Tra le novità introdotte dal DL 193/2016 (quello della cancellazione di Equitalia e dell’istituzione dell’”Agenzia delle entrate-Riscossione”, che le subentra) c’è anche il modello per lo “Spesometro”, lo strumento finalizzato a limitare l’evasione fiscale che, di fatto, nella sua forma analitica richiede alle imprese di trasmettere i dati di tutte le fatture emesse e di quelle ricevute e registrate.
Si tratta di un nuovo adempimento che, adottando la leva forte dell’obbligo si pone in modo controverso sull’attuale scena normativa. Da un lato, infatti, conferma la volontà di proseguire nella direzione già intrapresa: quella di cambiare il rapporto tra Fisco e contribuenti. Dall’altro, tuttavia, sembra quasi rimettere in discussione parte del percorso evolutivo compiuto finora. E il motivo è che il nuovo obbligo è avulso dalla missione Paese con cui- a partire dalla e-fattura- si ambisce a digitalizzare i rapporti di business.
Dirò subito che, a mio modo di vedere, consentire all’Agenzia delle Entrate di disporre dei dati delle Fatture emesse e registrate – inviati in forma analitica secondo modalità che verranno stabilite – senza dubbio abiliterà capacità di monitoraggio, controllo e verifica finora assenti, che se progettate con attenzione potrebbero effettivamente contribuire a limitare l’evasione fiscale e anche a far emergere le situazioni più opache.
Tuttavia, nonostante l’approccio adottato in questa occasione dal legislatore vada nella direzione encomiabile di fornire all’Agenzia delle entrate un asset importante fatto di dati e conoscenza, sembra anche ridimensionare le ambizioni del percorso normativo finora affrontato. Mi riferisco al percorso che è partito con la creazione del Sistema Di Interscambio (SDI), ha attivato la Fatturazione Elettronica verso la PA e ha portato agli incentivi per la Fatturazione Elettronica nel B2B. Un percorso che, se da un lato poteva stimolare imprese e PA a digitalizzare il documento Fattura – secondo regole chiare e ben definite – per creare una base di dati coerenti potenzialmente accessibili in modo più rapido ed efficace, dall’altro suggeriva anche l’obiettivo – non prioritario ma raggiungibile e non sottovalutabile – di “fare cultura” a livello sistemico e sensibilizzare gli attori del tessuto economico del nostro paese a cogliere le opportunità della digitalizzazione non solo delle Fatture, ma anche di Ordini, DDT e Pagamenti.
Una visione digitale virtuosa purtroppo ancora poco diffusa nelle imprese del nostro paese ma che il legislatore europeo e italiano dimostravano di avere ben presente: il primo con l’intento di porre le basi del Mercato Unico Digitale Europeo; il secondo con la volontà di diffondere Fatture Elettroniche stimolando anche la creazione di efficienza nelle singole imprese e PA, per generare un effetto di crescita di competitività digitale di tipo sistemico. E in questi anni, esempi di felice integrazione tra Ordini digitali e Fatture Elettroniche – un po’ guidati da esperienze nella PA – non sono mancati: come per esempio sul Mercato Elettronico della PA di Consip oppure, in modo ancora più completo, in Emilia Romagna, dove insieme alla Fatturazione Elettronica si è scelto di spingere anche verso Ordini e DDT digitali.
D’accordo, questo cammino virtuoso richiede tempi lunghi. Ne è prova il fatto che non molte delle imprese che hanno iniziato a fare Fatturazione Elettronica verso la PA hanno anche colto l’occasione di estendere rapidamente la Conservazione Digitale anche ad altre Fatture; poche imprese hanno attivato progetti per estendere la Fatturazione Elettronica ad altri clienti oltre alla PA; dopo la Fattura, non è ancora cominciata la digitalizzazione spontanea di Ordini o DDT. Tuttavia, qualche atto di moto cominciava ad esserci e forse un ulteriore serio stimolo verso la digitalizzazione del B2B avrebbe potuto innescare dinamiche interessanti (per esempio, incentivi importanti e concreti verso la Fatturazione Elettronica B2B). Invece si è scelto di preferire l’invio delle informazioni sulle fatture emesse e registrate: di fatto ci si è attaccati ai morsetti delle relazioni B2B, andando a prendere i dati che sicuramente già esistono nelle imprese (quelli degli archivi registrati a sistema) per far leva su quelli, evitando di promuovere modelli di integrazione o anche solo di digitalizzazione. In fondo, ho sempre pensato che agire sugli “archivi” fosse più semplice e veloce che agire sul “postino”, soprattutto in anni digitali di Web, Cloud e Mobile; tuttavia, ormai si era cominciato ad agire sul “postino”, e affiancare lo stimolo normativo a quello dei benefici di efficienza ed efficacia legati alla digitalizzazione nelle relazioni B2B forse una lenta ma profonda dinamica la stava anche innescando.
Spero che questo apparente “cambio di rotta” possa essere gestito con consapevolezza ed efficacia, perché è senz’altro in grado di portare grande valore – velocizzando l’atto di moto del cambiamento nella relazione tra Fisco e imprese – ma perde un po’ di vista quel sano “approccio sistemico” che qualche risultato, soprattutto “culturale”, lo stava portando. In particolare, l’interesse nobile di far confluire più documenti possibili in un unico archivio digitale fiscale oggi quasi stride con la norma che consente la Conservazione Digitale gratuita per le sole Fatture passanti da SDI; la visione di digitalizzare tutti i documenti dell’intero ciclo dell’Ordine (che pone al centro i processi di interfaccia) non si potenzia con l’adempimento che richiede di trasferire i dati delle sole fatture emesse e registrate (che mette al centro i dati presenti sui sistemi interni).
L’obbligo introdotto, intendiamoci, in realtà non blocca necessariamente progetti di digital transformation nel B2B. Forse, però, potrebbe rallentarli: drenando risorse per rispettare il nuovo adempimento e non incentivando riflessioni su come digitalizzare in chiave sistemica le relazioni di business. Tuttavia il valore di una filiera integrata e di modelli digitali che ne riproducono l’efficacia anche al di fuori delle relazioni ricorrenti (abilitati dalle opportunità della digitalizzazione) resta immutato e fonte di competitività per tutte quelle imprese che nella trasformazione digitale dei processi B2B hanno già investito o intendono investire. Spetta dunque a chi è rimasto indietro comprendere ancora queste opportunità, adesso forse con meno “stimoli al cambiamento” di carattere normativo di quanti ne avrebbe potuti avere prima, ma sempre con le opportunità di efficienza ed efficacia misurabili che chi si è mosso già testimonia. Rimane infatti vero che impostare processi B2B in digitale facilita l’inserimento di dati affidabili negli archivi interni e di conseguenza semplifica anche quanto occorre per adempiere al nuovo Spesometro analitico.
La recentissima uscita delle regole tecniche che incentrano sul Tracciato Fattura_PA la trasmissione dei dati delle Fatture, peraltro, consente, a chi ha già iniziato a costruire sul Tracciato Fattura_PA, di non dover rimettere in discussione le scelte fatte e, a chi ancora non è partito, di continuare a vedere nella Fatturazione Elettronica B2B basata sul Tracciato Fattura_PA un’alternativa comunque percorribile.