Da tempo, l’arbitrato conosce forme più o meno avanzate di informatizzazione, che riguardano tanto la fase di conclusione del patto di arbitrato, quanto lo svolgimento della procedura arbitrale e l’emanazione del lodo.
Infatti, la libertà sui requisiti procedurali del giudizio arbitrale ha costituito terreno fertile per la sperimentazione di modelli di gestione informatizzata delle liti, prima ancora dell’introduzione del processo telematico e prima che la pandemia da Covid-19 costringesse il legislatore a individuare soluzioni per consentire lo svolgimento da remoto dei procedimenti innanzi al giudice statale.
Mediazione civile: cos’è, come funziona, vantaggi e obblighi
La giustizia arbitrale è senza dubbio fra i principali strumenti deflattivi del contenzioso davanti al giudice togato. Si tratta, come noto, di una forma di giustizia privata, in forza delle quale i litiganti – in via preventiva o in occasione dell’insorgere di una specifica vertenza – stabiliscono di far decidere le liti fra loro intercorse ad uno o più arbitri, attribuendo alla decisione gli effetti di una sentenza (nel caso di arbitrato rituale) o di un contratto (in ipotesi di arbitrato irrituale).
Le caratteristiche peculiari dell’istituto sono date dalla maggiore riservatezza, rispetto ai procedimenti innanzi al giudice statale; dall’almeno tendenziale maggiore rapidità decisoria che, a propria volta, dipende anche da un terzo elemento distintivo dell’arbitrato, ossia la completa libertà di forme.
Infatti, salvo il rispetto del principio del contraddittorio, costituzionalmente tutelato dall’art. 111, Cost., nonché delle norme di dettaglio dettate dagli artt. 806 ss., Cod. proc. civ., è integralmente rimessa alla volontà delle parti ogni scelta in merito ai requisiti procedurali del giudizio arbitrale.
Quando è valida la convenzione arbitrale telematica
Affinché la lite venga devoluta ad arbitri, è necessario che le parti sottoscrivano un’apposita convenzione d’arbitrato. Questa convenzione – ai sensi degli artt. 807, 808 e 808 bis C.p.c.[1] – deve rivestire forma scritta, che si ritiene integrata ove l’accordo arbitrale risulti da telegrafo, telescrivente, telefax o messaggio telematico, a condizione che sia rispettata la normativa concernente la trasmissione e ricezione dei documenti teletrasmessi.
Tale normativa è oggi integrata dal Codice dell’Amministrazione Digitale (D. Lgs. n. 82/2005 s.m.i.), che assicura il rispetto della forma scritta, senza alcun dubbio, allorché la convenzione arbitrale sia inserita nel testo di una PEC[2]. Ma non è tutto.
Sebbene il Codice di procedura civile, nel disciplinare i requisiti di forma del patto arbitrale, si riferisca ai soli “documenti teletrasmessi”, dal Codice dell’Amministrazione Digitale sembrano potersi rinvenire indicazioni relative alla validità della convenzione arbitrale contenuta in un documento informatico non trasmesso telematicamente fra le parti.
Ai sensi dell’art. 20, comma 1 bis, C.A.D., infatti, il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, tale da garantire l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, ha la stessa efficacia della scrittura privata. Ciò significa, in altri termini, che anche la convenzione arbitrale contenuta in un documento informatico munito di firma digitale “forte” sarà del tutto valida ed efficace, analogamente a quella sottoscritta di pugno su supporto cartaceo[3].
Le forme dell’arbitrato telematico
Tanto premesso in relazione alla possibilità di concludere telematicamente il patto compromissorio, è ora possibile soffermarsi sullo svolgimento concreto dell’arbitrato con modalità telematiche, con una avvertenza: allorché si parla di arbitrato telematico, generalmente si intende sia l’arbitrato nel quale le parti e gli arbitri possano scambiare e depositare gli atti e i documenti mediante strumenti telematici, sia l’arbitrato che si svolga – almeno in linea tendenziale – integralmente a distanza.
Entrambe le tipologie di arbitrato telematico, nonostante la mancanza di previsioni esplicite quali quelle previste per lo svolgimento dei processi telematici innanzi al giudice ordinario, paiono essere pienamente ammissibili ai sensi degli artt. 816, ultimo comma e 816 bis, C.p.c.[4].
La prima norma consente agli arbitri di compiere gli atti di tenere udienza, compiere atti istruttori, deliberare e sottoscrivere il lodo anche in luoghi diversi dalla sede dell’arbitrato (ed anche all’estero); dal che deriva, ad esempio, la piena legittimità dello svolgimento di riunioni in videoconferenza, anche in difetto di specifiche indicazioni ad opera delle parti.
Alle parti – ai sensi dell’art. 816 bis, C.p.c. – è altresì attribuito il potere di stabilire, prima dell’inizio dell’arbitrato, le norme da seguire nel corso del procedimento, salvo (come si è anticipato) il rispetto del principio del contraddittorio e degli ulteriori principi di rango costituzionale applicabili in materia[5] (quale, ad esempio, il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.). Ove le parti non provvedano preventivamente a fissare le “regole del gioco”, peraltro, potranno essere gli arbitri stessi a fissarle, sempre entro i limiti attribuiti alle parti.
In simile cornice normativa, non vi sono quindi ostacoli ad ammettere la possibilità di utilizzare sistemi di comunicazione telematica per la nomina degli arbitri, la trasmissione della domanda arbitrale e degli ulteriori atti del procedimento[6].
Sede fisica e riunioni per il lodo: cosa dice la normativa vigente
Se dunque, è pienamente ammissibile un arbitrato che si avvalga degli strumenti informatici per lo scambio degli atti, per riconoscere la possibilità di svolgere il giudizio arbitrale interamente in ambito telematico è necessario superare un lieve ostacolo normativo.
Si è detto, infatti, che le parti (e, in subordine, gli arbitri) godono di ampia libertà nel fissare le regole da applicare nel procedimento; il che parrebbe consentire tout court l’arbitrato integralmente telematico, con udienze e riunioni arbitrali svolti “a distanza”; memorie scambiate e depositate solo su apposite piattaforme informatiche a disposizione dei litiganti; lodo emesso senza riunione personale degli arbitri e comunicato esclusivamente in forma telematica.
Tale possibilità, quantomeno prima della riforma operata dal D. Lgs. n. 40/2006, secondo alcuni interpreti sembrava trovare un limite nelle previsioni che, da un lato, imponevano l’individuazione della sede dell’arbitrato e, dall’altro, richiedevano che almeno il lodo venisse deliberato dagli arbitri in conferenza personale.
La lettura congiunta delle disposizioni, infatti, induceva alcuni operatori a ritenere che fosse necessario individuare una sede fisica dell’arbitrato – evidentemente non rinvenibile in ambito telematico – ove svolgere almeno le riunioni deliberative del lodo.
Contro tale tesi si obiettava, fondatamente, che l’individuazione della sede era esclusivamente funzionale a determinare il Foro competente per risolvere le questioni connesse con l’arbitrato (ad esempio, per decidere sulla ricusazione degli arbitri o sull’impugnazione del lodo) e che, dunque, fosse possibile svolgere il procedimento anche con modalità telematiche, salvo il rispetto delle prescrizioni formali in materia di pronuncia del lodo[7] (su cui si tornerà nel prosieguo).
Qualsiasi dubbio, peraltro, si deve intendere dissipato alla luce della vigente normativa che, per un verso, non impone più la riunione personale degli arbitri ai fini della pronuncia del lodo e, per altro verso, ha anche reso meno cogente l’obbligo di indicare una sede arbitrale, individuando nell’art. 816, C.p.c., chiari criteri suppletivi in caso di inerzia delle parti e degli arbitri[8].
La norma stessa, inoltre, oggi espressamente stabilisce che, in difetto di espressa previsione del patto compromissorio, udienze, atti istruttori, deliberazioni e sottoscrizioni dei provvedimenti arbitrali possano intervenire in luoghi differenti dalla sede.
Viene dunque espressamente confermata l’assenza di qualsivoglia necessità di determinare una sede fisica per lo svolgimento della procedura arbitrale, rendendo così pienamente legittimo lo svolgimento di procedimenti arbitrali interamente informatizzati, nei quali le udienze siano tenute “a distanza” ed atti e provvedimenti vengano scambiati esclusivamente con modalità informatiche.
Non è un caso, pertanto, che numerosi organismi arbitrali privati si siano muniti di forme di arbitrato online, soprattutto per quelle ipotesi in cui l’arbitrato sia fondato prevalentemente su documenti e richieda attività istruttorie semplificate[9]. Il tutto in conformità all’esperienza internazionale, che già da tempo conosce forme di arbitrato esclusivamente online, quali l’Expedited arbitration previsto dal WIPO – World Intellectual Property Organization per dirimere le liti relative ai nomi di dominio[10].
Validità lodo telematico: basta sottoscriverlo in digitale
Se è vero che, alla luce della vigente disciplina, non sembrano sussistere ostacoli allo svolgimento di un procedimento arbitrale completamente informatizzato, occorre ora verificare se le medesime considerazioni si possano applicare al lodo arbitrale, ossia se la pronuncia arbitrale possa avere esclusivamente formato telematico o necessiti, per la sua validità, di una copia cartacea.
Se è vero, infatti, che l’art. 823 C.p.c. consente agli arbitri di deliberare anche “a distanza”, non è chiaro se essi debbano comunque sottoscriverne di pugno un originale cartaceo del lodo.
Il dubbio potrebbe insorgere, quantomeno per l’arbitrato rituale, giacché l’art. 824 C.p.c. prescrive che gli arbitri predispongano almeno un originale del lodo e lo comunichino alle parti; il che potrebbe indurre a ritenere la necessità di avere quantomeno un originale “fisico” della pronuncia arbitrale.
Mi sembra peraltro che, anche in questa ipotesi, i dubbi siano più ipotetici che reali. Ed infatti, anche in questo caso sembra soccorrere l’art. 20, comma 1 bis, C.A.D., che parrebbe conferire piena validità ed efficacia anche al lodo sottoscritto digitalmente, con firma qualificata, ad opera degli arbitri, essendo tale lodo immodificabile e inequivocabilmente riconducibile agli arbitri che lo hanno sottoscritto.
Ai fini della comunicazione, peraltro, il lodo così formato potrebbe essere messo a disposizione delle parti sia sulla piattaforma telematica eventualmente impiegata per lo svolgimento del procedimento arbitrale, oppure – per ragioni di maggiore certezza – comunicato a mezzo PEC alle stesse.
Il medesimo documento informatico contenente il lodo, poi, potrebbe agevolmente essere depositato telematicamente presso il Tribunale competente ad omologarlo, ad opera della parte che abbia interesse a portarlo ad esecuzione, come previsto dall’art. 825 C.p.c.
Sicché, anche sotto questo profilo, non paiono sussistere ostacoli alla redazione di un lodo che, al pari delle sentenze, sia redatto esclusivamente sotto forma di documento informatico e sia comunicato alle parti con modalità telematiche.
Vantaggi e criticità dell’arbitrato telematico
Alla luce della vigente disciplina sembra dunque possibile prevedere che l’arbitrato si svolga con modalità integralmente telematiche, dalla sottoscrizione della convenzione arbitrale all’emanazione del lodo.
Si tratta, anzi, di una fattispecie che potrebbe dare nuovo slancio allo strumento arbitrale, giacché presenterebbe il duplice vantaggio di: ridurre i tempi morti giocoforza necessari per organizzare riunioni arbitrali in presenza (soprattutto nell’ipotesi in cui l’arbitrato si svolga fra più parti); e di adattarsi particolarmente bene ai casi di controversie internazionali, consentendo lo svolgimento dell’arbitrato mediante l’accesso a piattaforme telematiche facilmente raggiungibili da tutti i litiganti, a prescindere dalla loro nazionalità e sede.
Se questi sono gli indubbi vantaggi di un arbitrato telematico, è anche vero che lo stesso potrebbe prestare il fianco ad alcune criticità, quantomeno in merito alla certezza in merito alla provenienza degli atti, nonché alla riservatezza e sicurezza degli stessi.
Quanto al primo profilo, che si declina nella garanzia della riconducibilità degli atti alle parti o agli arbitri che li hanno sottoscritti, mi pare che gli strumenti informatici comunemente in uso anche nel processo telematico – vale a dire firma digitale “qualificata” e PEC – possano essere sufficienti a garantire tanto la provenienza, quanto l’immodificabilità degli atti e dei documenti trasmessi dalle parti.
Relativamente ai profili di riservatezza e sicurezza dei dati, soprattutto ove l’arbitrato venga svolto su piattaforma telematica ad hoc, ritengo che i presidi minimi debbano consistere nella predisposizione di ambienti protetti e criptati, sui quali far confluire gli atti e i documenti procedurali, in modo da assicurarne l’accesso solo a chi sia munito delle chiavi d’accesso a tali ambienti.
Un ulteriore elemento di certezza, inoltre, potrebbe essere costituito dall’impiego di tecnologie di blockchain che possano registrare il deposito degli atti e dei documenti procedimentali e garantirne l’immodificabilità nel tempo[11]. Le modalità di implementazione di tale tecnologia nell’ambito della procedura arbitrale, tuttavia, sono ancora da esplorare, sicché – allo stato – non è ancora possibile prevedere in quale modo possano evolvere, e a quali risultati possano condurre, i rapporti tra blockchain e arbitrato telematico.
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Note
- I quali si riferiscono, rispettivamente, al “compromesso”, ossia l’accordo a deferire in arbitrato una lite già insorta fra le parti; alla “clausola compromissoria”, vale a dire la clausola contrattuale diretta a sottoporre alla giurisdizione arbitrale, in tutto o in parte, le liti relative al contratto a cui essa si riferisce; la “convenzione di arbitrato in materia non contrattuale”, mediante la quale le parti possono stabilire di far decidere controversie future relative a rapporti non contrattuali determinati. ↑
- Mentre qualche dubbio si potrebbe avere nell’ipotesi dell’accordo arbitrale trasmesso semplicemente via e-mail non certificata. Sul punto, v. Zucconi Galli Fonseca, “La convenzione d’arbitrato”, in “L’arbitrato”, a cura di Salvaneschi e Graziosi, Milano 2020, 133, la quale condivisibilmente reputa che sia rimessa alla discrezionalità del giudice ogni valutazione in merito a validità ed efficacia del patto compromissorio concluso via e-mail. ↑
- Laddove, invece, la convenzione arbitrale non sia stata sottoscritta con firma digitale “forte”, ma con altri segni grafici (ad esempio, apponendo un’immagine della firma dei litiganti), l’idoneità ad integrare la forma scritta ed il valore probatorio della convenzione stessa saranno liberamente valutabili dal giudicante (cfr. art. 20, comma 1 bis, C.A.D.). ↑
- Per analoghe riflessioni, v. Guadalupi, “L’arbitrato telematico”, in “Il diritto dell’arbitrato: Disciplina comune e regimi speciali”, a cura di M. Rubino-Sammartano, Padova 2010, I, 1659 s. ↑
- Cfr. Danovi, “Arbitrato on line”, in Arbitrato, ADR conciliazione, opera diretta da Rubino-Sammartano, Padova, 2009, 452. ↑
- Nello stesso senso, Danovi, Op. cit., 454. ↑
- Per una ricostruzione del dibattito, v. Sarzana Di Ippolito, “L’arbitrato nelle reti telematiche e il commercio elettronico: un rapido strumento di risoluzione delle controversie sorte nella ‘Rete delle reti’”, in Documento informatico, firma digitale e commercio elettronico, Napoli 2000, 274 ss. ↑
- La norma prevede, infatti, che ove le parti o gli arbitri non indichino la sede dell’arbitrato, questa vada individuata nel luogo di sottoscrizione della convenzione d’arbitrato oppure, ove questa non sia stata stipulata sul territorio nazionale, in Roma. ↑
- Si veda, ad esempio, il Regolamento arbitrale per “arbitrato semplificato” previsto dalla Camera Arbitrale di Milano, disponibile al sito www.camera-arbitrale.it. ↑
- Su cui v. succintamente Sarzana Di Ippolito, Op. cit., p. 280. Il regolamento arbitrale del WIPO è visibile al link: https://www.wipo.int/amc/en/arbitration/expedited-rules ↑
- Per spunti in tal senso v. Trevisan, “Arbitrato telematico e intelligenza artificiale, la nuova frontiera”, in www.studiomainini.com, da leggere anche per ulteriori riflessioni e riferimenti. ↑