Dagli albori come Fattura PA, verso lo standard della fattura europea. Una tecnologia in evoluzione che punta a unire e semplificare. Eppure chi difende la fattura elettronica come un cambiamento positivo rischia spesso di essere visto come “complice” di un’ennesima ingiustizia che colpisce chi “deve lavorare”.
Ma è veramente così? E tutti gli studi che dimostravano i benefici della fattura elettronica sono sbagliati? Ritengo ovviamente che la risposta sia negativa, anche se qualche leggerezza in alcune stime dei benefici c’è stata, ad esempio, riguardo i soggetti di piccola dimensione (che però rappresentano la maggioranza dei contribuenti).
Da sottolineare che una decina d’anni fa la fattura elettronica era tema ancora per pochi adepti, cultori della materia. Con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica, prima verso la PA e, da quest’anno, anche nei rapporti tra privati, tanti hanno dovuto averci a che fare e questa esperienza è stata talvolta negativa. Proviamo a fare un po’ di analisi per capire meglio se, una volta tanto che si è fatto qualcosa di concreto nell’ambito della digitalizzazione dei processi, e su vastissima scala, sia stato fatto o no un passo in avanti e in quali direzioni si possa migliorare.
Il primo progetto su larga scala
La prima osservazione è che non mi risulta che si sia mai realizzato, a livello mondiale, un progetto di così larga scala per introdurre la fatturazione elettronica con volumi equivalenti a quelli italiani e in tempi così ristretti. Se da un lato va riconosciuto senza se e senza ma il merito di questo progetto all’Agenzia delle Entrate e a Sogei, dall’altro vanno valutate le conseguenza delle scelte, dettate dalle tempistiche così strette che sono state imposte.
Torniamo indietro di qualche anno, circa due e mezzo: dopo il coraggioso avvio della fatturazione elettronica verso la PA “un percorso che sembrava limpidamente tracciato e intrapreso si è prima adombrato, poi opacizzato e adesso si fatica addirittura a coglierne la direzione… come se fosse comparsa una fitta nebbia” dicevamo su Agendadigitale.eu nell’appello “Fatturazione elettronica, abbiamo perso la governance” . Forse un attacco di quella “Paralisi isterica” che colpisce molti progetti di cambiamento italiani.
Si è provato con qualche “spinta gentile” introducendo degli incentivi fiscali che però erano “troppo gentili” perché potessero realmente essere determinanti, anche in virtù di un paradosso della fatturazione elettronica: il risparmio maggiore si ha sul lato passivo, da parte di chi riceve la fattura, perché la digitalizzazione consente di evitare l’inserimento manuale e di procedere con meno errori e con rapidità molto maggiore in tutte le fasi di controllo, autorizzazione e disposizione del pagamento, conservazione. Sul lato attivo invece i costi di implementazione per l’emissione di fatture elaborabili (XML) sono più alti rispetto all’invio in formati che, pure essendo elettronici, sono pensati per gli esseri umani (come il classico PDF allegato all’email) e danno al ricevente un beneficio sostanzialmente nullo. Questa sperequazione spesso blocca la diffusione spontanea della fattura elettronica.
Rispetto dei tempi e flessibilità
A fine 2017 la diffusione spontanea della fatturazione elettronica tra privati era troppo bassa per supportare la possibilità di identificazione quasi in tempo reale delle frodi IVA e il relativo gettito fiscale inserito nel bilancio dello Stato, si decide perciò di introdurre l’obbligo. Non si è potuto nemmeno aspettare che la “nebbia” si diradasse del tutto e si è anche navigato un po’ a vista, concedendo ad esempio una maggiore flessibilità sui tempi di emissione (flessibilità che spesso erano prassi consolidata col cartaceo). Credo che con il Forum sulla fatturazione elettronica si sia dato un contributo costruttivo. Per rispettare i tempi, l’unica possibilità era quella di sfruttare al massimo, anche per la fatturazione elettronica tra privati, le scelte e l’infrastruttura tecnologica già adottate nell’ambito della fatturazione verso la pubblica amministrazione.
Non sono mancati però alcuni danni collaterali dei ritmi forsennati che ci sono stati: trattandosi di un progetto sostanzialmente calato dall’alto, non si è potuto tener conto se non sommariamente delle esigenze di pianificazione delle imprese e di tutti i soggetti per i quali è scattato l’obbligo, che spesso hanno dovuto recepire la fatturazione elettronica come un puro adempimento, senza possibilità di cogliere le opportunità di un passaggio ponderato al digitale per il quale sarebbero serviti tempi adeguati di progettazione ed allocazione dei relativi budget. Auspicabilmente questi potranno comunque essere realizzati in seguito, allo stabilizzarsi del quadro di riferimento normativo.
È finora mancato anche un serio ripensamento in ottica digitale della normativa fiscale. Si pensi ad esempio alle marche da bollo, che nascono per il cartaceo e che nella versione “virtuale” digitale potrebbero essere calcolate in modo completamente automatico se si semplificassero le relative regole. Oppure all’inutilità della dichiarazione Intrastat in caso di fatture intracomunitarie emesse tramite Sistema di Interscambio e, in generale, di molti adempimenti. La fattura elettronica dovrebbe portare naturalmente ad un maggiore rispetto dei tempi di pagamento, ma si potrebbe pensare, grazie alla tracciatura certa dei tempi di pagamento, di estendere le regole di cui all’articolo 62 del D.L. 1/2012 che definisce l’obbligo del pagamento e quantifica gli interessi in caso di ritardato pagamento. Sarebbe una misura che porterebbe ossigeno alle imprese più piccole, che si trovano spesso costrette, anche per la posizione di debolezza, a fare da “banca” per le imprese più grandi.
Grazie alla fatturazione elettronica in caso di pagamento anticipato delle prestazioni è possibile introdurre una scontistica dinamica in funziona di quanto tempo prima le fatture vengono salvate, garantendo così una migliore liquidità per il fornitore e una remunerazione interessante per il capitale anticipato dal committente.
Standard e fattura europea
In generale, i prestatori di servizio (gli intermediari nel gergo del sistema di interscambio) potranno giocare un ruolo che sarà visto con sempre più favore dalle imprese. Perché questo avvenga è però necessario che i servizi base diventino delle commodity e che dunque possano essere basati su veri e propri standard internazionali e non su FatturaPA che è un formato solo italiano. Si pensi che già oggi le imprese devono “parlare” lingue diverse a seconda dell’interlocutore e la stessa PA già da quest’anno con il settore sanitario ma, a seguire, con tutti gli altri, invierà solo ordini elettronici mediante UBL, un formato internazionale che è già ampiamente accettato in Europa ma che si sta diffondendo su scala globale e che comprende un insieme coerente di tutti i messaggi: ordini, fatture e tutto quanto necessario per la gestione del procurement elettronico.
In questi anni l’Europa si è mossa con decisione. Dal 18 Aprile 2019 è entrato in vigore per le autorità governative centrali[1] lo standard EN 16931, voluto dal legislatore europeo con la direttiva 2014/55/UE per la fatturazione elettronica negli appalti pubblici. Tale standard specifica il contenuto essenziale che una fattura elettronica deve avere (c.d. “core invoice”) affinché possa essere accettata dalle pubbliche amministrazioni di tutti gli Stati membri dell’UE. La data del 18 aprile vale per tutte le PA centrali europee e per quelle sub-centrali degli stati che non hanno posticipato di un anno tale obbligo, come consentito dalla Direttiva.
Per gli Stati che, come l’Italia, hanno invece deciso di posticipare l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali[2] lo standard diventerà operativo a partire dal 18 Aprile 2020. In Italia il recepimento della direttiva è avvenuto mediante il d.lgs. 148/2018 e lo SDI è stato adeguato in modo da poter ricevere ed elaborare fatture conformi al nuovo standard, in ossequio al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato lo stesso 18 aprile 2019. In estrema sintesi il punto di forza dell’approccio europeo alla fattura elettronica è di non aver definito l’ennesimo formato proprietario, che avrebbe solo creato ulteriori ostacoli all’interoperabilità, ma di aver compiuto tre passaggi essenziali:
- la definizione di un modello univoco con il contenuto minimo essenziale della fattura, una sorta di minimo comun denominatore semantico europeo, che garantisce la base per la compliance legale in tutta l’Unione e le informazioni essenziali normalmente utilizzate;
- la selezione di un numero limitato di sintassi (formati) di cui rendere obbligatorio il supporto; essi sono l’Universal Business Language (UBL) e il Cross Industry Invoice (CII) che sono standard internazionali già utilizzati;
- la definizione delle “istruzioni per l’uso” (mappatura) dei formati standard con la “core invoice”.
In questo modo qualunque PA in Europa sarà in grado di ricevere, gestire ed elaborare fatture elettroniche sia domestiche che provenienti da un altro paese UE con contenuti e formati definiti secondo lo standard europeo comune e uno dei formati scelti. Non solo, ciò consente senza difficoltà di estendere l’e-fattura anche al B2B e al B2C, fornendo uno strumento duttile ed in grado di rispondere alle esigenze del settore privato. Per questo sono state definite le mappature della “core invoice” anche per EDIFACT, standard ancora molto utilizzato in ambito privato, oltre che di UBL e CII.
La situazione in Italia
Ma come è stata recepita in Italia la Direttiva 55? I punti chiave del d.lgs. 148/2018 che la recepisce sono l’articolo 3 comma 1, che ricalca fedelmente quanto richiesto dalla direttiva e prevedendo l’obbligo per le PA di accettare fatture conformi agli standard sviluppati dal comitato CEN/TC 434:
- EN 16961-1 che è lo standard europeo (si dovrebbe formalmente chiamare “norma europea” ma qui continueremo ad utilizzare il termine “standard” di uso più corrente) che specifica la “core invoice”, e
- TS 16961-2[3] che specifica la lista delle sintassi obbligatorie: UBL e CII.
Entrambi sono referenziati dalla Decisione di Esecuzione della Commissione UE n. 2017/1870. Perché la fatturazione elettronica diventi opportunità e non mero adempimento, è indispensabile che l’uso degli standard definiti a livello europeo sia esteso anche al settore privato con la progressiva dismissione del formato nazionale consentendo la completa digitalizzazione e semplificazione dei processi nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni. Un primo aiuto in questa direzione viene dal d.lgs. 148/2018 che prevede all’art. 5 comma 1 che “è istituito presso l’Agenzia per l’Italia Digitale un tavolo tecnico permanente per la fatturazione elettronica con le seguenti finalità:
- aggiornamento delle regole tecniche e delle modalità applicative di cui al comma 3 dell’articolo 3;
- monitoraggio della corretta applicazione delle stesse;
- valutazioni degli impatti per la pubblica amministrazione e di quelli riflessi per gli operatori economici;
- raccordo e coinvolgimento, fin dalla fase di definizione, di tutte le iniziative legislative ed applicative in materia di fatturazione e appalti elettronici”.
Conclusioni
È un buon inizio ed è fondamentale che, finalmente, si comincino a prendere in considerazione gli impatti per gli operatori economici (come lo scenario di possibili costi addizionali per le imprese che purtroppo si è già realizzato) con l’auspicio che anche il settore provato possa avere una voce, magari con una collaborazione col Forum sulla fatturazione elettronica. L’uso di standard è la strada maestra per massimizzare i benefici della digitalizzazione e consente di indirizzare molti dei problemi evidenziati. A riprova delle enormi potenzialità dello standard europeo, Stati Uniti, Australia e Singapore lo hanno già valutato e preso a riferimento e si sta discutendo di renderlo uno standard internazionale.
L’evoluzione dello scenario normativo, europeo e nazionale, in materia di Fatturazione elettronica è stato al centro dei lavori condotti dal Tavolo di Lavoro ANORC 2018/19, i cui esiti saranno presentati in occasione dell’evento DIG.Eat 2019 che si terrà il 30 maggio a Roma.
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- Tutte quelle di cui all’all. III, d.lgs. 50/2016 ed in particolare:Presidenza del Consiglio dei Ministri;Ministero degli Affari Esteri;Ministero dell’Interno (incluse le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo e le Direzioni regionali e interregionali dei Vigili del Fuoco);Ministero della Giustizia e Uffici giudiziari (esclusi i giudici di pace);Ministero della Difesa Ministero dell’Economia e delle Finanze;Ministero dello Sviluppo Economico;Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali;Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (incluse le sue articolazioni periferiche);
Ministero della Salute Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo (comprensivo delle sue articolazioni periferiche);
Altri enti pubblici nazionali:
CONSIP S.p.A. (solo quando agisce come centrale di committenza per le amministrazioni centrali).
Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. ↑
- Tutte le amministrazioni aggiudicatrici che non sono autorità governative centrali (art. 3, c.1, lett. c, d.lgs. 50/2016). ↑
- Entrambi i documenti sono scaricabili a titolo gratuito, previa registrazione, nello store delle norme dell’UNI http://store.uni.com ↑