerata rilevante la distinzione tra blockchain di tipo permissionless e permissioned.
Il rapporto si conclude sul punto definitorio con due ulteriori considerazioni. Innanzitutto viene data rilevanza specifica all’aspettativa degli investitori di futura negoziazione delle cripto-attività acquisite; l’Autorità riconosce tale punto come determinante richiedendo che venga espressamente indicato nel white paper di presentazione del progetto.
Infine, viene espunto dalla definizione di cripto-attività l’elemento relativo alla identificabilità dei titolari dei diritti.
In conseguenza a dette considerazioni, le cripto-attività sono quindi definite come le “attività diverse dagli strumenti finanziari di cui all’art. 1 comma 2 TUF e da prodotti di investimento di cui al comma 1, lettere w-bis.1, w-bis.2 e w-bis.3, consistenti nella rappresentazione digitale di diritti connessi a investimenti in progetti imprenditoriali, emesse, conservate e trasferite mediante tecnologie basate su registri distribuiti, nonché́ negoziate o destinate a essere negoziate in uno o più̀ sistemi di scambi”.
Le offerte iniziali di cripto-attività e la loro negoziazione
La scelta di assoggettare le offerte iniziali di cripto-attività al collocamento tramite soggetti a cui applicare le regole già previste per coloro che gestiscono piattaforme di equity crowdfunding (i quali, con le recenti modifiche normative ed anche in considerazione delle proposte di regolazione europea, si occupano non più solo della fase di collocamento, ma anche di quella successiva di negoziazione secondaria dei prodotti e strumenti finanziari) è confermata nel rapporto finale, sottolineando anche come si tratti in verità di un regime facoltativo rimanendo, pertanto, libera la scelta dell’emittente di avvalersi di tali piattaforme.
Con riferimento ai requisiti dei promotori delle offerte di cripto-attività e delle piattaforme viene posto particolare rilievo al principio di trasparenza. In particolare, i promotori (i quali continuano a poter essere sia società, sia persone fisiche o network di soggetti), dovrebbero essere comunque obbligati alla pubblicazione di un documento (il cd. white paper, già formalizzato ad esempio nella normativa di Malta e di San Marino) in cui vengano date le informazioni sull’operazione, sulle cripto-attività da emettere e sulle piattaforme in cui saranno negoziate, con obblighi di aggiornamento dello stesso con cadenza annuale o in presenza di eventi eccezionali.
La verifica (secondo le modalità che potranno essere indicate nella normativa secondaria) degli adempimenti circa le operazioni proposte resterà in capo ai gestori delle piattaforme. In particolare, la CONSOB suggerisce che il gestore operi anche un controllo del protocollo tecnologico utilizzato (direttamente o tramite soggetti esterni inquadrati come “sponsor tecnologici” oppure secondo specifiche indicazioni di AgID), ciò limitatamente alla fase di lancio dell’offerta (e, quindi, non riguarderà ad esempio la certificazione della correttezza dello smart contract utilizzato).
Rilevante, l’ampliamento della possibilità di accesso alla piattaforma di negoziazione anche a cripto-attività non originariamente collocate tramite il sistema di opt-in. E’ necessario ricordare, infatti, che nel documento posto in consultazione era stata introdotta una limitazione per la negoziazione delle cripto-attività, in quanto solamente quelle già emesse su un portale autorizzato avrebbero poi potuto essere negoziate sui portali soggetti alla vigilanza.
Nel rapporto finale, l’Autorità recependo le osservazioni pervenute, ammette che il token oggetto di offerta possa essere ammesso alla negoziazione in un sistema di scambio di cripto-attività iscritto nel registro CONSOB o anche avente sede in un Paese estero, ciò purché “sia sottoposto ad un regime di regolamentazione e vigilanza che abbia caratteristiche che si pongono in linea con quanto previsto dalla normativa italiana e purché, in relazione al sistema di scambi medesimo, la Consob abbia stipulato un apposito accordo di cooperazione con la corrispondente Autorità estera competente”.
Ciò sarà possibile purché le cripto-attività rispettino le condizioni di ammissione previste dall’organizzatore del sistema di scambi e siano rese disponibili adeguate informazioni agli investitori.
Le piattaforme di scambio autorizzate da CONSOB potranno anche rendersi promotrici di Initial Exchange Offering (IEO), in cui l’offerta iniziale dei token viene effettuata direttamente sulla piattaforma di scambio, sempre avuto riguardo alla necessità di fornire un adeguato set informativo agli investitori.
I nuovi servizi di custodia
Una novità degna di rilievo del rapporto finale CONSOB, rispetto al documento posto in consultazione, è la previsione, evidentemente emersa successivamente, di una figura autonoma di “custode” dei token, che può affiancarsi (o anche essere parte integrante) alle figure delle piattaforme di emissione e a quelle di scambio dei token.
L’organo di borsa qualifica le prestazioni fornite da questi soggetti come “servizi di portafoglio digitale” suggerendo che vengano individuati per via normativa i requisiti che i fornitori di tali servizi dovrebbero soddisfare, qualora decidessero di avvalersi del regime di opt-in, per essere iscritti in un apposito registro, tenuto dalla Consob.
Rispetto a quanto originariamente proposto, sarebbero quindi istituiti presso la Consob due registri separati: per i “sistemi di scambi di cripto-attività” e per i “fornitori di servizi di portafoglio digitale”.
I soggetti che richiedessero di avvalersi del regime di opt-in per essere registrati come gestori di sistemi di scambi di cripto-attività e che volessero inoltre offrire servizi di custodia e svolgere attività di regolamento, dovrebbero richiedere l’iscrizione anche al registro dei fornitori di servizi di portafoglio digitale, purché essi rispettino i requisiti oggettivi, ai fini dello svolgimento delle due attività, distintamente indicati per le stesse. Sul piano soggettivo potrebbero, dunque, prestare i servizi di portafoglio digitale coloro che già svolgono un’attività di organizzazione di sistemi di scambi di cripto-attività, ma anche chiunque rispetti i requisiti che dovrebbero appositamente essere dettati ai fini dell’iscrizione al registro tenuto dalla Consob.
Ai fini di una semplificazione organizzativa la Consob, nell’individuare i relativi servizi, adotta lo stesso ragionamento espresso in precedenza nelle ipotesi di “IEO” ovverro delle offerte iniziali di token collocate direttamente dalle piattaforme degli exchange.
Due registri differenti, ma la possibilità di fornire cumulativamente i relativi servizi.
Si scorge nel disegno complessivo della CONSOB un forte favore per i servizi dei cd. Exchange, che diventano il perno non solo degli scambi di token e della custodia degli stessi ma anche delle stesse emissioni, qualora si privilegi lo strumento cumulativo della emissione di token direttamente per lo scambio, sotto forma di IEO.
La circolazione secondaria, che costituiva il vero problema della tokenizzazione, per le difficoltà di regolare per via decentralizzata gli scambi di token e di comprendere quale norma applicare, viene così brillantemente aggirata dall’organo di controllo della borsa, anche se, occorrerà comprendere realmente se sarà possibile disapplicare, a beneficio dei prodotti finanziari domestici, la norma europea sugli strumenti finanziari portata dalla MiFID I e II, disattendendo la necessaria applicazione delle norme sulle multilateral trading facility (MTF), o sulle Organised Trading Facility (OTF).
Il rapporto della CONSOB costituisce senz’altro un’ottima base di partenza per la regolamentazione dell’intero sistema finanziario associato alla blockchain anche se rimangono alcuni dubbi legati allo strumento adottato (il rapporto finale che, di fatto non assume una immediata valenza precettiva).
La reale “tenuta” dei principi di sandbox adottati dalla CONSOB, dovrà anche essere testata rispetto a quanto previsto, in via precettiva, dal recente Decreto Legislativo n. 125/2019 recante attuazione della direttiva (UE) 2018/843 (cd. V Direttiva Antiriciclaggio).
La disposizione da ultimo citata, che si riferisce ai profili di “currency” delle criptovalute ( esclusi invece dalla CONSOB), stabilisce principi molto severi ( non solo per quanto attiene ai servizi di exchange, già oggetto delle disposizioni italiane di recepimento della quarta direttiva antiriciclaggio), per quanto attiene ai prestatori di servizi di portafoglio digitale, definiti quali persone fisiche o giuridiche che forniscono, a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali.
Ci si domanda a questo punto quale sarà la disciplina italiana degli exchange e dei prestatori di servizi di portafoglio digitale, e di converso la fortuna delle piattaforme di scambio dei token, stante l’onnicomprensività del concetto (anche normativo) di criptovaluta: quella tratteggiata dalla CONSOB, che li premia, o quella positivamente stabilita dal Decreto Legislativo n. 125 / 2019 che, di fatto ne comprime, per ragioni di ordine pubblico, l’utilizzo?