DOMANDA
Un documento nativo digitale, ad esempio una fattura ricevuta in formato pdf da un fornitore non italiano e quindi non transitata dallo SDI, ha l’obbligo di essere conservato o può essere assimilato ad un documento analogico?
Davide Miragoli
RISPOSTA
Il punto sta nell’attribuire alla fattura in formato pdf la corretta valenza giuridica, ossia stabilire se ci troviamo in presenza di un documento informatico o di un documento analogico.
Il Codice dell’Amministrazione Digitale, all’articolo 1 attribuisce le seguenti definizioni:
p) documento informatico: il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti;
p-bis) documento analogico: la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuria lei buona seratadicamente rilevanti.
Ottenuta quindi una definizione “negativa” di documento analogico, l’attenzione deve essere rivolta ad individuare quando ci troviamo in presenza di un documento informatico. Non c’è dubbio che un file in formato pdf, soprattutto se generato direttamente da un software, possa essere astrattamente definito un documento informatico. Tuttavia occorre verificarne la sua efficacia e validità, definite dall’articolo 20 del C.A.D., intitolato “Validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici”, che prevede che “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, é formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore”. Non sembra quindi che la fattura in formato pdf sia dotata dei requisiti richiesti dall’articolo 20 del C.A.D.. L’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di affrontare l’argomento in diverse occasioni, con varie risoluzioni (9 luglio 2007, n. 161/E, 28 gennaio 2008, n. 14/E e 15 giugno 2009 n. 158/E) ed ha affermato che “i documenti creati con strumenti informatici, che non sono emessi con il riferimento temporale e la sottoscrizione elettronica, sono, ai fini delle disposizioni tributarie, documenti analogici e dunque per la loro esistenza è necessario procedere alla materializzazione su di un supporto fisico”.
C’è anche da rilevare che l’articolo 39, comma 4, del DPR 633/1972, prevede che “le fatture elettroniche sono conservate in modalità elettronica, in conformità alle disposizioni del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze adottato ai sensi dell’articolo 21, comma 5, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” … Le fatture create in formato elettronico e quelle cartacee possono essere conservate elettronicamente”. Questo distinguo porta a ritenere che le “fattura elettroniche” e le “fatture create in formato elettronico” siano due cose diverse, soggette le prime all’obbligo di conservazione a norma e le seconde alla “possibilità” di conservazione a norma.
Nel contesto sopra delineato è possibile ritenere che una fattura ricevuta in formato PDF e che non sia transitata dal sistema di interscambio – quindi, con riferimento all’art.39 sopra citato, una fattura creata in formato elettronico – possa essere alternativamente o stampata e conservata in maniera analogica ovvero conservata digitalmente, con l’osservanza delle norme recate dal DMEF 17/6/2014.
Per porre domande a Salvatore De Benedictis sul tema “Fatturazione Elettronica e Conservazione Digitale” è possibile scrivere a: esperto@agendadigitale.eu
Potranno essere presi in esame solo i quesiti sottoscritti con cognome e nome