DOMANDA
È stata presa una stanza in affitto uso ufficio, ma a distanza di tempo ci si è accorti che la società ha emesso fattura elettronica con il solo codice fiscale e senza la partita Iva. La persona che ha affittato la stanza è un libero professionista ed è in regime forfettario, la sede fiscale è presso la sua abitazione dove esercita l’attività stabilmente e la stanza affittata viene usata raramente per ricevere ma il problema è che giuridicamente la stanza è stata utilizzata per uso professionale e non privato ( i bonifici sono stati fatti con causale “affitto stanza uso ufficio”). Come si può correggere, emettendo una nota di credito alla società per le fatture emesse con codice fiscale e poi farle riemettere con partita Iva? In questo caso, non c’è variazione di imponibile e imposta, il termine per l’emissione della nota di credito è sempre un anno? Si possono emettere le note di credito oltre l’anno?
RISPOSTA
La risposta al caso specifico è che essendo il destinatario della fattura in regime forfettario, la deduzione dei costi non è analitica ma è determinata in base al coefficiente di redditività dell’attività svolta, per cui la questione è praticamente irrilevante. Tra l’altro presumo che gli importi in questione siano esenti in senso oggettivo e non soggetti ad IVA in senso soggettivo, quindi il problema non si porrebbe. Più in generale, occorre distinguere tra comparto IVA e comparto Imposte dirette.
Ai fini IVA l’esercizio del diritto alla detrazione spetta se la fattura viene emessa con la indicazione della partita IVA, poiché in caso contrario la fattura viene “depositata” in una separata area del sito “Fatture e Corrispettivi”, quella appunto riservata agli acquisti effettuati al di fuori di attività di impresa, arti e professioni. In questo caso si potrebbe rimediare con la emissione di una nota di credito e la riemissione della fattura corretta, sperando sempre che la fattispecie possa essere considerata dall’agenzia delle Entrate come non sanzionabile ai sensi dell’articolo 6, comma 5-bis, Decreto legislativo 472/1997, in quanto errore meramente formale. Tuttavia c’è da considerare che l’articolo 6 comma 8 del decreto legislativo 471/1997 prevede che “Il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell’altro contraente, è punito, salva la responsabilità del cedente o del commissionario, con sanzione amministrativa pari al cento per cento dell’imposta, con un minimo di euro 250, sempreché non provveda a regolarizzare l’operazione …” a norma delle successive lettere a) e b). Si potrebbe ipotizzare che la fattura col solo codice fiscale sia irregolare, anche se l’unico soggetto responsabile della irregolarità può essere solo il cessionario committente, che pertanto sarebbe tenuto e rimuovere la irregolarità o chiedendo la rettifica all’emittente e, in caso di sua inerzia, attivarsi ai sensi della norma sopracitata.
Ai fini delle imposte sul reddito la deduzione del costo di una fattura relativa alla attività esercitata, emessa senza partita IVA, non dovrebbe essere d’ostacolo alla deduzione del costo, considerato che le norme generali sulla determinazione del reddito prevedono come requisito essenziale la inerenza e la certezza della spesa (articolo 109 DPR 917/1986). Per rispondere alla sua ultima domanda, la nota di credito (e la fattura modificata) andrebbe riemessa con la stessa data della fattura errata, quindi, salvo la applicazione delle sanzioni ed eventuali limiti al diritto della detrazione, anche per le ragioni sopra indicate, non dovrebbe applicarsi il limite dell’anno posto dall’articolo 26 del DPR 633/1972.
Per porre domande a Salvatore De Benedictis sul tema “Fatturazione Elettronica e Conservazione Digitale” è possibile scrivere a: esperto@agendadigitale.eu
Potranno essere presi in esame solo i quesiti sottoscritti con cognome e nome