È significativo che uno dei primi provvedimenti emessi per fronteggiare l’emergenza coronavirus abbia riguardato la possibilità di svolgere le udienze da remoto. Per questa ragione il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi – Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati ha conseguentemente emanato un provvedimento interpretativo della possibilità di svolgere le udienze attraverso lo strumento della videoconferenza.
Dall’emanazione del decreto, si sono susseguite interpretazioni ed opinioni più o meno contrastanti. A questo contesto si aggiunga che la Corte Costituzionale ha per la prima volta concesso la possibilità di depositare memorie ed atti via PEC, mentre la Corte di Cassazione nella propria relazione emanata il 24 marzo 2020 non ha minimamente accennato alla digitalizzazione di nessuno dei propri processi. Approfondiamo la situazione, che offre opportunità di riflessione.
Udienze in videoconferenza, cosa dice la norma
Nel provvedimento si legge che, sulla base del DL del giorno 08/03/2020, n. 11 – Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, vengono individuati i collegamenti da remoto per lo svolgimento delle udienze civili e delle udienze penali come previsto dall’art. 2, commi 2, lett. f), e 7, di questo DL, nonché, in quanto compatibili, per i collegamenti previsti dall’art. 2, comma 8, dello stesso DL. Nel Decreto veniva altresì precisato che “lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti ed al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale”.
Il Ministero della Giustizia, con il proprio provvedimento, ha fornito indicazioni ulteriori e più concrete relativamente alle modalità di svolgimento della udienza in video conferenza che erano già state dettate già dal D.L. n. 11/2020. Per le udienze civili viene previsto che queste possano svolgersi mediante collegamenti da remoto organizzati dal giudice utilizzando Skype for Business e Microsoft Teams, attualmente a disposizione dell’Amministrazione e di cui alle Ministero della Giustizia e già trasmesse agli Uffici Giudiziari (prot. DGSIA nn. 7359.U del 27 febbraio 2020 e 8661.U del 9 marzo 2020).
Per quanto riguarda le udienze penali viene indicato che queste si svolgono, ove possibile, utilizzando gli strumenti di videoconferenza già a disposizione degli uffici giudiziari e degli istituti penitenziari. In alternativa, possono essere utilizzati Microsoft Teams e Skype for Business se non è necessario garantire la fonia riservata tra la persona detenuta, internata o in stato di custodia cautelare ed il suo difensore e qualora il numero degli imputati, che si trovano, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi, consenta la reciproca visibilità.
Le ricadute del Cura Italia per la Giustizia
In data 17 marzo 2020 è stato emanato il c.d. Decreto Cura Italia – DL n. 18 del 2020, che di fatto ha rafforzato quanto già previsto dal DL precedente ed ha disposto, all’art. 83, nuove misure urgenti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare, prevedendo, tra le altre cose, che la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto. Inoltre, è stato introdotta per la giustizia amministrativa (art. 84) e per la giustizia contabile (art. 85) la possibilità di collegamenti da remoto e l’utilizzo di strutture informatiche.
In questi giorni si è assistito alle prime interpretazioni di questa disciplina che, seppur dettata dalla necessità di far fronte a una contingenza imprevedibile, rappresenta una vera e propria svolta nelle aule di tribunale.
Il caso del Molise
Il Presidente del Tribunale di Isernia, nell’autorizzare la celebrazione di una udienza camerale penale fornisce una interessante interpretazione della regolamentazione emergenziale, alla stregua dei principi costituzionali e sovranazionali in materia di diritto alla salute e di diritto alla vita (e quindi nella specie del diritto a non essere contagiati e non perdere la vita, peraltro a propria volta contagiando e facendo perdere la vita ad altri); oltre che alla stregua di tutta la normativa primaria e secondaria emanata al fine di contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, ivi incluso da ultimo il DPCM 22 marzo 2020, soprattutto attraverso la drastica riduzione della presenza dei dipendenti nei luoghi di lavoro (attraverso il lavoro agile quale “modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni”).
Nello stesso provvedimento autorizzativo, è stato evidenziato che la disposizione di cui al DL n. 11 del giorno 08/03/2020 non esclude che anche il giudice possa operare da remoto. Sia per quanto riguarda le udienze civili, sia con riferimento alle udienze camerali penali. Infatti, la possibilità di presenza da remoto di giudice e cancelliere, oltre che del PM e di difensori e parti, si ricava a contrario dall’espresso disposto dell’art. 83, co. 7, lett. e) D.L. n. 18/2020, il cui espresso riferimento alle udienze penali (ed anche alle udienze civili) pubbliche, da tenersi a porte chiuse (e quindi nell’Ufficio giudiziario), fa desumere a contrario che l’udienza tra presenti sia esclusa con riferimento alle udienze camerali penali (vi sarebbero argomenti per escluderla pure rispetto alle udienze non camerali da tenersi a porte chiuse, ma non è qui il caso qui di spingersi a tanto e comunque non è questo il caso qui in discussione). D’altra parte, il co. 12 dell’art. 83 cit. prevede la possibilità di partecipazione da remoto “a qualsiasi udienza”. Quasi i tutti Tribunali di Italia hanno implementato un sistema di celebrazione delle udienze non rinviabili mediante Skype o Teams; Milano, Brescia, Isernia, Avellino, Perugia, solo per citare alcuni esempi.
Il caso della Campania
Nonostante ciò, in queste ore si è appreso di un dibattito sorto in Campania, il 24/03/2020 un avvocato di Avellino ha chiesto a un GIP di Napoli di poter celebrare l’udienza di convalida da remoto, ma l’istanza è stata rigettata dal giudice che riteneva necessario celebrare invece l’udienza in aula. Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli, commentando l’episodio ha sottolineato come “la facoltatività stabilita dal protocollo firmato con il presidente del Tribunale e con il procuratore della Repubblica è riconosciuta agli avvocati”, quindi i giudici dovrebbero celebrare udienze su Skype/Teams come consuetudine e non su istanza dei difensori.
Il dibattito si è ulteriormente acceso per una intervista di un GIP al quotidiano Il Mattino in cui l’iniziativa delle udienze on line è stata definita come un primo passo verso una digitalizzazione dei processi penali. Il giudice avrebbe affermato che la regolamentazione emergenziale rappresenta “un balzo in avanti di dieci anni […] Stiamo lavorando a una rivoluzione che dovrebbe consentire a tutti di fare salve le esigenze di giustizia e le garanzie del processo […] qualcosa resterà in vita del modello organizzativo”. Da ciò sembrerebbero essersi susseguite le critiche e le preoccupazioni degli avvocati penalisti più garantisti in merito alle potenziali compressioni dei diritti di difesa nel celebrare l’udienza a distanza, soprattutto in ragione della impossibilità di conferire con il proprio assistito prima della convalida.
Sistemi digitali per l’accesso alla giustizia
In un contesto emergenziale e di estrema incertezza, sarebbe necessario anzitutto comprendere quali sono i bisogni essenziali delle persone in questo momento, efficientando gli sforzi dei professionisti e conseguentemente del sistema giudiziario. Osservare le inefficienze di un sistema che troppo a lungo ha rimandato una implementazione digitale che oggi risulta necessaria, è solo il primo passo per l’evoluzione del sistema stesso. Il vero inizio di questa evoluzione dovrebbe essere la comprensione delle reali esigenze dei cittadini.
Le inefficienze sono note e da tempo, basi pensare alle lunghe code nelle Procure delle più grandi città italiane per il deposito di una denuncia, oppure alla consuetudine di iscrivere a ruolo alle 9 tutti i processi della giornata in alcune Corti d’Appello, generando quell’assembramento che oggi i media hanno, correttamente, reso il nemico pubblico numero uno nell’ambito della emergenza che stiamo vivendo. A parte il Processo Telematico, sul lato della giustizia penale, nonostante alcuni passi avanti per il deposito di alcune semplici istanze, la digitalizzazione dei processi sembra avere subìto una forte battuta d’arresto rispetto alle premesse legislative susseguitesi negli anni, ma l’elenco dei magistrati competenti per sezione presenti sui siti delle Corti d’Appello, con in calce alla pagina alcuni form in pdf per adempimenti la cui utilità, qualche volta, persino l’avvocato più esperto fatica a comprendere, non sembrano poter risolvere il problema della garanzia dei diritti anche nel corso di una pandemia.
La necessità di un cambiamento
In questo momento storico, l’intero sistema- giustizia richiede un ripensamento dall’interno così come gli altri servizi di un’economia globalizzata che si è trovata a far fronte ad una insufficienza di offerta digitale per milioni di persone confinate nel proprio domicilio, la cui unica porta sul mondo sono notebook, tablet e smartphone. I professionisti anzitutto non dovrebbero sentirsi esentati da un cambiamento storico che sta chiamando tutti ad una profonda riflessione sul bilanciamento di interessi tra le garanzie dell’indagato/imputato e l’efficienza del sistema-giustizia. Va inoltre evidenziato che, anche se tale bilanciamento in questo momento sembra dover favorire quella che non è semplice efficienza ma l’esistenza stessa del sistema, vanno studiate soluzioni che riescano a garantire un corretto bilanciamento.
In questo periodo l’accesso ai tribunali di tutto il mondo sta subendo un rallentamento comune a tutti gli ordinamenti: in Italia, in tutta Europa ma allo stesso modo in Nord America, viene limitato l’accesso e vengono sospesi tutti gli adempimenti non urgenti a causa di Covid-19. Occorre dunque pensare ad un nuovo sistema di accesso alla giustizia worldwide, che tenga in considerazione il social distancing ed un’emergenza che, a questo punto, le proiezioni non sono più in grado di prevedere come si evolverà su scala globale. In Italia, attualmente sono stati sospesi i termini in tutti gli ambiti della giustizia, civile, penale, amministrativa e contabile ma questa non è una condizione che può perdurare nel corso dei mesi e nessun sistema democratico può permettersi di derogare a fornire ai cittadini giustizia troppo a lungo.
La richiesta del Consiglio Nazionale Forense
A fronte di questo contesto di incertezza, il Consiglio Nazionale Forense ha manifestato la necessità di una interlocuzione diretta con il Ministero della Giustizia, a cui il CNF ha deciso di sottoporre alcune specifiche misure urgenti relative all’attività giudiziaria, oltre che alcune richieste economiche rivolte alla Presidenza del Consiglio, MEF e Ministero del Lavoro. I temi di discussione sono dalle modalità semplificate di «richiesta e ricezione di certificati ed estratti di stato civile», di «trasmissione degli accordi di negoziazione assistita» e di «richieste di liquidazione» per il patrocinio a spese dello Stato, fino ad alcuni nodi relativi all’attività penale. In particolare, per una concessione della detenzione domiciliare svincolata dal «controllo mediante braccialetto elettronico», ritenuto dal CNF «del tutto impraticabile» per «l’esigua dotazione» di apparecchi. È stata, inoltre, avanzata la richiesta di una previsione che sospenda i termini relativi all’esecuzione delle pene» quanto meno «per i casi in cui il condannato sia in stato di libertà.
Di fronte a un’emergenza così grave, la professione forense unanimemente ha chiesto che venga concesso di adempiere alla propria “missione sociale”, che è quella di essere vicini ai cittadini, e di interpretare ed esprimere la domanda di giustizia e di protezione dei diritti. Necessità, quest’ultima, che nelle prime quattro settimane di emergenza è stata probabilmente sottovalutata, ma che a questo punto diventa una contingenza non più ritardabile a salvaguardia di uno stato di democrazia.
Perché serve una spinta alla digitalizzazione della Giustizia
È dunque unanime la voce dei giuristi (magistrati, avvocati e notai), che sembrano avvertire, ognuno per il proprio ruolo, anche con opinioni divergenti, la necessità di accelerare un processo di digitalizzazione dei sistemi giudiziari per garantire ai cittadini del mondo, non soltanto italiani, quei diritti che dopo le due guerre mondiali con fatica abbiamo sostenuto, implementato e rafforzato nel corso degli anni. Perché se è vero che i medici sono chiamati in prima linea a salvare vite, spetta ai giuristi preservare e garantire quei diritti civili alla base di una democrazia che consente ai propri cittadini di avere un sistema sanitario d’eccellenza. Se è vero, infatti, che le vite di tutti sembrano egualmente sospese, costrette ad una distanza innaturale, il compito dei giuristi è quello di non sospendere nessuno dei diritti umani.
A ciò si aggiunga che il periodo di incertezza economica e sociale non cesserà con la soluzione della emergenza sanitaria poiché è verosimile che a questa faccia seguito una grave crisi economica mondiale. In un contesto di questo tipo, le più grandi democrazie del mondo non possono derogare ai diritti civili, e al contrario dovranno preservare i capi-saldi dei diritti costituzionali, tra cui quello previsto dall’art. 111 di un giusto processo regolato dalla legge.