DOMANDA
Relativamente alla gestione dei pagamenti per gli ordini effettuati tramite aggregatori per gli ordini di cibo online: il ristoratore emette documento commerciale di vendita o prestazione che fornisce al driver da consegnare al cliente finale. Il cliente finale paga con carta di credito e l’aggregatore periodicamente trasferisce le cifre incassate per conto del ristoratore tramite bonifico bancario, normalmente con una compensazione, trattiene cioè il denaro relativo alla fattura delle proprie commissioni. A noi sembra corretto che il documento commerciale riporti la modalità di pagamento elettronico, perché così paga il cliente, ma non configurandosi l’aggregatore come gestore di sistemi di pagamento non ha obbligo giornaliero di comunicare all’Agenzia delle Entrate il dato totale dei pagamenti elettronici gestite per singolo esercente.
A causa di ciò, si crea una discrasia tra il dato dei gestori dei pagamenti elettronici ed il dato registrato sull’area corrispettivi dell’esercente. Questa differenza ha recentemente causato l’invio di diverse lettere da parte dell’Agenzia delle Entrate. Avevamo pensato allora di emettere il documento commerciale di vendita o prestazione con pagamento “non corrisposto beni” presente tra le opzioni del registratore telematico, perché essendo consegna a domicilio non è più prestazione di servizi di somministrazione ma normale vendita di beni. In questo caso però l’utente finale riceve un documento commerciale con dicitura non riscosso anche se lui ha effettivamente già pagato mediante carte di credito su una piattaforma online e potrebbe quindi giustamente aprire una contestazione. Qual è a vostro giudizio la modalità migliore?
RISPOSTA
Le lettere inviate dall’Agenzia delle Entrate muovono dall’assunto (errato) secondo cui dovrebbe esserci coerenza tra corrispettivi dichiarati dai commercianti al minuto e assimilati e le operazioni di accredito (avere) nei conti correnti bancari. In caso di discrepanze, è stata attivata la c.d. procedura di compliance, tendente a comprendere le ragioni degli scostamenti. E’ stato tuttavia rilevato che le operazioni di accredito sui conti bancari includono altre operazioni, soprattutto di natura finanziaria (giroconti, accensioni di prestiti, mutui, apporti, incasso di fatture, etc.) irrilevanti ai fini reddituali, per cui il paradigma coniato dall’Agenzia potrebbe tutt’al più rappresentare un filtro molto grezzo, utile forse solo per le micro imprese. In un paese in cui l’intelligenza artificiale non sembra neppure sfiorare la pubblica amministrazione, si è consentito che il sopra indicato disallineamento sia assurto a rango di “problema” solo per la approssimazione dell’analisi effettuata a monte dall’Agenzia delle Entrate; ciò premesso, la soluzione – a mio avviso – non può e non deve essere ricercata con la adozione di contorsionismi amministrativi o contabili per tentare di evitare l’invio delle lettere di compliance, anche perché, come Lei fa giustamente notare, operando in tal senso al cliente finale potrebbe essere rilasciato un documento oggettivamente non aderente alla realtà. Quindi il mio suggerimento è operare come ritenete più immediato rispetto alle varie fattispecie e sensibilizzare gli esercenti a predisporre quanto necessario per fornire alla Agenzia delle Entrate tutte spiegazioni che potrebbero essere richieste.
Per porre domande a Salvatore De Benedictis sul tema “Fatturazione Elettronica e Conservazione Digitale” è possibile scrivere a: esperto@agendadigitale.eu Potranno essere presi in esame solo i quesiti sottoscritti con cognome e nome