Con l’integrazione della firma elettronica, la gestione del workflow documentale in azienda diventa più efficiente, sicura e collaborativa. Avere la possibilità di sottoscrivere un atto in un contesto digitale, senza dover ricorrere alla carta o a tortuosi scambi di e-mail piene di allegati, ha un impatto positivo sul proprio business e nel rapporto con fornitori e clienti.
Il framework normativo di riferimento, in Italia rappresentato dal Cad – Codice dell’amministrazione digitale, prevede diverse tipologie di firma elettronica che variano a seconda della tecnologia impiegata e del valore probatorio che sono in grado di conferire ai documenti. Capire, in base alle proprie necessità e attività, quale fa al caso proprio e come integrarla nei processi di gestione documentale è un importante passo strategico.
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Firme elettroniche, l’impatto sulla gestione del workflow documentale
Non è possibile, infatti, considerare oggi la firma olografa uno strumento efficace nel contesto della gestione dei workflow documentali. Dover scaricare, stampare, firmare e scannerizzare un documento per poterlo sottoscrivere è una pratica che può facilmente essere resa più efficiente dall’innovazione. Con l’integrazione della firma elettronica nel processo di gestione del documento si conduce ogni azione nello stesso ambiente di lavoro, garantendo maggiore sicurezza ed evitando situazioni di rischio come la perdita, la diffusione, la compromissione del documento stesso.
La normativa mette a disposizione tre tipologie di firma elettronica, la semplice, l’avanzata e la qualificata, che in Italia comprende anche la firma digitale. Quest’ultima garantisce il più alto valore probatorio al documento in quanto è basata su certificati che assicurano l’identità del firmatario, tanto che, per essere disconosciuta, spetta a lui dover dimostrare di non essersene servito. Tuttavia, “le norme non dicono qual è la tipologia di firma migliore da utilizzare per i propri processi aziendali – spiega Matteo Zaffagnini, responsabile commerciale di TopConsult -. È invece molto importante per un’impresa individuare lo strumento più adatto alle proprie esigenze, per evitare complessità e spese non necessarie”.
Gli strumenti necessari per fare le firme elettroniche
Documenti diversi infatti richiedono l’impiego di differenti tipologie di firma, con relativi strumenti. Per esempio, “L’informativa privacy ha un valore economico e probatorio basso non ha senso utilizzare una firma qualificata con tutti gli oneri di identificazione connessi – commenta Zaffagnini -. Si può utilizzare una firma semplice o magari una firma grafometrica, che è una tipologia di firma elettronica avanzata, dotandosi di un tablet con penna”.
Tuttavia, “per sottoscrivere un contratto o un’offerta economica, che contemplano dunque dati più sensibili e necessitano di un processo di approvazione, è utile la firma qualificata. In questo caso è importante l’integrazione nella gestione del workflow documentale per rendere più snello il processo – aggiunge Zaffagnini -. Il flusso di lavoro predefinito può essere personalizzato secondo le proprie esigenze, individuando i referenti per la firma e impostando adeguati livello di accesso allo strumento. Una volta elaborato e sottoscritto il documento internamente, si può coinvolgere il cliente o il fornitore semplicemente inviandogli un link, che condurrà a una modalità di identificazione e sottoscrizione”. Il valore probatorio in questo caso è chiaramente il più elevato a disposizione: “Lo stesso standard si può ottenere anche in processi più complessi, grazie alla digitalizzazione del flusso documentale – spiega Zaffagnini -. Per esempio, nel caso della compravendita di un immobile, in cui servono firme congiunte, è importante accertare che il valore probatorio delle firme elettroniche apposte sia allo stesso livello”.
L’integrazione nel processo documentale fa sì che non siano più per forza necessari token o lettori di scheda per utilizzare la firma elettronica qualificata, ma il certificato venga rilasciato al firmatario direttamente e virtualmente all’interno del workflow. Con le dovute accortezze di sicurezza: è sempre necessaria l’identificazione certa del firmatario, attraverso dati biometrici e riconoscimento facciale svolto da un incaricato appositamente formato, o utilizzando l’identità digitale come Spid.
La normativa, inoltre, si mostra flessibile prevedendo casi di utilizzo particolari: “Il Cad indica la possibilità di utilizzare certificati di firma short term, nel caso servano firme elettroniche qualificate nel contesto di rapporti una tantum, come una compravendita B2C ad esempio”, precisa Zaffagnini.
Gestione workflow documentale e firma elettronica, cosa cambia con eIDAS 2.0
Il rinnovato regolamento europeo eIDAS, che nelle vesti attuali e aggiornate come entrato in vigore a maggio 2024 viene chiamato eIDAS 2.0, introduce cinque nuovi servizi fiduciari tra cui uno specifico dedicato alla firma elettronica qualificata. Tuttavia, non si prevedono impatti sulla tecnologia finale e dunque su chi la utilizza: “La normativa relativa al nuovo trust service della gestione dei dispositivi qualificati per la creazione di una firma riguarda i provider dei certificati di firma qualificata”, precisa Zaffagnini.
Non è escluso però “che il futuro riservi nuovi strumenti per l’impiego della firma digitale, che magari si potrà fare direttamente con la propria carta d’identità elettronica tramite l’Eudi Wallet previsto da eIDAS 2.0. Sono ipotesi, per capire cosa ci attende serviranno chiaramente indicazioni normative precise e i successivi adeguamenti nazionali”, sottolinea Zaffagnini.
I consigli di TopConsult per usare al meglio le firme elettroniche
È evidente come il primo consiglio per integrare la firma elettronica nel workflow di gestione documentale della propria azienda sia “capire le proprie reali esigenze. Con quali documenti si lavora di solito, se gli interlocutori sono fissi o variano molto, il valore probatorio che si ritiene di dover conferire ai documenti – spiega Zaffagnini -. È importante rivolgersi a un provider esperto e specializzato nel settore per far chiarezza su questi aspetti pratici, in modo da non spendere budget, tempo e risorse in soluzioni superflue”.
Il secondo consiglio è dotarsi di processi documentali reingegnerizzati in modo altamente personalizzato, disegnati sulle necessità dell’azienda: “TopConsult si occupa di ridisegnare i flussi di lavoro documentale in chiave digital by design, non semplicemente facendo adottare una piattaforma tecnologica ma ristrutturando dalla base l’intero workflow per renderlo più efficiente, eliminando colli di bottiglia e aspetti critici che possono costituire intoppi nella gestione delle pratiche”, racconta Zaffagnini -. Una volta compreso come funziona il processo in azienda e cosa il cliente vorrebbe fare, si lavora per eliminare del tutto il ricorso alla carta, semplificare il flusso di gestione e, in generale, eliminare fattori di stress per gli utenti, rendendo il processo fluido e semplice. Un percorso che può essere realizzato partendo dalla suite documentale TopMedia social NED”.
Il flusso ridisegnato e personalizzato include “firme elettroniche e approvazioni, impostando i livelli di accesso e di approvazione dei documenti secondo parametri indicati dall’azienda stessa. Il tutto viene anche integrato nei sistemi aziendali, in modo che i vari strumenti a disposizione del cliente comunichino efficacemente tra loro”, conclude Zaffagnini. Da non scordare, come ultimo step, l’integrazione con il sistema di conservazione a norma di legge dei documenti, per estendere il valore legale delle sottoscrizioni e non avere problemi in caso di contenziosi.
Articolo realizzato in partnership con TopConsult