Si è concluso con voto positivo unanime il voto finale sullo Standard europeo (più precisamente norma europea, CEN) sulla fatturazione elettronica e sulla specifica di un elenco ristretto di sintassi (formati) che dovranno essere accettati da tutte le PA europee col recepimento della Direttiva 2014/55/UE. Entrambi i documenti erano previsti dalla Direttiva ed erano elementi necessari perché si potesse procedere con l’attuazione della Direttiva stessa: una volta che i documenti saranno pubblicati, questo richiederà ancora qualche settimana, ed i riferimenti saranno pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale UE con una Decisione della Commissione, potranno partire i termini previsti per il recepimento da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione pari a 18 mesi per le PA centrali e 30 mesi per le locali. I documenti sono stati approvati dal Comitato CEN, European Committee for Standardization.
La Direttiva, partendo dal riconoscimento che i formati in uso sono molteplici e che nessuno di questi ad oggi prevale, propone una soluzione basata sullo sviluppo di un insieme di documenti di normazione tecnica. Tra questi i documenti che sono stati approvati:
- la definizione di un modello di dati semantico degli elementi essenziali della fattura, la c.d. “core invoice”. La core invoice non è dunque una rappresentazione in un formato specifico ma un modello che consente di rappresentare il contenuto della fattura in grado di supportare qualsiasi formato e le traduzioni tra formati diversi, garantendo nel contempo la possibilità di ottenere la conformità con le norme fiscali di qualsiasi Stato dell’UE. Questa base comune di interoperabilità è la chiave di volta per consentire un ottimo grado di convergenza, pur preservando gli investimenti già fatti, spesso verticalmente, nell’ambito dei vari settori o filiere.
- La definizione di una lista limitata di sintassi standard, per ognuna delle quali sarà presto pubblicata dal CEN anche la specifica corrispondenza sintattica con il modello core, e che tutte le PA europee saranno obbligate ad accettare.
L’introduzione del modello semantico “core”, ovvero limitato, rappresenta un momento storico: per la prima volta dall’introduzione del regime IVA esiste un modello di dati realmente comune a tutta l’Europa. Questo fatto, insieme con la limitazione del numero di sintassi, dovrebbe consentire la nascita di software e servizi a supporto della digitalizzazione dei relativi processi, e una complessiva riduzione del costo dei servizi associati grazie alla competizione su scala europea, ad oggi impossibile con Fattura PA.
I documenti sono stati sviluppati dal CEN, uno dei 3 enti di standardizzazione riconosciuti dell’Unione Europea, a partire da settembre 2014. Questi primi documenti, una volta pubblicati, sono già sufficienti perché la Commissione possa procedere con la pubblicazione del loro riferimento sulla Gazzetta Ufficiale e rendere così operativi i termini per il recepimento.
Ma a livello nazionale quali sarà l’impatto? Gli obiettivi del provvedimento europeo sono simili a quelli di Fattura PA e mirano ad ottenere i benefici ormai noti e raggruppabili in due filoni:
- risparmi, sia grazie alla maggiore efficienza (che la Commissione stima pari a 240 miliardi di Euro annui su scala europea) sia derivanti dalla maggiore capacità di controllo ai fini di lotta all’evasione che di migliore allocazione delle risorse nella gestione della spesa pubblica;
- supportare il processo di dematerializzazione dei processi delle imprese, che portano ad un miglioramento del sistema paese con benefici ben superiori della sola maggiore efficienza degli adempimenti fiscali e prerogativa del mercato unico digitale europeo.
Si questo secondo filone il progetto europeo è decisamente più avanzato se si considera che Fattura PA, consentendo la rappresentazione del solo documento fattura, rappresenta un limite significativo per la dematerializzazione dell’intero processo. La direttiva in sé introduce degli obblighi solo in capo alle pubbliche amministrazioni, rendendo obbligatoria la ricezione di fatture elettroniche se sono rispettate alcune condizioni tecniche, e riconosce il potere delle autorità nazionali di istituire obblighi a livello nazionale, come già avvenuto in Italia ed alcuni paesi europei, ad inviare alla PA solo fatture elettroniche.
L’Italia, come altri Stati europei, ha imposto un formato proprietario nazionale che è Fattura PA, utilizzabile solo per digitalizzare il documento fattura e inutilizzabile per scambi intracomunitari o extra UE, una scelta che ha consentito una partenza rapida ma che presenta gli evidenti limiti menzionati, che consentono una digitalizzazione solo parziale che non permette di massimizzare i benefici e che può portare, in alcuni casi, addirittura ad un peggioramento della performance complessiva costringendo le imprese a gestire in parallelo diverse modalità. Ha prevalso la logica dell’adempimento rapido ad un obbligo di legge per ottenere subito parte dei benefici possibili ed essenzialmente lato PA.
In realtà la dematerializzazione della sola fattura, anche lato PA, consente una digitalizzazione parziale, spesso inesistente quando la fattura viene stampata e gestita a mano ed è totalmente inadeguata a supportare procedure d’appalto interamente elettroniche che per altro diventeranno presto obbligatorie. Il progetto Fattura PA rischia pertanto di infilarsi in un vicolo cieco.
La Direttiva segue invece un approccio più strutturato che supera tutti i limiti del formato proprietario nazionale, che si basa sull’utilizzo di standard ed esperienze già adottati in ambito internazionale e già implementati in molte realtà pubbliche e maturati in Europa col progetto PEPPOL. Anche se la Direttiva indirizza solamente la fattura elettronica, questa viene correttamente contestualizzata come snodo tra i vari processi che si basano su di essa consentendo un percorso di progressiva digitalizzazione di tutti i processi che stanno a monte della fattura (es. ordini, conferme e documenti di trasporto) e a valle (sistemi di pagamento, factoring, trasmissione dei dati ai fini fiscali).
Il progetto Fattura PA è stato estremamente efficace e innovativo nel panorama europeo, ma difficilmente si vedrà una diffusione capillare nello scambio tra privati nascendo in fondo intorno ad un adempimento più che ad un processo. Anche lato PA si può constatare come non sia in grado di supportare un vero ammodernamento dei processi che consenta una gestione digitale completa: la regione Emilia Romagna è stata la prima ad investire in questa direzione ed è già pronta a gestire in modalità elettronica tutte le fasi dell’eProcurement. Sul sistema di interscambio sono già iniziati i lavori di adattamento a quanto previsto dalla Direttiva nell’ambito del progetto eIGOR (e-Invoicing Go Regional) coordinato dall’AgID e finanziato dalla Commissione nell’ambito dei progetti CEF.
È auspicabile pertanto che anche il formato italiano subisca un adattamento al formato semantico europeo in modo da garantire un passaggio graduale e il più possibile indolore, aprendo così realmente la strada ad un’evoluzione che è già segnata e porterà benefici sostanziali sia sul lato pubblico che su quello privato.