La circolare numero 14 dell’Agenzia delle entrate pubblicata il 17 giugno 2019 in merito alla fatturazione elettronica ha introdotto precisazioni importanti in materia di esterometro, imposta da bollo e conservazione fatture.
Oltre che su fattura elettronica e prestazioni sanitarie, emissione della fattura elettronica.
Esterometro e sanzioni
Tra le sanzioni fattura elettronica che non sono oggetto di disapplicazione/riduzione ex articolo 10, comma 1, del d.l. n. 119, figurano anche quelle relative all’omesso, incompleto o errato invio dei “dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità indicate nel comma 3. La trasmissione telematica è effettuata entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data del documento emesso ovvero a quello della data di ricezione del documento comprovante l’operazione” (ex articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 127 del 2015). Sono tenuti all’invio in esame (c.d. “esterometro”) tutti i soggetti passivi “residenti o stabiliti nel territorio dello Stato” obbligati, per le operazioni tra gli stessi effettuate, alla fatturazione elettronica tramite SdI (all’articolo 1, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 127), risultandone quindi esonerati, ad esempio, coloro che rientrano nel “regime di vantaggio” e quelli che applicano il regime forfettario.
L’adempimento, a differenza del precedente “spesometro” (di cui all’articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 ed ora abrogato), non riguarda le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto effettuate, ma tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato. Identica, tuttavia, è la sanzione, ora individuata per l’“esterometro” dall’articolo 11, comma 2-quater, del d.lgs. n. 471 del 1997, pari «a euro 2 per ciascuna fattura, comunque entro il limite massimo di euro 1.000 per ciascun trimestre. La sanzione è ridotta alla metà, entro il limite massimo di euro 500, se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza stabilita ai sensi del periodo precedente, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati».
Per ragioni di completezza va rilevato che l’intervenuta abrogazione del citato articolo 21 – operata dall’articolo 1, comma 916, della legge n. 205 del 2017 a decorrere dal 1° gennaio 2019 – non riguarda le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto effettuate in precedenza per le quali la comunicazione risultava da effettuare entro il 30 aprile 2019, sia laddove la stessa fosse avvenuta su base trimestrale, sia semestrale.
Imposta di bollo e fattura elettronica
Il decreto ministeriale 28 dicembre 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 5 del 7 gennaio 2019, ha, in ultimo, modificato, con decorrenza dal 1 gennaio 2019, l’articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale 17 giugno 2014, regolante l’imposta di bollo sui documenti informatici fiscalmente rilevanti, stabilendo che “Il pagamento dell’imposta relativa agli atti, ai documenti ed ai registri emessi o utilizzati durante l’anno avviene in un’unica soluzione entro centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio.
Il pagamento dell’imposta relativa alle fatture elettroniche emesse in ciascun trimestre solare è effettuato entro il giorno 20 del primo mese successivo. A tal fine, l’Agenzia delle entrate rende noto l’ammontare dell’imposta dovuta sulla base dei dati presenti nelle fatture elettroniche inviate attraverso il Sistema di interscambio di cui all’art. 1, commi 211 e 212, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, riportando l’informazione all’interno dell’area riservata del soggetto passivo IVA presente sul sito. dell’Agenzia delle entrate. Il pagamento dell’imposta può essere effettuato mediante il servizio presente nella predetta area riservata, con addebito su conto corrente bancario o postale, oppure utilizzando il modello F24 predisposto dall’Agenzia delle entrate. Le fatture elettroniche per le quali è obbligatorio l’assolvimento dell’imposta di bollo devono riportare specifica annotazione di assolvimento dell’imposta ai sensi del presente decreto”. Per le fatture ed i documenti da sottoporre ad imposta, nel quadro risultante a seguito del decreto ministeriale 28 dicembre 2018, si avrà la seguente alternativa:
- fatture e documenti analogici, con imposta da assolvere tramite apposito contrassegno, ovvero in maniera virtuale (cfr., rispettivamente, gli articoli 3 e 15 del D.P.R. n. 642 del 1972);
- fatture elettroniche ed altri documenti informatici, con imposta da assolvere esclusivamente ex articolo 6 del d.m. 17 giugno 2014 (si rammenta, come già segnalato nella circolare n. 16/E del 2015, che la modalità virtuale citata nel paragrafo precedente non può trovare applicazione per i documenti informatici).
Quest’ultima modalità è caratterizzata dall’assenza di qualsiasi preventiva comunicazione all’Amministrazione finanziaria e dal pagamento telematico, ossia tramite modello F24.
Cambia, tuttavia, il termine di adempimento, da identificarsi:
- nel centoventesimo giorno successivo alla chiusura dell’esercizio, ossia nel 30 aprile di ciascun anno in riferimento all’anno solare precedente (si veda la risoluzione n. 43/E del 28 aprile 2015), per tutti i documenti diversi dalle fatture;
- nel giorno 20 del primo mese successivo per le fatture elettroniche emesse in ciascun trimestre solare (ossia, per l’anno in corso, nel 20 aprile, 20 luglio e 20 ottobre 2019, nonché nel 20 gennaio 2020).
Vale evidenziare che quest’ultima scadenza, stante la lettera della disposizione in commento, riguarda tutte le fatture elettroniche, siano esse emesse tramite SdI, sia, ove consentito, extra, dovendo comunque riportare la specifica annotazione di assolvimento dell’imposta ai sensi del DM 17 giugno 2014. Al riguardo, per le sole fatture elettroniche emesse attraverso SdI, concorreranno al calcolo dell’imposta di bollo da versare trimestralmente le fatture correttamente elaborate e non scartate dallo SdI, cioè quelle per le quali il Sistema ha consegnato o messo a disposizione il file della fattura nel trimestre di riferimento.
Questa regola di conteggio è anche quella adottata dall’Agenzia delle entrate nell’ambito del servizio che, come previsto dalla norma, rende preventivamente noto l’ammontare dell’imposta dovuta sulla base dei dati presenti nelle fatture inviate tramite SdI, riportando l’informazione all’interno del portale Fatture e Corrispettivi e consentendo il pagamento non solo tramite modelli F24 – si veda, per i relativi codici tributo, la risoluzione n. 42/E del 9 aprile 2019 – ma anche con addebito su conto corrente bancario o postale, sfruttando il servizio disponibile nella stessa area.
Autofatture
L’autofattura vera e propria è quel documento, contenente i medesimi elementi di una “normale” fattura che se ne differenzia in quanto:
- l’emittente non è il cedente/prestatore, ma il cessionario del bene ovvero il committente del servizio che assolve l’imposta (ed è dunque obbligato a liquidare l’IVA) in sostituzione del primo;
- cedente/prestatore e cessionario/committente coincidono in un unico soggetto, ovvero l’operazione è a titolo gratuito (cfr. l’articolo 2, comma 2, del decreto IVA).
Rientrano nell’ipotesi sub a), ad esempio: per quanto riguarda le operazioni effettuate da soggetti stabiliti o residenti in Italia, gli acquisti da produttori agricoli ex articolo 34, comma 6, del decreto IVA, i compensi corrisposti agli intermediari per la vendita di documenti di viaggio da parte degli esercenti l’attività di trasporto (cfr. il decreto ministeriale 30 luglio 2009) e la regolarizzazione dell’omessa o irregolare fatturazione (c.d. “autofattura denuncia” di cui all’articolo 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997); in riferimento alle operazioni effettuate da soggetti non residenti o non stabiliti, gli acquisti da soggetti extra UE (cfr. l’articolo 17, comma 2, del decreto IVA).
Sono invece riconducibili all’ipotesi sub b), ad esempio: il c.d. “autoconsumo”, ossia la destinazione di beni o servizi al consumo personale o familiare dell’imprenditore ovvero ad altre finalità non imprenditoriali; le cessioni gratuite di beni la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa e di quelli che non vi rientrano se di costo unitario superiore ad euro cinquanta e per i quali sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta a norma dell’articolo 19 del decreto IVA.
Inversione contabile
Nell’inversione contabile (“reverse charge”), a differenza delle ipotesi di autofattura richiamate nel paragrafo precedente, il cedente/prestatore documenta l’operazione con l’emissione di un documento, senza addebito dell’IVA, che è integrato dal cessionario/committente, il quale provvede all’assolvimento dell’imposta. Rientrano nella fattispecie in esame specifiche operazioni (cfr. gli articoli 17 e 74 del decreto IVA, nonché l’articolo 46 del d.l. n. 331 del 1993):
- con l’estero, nelle ipotesi di acquisti da soggetti passivi stabiliti in altri Paesi UE;
- con soggetti passivi d’imposta residenti o stabiliti in Italia, come, ad esempio, nei casi di cessioni di rottami, bancali in legno, oro da investimento, prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici, ecc..
Pur a fronte del medesimo iter – in generale, per il cessionario/committente, numerazione ed integrazione della fattura con i dati legislativamente richiesti, nonché annotazione della stessa nei registri IVA – va rilevata la diversa forma della fattura inizialmente ricevuta, che nel caso di reverse charge interno è normalmente elettronica via SdI. Secondo quanto già indicato nella circolare n. 13/E del 2018 (cfr. la risposta al quesito 3.1), ciò comporta che nell’ipotesi di reverse charge interno, e comunque in tutte quelle in cui vi è una fattura elettronica veicolata tramite SdI, a fronte dell’immodificabilità della stessa, il cessionario/committente può – senza procedere alla sua materializzazione analogica e dopo aver predisposto un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura stessa – inviare tale documento allo SdI, come indicato nel paragrafo 6.4, così da ridurre gli oneri di consultazione e conservazione.
Nei casi di reverse charge esterno, di cui al punto a) precedente, resta comunque fermo l’obbligo comunicativo di cui all’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 127 del 2015, salvo il caso in cui il fornitore comunitario abbia emesso la fattura elettronica via SdI e quindi con le regole italiane.
Depositi IVA
Ai sensi dell’articolo 50-bis, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, “L’estrazione dei beni da un deposito I.V.A. può essere effettuata solo da soggetti passivi d’imposta agli effetti dell’I.V.A. e comporta il pagamento dell’imposta”. In particolare, “il soggetto che procede all’estrazione annota nel registro di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, una fattura emessa ai sensi dell’articolo 17, secondo comma, del medesimo decreto”.
È una ipotesi di reverse charge, che può dar luogo, a seconda delle varie situazioni, all’emissione di una autofattura o all’integrazione di quella ricevuta dal cedente, in cui il documento, integrato con i dati della sua registrazione, deve essere consegnato in dogana al fine di ottenere lo svincolo della garanzia prestata per l’introduzione dei beni nel deposito IVA importati in libera.
In merito alla disciplina in esame, occorre rilevare che il bene estratto dal deposito IVA vi è stato in genere introdotto per effetto di una importazione e, quindi, l’operazione originaria è stata documentata mediante una bolletta doganale, non risultando soggetta, per espressa previsione dell’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 127 del 2015, all’obbligo di fatturazione elettronica né alla comunicazione dei dati relativi alle operazioni effettuate e ricevute. Le successive cessioni del bene avvenute all’interno del deposito – seppur non imponibili ai fini IVA per effetto di quanto disposto dal citato articolo 50-bis, del DL n. 331 del 1993 – devono, invece, essere documentate con fattura, la quale sarà elettronica via SdI qualora entrambe le parti siano soggetti passivi residenti o stabiliti in Italia, analogica o elettronica extra SdI ove uno degli operatori non lo sia (ipotesi in cui troverà applicazione l’“esterometro”). In sostanza al momento dell’estrazione, nella normalità dei casi, la cessione del bene avvenuta dentro il deposito è già stata documentata e siamo di fronte ad una mera integrazione del documento originario al fine di assolvere al debito d’imposta.
Fatturazione in nome e per conto
A fronte delle situazioni in cui l’onere di documentare l’operazione trasla dal cedente/prestatore al cessionario/committente che lo assolve secondo le modalità succintamente riepilogate nel paragrafo 6, va ricordato che ve ne sono altre in cui l’onere rimane in capo al soggetto legislativamente individuato, che, tuttavia, non lo assolve in prima persona, ma avvalendosi di un terzo. Ciò può avvenire per libera scelta del soggetto obbligato (cedente/prestatore, nonché cessionario/committente) in base alla previsione generale dell’articolo 21, comma 2, del decreto IVA, ovvero per volontà del legislatore emergente da singole norme di settore, come, ad esempio, il sopra segnalato articolo 1, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 127 del 2015 per le società sportive dilettantistiche, o anche, ex articolo 6, comma 2, del decreto IVA, in riferimento ai beni assegnati a seguito di espropriazione immobiliare, laddove si è ritenuto. che “obbligato ad emettere fattura in nome e per conto del contribuente e a versare l’Iva incassata all’Amministrazione finanziaria sia il professionista delegato delle operazioni di vendita ai sensi dell’art. 591-bis del codice di procedura civile”.
In queste eventualità, considerato che il terzo agisce comunque in nome e per conto del soggetto tenuto alla fatturazione, le modalità di assolvimento – e dunque anche i casi di eventuale esclusione dagli obblighi di fatturazione elettronica – saranno quelle proprie di tale soggetto. Resta fermo che nel caso di fatturazione elettronica via SdI, il documento (ossia il relativo tracciato xml) andrà compilato tenendo conto della specificità della situazione sottesa. Così, ad esempio, il professionista delegato, deputato ad emettere fattura elettronica attraverso il Sistema di Interscambio, dovrà:
- inserire nel campo “cedente/prestatore” i dati del soggetto esecutato;
- valorizzare il campo “Soggetto emittente” con “TZ (Terzo)” senza compilare la sezione “Terzo intermediario o Soggetto emittente” (il professionista delegato agisce, come detto, per conto di un altro soggetto);
- inviare una copia (analogica o informatica) della fattura all’esecutato.
Conservazione e consultazione delle fatture elettroniche
A seguito delle modifiche recate dal d.l. n. 119 del 2018, l’articolo 1, comma 6- bis del d.lgs. n. 127 del 2015, ad oggi prevede che “Gli obblighi di conservazione previsti dall’articolo 3 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 giugno 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 26 giugno 2014, si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il Sistema di Interscambio di cui all’articolo 1, comma 211, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e memorizzati dall’Agenzia delle entrate. Per il servizio di conservazione gratuito delle fatture elettroniche di cui al presente articolo, reso disponibile agli operatori IVA dall’Agenzia delle entrate, il partner tecnologico Sogei S.p.a. non può avvalersi di soggetti terzi.[…]”.
Ciò fermo restando che “I tempi e le modalità di applicazione della presente disposizione, anche in relazione agli obblighi contenuti nell’articolo 5 del citato decreto ministeriale 17 giugno 2014, sono stabiliti con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. […]” (così il terzo periodo del citato articolo 1, comma 6-bis). Al riguardo vanno in primo luogo confermate le indicazioni già fornite con la circolare n. 13/E del 2018 (cfr. il punto 3 della stessa, ma, parimenti, il punto 1.4 della circolare n. 8/E del 30 aprile 2018), in richiamo al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018, in base alle quali per chi aderisce all’accordo di servizio, tutte le fatture elettroniche emesse o ricevute via SdI saranno portate in conservazione nel rispetto delle norme vigenti. Il servizio messo a disposizione dall’Agenzia garantisce la conservazione per un periodo di quindici anni, a meno che il contribuente decida di revocarlo e di rientrare in possesso di tutte le fatture conservate utilizzando la funzione di “export”.
Tale conservazione ha efficacia tanto civilistica, quanto tributaria e riguarda tutti i documenti – fatture elettroniche (ex articoli 21 e 21-bis del decreto IVA, note emesse a seguito delle variazioni di cui al successivo articolo 26, autofatture, ecc.) e allegati – veicolati tramite SdI, sia su base obbligatoria che volontaria. La validità legale è garantita dalla conformità del sistema di conservazione alle previsioni delle regole tecniche di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale). Gli aventi diritto, con richiesta motivata, possono ottenere l’esibizione delle fatture conservate, con le modalità specificate nel Manuale della conservazione.
Resta inteso che ciascun contribuente è libero, pur avendo aderito al servizio gratuito di conservazione offerto dall’Agenzia delle entrate, di conservare ulteriormente, in proprio o avvalendosi di un soggetto professionale terzo, fatture elettroniche e documenti veicolati tramite SdI. Il provvedimento del 30 aprile 2018, come successivamente integrato, ha disciplinato anche la consultazione delle copie conformi all’originale delle fatture veicolate dallo SdI e dei “dati fattura”.
Rinviando al citato provvedimento ed ai relativi allegati i dettagli tecnici del caso, si ricorda che la consultazione delle copie conformi all’originale delle fatture veicolate dallo SdI avviene, a favore degli operatori soggetti passivi IVA, all’interno dell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle entrate e accessibile, a decorrere dal 1° luglio 2019, previa adesione – effettuata con le modalità di cui al punto 8-bis del provvedimento – al servizio di consultazione e acquisizione dei file delle fatture elettroniche emesse e ricevute attraverso lo SdI. I file delle fatture elettroniche correttamente trasmesse allo SdI sono disponibili nella citata area riservata sino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte dello SdI e cancellati entro i sessanta giorni successivi. Al soggetto che non abbia effettuato l’adesione sono resi disponibili in consultazione (fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento) solo i dati fattura.