La flat tax, letteralmente “tassazione piatta”, si contrappone al sistema storico del criterio proporzionale di tassazione. In questi ultimi anni sta riscuotendo molto interesse da parte degli operatori economici, oltre per la sua possibile convenienza economica, anche perché è spesso accompagnata da misure di esonero, totale o parziale, degli adempimenti di carattere tributario, per cui la combinazione dei due fattori genera un appeal che non solo ne ha favorito l’apprezzamento, ma che anzi ha generato una domanda di espansione della platea dei possibili destinatari.
Alla convenienza del regime si accompagnano tuttavia una serie di controindicazioni. La prima fra tutte la è la sua compatibilità col sistema di tassazione proporzionale previsto dalla nostra Costituzione. Ma subito dopo viene anche la possibile interferenza con le regole della leale concorrenza tra operatori economici.
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Che cos’è la Flat tax
Il principio cardine della flat tax è che essa non viene calcolata sul reddito imponibile in maniera progressiva, come avviene ordinariamente, ma in maniera fissa. Il sistema ordinario della tassazione, ispirato all’articolo 53 della Costituzione, prevede che “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. La normativa tributaria ha declinato questo principio con la previsione che il reddito sia soggetto alla imposizione diretta (Irpef) secondo il seguente schema[1]:
Flat tax come funziona
Il sistema di tassazione proporzionale rappresenta un timido riconoscimento che ciascun essere umano, prima di pagar le tasse, dovrebbe poter soddisfare i suoi bisogni primari; agli scaglioni corrispondenti alle fasce di reddito di basse corrispondono infatti aliquote più basse proprio per lasciare maggiore disponibilità di danaro ai possessori di redditi inferiori. La “timidezza” risiede nel fatto che una vera politica sociale dovrebbe considerare che la produzione di quella parte del reddito, verosimilmente necessaria al soddisfacimento dei bisogni primari, dovrebbe essere interamente esonerata dalla tassazione. Ciò avviene, solo parzialmente, ed in maniera discriminata tra le varie categorie di reddito, con la previsione delle detrazioni d’imposta: per titolare di reddito di lavoro dipendente/pensione la no tax area è tra gli 8.000 euro e gli 8.500 euro mensili, mentre per un titolare di reddito d’impresa/lavoro autonomo è di circa 5.500 euro, in ogni caso è evidente rendiamo conto di come queste franchigie siano assolutamente insufficienti.
Con la flat tax il sistema di calcolo dell’imposta è molto più semplice, in quanto al reddito imponibile si applica una aliquota unica, attualmente il 15%[2] e l’imposta viene definita “sostitutiva” delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP. La applicazione della flat tax spesso si accompagna da un sistema di determinazione del reddito di tipo forfettario, grazie al quale la determinazione del reddito imponibile – invece che come differenza tra ricavi e costi effettivi relativi all’esercizio dell’impresa, arte o professione – viene determinato applicando ai ricavi (o compensi) un “coefficiente di redditività” variabile in funzione dell’attività svolta, e i costi e le spese effettivamente sostenuti non sono ammessi in deduzione.
Esempio di calcolo
Questo sistema comporta che il reddito assoggettato a tassazione non sia quello effettivamente conseguito, ma quello convenzionalmente determinato. Se per esempio il coefficiente di redditività fosse il 40% (ossia che i costi forfettariamente deducibili siano il 60%), e se i ricavi / compensi fossero pari a 30.000 euro e i costi effettivi a 20.000 euro, si avrebbe la seguente situazione comparata: Quindi la opzione per il regime forfettario, a cui si accompagna per previsione di legge l’applicazione della flat tax, è tanto più conveniente quanto i costi effettivi siano inferiori rispetto a quelli deducibili forfettariamente[3].
Flat tax e regime forfettario
Dagli esempi sopra illustrati si evince che nei casi in cui il reddito imponibile si mantiene su valori modesti, la differenza tra la tassazione ordinaria e il reddito determinato forfettariamente è anch’essa modesta. Ma con l’avvicinarsi del reddito imponibile alla soglia attuale del regime forfettario (65.000 euro) il divario di tassazione rispetto ad un soggetto che determina il reddito col metodo ordinario diviene significativo[4]. Quella sopra rappresentata è l’ipotesi di una attività commerciale con coefficiente di redditività del 40%; ovviamente il calcolo della convenienza varia in funzione dei costi effettivi relativi all’attività, la cui detrazione, appunto, viene forfettizzata.
Il regime forfettario comporta attualmente anche la non applicazione dell’IVA. Se il consumatore finale acquista un bene o un servizio da un soggetto forfettario, a parità di corrispettivo applicato rispetto ad un contribuente ordinario beneficia di una riduzione sul prezzo di acquisto di un importo pari all’IVA, ovviamente nella misura in cui non verrà applicata, considerando che per il cedente/prestatore potrebbe non essere possibile mantenere il prezzo del bene/servizio allo stesso livello di un soggetto ordinario, perché questi può detrarre l’IVA sugli acquisti che invece, per forfettario, diventa un costo puro. È quindi evidente come esista una enorme casistica, a ciascuna delle quali corrisponde una analisi che è anch’essa è mutevole al variare delle condizioni che si realizzeranno.
Flat tax, a chi conviene
La flat taxè vista come un obiettivo politico-sociale appetibile, ma occorre evitare ingiustizie ed abusi[5].
Infatti:
- Ogni valutazione per l’opzione della flat tax (ossia del regime forfettario) deve essere attentamente valutata in funzione delle caratteristiche intrinseche dell’attività svolta;
- Trattandosi di un regime opzionale è verosimile che verrà adottato solo nei casi di particolare convenienza, che si realizzano
- con l’avvicinarsi dei ricavi alla soglia di permanenza al regime (attualmente 65.000 euro);
- in presenza di costi deducibili forfettariamente superiori o non inferiori ai costi effettivi;
- nei casi in cui l’IVA sugli acquisti non sia rilevante.
La combinazione delle tre variabili sopra indicate determina la ampiezza della convenienza.
- Un regime premiale ha senso socio-economico qualora fosse previsto come incentivo l’avvio di attività, magari per i giovani, ma non ha molto senso se viene generalizzato a tutti i soggetti e, soprattutto, nella ipotesi in cui fosse prevista una soglia di ricavi significativa e non marginale[6];
- Più è conveniente l’opzione per il regime forfettario / flat tax , più la misura causa ingiustizie e genera distorsione nel mercato e nella concorrenza. Ingiusta perché, a parità di capacità contributiva, il regime forfettario / flat tax genera un carico tributario sensibilmente inferiore rispetto ad un contribuente ordinario[7]. Genera distorsione perché soprattutto nei servizi che hanno pochi costi di gestione consente per il privato il risparmio dell’IVA, e questo potrebbe indurre i privati consumatori a scegliere chi applica prezzi inferiori e che, comunque, ci guadagna anche di più. Se a questo aggiungiamo anche che i soggetti forfettari non sono soggetti agli ISA[8], e godono di semplificazioni contabili, il loro vantaggio diventa ancora più incisivo e rilevante.
In definitiva, un regime di flat tax è sostenibile, giuridicamente ed eticamente solo in presenza di ricavi modesti e, comunque, a patto che la sua efficacia sia limitata nel tempo.
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Note
- Nei calcoli della imposta con i criteri ordinari non si è tenuto conto delle addizionali regionali (di norma l’aliquota è fissata all’1,23% o eventualmente maggiorata tra l’1,23 ed il 3,33% e comunali (sino allo 0,9%), che variano in relazione al luogo di esercizio dell’attività e che oscillano e che incidono i redditi “ordinari” e non su quelli forfettari a cui si applica esclusivamente la flat tax. ↑
- Ridotto al 5% per cinque anni per coloro che iniziano ex novo un attività. ↑
- Per una corretta analisi è necessario considerare che alcuni costi sostenuti potrebbero essere fiscalmente indeducibili, come – per esempio – quelli relativi a talune categorie di spese (auto, carburanti, viaggi, ristoranti, etc.). ↑
- Vedi nota 3 ↑
- Se alcuni contribuenti forfettari, soprattutto esercenti attività di lavoro autonomo, lavorano in “condominio”, potrebbero creare un soggetto economici di fatto molto rilevante e conseguire vantaggi che altrimenti individualmente non potrebbero realizzare. ↑
- Si sta parlando di alzare il livello di ricavi da 65.000 € a 100.000 €, e se ciò dovesse realizzarsi le distorsioni e le ingiustizie che verranno appresso evidenziate saranno ancora più grandi. ↑
- Se un soggetto fattura 120.000 € e ha costi per 70.000 €, guadagnando 50.000 €, paga molte più tasse di un forfettario che fatturando 60.000 € ha 10.000 € di costi: è evidente come a parità di reddito vi sia una profonda ed ingiustificata disparità di tassazione ↑
- L’Agenzia delle Entrate definisce gli ISA-Indici Sintetici di Affidabilità “… indicatori che, misurando attraverso un metodo statistico- economico, dati e informazioni relativi a più periodi d’imposta, forniscono una sintesi di valori tramite la quale sarà possibile verificare la normalità e la coerenza della gestione professionale o aziendale dei contribuenti . Il riscontro trasparente della correttezza dei comportamenti fiscali consentirà di individuare i contribuenti che, risultando “affidabili”, avranno accesso a significativi benefici premiali.” Ma è ovvio che c’è il rovescio della medaglia, per cui chi non è “affidabile” in base ai suoi indici sarà più esposto ai controlli del Fisco, per cui esserne esonerati comporta una protezione di cui gli “ordinari” non sono provvisti. ↑