Lo scontro col Garante

E-Fattura vittima di un Paese a testa in giù

Sulla fatturazione elettronica si è mossa una massa imponente di soggetti, ma solo oggi ci si accorge che il sistema ha una falla. Ecco allora che il problema non è l’eccezione giuridica sollevata dal Garante: manca una regia e un disegno condiviso e a farne le spese sono l’efficienza e la competitività delle imprese

Pubblicato il 20 Nov 2018

Claudio Rorato

Direttore Osservatorio Fatturazione Elettronica ed eCommerce B2b - Politecnico di Milano

fattura elettronica forfettari

Non sono un giurista, non sono un esperto di privacy, quindi non entro nel merito delle osservazioni formulate dal Garante della Privacy sulla fatturazione elettronica.

Tuttavia, mi sento in dovere di porre l’attenzione su un paio di temi, che esplicito attraverso due domande: Perché solo ora questo intervento? Perché le eccezioni sulla massa di dati trattati dagli intermediari sono sollevate adesso? L’obbligo di fattura elettronica verso la PA risale al 2014: in tutti questi anni non c’è mai stata una riflessione simile in questo campo, pur non mutando la natura del problema.

Un problema di metodo

Evito anche di addentrarmi in sterili commenti di stampo politico o a esprimere lamenti su personali delusioni, che lasciano il tempo che trovano. Però, sul percorso di avvicinamento alla fattura elettronica verso i soggetti privati e residenti, condiviso in questi mesi, noto le migliaia di ore di formazione, le migliaia di soggetti – professionisti, imprese, associazioni, enti pubblici – impegnati nelle sale dei convegni ad ascoltare e a portare le loro opinioni, gli investimenti effettuati da software house e da altri soggetti in ore di lavoro, le costruttive ore trascorse al Forum sulla Fatturazione Elettronica, raro esempio di reale costruzione partecipata tra pubblico e privato. Una massa imponente si è mossa e, oggi, solamente oggi, ci si accorge che il ‘sistema’ ha una falla.

Allora, il problema non è più l’aspetto particolare, l’eccezione giuridica che viene sollevata, ma il metodo con cui questo Paese gestisce progetti di ampia portata (e sui quali si impegna anche a livello internazionale). Un Paese che, evidentemente, ragiona a silos, a compartimenti stagni. E che ora – notizia di questi minuti – prova a recuperare in extremis (com’è solito fare) con un tavolo di lavoro last minute avviato tra Agenzia delle Entrate e Garante.

Il problema oggi è sulla fatturazione elettronica, domani sarà su un altro tema. L’innovazione procede a strappi, parte per decreto ma si ferma anche per decreto.

E’ il demiurgo dell’innovazione che manca

Manca il “demiurgo”, un vero regista del progetto innovativo del Paese. Un Paese che conduce battaglie di retroguardia, che non incoraggia chi ha le gambe per correre a trascinare il sistema su livelli di maggiore competitività, che non elabora strategie per le fasce aziendali più deboli, consentendo loro di armonizzarsi con il cambiamento senza ostacolarlo. Ma il Paese decide che, invece, è bene fermare le macchine. Per tutti.

La regia manca perché non c’è una vera autorità che guida l’innovazione, non ci sono reali poteri decisionali – speciali e a tempo determinato – attribuiti a qualcuno.

Com’è possibile che solamente ora emergano incompatibilità? La trasversalità progettuale dov’è finita? I diversi ruoli vengono coinvolti separatamente solo quando è finito un pezzo del mosaico? Tutto ciò sembra l’espressione di un taylorismo da fabbrica dell’800, nella quale vige la parcellizzazione del lavoro e la mancanza di un disegno generale condiviso fin dalle origini con i singoli addetti.

Efficienza e competitività delle imprese a rischio

Le stesse proposte di avviamento contingentato per dimensione aziendale trascurano un elemento importante: chi è esonerato dall’emettere fattura elettronica può però riceverla per gli acquisti e chi, invece, rientra nell’obbligo dell’emissione ne riceverà un po’ cartacee e un po’ elettroniche. Sezionali diversi per gestire documenti, doppi binari amministrativi che costano in termini di efficienza e che si traducono in perdita di competitività delle imprese. Le aziende, invece di snellire i processi amministrativi, rischiano di vederli ingrossare. Come dire: dall’adempimento solamente oneri e nessun onore. La dematerializzazione documentale, come già ampiamente dimostrato dall’Osservatorio sulla fatturazione elettronica, ha già da anni ampiamente evidenziato i benefici monetari e di processo (lavorativo) ottenibili in termini di efficienza complessiva. Perché costringere le aziende a registrazioni separate, aumentando il peso delle attività amministrative che, invece, dovrebbero diminuire a vantaggio di quelle più legate al core business aziendale? Potenziare queste ultime significa agevolare la crescita delle imprese, perché è dalla gestione caratteristica dell’impresa che si genera quel valore che remunera il capitale di rischio dell’imprenditore e genera la possibilità di sostenere gli investimenti, indispensabili alla sopravvivenza nel tempo dell’azienda e, di conseguenza, dei posti di lavoro.

Chi oggi spinge per lo scaglionamento della fattura elettronica, non è che poi si lamenterà perché sarà difficoltoso gestire, appunto, la contabilità con i doppi binari? Siamo sicuri di voler tutto questo?

Siamo sicuri di operare realmente in nome e per conto del popolo italiano?

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