Le iniziative per potenziare le funzioni digitali della PA hanno finalmente intrapreso il tortuoso cammino per la modernizzazione dell’ecosistema del public procurement, un mercato che nel 2021 ha raggiunto il valore di 257 miliardi di valore a base d’asta distribuiti su 5 milioni di procedure, 25 mila 700 stazioni appaltanti e 46 mila 100 operatori economici. Uno scenario di sviluppo cui la blockchain potrebbe contribuire con una radicale spinta.
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Procurement, come cambiano le regole
Per il settore della contrattualistica pubblica in particolare, oltre alle modifiche portate dal decreto-legge 77/2021 all’articolo 81 del Codice dei contratti, che prevede lo strumento del “fascicolo virtuale del l’operatore economico”, si aggiungono le importanti indicazioni pervenute dal decreto della Funzione Pubblica n. 148, del 12 agosto 2021 sull’ e-procurement e sul “fascicolo informatico” della Stazione appaltante.
Sempre nel 2021 l’Italia ha elaborato una strategia per restare al passo con altri paesi europei, ed ha varato una serie di regolamentazioni ed indirizzi tesi a favorire l’introduzione delle nuove tecnologie abilitanti da parte delle imprese, della pubblica amministrazione e dei cittadini. In tale ottica il MISE ha selezionato un gruppo di trenta esperti chiamati ad identificare i possibili sviluppi e le possibili ricadute socioeconomiche derivanti dall’introduzione di tecnologie basate sui registri condivisi e Blockchain. Le “proposte per una strategia italiana in materia di tecnologie basate sui registri condivisi e Blockchain” dedicano un intero paragrafo ai processi di E-Procurement su Blockchain, per digitalizzare e dunque semplificare.
Le conclusioni degli esperti
Molto interessanti le conclusioni cui perviene il gruppo di esperti: “Le tecnologie di registro distribuito – insieme all’Intelligenza Artificiale, all’Internet delle Cose, al 5G e alla realtà virtuale – rappresentano un paradigma tecnologico di elevata complessità, da cui dipende ormai il livello generale di modernizzazione dei servizi digitali di una nazione, la sua competitività, nonché la qualità del rapporto tra istituzioni, cittadini e imprese”. Poiché si tratta di un settore strategico per il sistema Paese, il documento auspica e suggerisce un presidio a livello nazionale, idealmente attraverso una struttura di coordinamento e di indirizzo stabilmente insediata sotto l’egida governativa, dotata di sufficienti poteri esecutivi, di adeguate risorse finanziarie e di figure professionali di comprovato livello scientifico. Con particolare riferimento alle tecnologie di registro distribuito, un ufficio di coordinamento, avrebbe principalmente il compito di impulso a un’evoluzione decentralizzata del sistema digitale pubblico e gestirne in pratica la complessità dei processi di transizione.
“Si tratta di una sfida che può dirsi a ragione monumentale, specie per un Paese come l’Italia che a fronte di un’amministrazione pubblica estremamente variegata, si presenta ancora con un basso indice di digitalizzazione e un’elevata frammentazione sul piano operativo. È dunque una sfida che non può essere demandata unicamente alle iniziative sperimentali di singoli enti o alle pressioni di interessi privati”.
Cosa dice il documento degli esperti Mise
Il documento redatto dai trenta esperti selezionati “Proposte per una strategia italiana in materia di tecnologie basate su registri condivisi e Blockchain” reca le linee guida da seguire per permettere lo sviluppo e la diffusione di questa tecnologia, con un paragrafo dedicato interamente ai processi di E-Procurement su Blockchain sia per digitalizzare e dunque semplificare la verifica di requisiti di partecipazione ad una gara d’appalto, tramite smart-contract e verifiable credentials, sia per aumentare la trasparenza ed attendibilità delle procedure. Anche l’applicazione del concetto di crono-marcatura temporale (o timestamping) potrebbe incrementare il grado di chiarezza e verificabilità delle procedure.
Procurement e blockchain, lo stato dell’arte
La transizione digitale del settore pubblico mai come in questo momento rappresenta una necessità ineludibile per tutte le Pubbliche Amministrazioni. Questa tematica, infatti, involge sia la complessiva organizzazione delle attività amministrative, sia il settore della contrattualistica pubblica. La circostanza che il Governo italiano abbia preso piena consapevolezza della importanza strategica delle tecnologie a registro distribuito e che nella normativa nazionale relative al Codice Appalti si registrino riferimenti sempre più frequenti a tecnologie digitali è sicuramente un buon punto di partenza.
È tuttavia indubbio che siamo ancora in una fase sperimentale e pioneristica. In particolare, le applicazioni che oggi si ipotizzano in materia di e-procurement riguardano esclusivamente la fase della qualificazione e della verifica dei requisiti.
A ben vedere, infatti, siamo ancora molto lontani da un utilizzo della tecnologia smart contract su registro distribuito che possa davvero aggiungere valore all’attuale processo di procurement, in chiave di semplificazione e, soprattutto di sicurezza della filiera decisionale che conduce la Stazione Appaltante alla determina di aggiudica, garantendo trasparenza ed immutabilità dei percorsi intermedi e propedeutici.
La proposta: un registro distribuito delle stazioni appaltanti
Sarebbe infatti auspicabile costruire un registro unico nazionale distribuito delle Stazioni Appaltanti: una Blockchain della PA dedicata agli appalti pubblici attraverso la quale gestire l’intero processo di procurement end to end:
- raccolta dei fabbisogni
- formulazione delle specifiche dei capitolati e del disciplinare
- pubblicazione degli atti di gara
- attività dei RUP
- attività delle commissioni di gara
- verifiche amministrative e di congruità precedenti l’aggiudica
- verifiche successive e propedeutiche alla stipula del contratto
- stipula del contratto
- monitoraggio e controllo della corretta esecuzione
- gestione delle contestazioni e delle penali
Immaginiamo una blockchain nazionale “permissioned”[1] decentrabile in “n” nodi declinati per Stazione Appaltante preventivamente autorizzati ad operare come “nodi validatori”[2] per una o più delle fasi sopra descritte,
Grazie all’utilizzo di smart contract e di un registro unico DLT per ciascuna delle funzioni sopra elencate sarebbe possibile programmare uno smart contract da eseguire sulla blockchain per convalidare la coerenza di parametri prefissati. Una volta validate dai nodi validatori le transazioni verrebbero registrate sul registro unico distribuito e congelate, restando visibili da tutti ed immutabili nel tempo.
Quale migliore tecnologia per garantire asetticità di giudizio, terzietà degli operatori e trasparenza dell’operato della PA? Vale la pena inoltre contemplare gli aspetti legati alle economie di scala che potrebbero generarsi da un approccio blockchain al mondo del procurement pubblico.
I costi
Non sfuggirà di certo che i costi di progettazione di una rete blockchain come quella descritta sarebbero sostenuti una volta sola per essere “scalati” sui numeri del procurement nazionale citati in apertura e che vale la pena di rammentare:
257 miliardi di valore a base d’asta distribuiti su 5 milioni di procedure, 25 mila 700 stazioni appaltanti e 46 mila 100 operatori economici
Ecco che ad un tratto appare chiaro quale siano le potenzialità effettive di un ecosistema nazionale di DE.PRO “Decetralized Procurement”: una sfida che vale la pena di cogliere.
Note
- Una blockchain permissioned è caratterizzata da una authority centrale che gestisce l’accesso e governa i permessi all’interno del registro: quale nodo può fare quale attività ↑
- Un nodo validatore è un nodo della blockchain cui sono attribuiti poteri di validare alcune transazioni effettuate sul registro distribuito centralizzato rendendole così trasparenti a tutta la rete ed immutabili ↑