Finalmente, dopo anni di attesa a settembre sono state pubblicate le Linee Guida per l’Indice dei Domicili Digitali per le persone fisiche, i professionisti e gli altri soggetti non tenuti alla registrazione in albi, elenchi o al registro imprese (da qui in avanti INAD).
È un passo fondamentale che va a coprire un tassello rimasto troppo a lungo scoperto, la cui mancanza, ancora priva di una reale giustificazione, ha creato diversi problemi a PA e cittadini.
Ma ora che abbiamo (anzi, avremo a breve, si spera) il registro, ne avremo uno realmente pienamente consultabile, e non semplicemente attraverso un sito web?
Domicilio digitale, ci siamo (forse): storia di un paradosso all’italiana
L’attuale gestione di INI-PEC, visto che l’erogatore è lo stesso, le norme molto simili e la presenza di alcune postille aggiunte al DL 77/2021, lasciano, invero, dubbiosi. Avremo due registri, INAD e INI-PEC con modalità di consultazione ed estrazione differenti?
Consultabilità dei domicili digitali
Il principio generale è sancito dall’art. 6-quinquies: la consultazione on-line dei dati dei registri dei domicili digitali, tutti, è consentita liberamente, non è soggetto ad autenticazione e gli elenchi sono realizzati in “formato aperto”.
Il secondo comma del succitato articolo prevede che sarà Agid, con apposite Linee Guida, a stabilire le modalità di “estrazione” (così dice la norma) dei dati dai registri.
In poche parole, tutti possono consultare i registri on-line, tramite un’applicazione web, ovviamente nei limiti imposti dalla privacy e in modo puntuale, non massivo.
Le “estrazioni”, ossia lo scarico di elenchi relativi a più domicili digitali, potranno essere effettuate dalle PA e dai gestori di pubblico servizio, secondo specifiche dettate da Agid.
Da notare come in tutto ciò non sia ben chiaro dove debba collocarsi la consultazione da operarsi tramite API (o web services), probabilmente quella più utile alle PA, perché consente il dialogo macchina-macchina e di conseguenza l’automazione dei processi sottostanti.
Una mancanza abbastanza grave, e che, nel caso di INI-PEC, ha creato non pochi problemi di interpretazione e “malintesi” tra PA ed erogatore del servizio, che a loro volta hanno spesso comportato ritardi e costi per le PA, probabilmente non dovuti.
Le Linee Guida INAD
Queste Linee Guida, ai paragrafi 2.4 e 2.5, stabiliscono, rispettivamente, esattamente come da art. 6-quinquies del CAD, le modalità di consultazione on-line e quelle, ad appannaggio delle sole PA, di estrazione.
Nel primo caso la consultazione on-line (che le LLGG traducono appunto come “interfaccia web”) avviene in due modalità:
- Inserendo un codice fiscale si otterrà il domicilio digitale corrispondente, ed in aggiunta, se il codice fiscale è relativo ad un professionista, anche l’attività esercitata;
- Viceversa, inserendo domicilio digitale, codice fiscale e data si otterrà se alla data il domicilio digitale indicato era associata a quello specifico codice fiscale.
Nel secondo caso invece, l’estrazione avverrà non più liberamente ma previa autenticazione e attraverso meccanismi che rispettino le Linee Guida sull’Interoperabilità (di recente pubblicate, che sostituiscono il meccanismo precedente, le “Porte di Dominio”).
Le API messe a disposizione avranno sia le chiamate puntuali basate sugli stessi criteri di ricerca stabiliti per la consultazione via interfaccia web, sia la possibilità di fornire elenchi di codici fiscali ed ottenere il relativo elenco dei domicili. Sarà per altro interessante vedere come verranno applicate le LLGG sull’interoperabilità in questo ambito perché analoghe esperienze hanno mostrato come la loro applicazione non sia priva di problematiche, dovute all’utilizzo peculiare di alcuni standard e l’uso, ai fini dell’autenticazione, di certificati qualificati, e non attraverso i meccanismi standard di autenticazione attraverso gli IdP.
Da notare come oltre al domicilio (e all’attività se si tratta di professionista) non sono previsti altri dati, nemmeno nome e cognome, stando a quanto scritto nelle LLGG. Contrariamente ad INI-PEC, che fornisce un ventaglio di criteri di ricerca più ampio, qui il solo criterio previsto è il codice fiscale, fatto questo probabilmente dettato da motivi di privacy, ma che non agevolerà di certo la fruizione del contenuto del registro perché non sempre si è in possesso del codice fiscale del soggetto di cui si ricerca il domicilio. Limite che pare anche in contrasto con la norma stessa in quanto cognome e nome sono acquisiti (ai sensi del paragrafo 2.2) da INAD in fase di registrazione e quindi facenti parte del registro.
Insomma, molto chiaro ed essenzialmente, salvo le obiezioni sopra descritte, proprio quello che serve alle PA, e, soprattutto, è esplicitamente specificato che tali servizi saranno gratuiti. Aspetto questo che, come vedremo, riveste una certa importanza.
Il “caso” INI-PEC
Riveste una certa importanza perché non è così per l’altro registro (sempre gestito dalle strutture informatiche delle Camere di Commercio) relativo a Imprese e Professionisti.
In questo caso le LLGG di Agid, previste al comma 2 dell’art. 6-quinquies per regolare le modalità di estrazione, non esistevano (perché non esisteva ancora art. 6-quinquies), ma l’aspetto è stato normato dal Decreto Ministeriale del MISE 19/03/2013, previsto all’art. 6-bis.
All’articolo 6 del DM citato, che regola le modalità di accesso all’INI-PEC e di fruizione del dato “indirizzo PEC”, si legge:
- L’accesso all’INI-PEC è consentito alle pubbliche amministrazioni, ai professionisti, alle imprese, ai gestori o esercenti di pubblici servizi ed a tutti i cittadini tramite il Portale telematico consultabile senza necessità di autenticazione.
- L’accesso ai dati contenuti nell’INI-PEC avviene attraverso uno dei seguenti parametri di ricerca: a) per le imprese – codice fiscale o, in alternativa, – provincia + ragione sociale/denominazione; b) per i professionisti – codice fiscale o, in alternativa, – provincia + Ordine o Collegio professionale + nominativo.
- Il Portale telematica consente ai soggetti di cui al comma 1, attraverso i parametri di ricerca di cui al comma 2, di acquisire in formato aperto uno specifico indirizzo PEC.
- Alle pubbliche amministrazioni registrate in IPA è inoltre consentita, l’estrazione di elenchi di indirizzi di PEC secondo le modalità di cui alle regole tecniche previste dall’art. 6, comma 1-bis del CAD.
- Al fine di facilitare l’utilizzo dei dati relativi agli indirizzi PEC, possono essere resi disponibili da InfoCamere alle Pubbliche amministrazioni, ai gestori dei servizi pubblici e agli operatori economici interessati, nel rispetto di quanto disposto in materia di tutela delle privacy, servizi evoluti di accesso, consultazione ed estrazione da regolamentarsi tramite apposite convenzioni.
Come si può notare, le modalità sono analoghe a quelle previste nelle LLGG INAD, salvo il comma 5, su cui torneremo più avanti.
Capire come funzionano le cose in questo caso è più complesso perché il Codice negli anni ha subito modifiche continue e non coordinate, che hanno ulteriormente complicato i rapporti fra erogatore e fruitori. Esempio lampante di come le continue variazioni e cambi di rotta a livello normativo e di strategie abbiano (mal) contribuito al processo di trasformazione digitale.
Le modalità di estrazione sono regolate al comma 4 e fanno riferimento ad un articolo del CAD, (il comma 1-bis dell’art. 6, del 2010, antecedente quindi all’art. 6-bis del CAD che istituisce INI-PEC) poi abrogato nel 2017, che a sua volta faceva riferimento a specifiche Regole Tecniche da emanarsi a cura dell’allora DigitPA, non direttamente legate allo specifico ma più in generale all’accesso agli elenchi delle PEC detenute dalle strutture camerali e dagli ordini professionali.
Queste Regole tecniche, effettivamente emanate il 22 aprile 2011 (e ora non più reperibili sul sito di Agid, le potete comunque leggere qui) descrivevano in modo abbastanza puntuale e simile a quanto disposto nelle LLGG su INAD, l’estrazione dei dati dagli elenchi, diventati nel frattempo registro INI-PEC.
A complicare ulteriormente il quadro, sempre alla stessa data, DigitPA pubblica le Linee Guida sulla fruibilità dei dati attraverso convenzioni di cui all’art. 58 del CAD, che sono in parziale sovrapposizione con le Regole Tecniche di INI-PEC, stabilendo, ad esempio, la necessità di una convenzione fra erogatore e fruitore per regolare lo scambio dei dati e anche, ai sensi del paragrafo 6.5, la gratuità del servizio e la necessità di pubblicare la convenzione.
In mezzo a questa confusione, nel frattempo, avvalendosi del succitato comma 5, Infocamere, proponeva ai Comuni, a titolo oneroso, dei servizi aggiuntivi (con modalità di fatturazione a consumo) che di fatto poco si discostano da quello dovuto ai sensi del comma 4, sostenendo che il canale “web service” non fosse tra quelli previsti e che comunque i dati erano “arricchiti” con dati provenienti non da INI-PEC ma dal Registro Imprese; la messa a disposizione di questi dati con modalità di consultazione automatizzata si è resa necessaria in particolare dopo l’emanazione del decreto 18/12/2017 che prevedeva la notificazione per PEC delle violazioni al Codice della Strada, evidenziando quindi la necessità di un’estrazione massiva, che prima invece esisteva solo in casi piú limitati.
Insomma, un pasticcio.
Riguardo all’opportunità di questi servizi a pagamento lascio giudicare il lettore, mi limito ad osservare come in altri paesi europei sia possibile consultare i dati relativi alle imprese in formato aperto, sia scaricandoli dai siti istituzionali, sia accedendo alle banche dati attraverso Webservices:
- Francia: Base Sirene des entreprises et de leurs établissements (SIREN, SIRET)
- Germania: Portale dei Registri comuni degli stati federali
- Inghilterra: Companies House
- Belgio: MyEnterprise
- Lituania: Enterprise Register open data
- Bulgaria: Commercial register, Portal for open data of the Republic of Bulgaria
È vero che il comma 2 dell’art. 6-quinquies non parla di dati aperti ma di formati aperti, però è altrettanto vero che ai sensi dell’art. 60 comma 3-bis il Registro delle Imprese è stato inserito fra la basi dati di interesse nazionale e quindi liberamente consultabile attraverso il sistema di cui all’art. 50-ter e ricade quindi nell’ambito di applicazione dell’art. 50 comma 2 che prevede esplicitamente la consultabilità gratuita, per scopi istituzionali, da parte delle PA, “salvo per la prestazione di elaborazioni aggiuntive”. Esporre web service sarà considerata elaborazione aggiuntiva?
La situazione a oggi
La situazione odierna è ancora più ingarbugliata. Infatti, il DM 2013 è ancora vigente, ma sia le Regole Tecniche sia le Linee Guida (probabilmente, sono da interpellare i giuristi per questo) non lo sono più in quanto entrambe gli articoli del CAD ai sensi dei quali sono state emanate, non sono più vigenti. Né esistono le Linee Guida sulla modalità di estrazione di cui all’art. 6-quinquies.
Quindi, da cosa sia normata l’estrazione dei dati da INI-PEC, non si sa. O, almeno, chi scrive non lo ha capito.
Inoltre, una recente disposizione inserita all’articolo 39 del DL 77/2021, che vede inserito INAD, ma non INI-PEC, fra le banche dati di interesse nazionale, lascia aperti ulteriori interrogativi. Dimenticanza? Vincoli di altra natura? O forse si vuole rimarcare che il Registro delle Imprese, di cui INI-PEC è sottoinsieme, è già base dati di interesse nazionale (anche se ancora ad accesso a pagamento?)
Ci troviamo quindi in una situazione in cui un registro (INAD) è normato in modo chiaro, inserito nelle banche dati di interesse nazionale, ma non ancora implementato, mentre l’altro (INI-PEC) non è fra le banche dati di interesse nazionale e affetto da un vuoto normativo rispetto alle modalità di estrazione da parte delle PA, che nella maggior parte dei casi, pagano per usufruire del servizio.
Inoltre, visto che ad INAD verranno riversati i dati di INI-PEC riguardo i professionisti, avremo parte di INI-PEC consultabile, attraverso INAD, secondo regole diverse rispetto a quelle di INI-PEC.
Inoltre, rimane da vedere come verrà implementata l’estrazione in INAD, che, al di là del limite tecnico dettato dalle nuove Linee Guida sull’interoperabilità, ci dirà se avremo (almeno uno dei registri) pienamente accessibile senza paletti e balzelli. In attesa che il Decreto Legislativo sugli Open Data (di prossima pubblicazione) aiuti a fare, una volta per tutte, chiarezza su questo tema.