Il recente provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 433608 del 24 novembre 2022, offre preziosi spunti che fanno ben sperare sulla possibilità di completamento del percorso digitale avviato con la fattura elettronica. Il punto di maggior rilievo consiste nella risoluzione delle divergenze tra l’Agenzia delle Entrate e il Garante per la tutela dei dati personali, che inizialmente aveva manifestato perplessità e posto limitazioni alla memorizzazione dei file xml relativi alle fatture elettroniche, soprattutto perché ritenuta suscettibile di consentire una profilazione dei contribuenti privati riguardo le scelte relative ai loro consumi, dati rilevabili dalle descrizioni delle fatture e, in quanto tali, oggetto di tutela e quindi di riservatezza.
In secondo luogo, vengono chiarite le procedure per il trattamento delle fatture elettroniche e dei relativi dati da parte dell’Agenzia delle Entrate, e vengono presentati alcuni servizi innovativi che contribuiranno a migliorare e rendere più efficiente e performante il percorso intrapreso con l’obbligo di fatturazione elettronica e a semplificare gli adempimenti a carico dei contribuenti e dei professionisti; tutto sta a integrare le scelte del legislatore con attività interpretative e regolamentari coerenti con lo spirito che la normativa ha già chiaramente espresso.
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La memorizzazione dei file xml da parte dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate memorizzerà i file delle fatture elettroniche, i “dati fattura[1]” e i “dati fattura integrati[2]” fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi.Invece i file delle fatture elettroniche correttamente trasmesse al SdI saranno disponibili nell’area riservata sino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte del SdI previa adesione al servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici[3]. Nel caso in cui il contribuente non dovesse aderire al servizio, saranno resi disponibili in consultazione esclusivamente i “dati fattura” fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento. Per gli operatori titolari di partita IVA, la consultazione può essere effettuata anche dagli intermediari di cui all’articolo 3, comma 3, del D.P.R. 322 del 1998, appositamente delegati.
Per soggetti non titolari di partita IVA sembra invece che le fatture elettroniche saranno rese visibili solo a partire dalla data della adesione al servizio di consultazione.
Non si comprende la ragione della limitazione della visualizzazione dei files delle fatture elettroniche all’anno in corso e ai due precedenti. La questione potrebbe essere risolta semplicemente attribuendo alla attuale impostazione valore di default, facendo salva la facoltà degli utenti di chiedere all’agenzia delle Entrate la possibilità di estendere la possibilità di visualizzazione/consultazione a tutte le fatture memorizzate nel SDI. Ciò sarebbe tra l’altro coerente con principio generale della trasparenza della Pubblica Amministrazione, che deve consentire ai cittadini il diritto di accesso ai dati in suo possesso.
Il diritto di accesso da parte dell’Agenzia delle entrate alle fatture elettroniche
I file delle fatture elettroniche e delle note di variazione possono essere consultati e acquisiti esclusivamente dal personale delle strutture centrali e delle strutture territoriali dell’Agenzia delle entrate[4] specificatamente autorizzato nell’ambito delle attività istruttorie connesse:
- all’esecuzione dei rimborsi ai sensi dell’articolo 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972;
- all’esercizio dei poteri di cui agli articoli 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 32 del d.P.R. n. 600 del 1973;
- all’espletamento degli accessi, ispezioni e verifiche previsti dagli articoli 52 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 33 del d.P.R. n. 600 del 1973;
- al controllo formale delle dichiarazioni ai sensi dell’articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973;
- al controllo preventivo sulle dichiarazioni presentate mediante modello 730 con esito a rimborso, ai sensi dell’articolo 5, comma 3-bis, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175
L’accesso ai file xml delle fatture elettroniche emesse nei confronti di consumatori finali è consentito “per controlli fiscali nei confronti del consumatore finale avviati esclusivamente nei casi di attività di verifica della spettanza di detrazioni, deduzioni o agevolazioni fiscali, ovvero nei casi di verifiche puntuali, qualora le stesse siano state poste in essere preliminarmente nei confronti di operatori economici, i cui beni ceduti o servizi prestati oggetto della fattura siano stati acquistati dal predetto consumatore e gli elementi della stessa siano tali da far emergere un rischio di evasione fiscale”.
Per le fatture emesse da cedenti/prestatori che operano nel settore legale, viene previsto che i files fattura saranno cifrati e conservati in una separata area di “storage”, e l’accesso sarà consentito solo previa richiesta o autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, o nell’ambito di un procedimento contenzioso di tipo civile, penale, tributario, di cui è parte l’Agenzia, previa richiesta del Giudice. L’accesso e il trattamento dei dati memorizzati dal SDI da parte del personale dell’Agenzia delle entrate saranno tracciati, con indicazione dei tempi e della tipologia delle operazioni svolte nonché dei tempi di conservazione di eventuali copie di sicurezza. Tutto questo semplificherà di molto la procedura di acquisizione delle fatture in casi di accessi, ispezioni o verifiche. Anche se non espressamente indicato nel provvedimento, è plausibile che in questi casi il soggetto verificato possa esimersi dall’esibire le fatture elettroniche e “autorizzare” la consultazione ai soggetti verificatori.
La collaborazione per l’individuazione dei casi di emissione di fatture false
Si sono riscontrati casi in cui sono state emesse fraudolentemente fatture elettroniche, all’insaputa del titolare della partita IVA, veicolate con un canale di trasmissione diverso da quello abitualmente utilizzato dall’operatore IVA. Per evitare il perpetrarsi di queste pratiche illecite, l’Agenzia delle Entrate renderà disponibile un servizio web di censimento del canale abituale di trasmissione che consentirà, ai soggetti passivi IVA di fornire la indicazione dei canali utilizzati abitualmente per la trasmissione della fattura elettronica, in modo che nel caso di ricezione da parte del SDI di una fattura elettronica proveniente da un canale diverso da quelli dichiarati, il sistema invierà una mail di alert all’indirizzo PEC indicato dall’operatore IVA in fase di censimento.
Il potenziamento dei servizi di estrazione dei dati: un passo verso l’abolizione dei registri IVA
Oltre i tradizionali servizi di estrazione massiva di dati, è stato prevista la possibilità di censimento di un canale web service attraverso cui effettuare richieste di download e upload massivo dei dati delle fatture elettroniche e dei corrispettivi giornalieri acquisiti ed elaborati dall’Agenzia delle Entrate.
Grazie a ciò sarà possibile, previa apposita delega conferita dall’operatore IVA alla software house che ha predisposto gli applicativi, la integrazione tra il gestionale utilizzato e i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate, grazie alla quale potrà essere effettuata la “quadratura” delle fatture e delle notifiche ricevute da SDI con i dati risultanti dagli applicativi.
Il problema che nasce dall’utilizzo di questi servizi è il corretto instradamento verso la reale semplificazione degli adempimenti, che non sembra tuttavia essere vista di buon occhio dalle case produttrici di software, che, nelle interlocuzioni con l’Agenzia delle Entrate, hanno manifestato il loro legittimo interesse ad ampliare la gamma dei servizi offerti. Per fare un esempio, parlare di registri IVA precompilati sembra- a sommesso parere di chi scrive – una contraddizione in termini, molto simile concettualmente alla stampa su carta di una fattura elettronica. I “registri” e i “libri” sono dispositivi arcaici, assolutamente incompatibili col formato elettronico dei dati, che devono essere visti come un database, da integrare eventualmente a cura dei titolari di partita IVA con le informazioni aggiuntive di carattere soggettivo, per ottenere – finalmente – un unico database integrato contabile piuttosto che una serie più o meno nutrita di libri, registri e documenti.
Il Decreto legislativo 127/2015 contiene due disposizioni, che possono essere lette in maniera coordinata o in maniera antitetica, a seconda lo spirito che muove l’interprete. La prima è quella contenuta all’articolo 1, comma 3-ter, secondo cui “I soggetti obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute ai sensi del comma 3 del presente articolo sono esonerati dall’obbligo di annotazione in apposito registro, di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633” e le semplificazioni indicate all’articolo 4, secondo cui “Per i soggetti passivi dell’IVA che … convalidano, nel caso in cui le informazioni proposte dall’Agenzia delle entrate siano complete, ovvero integrano nel dettaglio i dati proposti nelle bozze dei documenti di cui al comma 1, lettera a), (registri IVA acquisti e vendite e liquidazioni IVA, n.d.r.) viene meno l’obbligo di tenuta dei registri di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
L’applicabilità delle indicazioni
Infatti, la prima disposizione appare formalmente chiara, ma fa sorgere qualche dubbio sulla sua concreta applicabilità, considerato che i registri IVA, oltre a contenere i dati già inclusi nel tracciato della fattura elettronica, contengono anche le annotazioni e i conteggi relativi all’IVA indetraibile, in tutto in parte, per effetto delle limitazioni di carattere oggettivo o soggettivo previste dagli articoli da 19 a 19-ter del DPR 633/1972. La seconda disposizione appare più coordinata ma, ad avviso dello scrivente, necessita di un inquadramento procedurale volto a far diventare reale semplificazione il chiaro intento del legislatore. Infatti, muovendo dall’assunto secondo cui il Sistema di Interscambio ha tutti i dati delle fatture oggetto di rilevazione dei registri IVA, ma non ha le integrazioni necessarie alla corretta previsione della detraibilità IVA, ciò che manca al Sistema è esclusivamente questa seconda categoria di dati, che ben potrebbero essere integrati dal contribuente o in maniera massiva, mediante l’invio di un file con riferimento alle singole fatture su cui intervenire, ovvero in maniera puntuale, mediante accesso ai dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate e la loro eventuale integrazione. Tutto questo, grazie anche all’ausilio dei software applicativi, la cui interoperabilità col SDI è garantita dai nuovi servizi attivabili in web service, dovrebbe effettivamente condurre alla concreta eliminazione, anche concettuale, dei registri IVA.
Come funziona la conservazione delle fatture elettroniche
Dal momento in cui l’Agenzia delle Entrate è stata autorizzata a memorizzare tutti i file xml delle fatture elettroniche per almeno otto anni, ci si chiede la ratio della permanenza dell’obbligo di conservazione a carico del contribuente. Le perplessità sono infatti alimentate da molteplici ragioni. Prima fra tutte: la Pubblica Amministrazione non può chiedere ai cittadini documentazione che è in suo possesso e, a maggior ragione, imporne obblighi di conservazione della predetta documentazione. Buon senso vorrebbe che l’Agenzia, tra tutti i pregevoli servizi che ha attivato, ne predisponesse uno di validazione delle fatture elettroniche, mediante il quale qualunque soggetto interessato, in possesso di un xml relativo ad una fattura elettronica, possa chiedere il rilascio di una certificazione del transito della fattura dal SDI e della sua integrità ed autenticità. Così come dovrebbe essere possibile che ciascun cittadino possa chiedere alla Agenzia delle Entrate il rilascio del duplicato della fattura elettronica.
La seconda è che l’inesistenza dell’obbligo di conservazione è da tempo sancita dall’articolo 1, comma 6-bis del Decreto legislativo 127/2015, secondo cui “Gli obblighi di conservazione previsti dall’articolo 3 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 giugno 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 26 giugno 2014, si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il Sistema di Interscambio di cui all’articolo 1, comma 211, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e memorizzati dall’Agenzia delle entrate”. La soluzione della diatriba tra l’Agenzia delle Entrate e il Garante per la tutela dei dai personali, che ha dato definitivamente il via libera all’Agenzia la memorizzazione dei file xml relativi alle fatture elettroniche, ha di fatto eliminato qualsiasi causa ostativa alla applicabilità della norma sopra richiamata.
La terza è che l’Agenzia delle Entrate è comunque in possesso dell’hash di tutte fatture elettroniche ricevute tramite il sistema di interscambio[5], per cui anche se le fatture elettroniche venissero “conservate” dai contribuenti come un semplice file xml, l’Agenzia avrebbe sempre e comunque la possibilità di controllarne la completezza ed attestarne l’autenticità ed integrità, e ciò anche indipendentemente dal possesso del file xml.
Conclusione
Il problema su cui tutti dovremmo fare una seria riflessione è che l’economia non dovrebbe essere onerata da provvedimenti normativi, apparentemente giustificati da esigenze tecnico-normative, ma i cui profili e le cui ragioni sono di difficile comprensione per i destinatari, che non possono fare altro che adempiere obtorto collo, sotto la minaccia delle conseguenze sanzionatorie, dirette ed indirette; a maggior quando la loro attuazione avvantaggia alcuni soggetti e ne sfavorisce altri. Questo ingenera anche sfiducia verso lo Stato, che viene visto come un apparato generatore di burocrazia e non di semplificazioni.
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Note
- Per “dati fattura” si intendono i dati fiscalmente rilevanti di cui all’articolo 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, ad esclusione dei dati relativi a natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione di cui al comma 2, lettera g), e alle altre disposizioni tributarie nonché i dati necessari a garantire il processo di fatturazione elettronica attraverso il SdI, compreso il codice hash, ossia il codice alfanumerico che caratterizza univocamente il documento. ↑
- Per “dati fattura integrati” si intendono i dati riportati nel tracciato xml della fattura elettronica (compresi quindi quelli relativi a natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione). ↑
- Viene chiarito che in presenza di adesione effettuata da una sola delle parti – cedente/prestatore o cessionario/committente – l’Agenzia delle entrate rende disponibili per la consultazione e acquisizione le fatture elettroniche esclusivamente al soggetto che ha effettuato l’adesione. ↑
- L’accesso ai “dati fattura integrati” alla Guardia di Finanza sarà possibile previa apposita convenzione, in relazione alla quale sarà acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali. ↑
- L’hash della fattura elettronica è contenuto nella ricevuta emessa dal sistema di interscambio. ↑
- Non che possano esserci anche costi variabili, per esempio quelli connessi allo storage e alla implementazioni dei canali di trasmissione, ma la parte variabile dei costi ritengo sia molto modesta rispetto a quella fissa. ↑