approfondimento

Banca dati nazionale della giurisprudenza, come funziona e gli impatti sugli uffici giudiziari



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La banca dati nazionale della giurisprudenza è stata pensata per garantire a tutti gli uffici giudiziari maggiore trasparenza, conoscenza e prevedibilità delle decisioni: ecco i dettagli

Pubblicato il 8 feb 2024

Claudio Castelli

Presidente Corte Appello di Brescia



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Una banca dati nazionale della giurisprudenza. Un’infrastruttura che era assolutamente necessaria per assicurare un facile accesso alla giurisprudenza di tutti gli uffici giudiziari, per garantire una totale trasparenza alla giurisprudenza anche locale (ricordiamo sempre che le sentenze vengono emesse “in nome del popolo italiano”), e per incoraggiare ed agevolare una maggiore conoscenza e prevedibilità delle decisioni.

La direzione, ora realizzata, doveva tendere a creare una banca dati nazionale con tre caratteristiche: essere pubblica, certificata e completa. Pubblica perché disponibile a tutti e gestita da un’istituzione nazionale, facilmente accessibile e con la garanzia di chi la gestisce. Certificata in quanto capace di garantire la provenienza e l’integrità dei provvedimenti ivi inseriti. Completa in quanto contenente tutte le pronunce giudiziarie e con provvedimenti integrali.

Banca dati su cui poi gli operatori, le riviste e i privati potranno poi sbizzarrirsi per dare un valore aggiunto con massimazioni e rielaborazioni.

Banca dati nazionale giurisprudenza, i vantaggi

L’utilità che una Banca dati può avere, anche ed in primis per magistrati e avvocati, è enorme consentendo di utilizzare e di rifarsi a quell’enorme giacimento che è la produzione giurisprudenziale in Italia e stimolando la qualità della produzione giurisprudenziale – la pubblicità costituisce inevitabilmente un forte incentivo – e il confronto giurisprudenziale.

La stessa conoscibilità della giurisprudenza degli altri giudici del proprio ufficio o di altri uffici che si occupano della materia è un fortissimo arricchimento culturale e introduce elementi di discussione, di chiarezza e, eventualmente, di omogeneizzazione degli orientamenti.

L’impatto sugli uffici giudiziari

In particolare per gli uffici giudiziari la banca dati viene ad essere contemporaneamente uno strumento organizzativo che supporta l’organizzazione della sezione o dell’ufficio con finalità di efficienza ed un momento di formazione anche per altri soggetti, quali i magistrati onorari, i componenti dell’ufficio per il processo, i tirocinanti. Per non trascurare il dialogo che in tal modo si instaura con il proprio territorio di riferimento cui si “rende conto” del proprio lavoro e dei propri orientamenti. Rendere disponibili a tutti le proprie pronunce significa trasparenza, porta a migliorare la qualità della produzione dei magistrati, consapevoli della visibilità dei propri provvedimenti. Ed in ultima istanza può deflazionare il carico giudiziario scoraggiando azioni avventate o comunque senza alcuna possibilità di esito positivo.

L’alimentazione della banca dati civile avviene automaticamente attraverso la consolle del magistrato che, nel momento in cui deposita il provvedimento, inserisce automaticamente il provvedimento nella banca dati. Mentre precedentemente questa era una scelta che il magistrato doveva fare operando su di una casella, ora questa scelta è stata bypassata ed in tal modo verranno inseriti da ora in poi tutti i provvedimenti che verranno pronunciati.

Una doppia banca dati

In realtà sono state create due banche dati della giurisprudenza differenziate per accesso: la prima pubblica e accessibile da tutti i cittadini tramite SPID o CIE limitata al settore civile (escluse le materie della famiglia, dei minori e dello stato) e con provvedimenti pseudo anonimizzati, la seconda riservata ai magistrati, anche onorari (ma estensibile, su richiesta dell’ufficio giudiziario ai componenti dell’ufficio per il processo) che riguarda i provvedimenti sia civili che penali non anonimizzati.

Il portale pubblico raccoglie sentenze, ordinanze e decreti – esclusi quelli in materia di rapporti di famiglia, minori e stato della persona – pubblicati dal primo gennaio 2016.

Sono anche consultabili gli abstract di alcune sentenze (per ora limitate a pochi distretti); in prospettiva, è in corso di valutazione l’aggiunta dei provvedimenti decisori civili adottati dai Giudici di pace.

La ricerca è libera e può essere svolta con parole chiave, riferimenti normativi, ufficio giudiziario, materia e data con linguaggio naturale ed utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale. Le modalità di interrogazione sono innovative con applicazioni di strumenti di intelligenza artificiale ed è consentita una classificazione e personalizzazione molto avanzata. Le potenzialità sono enormi, anche se attualmente sia i canali di ricerca, che l’estrazione e la classificazione sono ancora zoppicanti. 

Il ruolo di ChatGPT

Nella banca dati è prevista anche la possibilità di una sorta di massimazione, ma sarebbe meglio dire una sintesi operata con un testo conciso che racchiude i concetti chiave, operata da Chat GPT (comunque differente da quella reperibile in internet).

I processi telematici

Già oggi sono contenuti circa 3 milioni di provvedimenti e la prospettiva è quella di sfruttare la digitalizzazione in corso dei fascicoli giudiziari civili per “recuperare” l’arretrato civile, mentre per il settore penale la banca dati verrà popolata automaticamente una volta realizzato il Processo Penale Telematico e quindi una volta che i provvedimenti abbiano un repository dedicato in cui depositarli o inserirli.

Si tratta comunque di un inizio e non di un percorso ormai completato. Sicuramente ha inciso la fretta di rispettare i tempi previsti dal piano di attuazione del PNRR che prevedeva entro il 2023 l’obbligo di “creazione di una banca dati gratuita, pienamente accessibile e consultabile delle decisioni civili conformemente alla legislazione” previsto dalla misura “Riforma 1.8 Digitalizzazione del Sistema Giudiziario”. Ora che l’obiettivo è stato raggiunto va affrontato il percorso di miglioramento, superamento delle criticità, affinamento del sistema che, potendo utilizzare le osservazioni e gli stimoli degli utilizzatori, potrà sicuramente portare a notevoli miglioramenti.

Pseudo anonimizzazione delle sentenze nella banca dati pubblica

Nella banca dati pubblica per assicurare livelli assoluti di riservatezza, tutti i dati personali sonopubblicati in forma pseudo anonimizzata [1]. In tal modo è stata garantita la possibilità di lettura della consistenza dei provvedimenti pur oscurando i dati sensibili, in piena conformità con le norme sulla tutela dei dati personali. Si parla di pseudo anonimizzazione e non di anonimizzazione in quanto la scelta ministeriale è stata quella di sostituire i vari nomi delle parti e soggetti con sinonimi ripetuti. Scelta che molti non hanno condiviso perché indubbiamente la pseudo anonimizzazione spesso rende difficile la lettura del provvedimento, giungendo a volte ad incidere sulla stessa comprensibilità dello stesso.

L’anonimizzazione non era una scelta obbligata dato che gli artt. 51 e 52 del Testo Unico sulla privacy in materia di provvedimenti giudiziari prevedono che l’interessato ha il diritto mediante apposita e specifica istanza, prima della definizione del grado di giudizio, di far apporre da parte della cancelleria sull’originale della sentenza un’annotazione volta a precludere l’indicazione delle sue generalità e degli altri dati identificativi dei provvedimenti destinati alla diffusione ad un pubblico vasto e indeterminato. E’ anche prevista una possibilità di anonimizzazione di ufficio da parte della stessa Autorità Giudiziaria emittente che provveda all’oscuramento a tutela dei diritti o della dignità degli interessati. L’anonimizzazione è comunque sempre necessaria laddove si tratta di materie in cui la pubblicazione del provvedimento tratti dati sensibili o rischierebbe di ledere i diritti dei soggetti ivi riportati.

Proprio la difficoltà di individuare e differenziare i casi in cui sono riscontrabili dati sensibili o la lesione di diritti ha portato a generalizzare la necessità di anonimizzare i provvedimenti. Del resto quanto in concreto vissuto negli uffici giudiziari è che proprio la difficoltà di individuare la presenza o meno di dati sensibili e l’indubbia esistenza di un campo grigio ove regna l’incertezza aveva portato moltissimi giudici a non flaggare la casella che consentiva la pubblicazione del provvedimento nella banca dati della consolle civile.

Non solo, ma la mancata anonimizzazione porterebbe inevitabilmente ad escludere dalla banca dati tutti i provvedimenti in tema di famiglia, minori e stato delle persone (ivi compresa la protezione internazionale), oltre che quelli in tema di discriminazione, quindi un’enorme porzione della produzione giurisprudenziale. Ora, a quanto si apprende, il Ministero ha la giusta intenzione di inserire nella banca dati anche i provvedimenti relativi a queste materie, ma ricorrendo ad una pseudo anonimizzazione “forte” ovvero ottenuta non solo con un apposito software, ma facendo effettuare un ulteriore controllo da parte di un gruppo di esperti. L’attenzione data a questo aspetto dal Ministero è altresì evidenziata dalla possibilità da parte del cittadino, come da parte degli uffici giudiziari, di segnalare la perdurante presenza di dati sensibili. Il problema quindi si sposta non tanto sulla necessità dell’anonimizzazione, ma sulle modalità con cui si effettua, in modo che non incida sulla facilità di lettura e sulla comprensibilità[2].

Al riguardo, ma non solo su questo terreno, si potrebbe utilizzare il lavoro che nell’ambito del Progetto PON governance è stato svolto proprio sulle banche dati e sull’anonimizzazione dei provvedimenti da parte delle Università e degli uffici giudiziari. Lavoro poi interrotto a settembre 2023 a causa della fine temporale del progetto, ma che già aveva portato a risultati da non abbandonare.[3]

La profilazione e i suoi rischi

I provvedimenti contenuti nella banca dati sia pubblica che riservata contengono i nomi dei magistrati che hanno emesso il provvedimento (non solo l’organo, ma anche le persone fisiche). Si tratta di una profilazione che per più aspetti è rischiosa. In Francia si era giunti, a cura di una società privata, a fornire a pagamento l’informazione, desunta dalle banche dati giurisprudenziali disponibili, su quale avvocato avesse avuto migliori risultati avanti ad un determinato giudice. Con enormi ulteriori possibili sviluppi: sull’esito del binomio tra un certo giudice ed un certo avvocato, sulla percentuale di “vittorie” da parte di un difensore, sugli esiti nei successivi gradi di giudizio delle pronunce di un giudice.

La reazione in Francia è stata drastica ed ha vietato la profilazione di giudici ed avvocati, munendo il divieto di sanzione penale. La profilazione è indubbiamente pericolosa in quanto ben sappiamo che ridurre la bravura all’esito di una causa o alla capacità di resistenza di un provvedimento nei successivi gradi di giudizio è spesso traditore. Ci sono ottimi avvocati che riescono ad avere eccellenti risultati (ad esempio in termini di determinazione delle somme dovute) anche “perdendo” e tutti sappiamo che la “bravura” va determinata nel concreto dovendosi riguardare per una valutazione seria alle condizioni di partenza (ovvero alla forza della posizione difesa). E ci sono magnifici magistrati che scrivono bellissime sentenze non confermate solo per contrasti interpretativi, come provvedimenti del tutto immotivati confermati solo per un esito finale condivisibile. Non solo, ma la profilazione lato avvocato, rischia di avere un utilizzo commerciale fuorviante sul mercato.

Ci sono anche argomentazioni a favore della pubblicazione dei nominativi di magistrati e avvocati. Occorre rammentare che i giudici emettono i loro provvedimenti in nome del popolo italiano e che sono pubblici. Inoltre la pubblicità da una garanzia di trasparenza e responsabilizza.

Argomenti non indifferenti, ma a mio parere subvalenti a fronte dei rischi che una profilazione di magistrati e avvocati, specie con il possibile e facile utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale, può realizzare con una seria alterazione del mercato per gli avvocati e con potenzialità di ricerche anche sulla vita personale e sulla presenza nei social per i magistrati, come abbiamo già recentemente visto. D’altro canto indicare la sezione di appartenenza è già una forma di responsabilizzazione, anzi forse più efficace, proprio perché responsabilizza tutti i componenti della sezione e chiama a svolgere quel confronto sugli orientamenti giurisprudenziali previsto dall’art.47 quater dell’Ordinamento Giudiziario.[4]

Quanto francamente stupisce è che la decisione sull’inserimento dei nominativi dei magistrati sia stata presa dal Ministero senza alcuna discussione e interlocuzione e quindi senza neppure porsi queste delicate problematiche. C’è comunque tempo per porre rimedio a questa mancanza e, se si riterrà, per oscurare i nominativi.

L’opportunità della massimazione

La scelta fatta nella banca dati è di procedere, per ora su base volontaria, ad una sorta di massimazione operata dall’intelligenza artificiale. Un’applicazione di intelligenza artificiale legge il provvedimento e ne trae una sintesi che poi viene solidificato nella banca dati. A quanto si può comprendere l’applicativo non effettua l’operazione ogni volta che si accede, ma solo inizialmente con un risultato definitivo, anche per evitare i continui cambiamenti che la rielaborazione dell’intelligenza artificiale continuerebbe ad operare ad ogni accesso.

Una sperimentazione comunque interessante e da verificare. Resta però da riflettere sull’attualità della massimazione. Questa attività è diretta a ricavare da una pronuncia i principi di diritto e risulta spesso traditrice rispetto al reale contenuto del provvedimento integrale. Inoltre richiede un’omogeneità nei criteri di elaborazione, un’ampia conoscenza della materia e una specifica professionalità dei massimatori. Tant’è che oggi è utilizzata prevalentemente in Cassazione e su di una quota limitata di provvedimenti, anche per l’enorme sforzo ed investimento di risorse umane qualificate che richiede. Per i provvedimenti di merito a mio avviso è ampiamente superata, in primo luogo perché in questi provvedimenti, anche nel settore civile, l’abstract giuridico risulta comprensibile ed interessante solo se collegato al caso specifico, fatto che quindi deve essere sia pure sommariamente enunciato. Ma ancor più perchè se una banca giurisprudenziale è pubblica ed intende rivolgersi davvero ai cittadini dobbiamo da un lato fornire un’informazione che riguardi i fatti e la casistica e dall’altro utilizzare un linguaggio comprensibile, senza abbandonare la precisione tecnica, ma appunto comprensibile anche per chi non è operatore giuridico.

La sperimentazione di una sintesi (che è cosa diversa dalla massimazione) ad opera dell’intelligenza artificiale può essere da questo punto di vista di grande interesse, ma con l’ulteriore limite che è sostanzialmente volontaria e deve essere attivata. Si potrebbe al riguardo sposare il progetto ministeriale con i R.A.M. (Referenti per gli Archivi di Merito), magistrati nominati dal C.S.M. nell’ambito del suo progetto per la ricostituzione dell’archivio di merito, incaricando loro di individuare, sulla base di criteri predeterminati, i provvedimenti di cui operare un abstract a cura dell’applicativo di intelligenza artificiale.

Il valore del precedente

La disponibilità di una banca dati giurisprudenziale pubblica e completa non solo ampia la disponibilità dei precedenti giurisprudenziali, ma indubbiamente rafforza il valore del precedente. Sarebbe comunque sbagliato temere l’instaurazione di una “dittatura del precedente” che stimolerebbe il conformismo giudiziario. Oggi viviamo una situazione opposta di anarchia giurisprudenziale in cui spesso il giudice ignora l’orientamento del magistrato della porta accanto. Le riunioni di sezione per discutere gli orientamenti giurisprudenziali sono difatti inevitabilmente troppo rade e possono trattare in modo adeguato solo un certo numero di problematiche ed i provvedimenti della stessa sezione sono spesso non conosciuti da tutti gli altri componenti. L’esigenza di confronto giurisprudenziale nasce proprio dalla perdurante esistenza di contrasti inconsapevoli, che, come tali, non vengono neppure affrontati.

Gli aspetti da migliorare

Contrasti che esistono all’interno delle sezioni, come tra il primo ed il secondo grado. La presenza di una banca dati giurisprudenziale completa consente di rendere facilmente accessibili e conoscibili tutti i provvedimenti rendendo possibile ed incoraggiando un dialogo all’interno della sezione, tra i diversi gradi di giudizio, con la dottrina e l’avvocatura. Certo, un dialogo che deve essere gestito con un governo condiviso della banca dati all’interno della sezione e dell’ufficio, chiedendo a tutti uno sforzo di ascolto, elaborazione ed esposizione delle proprie tesi, condivisione dei risultati. E’ un punto di partenza che si può rivelare estremamente fecondo ai fini della qualità e della prevedibilità della giurisprudenza.

La predittività può significare non conformismo, come si teme, ma miglioramento della qualità. Sono altrettanto evidenti i rischi cui un utilizzo “comodo” e individualista della banca dati può portare: l’autoreferenzialità del singolo magistrato che si adagia nella scelta della soluzione più semplice o più gettonata, i precedenti utilizzati in modo strumentale per giustificare e confermare la decisione. Proprio per questo occorrerà governare all’interno degli uffici l’utilizzo della banca dati, potenziando al massimo la sua valenza di strumento organizzativo.   

Ci troviamo di fronte ad un portale di nuova istituzione e che, anche attraverso la sperimentazione, può e deve essere ulteriormente migliorato, sia come disponibilità di materiale, sia come modalità di utilizzo. Innanzitutto occorre operare sulla completezza della banca dati. Ciò riguarda nel settore civile gli anni passati (facilmente recuperabili dagli uffici) e le materie oggi oscurate (famiglia minori e stato), oltre che l’intero settore penale, laddove occorre individuare un canale di alimentazione automatica. Bisogna anche perfezionare canali di ricerca e modalità di classificazione ed estrazione.

Poi occorre migliorare l’anonimizzazione o pseudo anonimizzazione per far sì che il testo ed il contesto di ogni provvedimento sia pienamente comprensibile e di facile lettura e sperimentare la validità e le potenzialità della sintesi dei provvedimenti, unendo il progetto ministeriale a quello da tempo intrapreso dal C.S.M., anche attraverso la valorizzazione e l’inserimento dei R.A.M.

E ancora eliminare la profilazione dei magistrati, o quanto meno, aprire una discussione per far sì che si giunga sul tema ad una scelta consapevole e quanto più possibile condivisa.

Infine occorre utilizzare appieno gli strumenti di intelligenza artificiale per avere una ricerca, classificazione e personalizzazione facile, efficace e performante.

Conclusione

Tutto ciò sarà tanto più efficace e rapido se avverrà con un metodo di costante dialogo ed interazione con tutti gli utilizzatori ed in particolare con avvocati e magistrati che devono essere chiamati a segnalare carenze e criticità e a dare suggerimenti in un progetto di miglioramento continuo e condiviso.

Va rammentato che il Ministero è partito per la realizzazione di questa banca dati da un prototipo creato dagli uffici giudiziari di Perugia che hanno avuto il grande merito di iniziare questo tragitto bottom up. Solo partendo dalle esperienze di base e sviluppandole si riesce difatti a cogliere le esigenze degli operatori. Un metodo che va quindi ulteriormente seguito e ampliato chiedendo l’essenziale partecipazione dell’avvocatura.

Questo per la semplice ragione che la nuova banca dati deve essere vista come l’inizio di un percorso potenzialmente molto fecondo e non come un risultato.

Note


[1] Per una disamina dei diversi profili dell’anonimizzazione nei provvedimenti vedi Corte Costituzionale Servizio Studi L’oscuramento dei dati personali nei provvedimenti della Corte Costituzionale a cura di Paola Patatini e Fulvio Troncone – Dicembre 2020

[2] Oggi non solo ostacola la facilità e fluidità di lettura, ma giunge a veri e propri assurdi come oscurare le date di leggi e decreti.

[3] Nella macroarea del PON governance in cui ho lavorato (Nord Ovest) l’Università di Bergamo e l’Università di Torino avevano sviluppato, in collaborazione con gli uffici giudiziari, progetti di grande interesse.

[4] Tale norma prevede tra i compiti del Presidente di sezione quello di curare anche lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all’interno della sezione.

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