Il provvedimento del Garante Privacy che ha escluso le prestazioni sanitarie dalla fatturazione elettronica ha gettato nel caos gli operatori del settore. E anche se l’Agenzia delle Entrate lavora per superare i problemi, sono tanti i dubbi e le questioni da affrontare.
Per esempio, gli operatori di servizi sanitari ora dovranno fare attenzione nella distinzione tra fatture che contengono prestazioni sanitarie (destinate a cittadini con codice fiscale in primis) e quelle che invece sono fatture per altri servizi o prodotti.
Il problema della e-fattura in Sanità
A soli 10 giorni dal D-day della fatturazione elettronica, infatti, il Garante ha imposto all’Agenzia delle Entrate di fornire idonee istruzioni ai soggetti che erogano prestazioni sanitarie, affinché in nessun caso sia emessa una fattura elettronica attraverso lo SDI concernente l’erogazione di una prestazione sanitaria.
Questa tipologia di fatture ha in larghissima parte come destinatari soggetti fisici (cittadini/pazienti) che, tramite strutture pubbliche o private, usufruiscono di questi tipi di prestazioni; sicuramente una platea molto numerosa, riguardante la quasi totalità dei circa 60 milioni di cittadini italiani che, ogni anni acquistano medicinali o usufruiscono di prestazioni sanitarie di vario genere. Si stima che solo la spesa sanitaria privata, in Italia, ammonti ad oltre 35 miliardi di euro (quasi 600 euro all’anno pro capite).
Fatturazione elettronica, tutta la privacy dopo l’intervento del Garante: che cambia nel 2019
Questo, per la precisione, è il punto e) delle considerazioni finali del provvedimento:
“e) ai sensi dell’art. 58, § 2, lett. d), del Regolamento, ingiunge all’Agenzia delle entrate di dare idonee istruzioni ai soggetti che erogano prestazioni sanitarie, affinché in nessun caso sia emessa una fattura elettronica attraverso lo SDI concernente l’erogazione di una prestazione sanitaria, a prescindere dall’invio dei dati attraverso il sistema TS;”
Si nota immediatamente come sia ben diverso il ”divieto” rispetto all’ ”esonero dall’obbligo” attualmente descritto in legge di bilancio. Non sono ancora note le modalità con cui l’Agenzia delle Entrate fornirà agli enti interessati le “idonee istruzioni” ma è evidente come, ancora una volta, non si sia persa occasione per fare un bel po’ di confusione cambiando più volte le regole a pochi giorni dall’introduzione di una “rivoluzione digitale” come quella portata dalla fatturazione elettronica con poco o nullo rispetto per tutti i soggetti coinvolti. La mappa degli esclusi dall’obbligo, si arricchisce dunque in questo caso, non di un soggetto ben preciso, ma di una tipologia di fattura aggiungendo un altro tassello, evidentemente molto importante e particolare rispetto agli altri che già conoscevamo (chi rientra nel regime dei minimi, forfettari, associazioni sportive, piccole imprese agricole, etc.). La differenza sostanziale sta nell’espresso divieto di invio della fattura a Sdi, rispetto a tutti gli altri per i quali c’è solo “un esonero dall’obbligo”. Questo aggiunge ovviamente confusione quando invece ci sarebbe solo bisogno di semplicità e chiarezza.
Già il provvedimento del Garante del 15 novembre aveva posto l’attenzione sul settore sanitario, con particolare riferimento al trattamento dei dati personali. Proprio parlando dei possibili pericoli di “violazioni” o di trattamenti inadeguati, veniva fatto esplicito riferimento alla sanità. Erano chiari e più volte richiamati i possibili pericoli derivanti da queste tipologie di fatture e soggetti destinatari (i cittadini più che le imprese) per i quali veniva indicata e circostanziata una notevole amplificazione dei rischi connessi all’introduzione della fatturazione elettronica per il potenziale pericolo di un “trattamento generalizzato e sistematico” di dati particolari (ex sensibili) così come definiti dalla normativa GDPR.
Subito dopo il provvedimento del Garante, il governo corre dunque ai ripari (con una “toppa”) cercando di arginare quanto più possibile i pericoli che erano stati evidenziati. Scartata fin da subito la possibilità di un rinvio tout court, per gli evidenti ritorni in termini di recupero di evasione iva stimati in circa 2 miliardi/anno, le commissioni parlamentari si sono concentrate proprio su quel punto che evidentemente era facilmente modificabile. I dati relativi alle spese sanitarie infatti, per alimentare il sistema di precompilazione della dichiarazione dei redditi (730 precompilato), già arrivano ed arriveranno comunque all’Agenzia delle Entrate tramite il sistema Tessera Sanitaria (introdotto con provvedimento del 2014), inoltre, forse ancora più importante, quelle spese non andavano ad incidere sul recupero dell’evasione IVA (dunque su quei 2 miliardi). Da qui, il 28 novembre, la commissione bilancio del Senato approva l’emendamento che differisce al 2020 l’obbligo per gli operatori sanitari che già inviano i dati tramite il sistema Tessera Sanitaria. L’emendamento 886, infatti riporta un articolo incentrato proprio su questa tipologia di dati:
«Art. 10-bis (Disposizioni di semplificazione in tema di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari). – 1. Per il periodo d’imposta 2019, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, ai sensi dell’articolo 3, commi 3 e 4, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, e dei relativi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sono esonerati dall’obbligo di fatturazione elettronica di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, con riferimento alle fatture i cui dati sono inviati al Sistema tessera sanitaria.”».
L’emendamento di fatto ha creato non poche confusioni soprattutto sulle strutture sanitarie di medio-grandi dimensioni sia pubbliche che private che, a solo un mese dall’avvio dell’obbligo, avevano già approntato i sistemi per farvi fronte.
Molte di esse infatti, visto che si trattava di un “esonero dall’obbligo” e non di un divieto, avevano intenzione di procedere comunque con la fatturazione elettronica per non diversificare i flussi ed avere i sistemi automatici di invio allineati verso un’unica destinazione; cioè Sdi.
Altri, quelli evidentemente ancora all’affannosa ricerca della soluzione tecnologica, o ancora intenti ad approntare le corrette procedure, avevano accolto con un sospiro di sollievo il provvedimento rendendosi conto immediatamente dopo che l’esonero non sarebbe stato omnicomprensivo e dunque avrebbero dovuto fare la distinzione tra fatture, i cui dati sarebbero stati inviati al sistema tessera sanitaria e quelle no (anche per una semplice opposizione del paziente stesso), ed ovviamente, la gestione della fatturazione elettronica della parte passiva che comunque sarebbe stata necessaria (la gestione elettronica del ciclo passivo rimane necessaria anche per le strutture Sanitarie ovviamente e parte regolarmente al 1 Gennaio 2019).
Dunque grande confusione, e un “corri corri” generale per cercare di capire quale potesse essere il miglior compromesso.
Cosa fare ora per essere conformi al provvedimento
Adesso dunque le tante strutture sanitarie pubbliche e private, medici, farmacisti, dentisti, odontoiatri, laboratori analisi, ma anche le società multi-servizi che operano nel mercato sanitario in via non esclusiva, dovranno fare attenzione nella distinzione tra fatture che contengono prestazioni sanitarie (destinate a cittadini con codice fiscale in primis) e quelle che invece sono fatture per altri servizi o prodotti.
Per queste ultime infatti rimane l’obbligo, come per tutti gli altri, di emissione della fattura elettronica utilizzando SDI. Se è vero infatti che molti soggetti di questo mercato erogano solo e soltanto servizi per prestazioni sanitarie, dunque sarà semplice ottemperare al divieto inibendo completamente il flusso trasmissivo, ci sono però tante strutture che vendono anche altre tipi di servi e/o prodotti e per questi sarà obbligatorio l’utilizzo del “doppio binario” e della suddivisione dei processi del ciclo attivo.
Per le grandi strutture di questo tipo, che emettono milioni di fatture all’anno, sarebbe molto efficace dotarsi di un sistema che riesca, in maniera smart ed intelligente a distinguere le fatture di diversa tipologia (per prestazioni sanitarie e non) in modo da separare automaticamente i flussi di trasmissione.
Tutto invariato e tutto elettronico invece per quello che riguarda il ciclo passivo. Le strutture sanitarie coinvolte dalle modifiche richieste dal Garante, anche se lato attivo emettessero solo fatture di “tipo sanitario”, dovranno comunque dotarsi di un sistema che gli consenta la ricezione e la gestione delle fatture fornitori.
E’ doveroso comunque sottolineare come siano giuste le richieste di modifica per una maggiore sicurezza dell’intero “impianto” e per la garanzia di protezione dei dati personali, ma questo dovrebbe avvenire a prescindere dalla tipologia del soggetto o del servizio/prodotto/prestazione in questione. Per ognuno infatti, i propri dati sono importanti e da proteggere.
A questo proposito non paiono assolutamente complesse le possibili soluzioni da adottare per poter rimuovere il vincolo e consentire al più presto l’uniformità di utilizzo della fatturazione elettronica anche per i soggetti che erogano prestazioni sanitarie. Tra quelle già ipotizzate o già in corso d’opera ci sono:
- la cifratura dei dati
- il non utilizzo di canali di trasmissione non sicuri; Dopo la dismissione dell’FTP a favore del canale cifrato SFTP, rimarrebbe solo la PEC.
- L’esplicita adesione ai servizi di consultazione messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate
- Descrizioni da inserire in fatture per le prestazioni sanitarie o dei medicinali acquistati, generiche e non particolareggiate rimuovendo dai dettagli tutto quanto non risulti utile ai fini fiscali.
Agenzia delle Entrate sta dunque lavorando alacremente per semplificare e rendere più sicura l’infrastruttura e si spera che al più presto potranno “cadere” i divieti e le deroghe consentendo una gestione uniforme dei processi di fatturazione elettronica non solo per le strutture sanitarie, ma per tutta la platea dei soggetti coinvolti.
Proprio a tal proposito è opportuno sottolineare che è già stato emanato un provvedimento a firma del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (prot. N. 524526/2018 del 21 Dicembre “Modifiche ai provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018 e del 5 novembre 2018”) che recepisce in parte le indicazioni del Garante. Si rileva però che non ci sono indicazioni di merito sulle fatture relative alle prestazioni sanitarie e questo lascia perplessi vista la confusione che si è creata, a più riprese, tra i soggetti coinvolti.