Il sistema fattura elettronica, come era facilmente prevedibile, si sta evolvendo verso l’autosufficienza dei dati in possesso del Sistema di Interscambio in modo che l’amministrazione finanziaria sia in condizione di conoscere in tempo reale i dati che confluiscono nella dichiarazione annuale IVA e nelle liquidazioni periodiche (oggi trasmesse telematicamente, ).
Nel mese di marzo 2024 l’Agenzia delle Entrate ha aggiornato la guida alla compilazione della fattura elettronica e dell’esterometro. Sono state implementate alcune funzionalità, ed in particolare è stato esteso – o meglio, ufficializzato – l’utilizzo del segno matematico (+ e -) nei documenti che transitano dal Sistema di Interscambio nelle ipotesi in cui non è previsto un tipo documento specifico per distinguere le variazioni in diminuzione.
Si tratta per esempio del caso delle note di credito emesse per rettificare una fattura in cui il debitore di imposta non è il Cedente/Prestatore ma il Cessionario/Committente, per cui quest’ultimo deve assolvere gli obblighi in materia di IVA emettendo autofattura ovvero integrando il documento ricevuto.
L’evoluzione delle procedure di comunicazione dei dati deve tuttavia essere accompagnata da una effettiva e semplice fruibilità per i legittimi “proprietari” dei dati in possesso della Amministrazione Finanziaria. Solo così – oltre che ad ottemperare ad un preciso precetto normativo – gli oneri posti a carico dei contribuenti per alimentare la base di dati della Amministrazione Finanziaria sarebbero controbilanciati dalla utilità della fruizione semplice ed immediata delle informazioni, senza che ciò sia visto come una “concessione” da parte della Amministrazione Finanziaria[1] [2].
Fatturazione elettronica: integrazione dei documenti e variazioni
L’aggiornamento delle specifiche tecniche contiene alcune importanti precisazioni che, oltre ad incidere sulla operatività dei processi, contribuiscono a rendere ancora più chiare la chiara volontà del legislatore di ricostruire tramite i dati delle fatture elettroniche il puzzle della situazione IVA del contribuente, i cui dati poi confluiscono nelle liquidazioni periodiche e nella dichiarazione annuale.
Volendo ricavare il generale che emerge dalle nuove regole tecniche potremmo dire che:
- per rettificare in negativo una fattura elettronica emessa con Tipo Documento TD01, TD02, TD03, TD05, TD06, TD24, TD25 e TD27 deve essere emesso un documento TD04 (nota di credito) ovvero TD08 (nota di credito semplificata); in questo caso gli importi, indipendentemente dal segno utilizzato, verranno interpretati dal SdI come rettifica in diminuzione della operazione di a cui si riferiscono[3]; tale regola non scritta trova conferma indiretta nella guida predisposta dall’Agenzia delle Entrate, laddove, in corrispondenza delle istruzioni relative al Tipo Documento TD04 (Nota di credito) è specificato che “Il C/P annota la nota di credito nel registro delle fatture emesse (segno negativo) nel mese in cui è stata effettuata l’operazione; il C/C annota la nota di credito ricevuta (segno negativo) nel registro delle fatture acquisti nel mese in cui l’ha ricevuta”. Poiché le specifiche tecniche e i relativi controlli permettono che gli importi vengano inseriti nella fattura elettronica col segno, la forzatura della registrazione col segno negativo ha come conseguenza che gli importi indicati nella nota di credito debbano essere assunti in valore assoluto, perché se così non fosse, un importo negativo si trasformerebbe in positivo, stravolgendo sia la logica che la correttezza della interpretazione dei dati[4];
- Per rettificare in negativo una fattura elettronica emessa con Tipo Documento TD16, TD17, TD18, TD19, TD20, TD21, TD22, TD23, TD26 o TD28 è possibile effettuare la variazione (solo) emettendo un documento della stessa tipologia di quello che si intende rettificare indicando gli importi col segno negativo. La Guida rimarca pure che “nell’ipotesi di rettifica effettuata con tali modalità il documento trasmesso assume in ogni caso il valore di una nota di variazione ai fini IVA”.
Le indicazioni fornite dalla Agenzia delle Entrate, che sembrano affermare il principio per cui ciò che conta è la sostanza delle cose e non la forma, vanno comunque interpretate con molta attenzione. Infatti, la possibilità di indicare gli importi in positivo e negativo nella fattura elettronica indipendentemente dal Tipo Documento utilizzato non sembra poterci spingere sino al punto di ritenere tecnicamente corretto[5] che anche una fattura (quindi per esempio un TD01) possa essere utilizzata come una nota di variazione se gli importi vengono inseriti col segno negativo. In questo caso il SDI non evidenzierebbe alcun errore, ma sarebbe opportuno procedere con la emissione di un Tipo Documento TD04 oppure TD08.
In sostanza si potrebbe ricavare il principio generale per cui il segno negativo delle operazioni è ammesso (e in alcuni casi come vedremo appresso, è il modo corretto di rappresentare le operazioni) qualora i relativi dati confluiscono in specifici campi della dichiarazione IVA, oppure sono soggetti a controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
La logica per la corretta classificazione delle rettifiche di operazioni transitate dal SdI
Prendiamo l’esempio del Tipo Documento TD26 (Cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni ex art.36 DPR 633/72). A norma dell’articolo 20, comma 1, secondo periodo, “Non concorrono a formare il volume d’affari le cessioni di beni ammortizzabili, compresi quelli indicati nell’articolo 2424 del codice civile, voci B.I.3) e B.I.4) dell’attivo dello stato patrimoniale, nonche’ i passaggi di cui al quinto comma dell’articolo 36”. Tale norma trova compendio e applicazione con l’inserimento nella dichiarazione annuale IVA del rigo VE 40, che serve per epurare il volume d’affari dagli imponibili relativi alla cessione di beni ammortizzabili e ai passaggi interni. Se una rettifica in diminuzione del corrispettivo di una cessione di beni ammortizzabili (o di passaggi interni) per cui fosse stata emessa – correttamente – una fattura elettronica con Tipo Documento TD 26 venisse effettuata con un Tipo Documento TD04 o TD08, il SdI non sarebbe in condizioni di collegare la variazione alla operazione principale, e nella precompilata, o comunque nelle sue elaborazioni, non riuscirebbe a fornire una carretta rappresentazione del volume d’affari, come definito all’articolo 20.
Questo ragionamento vale per tutte le operazioni corrispondenti a fattispecie – quindi a Tipi Documento – che, essendo riepilogate in specifici righi della dichiarazione annuale IVA, non possono che essere rettificate con un Tipo Documento idoneo a consentirne la corretta rappresentazione, quindi in misura pari alla somma algebrica degli importi risultanti al SdI in base al Tipo Documento.
Cosa dice l’Agenzia delle entrate
Le indicazioni fornite dalla Agenzia delle Entrate, oltre a fornire un utile indirizzo operativo, manifestano da un lato l’imponenza del progetto sottostante la fatturazione elettronica e dall’altro la esigenza che le operazioni che transitano dal SdI siano monitorate con particolare attenzione e professionalità, essendo evidente, sulla base dell’esempio sopra rappresentato, che una imprecisa qualificazione nella codifica delle operazioni produrrebbe conseguenze difficilmente rimediabili.
Sempre per voler esemplificare e riprendendo un esempio sopra proposto, sarebbe meno grave rettificare in diminuzione una cessione di beni che formano oggetto dell’attività emettendo una fattura TD01 con gli importi in negativo (considerato che comunque gli importi confluirebbero nello stesso rigo della dichiarazione IVA rispetto alla operazione con segno positivo) piuttosto che emettere una nota di credito relativa ad una cessione di beni ammortizzabili, fatturata con TD26, emettendo un documento TD04, considerato che l’effetto di ciò sarebbe la diminuzione delle operazioni imponibili ordinarie che determinano il volume d’affari.
Vero è che in questo caso l’Agenzia delle Entrate potrebbe non essere nelle condizioni di conoscere la esistenza della variazione ex articolo 26 e poter eventualmente selezionare l’operazione per avviare ulteriori controlli. Infatti, il comma 3 dell’articolo 26 prevede che le variazioni in negativo di operazioni che si rendono necessarie a seguito di “… dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili” o che siano “… in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente” non possano essere effettuate dopo il decorso di un anno dalla operazione imponibile. Chiaro che se la nota di variazione elettronica non contiene né gli estremi (quindi, la data) della operazione che si intende rettificare, né la ragione della variazione, nessuno sarà in grado di effettuare una valutazione di merito sulla correttezza della variazione; quindi allo stato attuale la esigenza di utilizzare i tipi documento TD04 o TD08, alternativamente alla possibilità di predisporre la variazione elettronica con lo stesso tipo documento utilizzato per emettere la fattura (per esempio TD01, TD02, RD03, TD06, etc.), ma con gli importi negativi è solo strumentale alla evidenziazione delle predette variazioni ai fini di eventuali controlli.
L’analisi della situazione
Il sistema fattura elettronica è stato progettato per far si che dalla logica dell’adempimento dichiarativo riepilogativo si passi alla logica della comunicazione dei dati analitici, per cui i c.d. dichiarativi – quanto meno ai fini IVA – diventano di fatto inutili. Mi chiedo infatti cosa potrebbe accadere se il volume d’affari dichiarato dal contribuente fosse di 100.000 € e invece dalle fatture elettroniche trasmesse al SDI risultasse un volume di affari di 200.000 €, L’unico modo – a mio modesto avviso – che il contribuente avrebbe per correggere l’errore sarebbe quello di intervenire con un documento elettronico, da far transitare dal SDI, per integrare i dati comunicati in precedenza. Quindi, la fonte primaria è il dato, non la dichiarazione.
Solo prendendo atto che l’Amministrazione Finanziaria è già in possesso della maggior parte dei dati utili per comporre il puzzle della dichiarazione potremmo completare la rivoluzione avviata con la fattura elettronica, mandare in pensione le c.d. “precompilate”, che sono sembrate più un tentativo demagogico per affermare il principio del “self service” dichiarativo che la soluzione di un problema (che non si capisce poi quale fosse), e dare atto che la compilazione della dichiarazione IVA e delle comunicazioni varie (LIPE incluse) deve essere considerata adempiuta con la trasmissione di dati in formato strutturato, molti dei quali potrebbero essere integrativi delle fatture elettroniche, per esempio come si fa quando si trasmette l’autofattura/integrazione per le operazioni in cui è il cessionario/committente il soggetto obbligato a porre in essere le formalità ai sensi del DPR 633/1972[6]. Tutto questo trasformerebbe la riscossione (o la rilevazione di un inadempimento) in fatti noti in tempo reale, e sancirebbe il principio che le dichiarazioni sono la risultante dei dati trasmessi telematicamente.
Conclusione
Qualcuno potrebbe dire: e i commercialisti cosa faranno allora? Io direi che i commercialisti potrebbero aiutare i contribuenti alla corretta predisposizione dei dati da trasmettere al sistema di interscambio, aiutare ad interpretare i dati contabili e a cogliere tempestivamente qualsiasi elemento prognostico utile per l’andamento economico/finanziario dell’azienda, assistere l’imprenditore a guidare la sua azienda guardando il parabrezza e non solo lo specchietto retrovisore, avere una visione strategica.
Il modo per essere utili al Paese [7] non è ostinarsi a mantenere in vita adempimenti inutili nel vano tentativo di garantirci una fatua ed ingiustificata rendita di posizione, ma essere interpreti e propulsori della civiltà tecnologica e giuridica.
Note
[1] Per esempio, le fatture elettroniche in formato xml, pur essendo custodite dall’Agenzia delle Entrate per almeno 8 anni, non sono rese visibili ai proprietari solo fine al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di trasmissione al SdI, mentre restano visibili i “dati IVA” contenuti nelle fatture elettroniche.
[2] Dobbiamo purtroppo prendere atto che la complessità del sistema di protezione dei dati, affidato alla supervisione del Garante Privacy, sembra aver realizzato un paradosso “italiano”: l’Agenzia delle Entrate, pur essendo in possesso di tutte le fatture elettroniche transitate dal Sistema di interscambio, rende visibili agli interessati solo quelle ricevute dal SdI nel biennio precedente. Ci sarebbe da dire “summum jus, summa iniuria…”
[3] E’ molto importate considerare che qualora si intenda rettificare un documento emesso in precedenza è necessario compilare il blocco 2.1.6 della fattura elettronica (DatiFattureCollegate) per indicare gli estremi del documento che si intende rettificare.
[4] Tale notizia non sembra essere stata ufficializzata dall’Agenzia delle Entrate, ma frutto di una intesa con Assosoftware
[5] Anche se gli effetti pratici sulle liquidazioni e sulle dichiarazioni sarebbero comunque corretti.
[6] Ho più volte evidenziato – ma il mio messaggio sembra essere vox clamantis in deserto – che è un obbrobrio giuridico la permanenza del reato di omessa dichiarazione IVA previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo 74/2000 nel momento in cui l’Agenzia delle Entrate ha quasi per intero tutti i dati della dichiarazione IVA mediante le fatture elettroniche in suo possesso.
[7] termine coniato da un illuminato Consiglio Nazionale passato, oggi più che mai attuale.