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Fes, quanto vale la firma elettronica semplice: cosa dice l’Agenzia delle entrate



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Un quesito posto all’Agenzia delle entrate permette di approfondire il valore della Fes, la firma elettronica semplice: ecco qual è e cosa indica la normativa in materia documentale

Pubblicato il 5 ott 2023

Giovanni Manca

consulente, Anorc



PEC, firma

La firma elettronica semplice (FES) viene così comunemente denominata per distinguerla dalla firma elettronica avanzata (FEA) e dalla firma elettronica qualificata (FEQ) che in Italia è equivalente alla firma digitale. Questa tipologia di firma nasce con la Direttiva europea 1999/93/CE ma è nel vigente Regolamento 910/2014 (eIDAS) che cambia la sua definizione e stabilisce gli effetti giuridici che la riguardano.

La firma elettronica deve essere valutata non tanto come fine a se stessa, ma nel suo rapporto con il documento informatico e conseguentemente con il valore giuridico del documento informatico.

Un recente quesito posto all’Agenzia delle entrate permette di analizzare la questione.

FES, cosa dice la normativa

Gli effetti giuridici della FES sono stabiliti nel primo paragrafo dell’articolo 25 del Regolamento eIDAS:

1. A una firma elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti per firme elettroniche qualificate.

La definizione di firma elettronica è “dati in forma elettronica, acclusi oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici e utilizzati dal firmatario per firmare”. L’espressione “per firmare” viene aggiunta in eIDAS essendo assente nella direttiva sopra citata.

Il testo enunciato nel comma 1 dell’articolo 25 è allineato con i principi tipici della normativa comunitaria in termini di approccio non discriminatorio (la firma elettronica ha effetti giuridici ed è ammissibile come prova) e tecnologicamente neutro. La soluzione tecnologica utilizzata per la realizzazione della firma elettronica non è discriminatoria rispetto agli effetti della firma. Questo compito è in capo al giudice o al legislatore.

Il legislatore italiano si è espresso con il D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 recante il “Codice dell’Amministrazione Digitale” al quale ci si riferisce con l’acronimo CAD.

La firma elettronica è trattata nell’articolo 20, comma 1-bis del CAD. Dal comma il testo che ci interessa è il seguente:

1-bis. Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del codice civile se… In tutti gli altri casi (nota: qui è compresa la firma elettronica semplice), l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità…

Il documento informatico è definito nel CAD come “il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”. Il documento elettronico è altresì definito nel Regolamento eIDAS come “qualsiasi contenuto conservato in forma elettronica, in particolare testo o registrazione sonora, visiva o audiovisiva”.

L’efficacia probatoria dei documenti

In questo senso riprendiamo il tema della valutazione dell’efficacia probatoria dei documenti ai quali è apposta una firma elettronica semplice. Risulta certamente scorretto dire che questa tipologia di sottoscrizione non vale nulla perché questa valutazione è in capo al giudice che, caso per caso, valuterà quanto richiesto dalla normativa primaria.

Gli aspetti di sicurezza sono connessi al processo di formazione/creazione del documento informatico, per l’integrità e l’immodificabilità si dovrà valutare il documento. La tecnologia utilizzata negli strumenti di sottoscrizione e le misure organizzative adottate indirizzeranno la valutazione giudiziale.

FES, l’intervento dell’Agenzia delle entrate

Su quest’ultima materia c’è una ampia casistica trattata dalla Cassazione e dagli altri gradi di giudizio. I giuristi esperti della materia già le conoscono o non hanno difficoltà a rintracciarle con gli strumenti professionali a loro disposizione.

In questa sede ci si concentra su una recente risposta in materia di FES a una consulenza giuridica dell’Agenzia delle Entrate. Il documento specifico è disponibile qui.

Il quesito richiede consulenza sulla possibilità di sottoscrivere documenti validi ai fini fiscali tramite un procedimento di firma analogo a molti processi di generazione di una Firma Elettronica Avanzata (FEA) ma non completamente conforme a quanto stabilito sul tema dal DPCM 22 febbraio 2013. In questi termini la sottoscrizione è certamente una firma elettronica semplice.

L’analisi dell’Agenzia è ovviamente completa e condotta con un’analisi giuridica estremante dettagliata e puntuale. La conclusione è che “in nessun caso una firma elettronica “semplice” … può dirsi idonea a garantire i requisiti che i documenti informatici, specie se di natura fiscale, devono possedere sin dalla loro formazione. Alla luce di quanto sopra, deve escludersi l’idoneità ai fini tributari di qualsiasi procedura che preveda l’utilizzo di tale tipologia di firma”.

Una valutazione netta e decisa.

L’analisi

L’esame della vicenda alla luce di quanto qui esposto in materia di firme elettroniche semplici lascia spazio a qualche perplessità. La prima è che deve essere il giudice a discriminare cosa è forma scritta e cosa non lo è. La seconda è che in ambito fiscale sono già utilizzate delle procedure che utilizzano firme elettroniche semplici basate su certificati dell’Agenzia.

Una ulteriore perplessità è nell’assenza nella risposta dell’Agenzia dell’articolo 21, comma 2-bis del CAD (conformità all’articolo 1350, numero 13 del Codice Civile), quantomeno perché nella già detta valutazione netta e decisa sarebbe rafforzata la conclusione della stessa Agenzia.

Conclusione

In conclusione possiamo considerare che qualunque sia la valutazione giuridica consolidata sul tema, bisogna sempre raggiungere un adeguato equilibrio tra le prevalenti considerazioni giuridiche e quelle tecnologiche.

Le norme dovrebbero tutelare una verifica di idoneità ex-ante a beneficio dei cittadini, imprese e professionisti, in altre parole il corretto intervento del Giudice deve essere contenuto normativamente per supportare la criticità di una totale discrezionalità in giudizio.

La FES che non è un campione senza valore rimane comunque una tipologia di firma non utilizzabile in procedimenti automatizzati non regolamentati tecnicamente, questo perché la neutralità tecnologica rende lecite implementazioni completamente libere.

Questo non giustifica paletti normativi che lasciano dubbi sulla loro conformità alla normativa comunitaria quindi serve definire il valore della firma, il valore del documento firmato ma anche i meccanismi di scambio del documento che devono essere regolamentati dal destinatario anche in funzionalità dell’interoperabilità. L’uso legittimo ma libero della FES non favorisce questo approccio, portando incertezza negli utilizzatori minando la solidità e la fiducia nei sistemi digitali.

L’introduzione gratuita della firma elettronica qualificata nel Portafoglio Europeo di Identità Digitale porterà sicuramente benefici ai cittadini diffondendo questa strumento abilitante a livello popolare.

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