L’obbligo di rilascio della ricevuta fiscale e dello scontrino fiscale è stato sostituito con quello di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi (scontrino elettronico). Il “documento commerciale”, emesso in luogo del vecchio “scontrino fiscale”, non ha valenza fiscale se non in alcuni casi specifici: la deduzione delle spese sostenute per gli acquisti di beni e di servizi agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi, la deduzione e detrazione degli oneri rilevanti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e l’applicazione della fatturazione differita.
Al di fuori di questi casi il “documento commerciale” assolve un ruolo connesso all’esercizio dei diritti connessi all’acquisto, quale, per esempio, la garanzia. Occorre quindi prendere atto che il documento commerciale deve essere visto come adempimento non rilevante ai fini fiscali, se non per le ipotesi (tre) espressamente previste dalla legge. Altrimenti facciamo passi indietro e cerchiamo di mischiare il passato analogico col presente/futuro digitale, che richiede una costante modifica delle condotte assunte in un contesto normativo e tecnologico diverso.
DOMANDA
Lavoro in hotel e spesso riceviamo pagamenti anticipati per soggiorni successivi anche alcune settimane dopo aver ricevuto la somma che spesso è a saldo del totale soggiorno. Di regola andrebbe emessa una fattura di acconto.
Ci è spesso capitato che una volta aver erogato il servizio non risultassero somme a saldo. Quindi per poter chiudere la pratica si è emessa fattura a saldo zero per poi trasmetterla sul sistema di interscambio delle fatture elettroniche. Problema: il commercialista dell’hotel dice che è sbagliato e che non si possono assolutamente trasmettere fatture elettroniche di importo pari a zero. A nulla è servito fargli capire che è un documento a chiusura che si collega a quello di acconto precedentemente emesso. A complicare le cose vi è poi il fatto che il nostro gestionale non ci da la possibilità di chiudere la pratica se non si emette fattura a saldo. Abbiamo provato ad ovviare a tale problema emettendo un documento di proforma al momento del pagamento per poi trasformarlo in fattura al momento dell’erogazione del servizio e chiusura pratica. Ma anche così non è legalmente corretto perché la fattura va emessa al momento della ricezione del denaro o comunque nei 12 giorni immediatamente successivi. Potete cortesemente fare chiarezza su questo punto. Ve ne sarei veramente grata.
Pia Simone
RISPOSTA
Il problema da lei posto coinvolge aspetti relativi agli obblighi in materia di ricevuta fiscale (sostituiti dagli obblighi di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi), sia in materia di fatturazione delle operazioni (artt. 6 e 21 DPR 633/1972).
Trasmissione dei corrispettivi
Il comma 5 dell’articolo 2 del decreto legislativo 127/2015 prevede che “La memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica di cui ai commi 1 e 2 sostituiscono la modalità di assolvimento dell’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi di cui all’articolo 12, comma 1, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico possono essere individuate tipologie di documentazione idonee a rappresentare, anche ai fini commerciali, le operazioni.” Tale “possibilità” è stata realizzata con la emanazione del Decreto del MEF del 7/12/2016.
In tale provvedimento è previsto che:
- I soggetti in precedenza tenuti alla emissione dello scontrino e della ricevuta fiscale – quando non sia richiesta o obbligatoria la emissione di fattura – documentano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi con la emissione di un “documento commerciale” (articolo 1);
- Il documento commerciale certifica l’acquisto sotto ogni profilo civilistico-contrattuale;
- Il documento commerciale assume una valenza fiscale per consentire: la deduzione delle spese sostenute per gli acquisti di beni e di servizi agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi (art. 5, comma 1 lettera a, Decreto MEF del 7/12/2016) o la deduzione e detrazione degli oneri rilevanti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (art. 5, comma 1 lettera b, Decreto MEF del 7/12/2016); o l’applicazione della fatturazione differita a norma dell’art. 21, comma 4, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (art. 5, comma 1 lettera c, Decreto MEF del 7/12/2016).
Nel quadro normativo sopra delineato, sembra quindi chiaro come il punto centrale della nuova disciplina sia la “memorizzazione” dei dati con i dispositivi elettronici previsti (registratore telematico o web app ADE), cui fa seguito in maniera automatica la trasmissione degli stessi all’Agenzia delle Entrate. La “memorizzazione” dei dati appare a questo punto assolutamente coerente e contestuale rispetto al momento di effettuazione della operazione regolamentato dall’articolo 6 del DPR 633/1972: pagamento del corrispettivo ovvero, se antecedente, consegna dei beni.
Fatturazione delle operazioni
Il punto di riferimento in tema di emissione della fattura deve essere sempre l’articolo 21 del DPR 633/1972, che recita: “Per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura”. Mancando la operazione imponibile, perché già fatturata anticipatamente, viene meno ogni obbligo. Probabilmente la emissione della fattura finale con saldo zero è uno strascico dell’abrogato obbligo di emissione della ricevuta fiscale “in ogni caso, all’atto di ultimazione della prestazione” (articolo 1, comma 2, ultimo periodo, D.M. 30/3/1992).
Conclusione
Il contesto normativo e regolamentare sopra illustrato dovrebbe essere sufficientemente chiaro per ritenere superata la emissione della ricevuta fiscale al momento di conclusione della prestazione, sia nel caso da Lei prospettato, ma anche nel caso in cui il corrispettivo non fosse stato pagato: infatti, la conclusione della prestazione non determina alcun effetto fiscale ai fini della effettuazione della operazione, e le norme non prevedono più uno specifico obbligo. Ho utilizzato il condizionale perché l’Agenzia delle Entrate è di diverso avviso. Infatti, con la Circolare 3/E del 21 febbraio 2020, ha espresso l’orientamento secondo cui “…senza pretesa di esaustività tra le molteplici situazioni che si possono verificare, i soggetti che svolgono le attività di cui all’articolo 22 del decreto IVA possono documentare … le prestazioni di servizi eseguite, ma non effettuate ai fini IVA, alternativamente con .. documento commerciale recante il “non riscosso”, al quale seguirà ulteriore documento commerciale, con memorizzazione e trasmissione dei dati al momento dell’effettuazione delle prestazioni ai fini IVA (tipicamente il citato pagamento)…”.
Ritengo questa posizione non coerente col dato normativo, considerato appunto che nessuna norma impone la emissione di un documento commerciale fiscalmente rilevante al di fuori delle tre ipotesi indicate dall’articolo 5 del Decreto MEF del 7/12/2016.
Con questo non voglio dire che la preoccupazione dell’Agenzia delle Entrate non sia condivisibile: omettere il “censimento” di una operazione dalla quale scaturiranno successivamente i presupposti per l’applicazione dell’imposta (al momento del pagamento) potrebbe comportare un rischio di evasione fiscale, però un conto sono le preoccupazioni, altro conto sono le regole da rispettare.
Compiuto questo excursus storico-normativo, che coinvolge altri aspetti connessi anche agli altri obblighi in tema di correttezza del “documento commerciale” (vedi https://www.agendadigitale.eu/documenti/scontrino-elettronico-ecco-perche-la-descrizione-dei-beni-non-e-sempre-obbligatoria/) rilevo che nessuna norma oggi impone il rilascio di un documento fiscale al momento di ultimazione di una prestazione di servizi il cui corrispettivo sia stato pagato in precedenza, quindi già memorizzato fiscalmente (nel caso di utilizzo di registratori telematici) o fatturato (considerata la alternatività tra emissione di ricevuta fiscale e fattura), posto che, ai fini IVA, l’operazione è stata già effettuata e conclusa al momento del pagamento. E posso aggiungere anche che neppure l’Agenzia delle Entrate ha manifestato ad oggi diversa opinione.
Per completezza d’argomento confermo che il Sistema di Interscambio accetta fatture elettroniche con saldo a zero, non accetta quelle con imponibile zero. Probabilmente la emissione della fattura finale con saldo zero – oltre che una abitudine ereditata dalle norme previgenti – nasce dalla esigenza contabile di operare lo storno della partita patrimoniale (acconto su prestazioni) e di rilevare il ricavo. Potrebbe essere opportuno nel suo caso modificare la descrizione della fattura, emessa al pagamento del corrispettivo per la prestazione anticipata, indicando piuttosto che “acconto”, che sembra richiedere una “saldo”, “corrispettivo per … salvo conguaglio”, appunto per indicare che la emissione della fattura “a saldo” è solo una eventualità.
Prediamo atto che ci sono abitudini non contrarie al dettato normativo, ma che riterrei opportuno modificare e rivisitare alla luce del mutato contesto tecnico-normativo, nell’ottica della essenzialità e della “economia” che dovrebbe guidare la effettuazione degli adempimenti tributari.
Per porre domande a Salvatore De Benedictis sul tema “Fatturazione Elettronica e Conservazione Digitale” è possibile scrivere a: esperto@agendadigitale.eu
Potranno essere presi in esame solo i quesiti sottoscritti con cognome e nome