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Fondi per Blockchain, IA e IoT: come ottenere gli incentivi in arrivo a settembre

Le domande per i fondi per blockchain, AI e IoT potranno essere inviate dal 21 settembre, ma si punta a evitare il click day, con conseguenti possibili disagi, dando la possibilità di precompilarle dal 14 settembre: a disposizione 25 milioni di euro per l’AI, 10 milioni di per la blockchain e 10 milioni per l’IoT

Pubblicato il 08 Lug 2022

Riccardo Berti

Avvocato e DPO in Verona

Franco Zumerle

Avvocato Coordinatore Commissione Informatica Ordine Avv. Verona

IoT - data act

Il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato il Decreto Direttoriale adottato il 24 giugno 2022 che disciplina le modalità e i termini di presentazione delle domande per richiedere i finanziamenti del “Fondo per lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza artificiale, blockchain e internet of things”. Sul piatto 45 milioni di euro. 

Le domande potranno essere presentate a partire dal 21 settembre 2022, ma per evitare le problematiche del “click-day” (leggasi sovraccarico e conseguente inaccessibilità del portale) le domande potranno essere precompilate a partire dal 14 settembre.

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Fondi per blockchain, AI e IoT: i settori coinvolti

Con il fondo verranno finanziate spese (secondo i criteri di ammissibilità di cui al Decreto) non inferiori a 500 mila euro e non superiori a 2 milioni di euro nei seguenti settori, definiti “strategici prioritari” nel Decreto:

  • industria e manifatturiero
  • sistema educativo
  • agroalimentare
  • salute
  • ambiente ed infrastrutture
  • cultura e turismo
  • logistica e mobilità
  • sicurezza e tecnologie dell’informazione
  • aerospazio

Nelle domande si dovrà precisare quale tra le tecnologie finanziate si intende sviluppare (e se più d’una si dovrà indicare quella preponderante), la tipologia di progetto (ricerca industriale, sviluppo sperimentale, innovazione dei processi o innovazione dell’organizzazione) e la tipologia di impresa (micro e piccole imprese, medie imprese, grandi imprese, organismi di ricerca, rete di imprese).

La ripartizione dei fondi

I fondi infatti sono ripartiti a seconda della tipologia di progetto (25 milioni per l’IA, 10 milioni per la blockchain e i residui 10 milioni per l’IoT) e la percentuale delle spese finanziabili varia a seconda della tipologia di progetto e della tipologia di impresa che presenta la domanda (il massimo finanziabile è comunque limitato all’80%). Per monitorare lo stato di realizzazione dei progetti di sviluppo, applicazione e trasferimento tecnologico alle imprese, il Mise si avvarrà del supporto di Infratel Italia S.p.A. (pagata con le risorse del fondo stesso, nel limite dell’1%).

I progetti

I progetti possono essere presentati fino all’esaurimento delle risorse (vale quindi il criterio cronologico, ma giornaliero, questo significa che tutte le domande presentate in un dato giorno si considerano presentate in contemporanea), dopodiché il portale impedirà il caricamento di nuove domande. Si apre quindi una fase istruttoria per verificare che il progetto abbia effettivamente i requisiti previsti dalla normativa e presenti effettive potenzialità di impatto sul mercato di riferimento.

Le risorse del PNRR

Gli obiettivi del Fondo, in questo particolare periodo storico, fanno pensare subito al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, lo sforzo articolato ed unitario preparato dal Governo per accedere alle risorse economiche del progetto europeo Next Generation EU. Ed in effetti in seno al PNRR è istituito il Digital Transition Fund con l’obiettivo di finanziare operazioni “volte a favorire la transizione digitale delle filiere negli ambiti, in particolare, dell’intelligenza artificiale, del cloud, dell’assistenza sanitaria, dell’Industria 4.0, della cybersicurezza, del fintech e blockchain, ovvero di altri ambiti della transizione digitale”.

Il Fondo, istituito con Decreto dell’11 marzo 2022 (GU 105 del 06.05.2022), dispone di una dotazione di euro 300.000.000. L’iniziativa del Ministero dedicata a intelligenza artificiale, blockchain e IOT (due su tre già espressamente menzionate nel Fondo inserito nel PNRR) sovrappone quindi la dotazione del Fondo di cui al Decreto Direttoriale (stavolta nazionale e che non accederà a fondi europei) pari a 45 milioni di Euro, a quella già presente nel Fondo del PNRR.

La scelta, che non appare coerente con la funzione “accentratrice” e organica del PNRR, sembra trovare “giustificazione” nella particolare evoluzione che ha portato alla costituzione del Fondo per lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza artificiale, blockchain e internet of things.

A cosa serve il fondo blockchain, AI e IoT

In realtà il Fondo di cui si discute ha una genesi ben più risalente nel tempo rispetto al PNRR ed infatti è istituito con la legge di bilancio del 2019 (Legge 30 dicembre 2018, n. 145) quando ancora il “rilancio” di cui si fa carico il PNRR dovuto alla battuta d’arresto causata dalla pandemia non era nemmeno lontanamente immaginabile.

Il comma 226 dell’art. 1 della legge di bilancio prevede: “Per perseguire gli obiettivi di politica economica e industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, nonché’ per accrescere la competitività e la produttività del sistema economico, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un Fondo per interventi volti a favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza artificiale, blockchain e internet of things, con una dotazione di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021”.

Il Decreto MISE del 24 giugno 2022 e prima di lui il Decreto Interministeriale del 06 dicembre 2022 (che peraltro avrebbe prescritto l’adozione del Decreto Mise entro 60 giorni, mentre questo è arrivato dopo oltre sei mesi) sono giunti alla costituzione effettiva del Fondo con ben tre anni di ritardo, e così hanno ben pensato di concentrare la sua dotazione triennale in un’unica soluzione (i 45 milioni di Euro di cui si parlava poc’anzi).

Il contesto

Per inquadrare il periodo storico in cui inserire la disposizione contenuta nella legge di bilancio del 2018 di cui si discute, bisogna ricordare che questa disposizione approda alle Camere pochi giorni prima della conversione del Decreto legge n. 135 del 14 dicembre 2018, con cui il Parlamento aveva introdotto la prima definizione normativa di blockchain (e di smart contract) nel nostro ordinamento.

Il successivo raffreddamento dell’interesse per quella definizione normativa, ampiamente criticata anche per la rigidità adottata nell’approcciarsi al fenomeno tecnologico (di per sé in evoluzione molto più rapida del diritto) è ben dimostrato dal fatto che AgID non ha ancora emanato “gli standard tecnici che le tecnologie basate su registri distribuiti debbono possedere ai fini della produzione degli effetti di cui al comma 3 [ovvero gli effetti di validazione temporale elettronica]”, prescritti entro 90 giorni dall’entrata in vigore della Legge.

Successivamente il Governo ha elaborato una Strategia nazionale per l’intelligenza artificiale e una Strategia italiana per la blockchain e i registri distribuiti (quest’ultima elaborata dal Gruppo di esperti selezionati dal Ministero dello sviluppo economico nel 2019).

Infine, lo stanziamento di cui alla Legge di Bilancio 2019 è stato ricordato e attuato con tempismo poco felice vista la sovrapposizione con uno strumento molto più organico e pervasivo come il PNRR.

Blockchain, IA e IoT: le regole

Una piccola critica va anche rivolta all’approccio del legislatore, rigido (e forse figlio dell’impostazione di “fine 2018” da cui origina) nell’incasellare gli stanziamenti verso tipologie tecnologiche predeterminate e forse in certo modo riduttive di fronte ad un mondo in continua evoluzione.

Un modesto tentativo di “svecchiamento” della normativa, è forse presente nell’art. 2 del Decreto Direttoriale del 24 giugno 2022, dove nel definire l’ambito di applicazione della misura si aggiunge l’inciso “anche mediante il paradigma del metaverso“.

Questa aggiunta dell’ultimo minuto non è però in grado di risolvere i problemi strutturali di una misura che da un lato incasella le tecnologie finanziabili in rigide definizioni (ad esempio quando si parla di blockchain è evidente la necessità di un confronto con la definizione di “tecnologie basate su registri distribuiti” cui all’art. 8 ter D.L. 135/18, dovremmo quindi escludere dal finanziamento tutti i progetti che prevedono la realizzazione di blockchain in qualche modo “centralizzate”?) e dall’altro non si cura di definire queste tecnologie, di difficile determinazione, rischiando quindi l’accesso di progetti che si limitano a parodiare gli sviluppi tecnologici che cerca di finanziare la misura (pensiamo ad esempio alle definizioni di intelligenza artificiale, che a tratti si allargano fino ad includere tutte le soluzioni che imitano l’intelligenza umana, inclusi i semplici bot).

Conclusione

Se le misure di finanziamento rivolte al mondo tecnologico e dell’innovazione sono sempre da accogliere con favore, così come l’attenzione del legislatore verso lo sviluppo di soluzioni innovative, è anche naturale attendersi un approccio al passo coi tempi e con il mondo tecnologico che si intende finanziare, nonché soprattutto non inutilmente frammentato (e, magari, con un’attenzione all’interoperabilità e apertura dei formati risultato di progetti finanziati dallo Stato).

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