LE PROSPETTIVE

L’IA bussa alle porte degli studi legali: i vantaggi per l’avvocato 4.0



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La professione legale sta via via cambiando anche grazie all’intelligenza artificiale, ma il ruolo dell’avvocato non è (ancora) a rischio. Vediamo come l’IA può supportarne le attività

Pubblicato il 26 giu 2023

Chiara Ponti

Avvocato, Privacy Specialist & Legal Compliance e nuove tecnologie – Baccalaureata



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L’AI ha bussato anche alle porte degli studi legali presentandosi come un “facilitatore” svolgendo ricerche giurisprudenziali specie quelle più sofisticate, eseguendo due diligence, redigendo contenuti per i siti, e via dicendo. Ecco il vantaggio. Tuttavia, pericoli di estinzione della “specie” professionale al momento non se ne vedono dovendo l’avvocato dare ancora istruzioni ben precise e specifiche alle macchine più o meno sofisticate che gli vengono presentate.

Facciamo il punto, offrendo qualche spunto di riflessione.

Lo studio legale del futuro collegato all’IA è già realtà

Come in molte altre professioni anche in quella legale l’intelligenza artificiale sta avendo sviluppi a macchia di leopardo, con le attività che vanno rimodulandosi verso i nuovi paradigmi che l’innovazione digitale e i processi di automazione offrono via via con sempre maggiore forza.

Ecco perché l’IA e gli strumenti di analisi di data sono, tra gli altri, accessori utili, se non anche già indispensabili, per esercitare al meglio la professione forense nel pieno della digital age.

La diffusione dell’IA, tuttavia, non significa che le macchine come pc, laptop, tablet e altri mezzi anche più sofisticati finanche robotici, siano arrivate a sostituire le toghe. Nient’affatto, bando agli allarmismi.

Il digital lawyer non è l’avvocato “artificiale”

Il digital lawyer è quell’avvocato/esperto di diritto che, nello svolgere la propria professione, ha in più la capacità di sovraintendere processi nella fattispecie di sviluppo, di ricerca, analisi e programmazione adoperando vari strumenti tecnologici.
Ma attenzione che il digital lawyer è in carne ed ossa, vivo e vegeto.

Partendo da questo spunto, proprio quando è avvenuta l’approvazione dell’AI Act al Parlamento europeo, dobbiamo intenderci su un aspetto importante: cosa si intende per intelligenza artificiale e cosa da questa si voglia, in concreto.

Partiamo con il definirla richiamando il testo di legge appena citato, così come recentemente è stato modificato nell’ultimo draft. Si tratta di “un sistema progettato per operare con vari livelli di autonomia che può, per obiettivi espliciti o impliciti, generare risultati come previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano ambienti fisici o virtuali”, includendo (rispetto al testo del 2021) per l’appunto l’AI generativa.

In altre parole, con il termine di “intelligenza artificiale” si deve intendere “un algoritmo in grado di analizzare, definire strategie e trarre conclusioni per completare compiti tipicamente eseguiti dagli esseri umani”.

Data la definizione, chiediamoci ora cosa vogliamo dall’IA

Sebbene questo argomento non sia nuovo, ma si affacci, soltanto oggi lato sensu, nel settore giuridico in realtà da svariato tempo si cerca di capire come sfruttare al meglio le potenzialità dell’IA nelle attività legali, con l’obiettivo già virtuoso di affiancarle e non sostituirle.

I software di IA e l’automazione delle attività forensi

Software di intelligenza artificiale entrano, dunque, anche negli studi legali determinando l’indubbio vantaggio di automatizzare le attività.

Se da un lato però ciò viene vissuto come un tanto di guadagnato pensando alle attività meramente seriali o inferiori, dall’altro, a ben guardare, grande è la preoccupazione che i software di AI indossino le giacchette degli avvocati assumendo decisioni al loro posto. E con quali effetti?

Benefici in un caso, pensando a come e quanto le attività così migliorano sul piano strumentale.

Distruttivi nell’altro dal momento che non tutte le decisioni automatizzate sono logiche e corrette.

Contract management e previsione del contenzioso: i vantaggi dell’IA

Nel contesto della contrattualistica, l’intelligenza artificiale è in grado di fornire metodi rapidi ed efficienti volti ad organizzare/monitorare/negoziare i contratti.

L’IA raccoglie e fornisce dati in tempo reale con la conseguenza che gli avvocati possano:

  • giungere a conclusioni purché non affrettate e irragionevoli
  • creare strategie negoziali
  • scoprire nuove informazioni

Altri vantaggi sono dati da rapide analisi dei precedenti (benché nel nostro sistema, rammentiamo, non facciano status) d’ausilio nella trattazione di analoghi casi.

Certo è che nella previsione del contenzioso è lecito chiedersi quanto le risultanze dell’AI siano di fatto attendibili, anche in termini di professionalità e rispettabilità dell’avvocato.

Al riguardo, uno studio legale londinese ha voluto sperimentare sulla sua pelle la questione e utilizzando per tali fini i dati di oltre 600 casi in un anno prevedendo “la fattibilità di diversi casi di lesioni personali” con il risultato di “…battere gli esperti umani nel prevedere gli esiti dei casi della Suprema Corte”.

In definitiva, un vantaggio enorme.

Quando la tecnologia non sostituisce gli avvocati, ma li supporta

Tra app, software e piattaforme ce n’è per tutti i gusti. Dalla piattaforma che consente di trovare l’avvocato più skillato all’app che elabora un contratto senza mancare nell’ottica prima illustrata, il software che pre-calcola tempi/costi/probabilità di una controversia.

Lato documenti online non possiamo non citare gli smart contract approdati anche nel nostro sistema, con la blockchain (tecnologia che registra in modo trasparente, irreversibile, certo e sicuro qualsiasi transazione in rete) creando da un lato una “incorruttibile evidenza” rispetto ai fatti che avvengono in rete; e dall’altro l’automazione dei contratti grazie all’uso di alcuni software che lavorano su base programmata.

Così arrivando al mondo dei chatbot (messaggi automatizzati scritti in linguaggio naturale come se fossero scritti per mano di un uomo, volti a fornire informazioni alla clientela), e quindi all’IA generativa.

Esistono poi piattaforme, simili a marketplace, in cui esperti di diritto si collocano con prezzi decisamente competitivi; sistema tra i “sorvegliati speciali” che i nostri Ordini professionali monitorano anche per salvaguardare, non da ultimo, aspetti deontologici.

Gli studi legali e la montagna di carte: i “mangiatori” di file digitali

La digital trasformation ricopre, anche con riferimento al settore degli studi legali pensando ai fascicoli complessi per i quali gli avvocati devono guadare montagne di carta, un ruolo centrale. In questo senso, l’AI può essere di grandissimo aiuto.

Da qui, l’ottimizzazione ed efficientamento dello Studio sul fronte gestionale e dipendenti adottando i “mangiatori” di file digitali. In pratica, strumenti che agevolano moltissimo tutto questo complesso passaggio dalla carta al digitale.

Il rapporto del Thomson Reuters Institute: bilancio soddisfacente

Secondo un rapporto pubblicato lo scorso aprile 2023, dal Thomson Reuters Institute, “la grande maggioranza degli studi legali intervistati afferma che l’intelligenza artificiale offre applicazioni utili nelle loro operazioni quotidiane”.

Grandi avvocati d’affari (come Allen & Overy e Baker McKenzie e altri) hanno introdotto dei chatbot, verosimilmente compliant alle normative di settore, sul posto di lavoro.

In pratica, si sono dotati di un assistente digitale, il chatbot legale che si basa sul modello linguistico GPT-4 di OpenAI, già addestrato con migliaia di documenti legali, d’ausilio per le argomentazioni di un caso giudiziario.

Tuttavia, si tratta di uno strumento non certo perfetto, ma perfettibile richiedendo la supervisione dell’uomo/avvocato chiamato a controllare e ricontrollare le risultanze prodotte da un’AI.

Quindi, nessuna sostituzione degli avvocati, almeno a breve-medio-lungo termine.

Il risparmio di tempo

Il risparmio di tempo è un altro di quei fattori fondamentali dal momento che consente per i lavori di routine svolti da un sistema di AI in pochi minuti: portentoso. Specie quando i fascicoli sono voluminosi, ecco che un sistema di AI tale da supportare l’avvocato in un’attività del genere, diventa uno strumento d’ausilio preziosissimo.

Dal sondaggio di Thomson Reuters si evince tuttavia che è ancora molta l’ignoranza sul tema, anche tra gli stessi avvocati.

Ma, la domanda resta sempre la stessa: cosa vogliamo dall’AI, a prescindere dal settore in cui opera; e che fine fanno i dati inseriti automaticamente pensando a quei possibili errori per via di divulgazioni/fughe/perdite di dati e quindi di riservatezza.

Conclusioni

Richiamando quanto già scritto al riguardo, chiediamoci ora se l’IA generativa, specialmente tra i colleghi avvocati, sia vista come un’opportunità per quanto è in grado di semplificare o una schiavitù perché appiattisce del tutto o quasi il pensiero.

Le opinioni in merito sono discordanti; non tutti gli operatori del diritto sono convinti che l’AI generativa debba essere utilizzata nello studio/pratica legale.

La motivazione è semplice nella sua duplicità: ci si chiede da un lato quanto sia affidabile il pensiero unico, e dall’altro quante sono le possibilità di inserire negli algoritmi informazioni invero coperte da segreto professionale, e in quanto tali per nulla divulgabili/circolabili.

Concludiamo dunque riportando le parole di un esimio collega, il quale ritiene, in merito, che “…la macchina esplica la parte più tecnica del lavoro, automatizza i processi e li rende più efficienti, ma comunque è necessario sempre l’apporto dell’avvocato che in questo modo potrà concentrarsi sulla parte (più) creativa”.

In pratica, ben venga l’AI purché questa sia solo a supporto e non anche in sostituzione del professionista che, fino a prova contraria, resta il solo a poter vantare studi, anni di esperienza e successi sul campo, tutti raggiunti grazie a qualità solo umane, fortunatamente.

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