Una svolta nel mondo dei documenti processuali telematici: questo ci si aspetta con la pubblicazione delle nuove Linee guida Agid, a proposito delle quali gli esperti auspicano una riforma nell’ambito della giustizia digitale.
In particolare, le Linee guida potrebbero portare a una rimeditazione della disciplina speciale per gli atti del processo, ampliando i formati utilizzabili, e l’istituzione di un archivio che rispetti gli standard internazionali.
L’auspicio è che venga fatta una scelta di sistema e si colga l’occasione per adeguare alla nuova realtà anche le regole che presidiano la formazione degli atti e il deposito dei documenti nei processi telematici, ad iniziare dal processo civile telematico.
Le possibili rivisitazioni della normativa
È bene ricordare che ai sensi dell’art. 2, comma VI, del CAD le disposizioni del Codice si applicano anche al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico. Se non che, a fronte di tale disposizione primaria, il regime dei formati di atti e documenti processuali non è lasciato alle determinazioni delle linee guida ma è rimesso ad una regolamentazione di dettaglio recata, per ogni singola disciplina processuale, da specifiche tecniche emanate da strutture burocratiche interne.
Per quanto riguarda ad esempio il processo civile telematico, tali specifiche sono emanate dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia (e il provvedimento attualmente in vigore risale al 16 aprile 2014, pur essendo stato aggiornato più volte). La scelta di prevedere una disciplina speciale per gli atti del processo, certamente legittima alla luce della normativa esaminata, potrebbe però essere rimeditata proprio in occasione delle nuove linee guida.
I formati documentali
A tal fine è sufficiente pensare a quanto prevede l’art. 12 delle citate specifiche tecniche; si specifica che gli atti del processo devono essere redatti in formato PDF anziché nel più adatto (in termini archivistici) PDF/A; nessuno dubita che sia consentita la redazione di un atto del processo secondo tale ultimo formato ma si tratta di scelta volontaria rimessa alla sensibilità del singolo operatore del processo. In presenza invece di documenti destinati a conservazione pressoché perpetua, come i provvedimenti decisori, o comunque di lungo termine, come gli atti depositati dagli avvocati, sarebbe invece auspicabile una netta scelta di campo in favore dei formati maggiormente idonei all’archiviazione.
Inoltre potrebbe essere l’occasione per dare il via libera all’utilizzo di formati largamente flessibili ed interessanti, sia in ottica archivistica che in ottica di gestione documentale, come i pdf/A-2 e i pdf/A-3. Si tratta di formati documentali di enorme importanza anche in ottica processuale; si pensi al solo fatto che, nel caso del PDF/A-2, è possibile includere in un solo file “contenitore” più file PDF, ad esempio un documento con i suoi allegati. Addirittura, nel caso del PDF/A-3, gli allegati al file “contenitore” possono essere anche di formati diversi, senza alcuna restrizione; una soluzione ideale per il deposito, ad esempio, di perizie redatte nell’ambito di una consulenza tecnica d’ufficio, che non sono formate solo dalla relazione in PDF ma anche da tavole tecniche redatte con l’ausilio di formati particolari.
Di pari passo, le nuove linee guida potrebbero portare ad una rivisitazione dell’art. 13 delle specifiche tecniche in analisi; l’articolo regolamenta il formato dei documenti depositabili nel processo e all’interno dello stesso è possibile rilevare alcune reali incongruenze. A fronte dell’esiguo novero di formati utilizzabili per la produzione in giudizio degli allegati probatori (.pdf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml, oltre ai formati compressi), si consente la produzione dei messaggi in posta elettronica non solo in formato .eml ma anche in formato .msg che, lo ricordiamo, è formato proprietario il cui utilizzo certamente poco si confà ai principi di contrasto del vendor lock-in, che dovrebbero ispirare la normazione in ambito digitale. Un intervento sarebbe dunque opportuno anche in tale ambito sia al fine di eliminare le incongruenze segnalate, sia al fine di regolamentare problemi tuttora irrisolti, come la produzione di documenti in formato audio o video o come la produzione dei documenti relativi alla diagnostica per immagini in ambito sanitario.
La necessità di un archivio digitale
Ulteriore auspicio è che l’adozione delle linee guida AgID porti ad un rinnovato interesse per un tema da sempre dimenticato nel processo civile telematico (e per la verità tenuto presente solo formalmente negli altri processi telematici) e cioè quello dell’istituzione di un archivio digitale rispettoso dei principi e degli standard nazionali ed internazionali. Ad oggi manca del tutto una simile infrastruttura e così sono molti gli interrogativi di carattere pratico rimasti irrisolti a fronte dell’aumento esponenziale di documenti depositati nei fascicoli digitali. È urgente intervenire sul tema.
Ad oggi non è noto come si intenda assicurare la leggibilità nel tempo di documenti, come le sentenze, che, lo si ricorda, dovrebbero essere destinati a vita perpetua; non sono definite strategie di emulazione, migrazione o riversamento e non ci si è posti il problema di come gestire le firme digitali a seconda della strategia di conservazione adottata. Non ci si è posti il problema dello scarto dei documenti depositati nei fascicoli digitali, pur esistendo una norma del codice civile, l’art. 2961 c.c., che rende inevitabile l’adozione di politiche ben precise sul punto.
Si ricorda infatti che il primo comma della norma citata prevede l’esenzione del cancelliere dal rendere conto degli incartamenti relativi alle liti dopo tre anni che queste sono state decise o sono altrimenti terminate. È evidente che si tratta di norma dettata per il mondo analogico (del resto il codice civile risale al 1942), che però ben può essere trasposta nel modo digitale e presa come base per l’adozione di disposizioni in tema di scarto documentale.
Conclusioni
Come si vede, tra le tante aspettative che accompagnano le nuove linee guida sul documento informatico non possono non essere inserite anche le istanze di riforma relative ai processi telematici. Per il processo civile telematico, vi è dunque fondata aspettativa che, una volta emanate le nuove linee guida AgID, si possa attivare il meccanismo previsto dall’art. 35 del dm 44 del 2011, in modo da giungere alla revisione integrale delle specifiche tecniche (ma l’auspicio è ovviamente che si proceda agli opportuni adeguamenti anche per gli altri processi telematici ad oggi attivi in Italia).
La revisione di tale corpus di regole nei termini indicati sarebbe altresì un buon passo in avanti per pensare ad un processo civile telematico in grado di gestire la propria memoria mediante la gestione di documenti in formati facilmente conservabili e dei quali sarebbe possibile assicurare la leggibilità a lungo termine.