Si definisce “Forensic Biological Examination” quella attività tecnica che ha luogo nel laboratorio di biologia forense con lo scopo di ricercare, identificare e documentare le tracce biologiche presenti sui reperti di interesse investigativo-forense.
Questa fase è la prima dei complessi step tecnici che, nell’insieme, mirano a trovare tracce utili per le attività investigative e, successivamente, a definire il genotipo delle singole tracce. Rappresenta un punto critico del workflow investigativo-forense perché il buon esito dell’attività tecnico-investigativa dipende, in buona parte, anche da una corretta e completa ispezione dei reperti biologici.
Biologia forense, manca lo standard: ecco una proposta di validazione
Infatti, quanto più è elevato il numero di tracce identificate nella fase di ispezione preliminare dei reperti, tanto più potranno – seppur potenzialmente – essere precise ed accurate le successive analisi e i successivi dati tecnici che costituiranno spunto investigativo e/o fonte di prova nel futuro processo penale che si andrà ad instaurare.
Generalmente, la forensic biological examination è condotta nella stanza cd. “di inizio operazioni tecniche” del laboratorio forense. Ad eseguire tali operazioni sono Tecnici e Dirigenti opportunamente qualificati.
Forensic Biological Examination: le tecnologie più utilizzate
La Forensic Biological Examination consiste nell’effettuazione di una attenta attività ispettiva dei reperti che vengono processati. L’ispezione avviene secondo molteplici modalità, di carattere tecnico, e tramite l’applicazione di diverse metodologie.
Oltre alla cd. “ispezione ad occhio nudo”, o naked eye observation, volta a valutare la presenza di verosimili tracce biologiche macroscopiche di interesse forense, sono potenzialmente utilizzabili una serie nota di tecnologie che, per funzionamento, risultano particolarmente utili per lo scopo, tra cui:
- Luci forensi: strumenti di potenza, precisione e grandezza ampiamente variabile a seconda delle caratteristiche strumentali;
- Lampada di Wood: nota già per le sue applicazioni medico-dermatologiche, consente, tramite l’emissione di un fascio luminoso sull’area target dell’ispezione, l’identificazione di particolari segnali che potrebbero essere ascrivibili alla presenza di tracce verosimilmente biologiche sul reperto in analisi;
- Tecnologia Thermal-Scanner: di recentissima introduzione, si basa sullo studio delle diverse temperature del substrato/reperto in analisi. La differenza termica potrebbe essere un dato preliminare utile ad operare l’identificazione e/o la presenza di tracce biologiche latenti che dovrebbero teoreticamente avere una temperatura leggermente diversa rispetto al reperto, ovvero il substrato su cui queste aderiscono;
- Tecnologia near-UV e near-IR: di recentissima introduzione, si basa sullo studio di diversi segnali raccolti nell’ambito dello screening ispettivo del reperto allorquando questo viene ispezionato tramite sorgenti luminose che emettono a specifici nm tipici dei campio biofisici denominati “near-UV” e “near-IR”.
È doveroso far notare che, allo stato, non esistono raccomandazioni rigide, ovvero ciascun laboratorio forense che svolge anche l’attività di Forensic Biological Examination è libero di dotarsi di strumentazione tecnica utile allo scopo senza particolari e/o stringenti raccomandazioni.
Relativamente ai metodi di svolgimento del rilievo, è opportuno rappresentare che questo può essere condotto con discreta discrezionalità da parte del Tecnico/Dirigente che lo sta ponendo in essere.
Un esempio pratico di ciò consiste nel fatto che, relativamente all’ordine delle tracce, ed all’ordine con cui queste devono essere ricercate sul reperto in analisi, non vi sono – anche in questo contesto – delle rigide raccomandazioni a cui attenersi.
A ciò deve unirsi anche il fatto che ogni laboratorio, ovviamente dotato di un proprio SGQ – Sistema di Gestione della Qualità, può procedere alla nomenclatura delle singole tracce identificate basandosi su criteri interni. Ciò può potenzialmente – e fattivamente – condurre alla produzione di nomenclatura diversa per una stessa traccia se lo stesso reperto è analizzato in due distinti laboratori che svolgono questo tipo di rilievi tecnici.
I risultati dei più recenti studi sperimentali
Negli ultimi anni, una serie di attività sperimentali sulla Forensic Biological Examination sono state condotte al Bio Forensics Research Center, grazie anche alla collaborazione di diversi Dipartimenti Universitari italiani ed esteri, nonché grazie alla mobilità degli studenti e dei ricercatori tramite il programma ERASMUS.
Gli studi hanno portato alla pubblicazione di dati estremamente utili in quest’ambito delle indagini tecniche per scopi forensi; in particolare si è – per ora – dimostrata la capacità di identificare, documentare e repertare tracce biologiche del volume di appena 0.5 µL. Questo dato conforta molto i tecnici, in quanto garantisce direttamente un’elevatissima accuratezza ed affidabilità delle tecniche e dei metodi presi in esame ed utilizzati per la sperimentazione.
Precedenti studi, inoltre, avevano già rappresentato che, nell’ambito della Forensic Biological Examination, solo il 15% delle tracce biologiche totali, in condizioni sperimentalmente note e controllate, era visibile “ad occhio nudo” sui reperti in analisi. Ciò ben evidenzia che per l’esame ispettivo delle tracce biologiche v’è assoluta necessità di utilizzare tecniche e metodi che siano ad hoc sviluppati.
Altri studi, invece, hanno messo in evidenza anche la quantità di visibilità fenotipica delle tracce (studio effettuato su tracce ematiche), descrivendo opportunamente standard e risultati.
Altri studi, ancora, hanno analizzato la presenza dei segnali emessi dalle tracce biologiche, e identificabili con l’apposita strumentazione tecnica, con il passare del tempo.
È infatti noto che le matrici biologiche – generalmente – sono oggetto di fisiologici fenomeni di degradazione e decadimento. Questa caratteristica può certamente incidere anche sulla possibilità di identificare correttamente le tracce biologiche per fini forensi. Lo studio prodotto ha mostrato una grande affidabilità dei mezzi tecnici e metodologici utilizzati in campioni biologici invecchiati di oltre un anno dalla data di produzione della traccia.
Altri studi, infine, hanno studiato la presenza di artefatti, come analizzeremo di seguito.
Gli artefatti: cosa sono e come vengono catalogati
Uno degli ultimi studi sperimentali – presentato lo scorso giugno 2022 al Simposio delle Scienze Forensi organizzato dall’Università di Miami (USA) – Florida International University – ha preso in esame l’aspetto legato agli artefatti nell’ambito della Forensic Biological Examination.
Gli artefatti – per definizione – risultano essere dei segnali fittizi, i quali potrebbero portare ad un’errata interpretazione del dato tecnico. Gli artefatti sono documentalmente già noti nell’ambito della genetica forense, ovvero quella sotto-disciplina delle scienze forensi che si occupa della genotipizzazione delle tracce.
Tramite la già menzionata attività sperimentale, i ricercatori del Team di Bio Forensics Research Center hanno voluto valutare se questi fenomeni interessano anche l’ambito della Forensic Biological Examination, e, se presenti, hanno voluto operare una iniziale catalogazione e descrizione dei diversi segnali “fake”, ovvero riconducibili agli artefatti.
Lo studio, che si è svolto in condizioni standard e controllate, ha portato ad evidenziare che il fenomeno degli artefatti è assolutamente presente anche nella fase della Forensic Biological Examination, che la sua penetranza, ovvero la percentuale di presenza, è assolutamente rilevante e che sono descrivibili artefatti raggruppabili in almeno due diverse tipologie di categorie, tra loro diverse per aspetti fenotipici del segnale fake rilevato.
Lo studio descrive infatti la presenza di una tipologia “Brightly”, ovvero artefatti cd. “brillanti”, contraddistinti dal piccolo volume, da un aspetto puntiforme e dall’essere maggiormente presenti in particolari tipologie di substrato/reperto in analisi.
Un’altra tipologia di artefatto descritta è lo “Shadowly”, ovvero artefatti cd. “ombrosi”, contraddistinti da un volume spesso esteso, dalla forma assolutamente variabile e dall’essere maggiormente presente allorquando si usano strumenti tecnici che emettono a particolari lunghezze d’onda.
Conclusioni
Una analisi tecnico-forense di successo non è che un puzzle ordinato e preciso. La buona riuscita dell’attività tecnica dipenderà infatti dal grado organizzativo di ciascuno degli step tipici dell’attività tecnica; specialmente quando ci sono dei meccanismi “da monte a valle” – come in biologia/genetica forense – è particolarmente utile che i primissimi step tecnici siano curati in modo assolutamente dettagliato.
Altrimenti si rischierebbe di inserire un errore, ovvero una lacuna iniziale. Questo vizio non sarà più successivamente rimuovibile dal sistema e porterà ad un report tecnico finale di bassa qualità.
La Forensic Biological Examination è la prima delle attività tecniche – di tipo ispettivo – che coinvolge i reperti di interesse forense e le relative tracce biologiche.
È necessario porre massima attenzione su questo step, che rappresenta a tutti gli effetti un punto critico dell’intero sistema tecnico-investigativo.
È fondamentale, in tal senso, lo sviluppo costante di attività di ricerca scientifica, volte a migliorare sempre la qualità e l’accuratezza dei metodi e delle tecnologie che sono applicate per questo scopo.