La normativa

Criptovalute, come funziona l’imposta sullo staking: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’attività di staking delle criptovalute è assimilabile al reddito da capitale sul quale si applica l’imposta sostitutiva del 26%: i chiarimenti sono stati forniti in risposta a un interpello, che permette di far luce sulle regole

Pubblicato il 11 Lug 2022

Daniele Tumietto

Dottore commercialista

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L’Agenzia delle Entrate chiarisce in un lungo interpello, il numero 956-771/2022 della Direzione centrale piccole e medie imprese, che gli interessi e i proventi dello staking derivano dall’impiego del capitale e per tale ragione configurano un reddito di capitale.

Il termine staking indica l’attività di deposito in un conto vincolato e di prestito da parte dei proprietari di criptovalute in cambio di interessi. In sostanza i token vengono prestati a intermediari specializzati per partecipare al processo di convalida dei blocchi, in cambio di un premio. Vediamo come funziona l’imposta sullo staking.

Criptovalute: perché non sono ancora strumenti per tutti

Fisco e criptovalute, le regole

Come è noto, il quadro giuridico di riferimento relativo alle criptovalute è incompleto e questo ha spinto l’Agenzia delle Entrate a definire, grazie ad un interpello, quali sono i proventi di questa attività di finanza decentralizzata ai fini delle:

  • imposte dirette – Le operazioni di compravendita di criptovalute sono soggette alle imposte dirette in base alle norme che fanno riferimento alle operazioni in valute estere tradizionali, come indicato nella risposta 788/E/2021 e nella Risoluzione 72/E/2016. Nei predetti documenti di prassi l’Agenzia ha indica che la norma di riferimento per il calcolo delle plusvalenze è l’articolo 67 del TUIR, prevedendo che la cessione a titolo oneroso delle criptovalute sia assoggettata all’aliquota del 26% nel caso di plusvalenze, a condizione che la giacenza dei depositi e dei conti corrente del contribuente sia superiore a 51.645,59 euro per almeno sette giorni consecutivi.
  • IVA – Per quanto riguarda l’IVA, l’Agenzia delle entrate ribadisce che non c’è una sua applicazione con riferimento alle operazioni in criptovalute, alle operazioni di cambio tra valuta virtuale versus valuta tradizionale» dell’exchange, alle operazioni di compravendita di criptovalute che movimentano il wallet.

Staking di criptovalute, come funziona

Per staking di criptovalute s’intende nell’attività di deposito e prestito, su un conto vincolato, che i proprietari di criptovalute attuano in cambio di interessi che ricevono. Concretamente i possessori di criptovalute prestano if token a società specializzate in questo servizio di intermediazione, ed in cambio ricevono un premio. Con tale comportamento i possessori di criptovalute partecipano al processo di convalida dei blocchi.

Come scritto sopra manca un quadro giuridico di riferimento per le criptovalute e quindi anche per l’attività di staking. Per tale motivo fino ad oggi ci sono stati dei comportamenti che avevano a riferimento quanto accade all’estero. L’Agenzia delle entrate, chiamata in causa da un’istanza di interpello ha colto l’occasione per formulare una lunga risposta per fare chiarezza in materia.

Cosa dice l’Agenzia delle Entrate

L’interpello dell’Agenzia delle Entrate sulla questione tassazione staking criptovalute, si apre anzitutto con il riferimento normativo di settore. Viene ricordato che oggi non è prevista applicazione di IVA sulle operazioni di cambio tra valuta virtuale versus valuta tradizionale dell’exchange e sulle operazioni di compravendita di criptovalute. Mentre è ribadito che le operazioni che riguardano la compravendita di criptovalute sono soggette alle imposte dirette perché trova applicazione la norma che regola le operazioni in valute estere tradizionali, cioè l’articolo 67, comma 1-ter, del TUIR che prevede che la cessione a titolo oneroso di criptovalute sia soggetta all’applicazione dell’aliquota del 26 per cento nel caso di plusvalenze, a condizione che lo giacenza dei depositi e dei conti corrente dell’investitore per almeno 7 giorni consecutivi sia superiore a 51.645,59 euro.

Per quanto riguarda lo staking, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che questa attività è assimilabile al reddito da capitale sul quale si applica l’imposta sostitutiva del 26 per cento con ritenuta alla fonte che viene effettuata dall’intermediario sostituto d’imposta. Viene pertanto escluso che lo staking sia tassabile come reddito diverso.

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