La recente approvazione da parte del Parlamento europeo del nuovo Regolamento eIDAS 2, dedicato alla disciplina delle interazioni elettroniche sicure fra cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, che fissa le condizioni del quadro normativo europeo per l’identità digitale (European Framework for Digital Identity), ha aperto nuove finestre di opportunità per il riconoscimento definitivo della figura del delegato digitale.
Un ruolo indispensabile per una transizione digitale efficace, in grado di attestare il nostro Paese fra le realtà più avanzate del Vecchio continente e necessario anche per semplificare la burocrazia.
Delegato digitale, come funziona
Quante volte sarà capitato a ognuno di noi di dover gestire una pratica per la propria azienda, studio, cliente e volerne delegare la gestione a un professionista del settore? In molti casi questo è possibile, in altri avviene ma non sempre è possibile farlo con facilità, in altri si utilizzano prassi o metodi poco ortodossi. Ecco perché sollecitiamo una discussione su un tema come quello della delega che, sempre più, con la penetrazione sempre più invasiva del digitale, dobbiamo regolare per renderla uno strumento utile, sicuro e funzionale alle esigenze. L’Europa ci ha pensato prima di noi: noi, come categoria, da decenni oramai chiediamo di risolvere in modo definitivo questa “incertezza” operativa e normativa che abbiamo nel nostro Paese che tocca l’attività di migliaia di operatori.
E-wallet e delegato digitale
Com’è noto, il nuovo Regolamento europeo ha introdotto il cosiddetto E-Wallet (che in Italia verrà denominato IT-Wallet), un vero e proprio portafoglio personale digitale, destinato ad ospitare la documentazione di ciascun cittadino dell’Unione europea: documenti di identificazione, certificati anagrafici, licenze, diplomi universitari o scolastici, qualifiche professionali.
La titolarità del portafoglio è assicurata da un processo di identificazione elettronica che associa i dati immagazzinati a “un’unica persona fisica o giuridica, ovvero a un’unica persona fisica che rappresenta un’altra persona fisica o giuridica”. Con questa formulazione in Europa viene sostanzialmente e definitivamente riconosciuto l’istituto della delega digitale.
La possibilità di ricorso alla delega digitale viene infatti generalizzata ben oltre quanto già previsto nel testo originariamente condiviso dal cosiddetto “trilogo”, come viene definito l’accordo fra Commissione, Parlamento e Consiglio europeo su un testo di legge. In quell’accordo il ricorso alla delega digitale veniva riconosciuto alle persone con capacità giuridica limitata, quali minori e disabili, al fine di assicurare i requisiti di accessibilità specificati dalla Direttiva (UE) 2019/88222.
Al tempo stesso, però, si stabiliva che proprio grazie al ricorso alla delega digitale le persone fisiche e giuridiche che avessero voluto avvalersi di intermediari nella gestione di pratiche e transazioni di proprio interesse, così come di altri servizi fiduciari in sede telematica, avrebbero potuto farlo. Da ultimo, per evitare di doversi addentrare in una ridda di distinguo rispetto alle diverse fattispecie in cui ci si sarebbe potuti avvalere della delega digitale, nel testo che ha ottenuto l’approvazione del Parlamento europeo si è deciso di introdurre un principio di ordine generale (art. 3, c. 1), valido a prescindere dai casi particolari, in base al quale il processo di identificazione elettronica che stabilisce l’attribuzione stessa del portafoglio a un determinato soggetto può riguardare ance una persona fisica “che rappresenta” un’altra persona fisica o giuridica.
La normativa in Italia
A questo punto, la parola passa, da un lato, agli Stati membri e, dall’altro, alla deliberazione dei cosiddetti implementing act, quelli che nel linguaggio giuridico italiano sono i decreti attuativi di una norma di legge. Da un lato, infatti, si invitano gli Stati membri a introdurre norme e approcci coerenti con il nuovo Quadro normativo europeo per l’identità digitale. Dall’altro, Commissione e Parlamento europeo studieranno le misure attuative più opportune per favorire l’armonizzazione dei diversi sistemi nazionali. Qui i principali nodi da sciogliere concernono sia i tipi di atti da ammettere alla delega sia le modalità che nei diversi Stati membri verranno introdotte per il riconoscimento di attributi qualificati ai soggetti delegati, in considerazione anche dell’ampia gamma di professioni, ordinistiche, regolamentate e non, che a livello europeo saranno coinvolte da questo nuovo provvedimento.
Per quel che concerne l’Italia, l’adeguamento al nuovo contesto europeo porta il segno del Decreto legge 2 marzo 2024, n. 19, relativo alle disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR, convertito in Legge 29 aprile 2024, n. 56 proprio qualche settimana fa. Provvedimento che prevede l’istituzione dell’IT-Wallet, versione italiana del portafoglio digitale personale europeo, riconoscendo sì il tema della delega digitale, ma soltanto in modo parziale.
Cioè a dire: da un lato, viene implicitamente confermata la possibilità di conferire deleghe digitali, attraverso l’istituzione della Piattaforma di gestione deleghe (che sostituisce il Sistema Gestione Deleghe già previsto dalla precedente versione dell’art. 64-ter del CAD); dall’altro, però, si limita tale possibilità a due sole deleghe, che possono essere attribuite soltanto a cittadini presenti nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR).
Lo scenario
Una limitazione che rispecchia l’idea, già ampiamente superata dalla regolamentazione europea, che la possibilità di delega digitale debba essere riconosciuta soltanto a soggetti con limitata capacità giuridica (minori o disabili). Secondo una logica che di fatto trascura l’insieme delle possibilità in cui tale delega serve ad operare sul terreno altrettanto importante delle transazioni economiche e commerciali. E che nella prima versione del decreto in discussione per la conversione in legge, finiva col trascurare anche il fatto che all’interno dell’IT-Wallet dovessero legittimamente trovare collocazione anche le deleghe digitali.
Le proposte
Come Unappa, siamo riusciti proporre e sembrano essere stati approvati alcuni emendamenti che hanno permesso di inserire le deleghe digitali fra gli atti e servizi resi disponibili alle pubbliche amministrazioni e ai diversi soggetti privati accreditati per la creazione di IT-WAllet privati all’interno del portafoglio digitale personale.
Le limitazioni
Resta invece la limitazione al conferimento di deleghe digitali (non più di due) per l’accesso ai servizi in rete erogati dalle pubbliche amministrazioni. Una limitazione priva di senso per almeno due ragioni.
In primo luogo, perché si tratta di un vincolo ingiustificato: anche qualora si intenda riferirsi alla semplice delega di un cittadino a un congiunto per un qualsiasi atto amministrativo là dove potremmo avere più di due relazioni parentali impegnate nel supportare il congiunto, non si comprende per quale ragione questi debba individuare non più di due delegati. In secondo luogo, perché si tratta di un vincolo anacronistico: se infatti l’indirizzo da seguire è quello che l’Europa ha già individuato con il “Programma strategico per il Decennio digitale 2030”, a cui risponde la stessa logica dell’EU-Wallet, non è chiaro per quale motivo si debba limitare il numero di deleghe, e soprattutto perché lo si debba fare circoscrivendo i potenziali delegati ai soli cittadini iscritti all’anagrafe italiana, quando il portafoglio digitale personale è destinato a diventare lo strumento privilegiato per le transazioni economiche e gli atti giuridici di tutti i cittadini europei e fra tutti gli Stati membri dell’Unione.
Sarebbe viceversa più sensato intervenire per specificare i contenuti e le caratteristiche di quelle che saranno le deleghe digitali veicolate dagli EU e IT-WAllet, assumendo che da tali portafogli transiteranno tutte le deleghe digitali in essere. Ciò che, del resto, si prepara a fare la Commissione e il Parlamento europeo con l’approvazione degli implementing act.
Delegato digitale, le priorità da affrontare
Ad ogni modo, malgrado il permanere di alcuni limiti e contraddizioni, è chiaro come i tempi per interrogarci in via definitiva su natura e contenuti da assegnare alle deleghe che verranno codificate nel portafoglio digitale personale, e quindi per un pieno riconoscimento professionale della delega digitale, siano ormai maturi.
È infatti necessario – e a nostro avviso, a questo punto, indispensabile – superare l’ambiguità di fondo che tuttora permane rispetto al riconoscimento più o meno esplicito della delega digitale, intesa semplicemente come la possibilità che un soggetto deleghi un altro soggetto per una specifica pratica amministrativa, dalla delega conferita da persone fisiche o giuridiche a un intermediario qualificato per la gestione di pratiche amministrative, transazioni economiche o scambi commerciali di loro specifico interesse. Un tipo di delega che non può che assumere una veste professionale.
In primo luogo, perché riguarda in maniera specifica un professionista, che viene delegato ad agire in nome e per conto di un’altra persona fisica o giuridica, e di conseguenza assume un potere di rappresentanza rispetto all’espletamento di diversi atti e pratiche. Lo stesso potere di rappresentanza che, a ben vedere, era già stato riconosciuto nel 1997 con la Legge Bassanini-bis. E si capisce bene come la delega conferita a un soggetto terzo nel caso di minori, soggetti impossibilitati, persone con disabilità o limitazioni funzionali, laddove tale soggetto è di solito un parente (o un tutore nominato dall’autorità giudiziaria), sia cosa ben diversa.
In secondo luogo, perché il tipo di delega conferita a un intermediario in ragione di riconosciute competenze professionali nell’ambito di un incarico retribuito assegna a quest’ultimo il compito di formare, attestare, consegnare e verificare gli esiti di una pratica, non il semplice passaggio di mano della pratica dal suo titolare a chi si occupa di consegnarla a uno sportello.
Serve pertanto anche a qualificare azioni e responsabilizzare un sistema che per sua natura è digitale pertanto immateriale, ma che potrà avere riflessi anche sul piano materiale, ad esempio in caso di danni legati alla prestazione effettuata non correttamente. Inoltre definire una delega consentirà di arginare abusi che spesso si celano dietro la impossibilità ad agire in modo palese, ad esempio, per la presentazione di una istanza in nome e per conto di un cliente. Trasparenza, tracciabilità, responsabilità, tre elementi che giustificano l’introduzione della delega.
Cad e delegato digitale
Per queste ragioni riteniamo che, con l’introduzione del portafoglio digitale personale (nelle sue varianti EU ed IT-Wallet), che opererà attraverso dati di identificazione personale in forma elettronica, sia necessario introdurre la figura del “delegato digitale” già all’interno del Codice dell’Amministrazione Digitale, laddove si stabiliscono le norme che disciplinano la gestione delle identità digitali e le modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni. Ciò consentirebbe di riconoscere giuridicamente, una volta per tutte, un soggetto professionale che, in rapporto a un incarico retribuito, esercita un potere di rappresentanza per conto terzi nella gestione di pratiche e adempimenti amministrativi compiuti per via telematica.
La necessità di un pubblico elenco
Dopodiché si tratterà di stabilire quali soggetti potranno avvalersi di tale qualifica, accreditandoli attraverso l’istituzione di un pubblico elenco e anche questo aspetto, che possiamo5r Ma in questo modo, una volta riconosciuta giuridicamente la figura del “delegato digitale”, il tema della delega telematica sarà stato finalmente dipanato.
E i vantaggi saranno visibili a tutti, sia dal punto di vista dello snellimento delle procedure e della semplificazione amministrativa, sia dal punto di vista della definizione univoca di istituto che, con l’introduzione del portafoglio digitale personale a livello europeo, è destinato ad accompagnarci nel futuro, ben oltre lo stesso orizzonte attualmente definito dalla transizione digitale.