L'approfondimento

Fattura differita per prestazioni di servizi, che cos’è e come si fa

La legge prevede che, qualora nell’arco di un mese si siano svolte più prestazioni di servizi verso lo stesso soggetto, si possa fare la cosiddetta “fattura differita”. Un termine che spesso è usato impropriamente: utile dunque approfondire di che cosa si tratti

Pubblicato il 11 Lug 2019

Salvatore De Benedictis

dottore commercialista

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La fattura elettronica differita per le prestazioni di servizi non può prescindere dalla corretta interpretazione del concetto di “operazione”. L’articolo 21, comma 4, lettera a), DPR 633/1972, in relazione alle prestazioni di servizi individuabili attraverso idonea documentazione ed effettuate nello stesso mese solare nei confronti del medesimo soggetto, prevede la possibilità di emettere una sola fattura entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle medesime, recante il dettaglio delle operazioni.

Considerato che a norma dell’articolo 6 le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento, è opportuno chiarire la definizione di “operazioni” che rientrano nella fattispecie sopra disciplinata. Dall’analisi, emergerà che spesso il termine “fatturazione differita” viene utilizzato impropriamente.

Fattura differita, il contesto normativo

L’emissione di una sola fattura riepilogativa mensile per le cessioni e prestazioni effettuate nell’arco di un mese viene comunemente chiamata “fattura differita”. Il termine “differito” ha un significato tecnico ben preciso, la cui analisi che verrà appresso svolta dimostrerà come vi sia nella pratica un “abuso” del termine o, quanto meno, un utilizzo non coerente col preciso significato che dovrebbe essere attribuito dall’attento e sistematico esame delle norme in materia di IVA. La possibilità di avvalersi della fatturazione differita è prevista dall’articolo 21, quarto comma, lettera a), del DPR 633/1972, che consente la emissione di una sola fattura per tutte le operazioni effettuate nell’arco di un mese, qualora esse risultino da “idonea documentazione” da indicare nella fattura. Il termine entro il quale emettere la fattura differita è il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni “riepilogate”.

L’articolo 6 del DPR 633/1972 prevede che il momento di effettuazione della cessione di beni a operazione coincida col momento della consegna o spedizione, eventi che generalmente constano dal cosiddetto documento di trasporto – DDT, che assolve a pieno titolo sia la funzione di “idonea documentazione” e a cui viene anche affidato il compito di attestare l’avvenuto passaggio dei beni dal cedente all’acquirente. Per le prestazioni di servizi, l’articolo 6 del DPR 633/1972 considera come momento di effettuazione della operazione quello del pagamento del corrispettivo. Il quarto comma dell’articolo 21 consente una importante deroga alla regola generale: per evitare il proliferare di fatture che si riferiscono ad un medesimo periodo di esigibilità (il mese) il legislatore ha permesso il raggruppamento di tutte le operazioni effettuate in un’unica fattura. Per comprendere la portata agevolativa, si immagini i casi di forniture giornaliere, magari con più consegne: In mancanza di tale norma, per ciascuna cessione di beni o per ciascuna prestazione di servizi effettuata e pagata dovrebbe essere emessa una fattura cosiddetta “immediata” con data del giorno della operazione, da trasmettere al sistema di Interscambio entro 12 giorni dalla effettuazione della operazione.

Il corretto significato delle “operazioni”

L’art.21 fa riferimento alle “operazioni effettuate”, il cui significato deve essere necessariamente coniugato col disposto del citato articolo 6. In tale ottica, l’unica interpretazione idonea ad attribuire un senso alla norma è ritenere che, nella ipotesi di servizi, l’”operazione” non sia la esecuzione, parziale o totale, della prestazione, ma il suo pagamento, ossia la fattispecie generatrice che, determinando la effettuazione della operazione a norma del citato articolo 6, fa scattare l’obbligo di emissione della fattura. Altrimenti la “agevolazione” non avrebbe alcun senso, perché l’articolo 6 permette – salvo che non vi sia il pagamento – di riepilogare anche un anno di prestazioni.

Ecco quindi che al termine “fatturazione differita” deve essere attribuito un significato diverso rispetto a quello corrente: non si tratta delle prestazioni effettuate nel mese, ma pagate nel mese, indipendentemente dalla circostanza che siano state effettuate. La condizione che rende possibile il differimento della fatturazione è la presenza di “idonea documentazione” atta ad individuare le prestazioni effettuate, quale – per esempio – un rapportino di intervento, una fattura proforma[1] o altra documentazione analoga purché contenga la descrizione della operazione, la data di effettuazione e le parti contraenti, oltre che – ovviamente – il corrispettivo pagato, perché in assenza di pagamento l’operazione non si considererebbe effettuata ai fini IVA e, in quanto tale, non ci sarebbe bisogno di una norma specifica che consentisse il differimento della fatturazione.

L’idonea documentazione

Il crescente ricorso a modalità di pagamento tracciabili, quali per esempio il bonifico bancario, potrebbe rendere attuale e opportuna una revisione dell’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate riguardo la “idonea documentazione”. Per esempio, nella ipotesi di più pagamenti per prestazioni avvenute nell’arco di un mese, è possibile definire il bonifico bancario, in quanto tale, “documentazione idonea” a consentire la fatturazione differita ? In effetti il bonifico bancario è un documento informatico, composto da una parte dispositiva (l’ordine impartito dal debitore) ed una parte contabile (la annotazione delle operazioni sul conto corrente), dalle quale si possono ricavare tutti gli elementi necessari alla individuazione delle parti e del corrispettivo, ossia i dati essenziali per la determinazione dell’imposta dovuta.

Considerare il bonifico bancario “idonea documentazione” costituirebbe un atto di civiltà giuridica, indurrebbe le aziende a privilegiare la tracciabilità di pagamenti e consentirebbe grandi economie in ambito documentale e amministrativo. Ci auspichiamo che in via interpretativa questa possa essere ritenuta una prassi ammissibile dall’Agenzia delle Entrate.

Note

  1. Vedi FAQ n.22 pubblicata dall’Agenzia delle Entrate il giorno 27 novembre 2018

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