Dispute online Agcom

Lo streaming non va? Rimborsi facili con il nuovo Conciliaweb

Disservizi dei media audiovisivi? C’è l’Online Despute Resolution per gli eventuali indennizzi agli abbonati. Gli aggiornamenti delle regole dopo una consultazione pubblica con Agcom e alcuni fornitori di servizi media audiovisivi. Le sanzioni. Arriva il ConciliaWeb 3.0. Che cosa c’è da sapere

Pubblicato il 17 Nov 2022

Antonino Mallamaci

avvocato, Co.re.com. Calabria

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L’ultima volta è successo qualche giorno fa, quando il segnale di DAZN è scomparso e i primi venti minuti di una partita di calcio di serie A sono rimasti un mistero per i telespettatori.

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Lo streaming non va? C’è l’Online Despute Resolution per gli indennizzi

Proprio qualche giorno prima, Agcom ha annunciato importanti novità nel corso della 7^ edizione dei Seminari nazionali biennali sulle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche, organizzata dal Corecom Valle d’Aosta e tenutasi a Saint Vincent il 3 e 4 novembre scorsi.

Tra queste, la possibilità – non l’obbligo, e capiremo più avanti perché la differenza non è di poco conto – di ricorrere agli strumenti di ODR (Online Despute Resolution) per ottenere anche da DAZN gli indennizzi per i disservizi che gli abbonati subiscono.

Per inserire nell’Ordinamento tale opportunità, insieme ad altre significative riforme in questo campo, l’Agcom ha approvato, con delibera 358/22/Cons., le nuove versioni dei regolamenti, di procedura e applicativo, concernenti le controversie tra utenti e fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche e, dal 1° febbraio 2023, anche tra utenti e fornitori di servizi di media audiovisivi.

E arriva anche Conciliaweb 3.0

A Saint Vincent, i rappresentanti dell’Agcom Nicola Sansalone (vice segretario generale), Enrico Cotugno (vice direttore Tutela dei consumatori) e Francesco Rossi (servizio sistemi informativi), coadiuvati dal presidente del Corecom Valle d’Aosta Pierpaolo Civelli e dai coordinatori del Tavolo tecnico nazionale dei Corecom, Francesco Ciavattone e Maria Rosa Zampa, hanno inoltre presentato la seconda novità: la piattaforma Conciliaweb nella versione 3.0.

Ma andiamo con ordine.

La previsione dell’allargamento del tentativo di conciliazione alle controversie tra utenti e fornitori di servizi di media audiovisivi prende le mosse dall’ art. 25 e dall’art. 40, commi 1, 2 e 3, del Testo unico dei servizi di media audiovisivi (TUSMA, d.lgs. 208/21) Il d.lgs. è stato adottato in applicazione della direttiva n. 2013/11/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva n. 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori).

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Adeguarsi al mutato contesto normativo e tecnologico

La consultazione pubblica preventiva, alla quale hanno partecipato Netflix, RTI e TIM, è stata bandita dall’Autorità con delibera 193/22/Cons. per giungere all’adozione “di modifiche al quadro regolamentare inerente alla risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche, al fine di adeguarlo alle nuove competenze attribuite dall’Autorità in materia di risoluzione delle controversie tra utenti e fornitori di servizi di media audiovisivi (SMA), nonché al mutato contesto normativo e tecnologico, con l’aggiornamento dell’ambito soggettivo e oggettivo della regolamentazione”.

L’art. 25 del novellato Codice delle comunicazioni elettroniche prevede, al comma 2, l’inserimento anche dell’Agcom nell’elenco degli organismi ADR deputati a gestire le controversie nazionali e transfrontaliere nel settore delle comunicazioni elettroniche e postale. Il comma 3 statuisce poi che, in alternativa alla procedura dinanzi all’Autorità, “le parti hanno la facoltà di rimettere la controversia agli altri organismi ADR” iscritti nel medesimo elenco.

L’art. 3 del Regolamento di procedura già prevedeva che il tentativo obbligatorio di conciliazione potesse essere esperito, in alternativa alla procedura svolta davanti al Corecom e all’Agcom utilizzando ConciliaWeb, presso gli organismi ADR registrati nell’elenco tenuto dall’Autorità. Si è reso perciò necessario l’inserimento nell’elenco delle Camere di conciliazione operanti nelle Camere del Commercio, Industria e Artigianato.

Altra molto più significativa modifica si è resa necessaria stante la vigenza dell’art. 40, comma 1, del TUSMA, secondo il quale l’Agcom ha il compito di definire con proprio regolamento “procedure trasparenti, non discriminatorie e facilmente accessibili per la risoluzione delle controversie tra utenti e fornitori di servizi di media audiovisivi”.

Nel TUSMA (Testo Unico per la fornitura di Servizi di Media Audiovisivi), «servizio di media audiovisivo» è quello che fornisce programmi di informazione, intrattenimento o istruzione al grande pubblico, sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media, attraverso reti di comunicazioni elettroniche.

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Di che servizio si tratta

Inoltre, il TUSMA distingue tra «servizio di media audiovisivo lineare» o «radiodiffusione televisiva», cioè fornito per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi, e «servizio di media audiovisivo non lineare», ovvero «servizio di media audiovisivo a richiesta» (on demand), fornito per la visione di programmi al momento scelto dall’utente e su sua richiesta sulla base di un catalogo di programmi selezionati dal fornitore di servizi di media.

Infine, il «fornitore di servizi di media» è il soggetto, persona fisica o giuridica, che ha la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo e che ne determina le modalità di organizzazione.

Una delle parti della controversia è il fornitore dei contenuti del servizio media audiovisivo, indipendentemente dalla sede dalla quale essi siano diffusi. La controparte sarà l’abbonato al servizio.

Il profilo oggettivo

La legge fa espresso riferimento alle controversie inerenti alle condizioni contrattuali o all’esecuzione dei contratti stipulati, circoscrivendo l’ambito di applicazione delle procedure alle sole dispute relative a profili contrattuali, ivi incluse quelle relative al rispetto degli standard qualitativi promessi.

È prevista poi, a cura dell’Agcom, la creazione di un sistema di indennizzo in caso di disservizio.

“[l]’Autorità, d’intesa con il Ministero, determina le condizioni e i parametri di regolarità del servizio e qualità delle immagini, che devono essere assicurati dai fornitori di servizi media audiovisivi che trasmettono gli eventi di cui al comma 3 […].

L’operatore predispone inoltre adeguati, efficaci e tempestivi strumenti di assistenza tecnica, nonché idonee procedure di gestione di reclami, istanze e segnalazioni degli utenti, singoli o associati, conformemente ai criteri e parametri fissati con la medesima delibera dell’Autorità (…)”.

Occorrerà, pertanto, per poter determinare gli indennizzi, definire le condizioni e i parametri di regolarità del servizio e qualità delle immagini, non solo per la trasmissione degli eventi di particolare rilevanza.

Il caso Dazn

A tal proposito, si ricorda che l’Autorità ha già avviato un simile procedimento nei confronti di DAZN tempo fa, quando un lungo black out provocò proteste e polemiche. Sulla scorta delle misure regolamentari, l’Autorità avvierà analogo procedimento relativamente a tutti i fornitori di servizi di media audiovisivi inclusi nell’ambito di applicazione della disposizione di cui all’articolo 40 del TUSMA.

Solo dopo si procederà alla estensione del Regolamento sugli indennizzi, come richiesto dal comma 2 dell’articolo 40 del TUSMA. Da un punto di vista procedurale, alle controversie in questo campo si applicherà la procedura a due fasi già esistente in materia di comunicazioni elettroniche.

Altro aspetto saliente, anticipato all’inizio, è che nelle controversie in materia di servizi di media audiovisivi l’esperimento del tentativo di conciliazione non è condizione di procedibilità per l’azione in sede giurisdizionale (il tentativo non è obbligatorio), perciò è fatta salva la facoltà di adire l’Autorità giudiziaria senza aver prima esperito il tentativo di conciliazione.

Il comma 1 dell’articolo 40 del TUSMA designa l’Agcom quale soggetto chiamato a definire, con proprio regolamento, procedure trasparenti, non discriminatorie e facilmente accessibili per la risoluzione delle controversie.

ConciliaWeb 3.0

È risultato naturale scegliere di utilizzare a tali fini, anche per le tali controversie, la piattaforma ConciliaWeb, che dal luglio del 2018 ha dato prova di buona affidabilità, e ne darà ancor di più con l’implementazione della versione 3.0.

In ragione della novità della materia e solo in via di prima applicazione, la gestione dell’intera procedura, compresa la fase conciliativa, è di competenza dell’Autorità (non dei Corecom, almeno all’inizio).

Inoltre, onde consentire una tempestiva conclusione delle vertenze, si è optato per la procedura semplificata (articolo 8 del Regolamento di procedura), che si svolge mediante lo scambio non simultaneo di comunicazioni tra le parti e il Conciliatore. Questi ha comunque la facoltà, in ogni momento, di proporre una soluzione che ciascuna delle parti può accettare o rifiutare agendo sulla piattaforma.

Decorsi trenta giorni dall’avvio della procedura, il Conciliatore, salvo che non ritenga opportune ulteriori interlocuzioni con le parti, redige e sottoscrive un verbale dando atto di quanto risulta dallo scambio di comunicazioni con le parti.

Le sanzioni

Per quanto concerne le sanzioni applicabili in caso di inottemperanza al provvedimento decisorio dell’Autorità (a conclusione della c.d. seconda fase, definitoria) in mancanza di una previsione specifica del TUSMA e in analogia a quanto fatto nella contestazione n. 1/22/DTC in relazione alla quale sono stati approvati gli impegni di DAZN, al comma 31 dell’articolo 1 della legge 249/97: «[i] soggetti che non ottemperano agli ordini e alle diffide dell’Autorità, impartiti ai sensi della presente legge, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire venti milioni a lire cinquecento milioni».

Tra le materie previste dal TUSMA vi è l’emanazione di direttive concernenti i livelli generali di qualità dei servizi e per l’adozione, da parte di ciascun gestore, di una carta del servizio recante l’indicazione di standard minimi per ogni comparto di attività.

Alla consultazione hanno partecipato, oltre alle quattro imprese fornitrici di servizi di media audiovisivi già citate all’inizio, due Associazioni di consumatori (Federconsumatori e UDiCon).

Una proposta che ha fatto discutere

Nel documento sottoposto a consultazione, al fine di attuare il dettato legislativo, è stata proposta la seguente disposizione generale:

Art. 2, comma 1-bis. Ai sensi dell’art. 40 del TUSMA, ferma restando la facoltà di adire il giudice competente ai fini della definizione in sede giudiziale della controversia, è rimessa alla competenza dell’Autorità la risoluzione extragiudiziale delle controversie tra utenti e fornitori di servizi di media audiovisivi che si rivolgono al pubblico italiano inerenti alle condizioni contrattuali o alla esecuzione dei contratti stipulati. In alternativa alla procedura dinanzi all’Autorità, le parti hanno la facoltà di rimettere la controversia a un organismo ADR.

In linea generale, Netflix ha eccepito che “obbligare” i fornitori di servizi di media audiovisivi a partecipare alle procedure di risoluzione delle controversie dinanzi all’AGCOM confliggerebbe con i principi del Codice del consumo in materia di risoluzione alternativa delle controversie, oltre a creare un conflitto di competenze rispetto alla generale potestà di intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Federconsumatori, dal canto suo, ha manifestato la sua posizione in favore della “introduzione, nell’ambito del tentativo obbligatorio di conciliazione per tutti i servizi media audiovisivi della possibilità di fare riferimento ai Corecom regionali, analogamente a quanto già previsto per gli operatori di telefonia e pay tv”.

TIM ha chiesto un’estensione anche alle controversie relative ai SMA dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, in analogia al settore delle comunicazioni elettroniche, pur nella consapevolezza che una simile soluzione necessita di un preventivo intervento legislativo.

Su detta osservazione si è espressa l’Agcom, rilevando che dalla lettura sistematica dell’art. 40 del TUSMA risulta evidente che in materia di servizi di media audiovisivi l’esperimento del tentativo di conciliazione non può essere considerato obbligatorio.

In ordine all’ambito di applicazione oggettivo DAZN ha segnalato l’esigenza che il regolamento individuasse delle fattispecie precise rispetto alle quali fosse possibile attivare la procedura di risoluzione delle controversie, in modo da eliminare ab origine le richieste incaute e pretestuose.

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Analogamente Netflix ha eccepito che estendere la procedura ADR dell’AGCOM a tutte le controversie riguardanti le condizioni contrattuali e l’esecuzione dei contratti sarebbe stato contrario alla ratio, se non alla lettera stessa, della Direttiva SMAV, che incoraggia le procedure ADR solo per casi molto specifici; inoltre, si sarebbe potuto creare un conflitto di competenze con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, competente a garantire il rispetto delle norme generali a tutela dei consumatori.

La novella avrebbe inciso in modo significativo sulla trasparenza e sulla chiarezza dei rimedi applicabili in caso di violazione dei contratti con i consumatori, a scapito di questi ultimi, che difficilmente avrebbero compreso i limiti dei ricorsi che avrebbero potuto presentare attraverso la procedura ADR, nonché dei provider, che potenzialmente si sarebbero trovati ad avere due autorità con competenza su questioni di tutela dei consumatori.

La posizione di Agcom

Agcom ha eccepito che le modifiche regolamentari trovano il loro riferimento legislativo nell’articolo 40 del TUSMA, che risponde al principio dettato dal Legislatore italiano con l’articolo 3, comma 1, lett. c) della legge 22 aprile 2021, n. 53, recante Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020.

Ne discende, sul piano sistematico, che nessun contrasto può rinvenirsi rispetto alle disposizioni della c.d. direttiva SMAV, trattandosi di un intervento regolamentare che risponde esclusivamente al dettato normativo interno, aggiungendo un sistema di garanzie a benefici di tutti i fruitori di SMA, e non solo per quelli degli eventi di particolare rilevanza indicati dall’art. 33 del TUSMA.

Per quanto concerne il ventilato conflitto di attribuzioni tra Agcom e AGCM (deputata alla tutela dei diritti dei consumatori) la competenza di quest’ultima attiene a profili esclusivamente repressivi sul piano generale, mentre la competenza giustiziale attribuita all’AGCOM è volta alla tutela di natura riparatoria rispetto alle posizioni dei singoli utenti, non solo dei consumatori.

Non è d’altronde possibile procedere a una individuazione di singole fattispecie, essendo l’intento quello di assicurare ai fruitori di SMA la possibilità di far valere in via stragiudiziale i diritti derivanti dal contratto con ciascun fornitore, per il rispetto delle condizioni contrattuali, e per il mancato raggiungimento degli standard qualitativi attesi.

La norma è stata quindi congegnata nel modo seguente, introducendo nel regolamento di procedura, all’art. 2, il comma 1 – ter: Le procedure di cui al comma 1-bis si applicano anche alle controversie tra utenti e operatori relative ai servizi di media audiovisivi forniti in base al contratto stipulato tra le medesime parti.

Dazn propone l’autodichiarazione dei servizi lamentati

DAZN ha anche suggerito: 1) di stabilire che i disservizi lamentati dagli utenti vengano indicati tramite autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR n. 445/2000, ciò per incentivare una piena assunzione di responsabilità sulla veridicità dei fatti da parte dell’istante; 2) di definire ancora più precisamente i termini temporali di ogni fase, sia della procedura di conciliazione che di definizione della controversia, nonché di individuare un termine decadenziale entro il quale sia ammissibile la presentazione dell’istanza da parte dell’utente.

E TIM chiede l’obbligatorietà del reclamo

Dal canto suo, TIM ha avanzato la proposta di rendere obbligatorio il reclamo, onde evitare il ricorso massivo alla procedura di risoluzione delle controversie in assenza della necessaria preventiva interlocuzione tra l’utente e il proprio fornitore.

Le risposte di Agcom

L’Agcom ha ritenuto accoglibili tali osservazioni, giacché l’offerta in streaming di eventi sportivi molto popolari comporta l’eventualità che singoli episodi di disservizio possano generare improvvisi picchi di vertenze, potenzialmente in grado di impattare in maniera dirompente sul sistema di gestione delle controversie se non mitigati sotto l’aspetto quantitativo e della tempistica.

Per tali motivi ha ritenuto conveniente introdurre un filtro alla possibilità di presentare le istanze di conciliazione, rappresentato dal preventivo reclamo al fornitore, ciò anche in ragione della non obbligatorietà del tentativo di conciliazione per tali controversie.

È stato perciò previsto il reclamo preventivo quale condizione per l’ammissibilità dell’istanza di conciliazione, non sussistendo alcun filtro al diritto di ricorrere alla giurisdizione ordinaria.

La fase pre-contenziosa che guarda a un accordo

In questa fase pre-contenziosa si instaura un dialogo diretto tra le parti negoziali, con la possibilità di trovare una soluzione in fase pre-contenziosa, e ciò consente anche l’inquadramento della fattispecie (a beneficio del fornitore e, soprattutto, del fruitore dei servizi), anche nell’ottica della successiva fase di risoluzione della controversia.

Questo primo confronto, inoltre, consente all’utente di acquisire elementi conoscitivi necessari per una migliore gestione del contenzioso, quali la corretta individuazione della controparte (operatore o fornitore di SMA) e l’individuazione della causa del disservizio (velocità di connessione, problemi di trasmissione della piattaforma, disfunzioni del modem, procedura applicabile, ecc.).

Ma ci sarà un termine per tutto

Anche la proposta della previsione di un termine entro il quale l’istanza di conciliazione può essere presentata è stata accolta, nell’ottica di una necessaria razionalizzazione del sistema di gestione delle controversie. L’istanza per tentativo di conciliazione potrà essere quindi presentata entro quattro mesi dalla proposizione del reclamo, fermo restando il diritto di far valere le proprie pretese in sede giurisdizionale.

Dal proficuo confronto è scaturita l’introduzione, all’articolo 6, del comma 3-bis: L’utente che intende instaurare una controversia ai sensi dell’articolo 2, comma 1-bis, può presentare istanza di conciliazione solo dopo aver proposto reclamo al fornitore di servizi di media audiovisivi e questi abbia fornito un riscontro ritenuto insoddisfacente o siano decorsi almeno trenta giorni dall’invio del predetto reclamo. In ogni caso l’istanza è inammissibile se non presentata entro quattro mesi dalla proposizione del reclamo.

Quanto è complicata la procedura semplificata

Sulla scelta della procedura semplificata (art. 8, comma 2, del Regolamento di procedura), TIM ha evidenziato come non sempre una controversia inerente alle condizioni contrattuali o alla esecuzione dei contratti stipulati dagli utenti dei servizi di media audiovisivi sia di facile risoluzione e possa quindi essere gestita in sede di conciliazione semplificata.

Pertanto, l’operatore ha proposto di individuare in maniera puntuale tutte quelle materie che, data la loro semplicità, non richiedono una interlocuzione particolarmente approfondita tra le parti in causa, e cioè quelle per le quali l’operatore di servizi audiovisivi (qualora ne venisse accertata la responsabilità) è tenuto unicamente a rimborsare o a stornare eventuali insoluti. Invece, per le materie per le quali è previsto un indennizzo ha proposto di gestirle in udienza di conciliazione.

I paletti di Agcom

Su questo punto l’Agcom ha sottolineato l’esigenza di preservare la tenuta del sistema rispetto all’eventualità di un numero elevato di istanze, che comporterebbe un allungamento dei termini di risoluzione delle controversie, sottolineando, altresì, che, in virtù dell’introduzione del reclamo preventivo obbligatorio, anche per le fattispecie più complesse un confronto più approfondito tra le parti verrà anticipato alla fase pre-contenziosa.

Per ciò che concerne il provvedimento di definizione della controversia, e in particolare le sanzioni da applicare in caso di inottemperanza, non rientra tra le potestà attribuite all’Agcom quella di prevedere o escludere la sanzionabilità di determinate condotte.

I campi di applicazione

È stato tuttavia necessario rivedere la formulazione della disposizione di cui all’articolo 20, comma 3, del Regolamento di procedura, per chiarire che i due presidi sanzionatori ivi indicati si applicano alternativamente, a seconda che si verta in materia di comunicazioni elettroniche ovvero di servizi di media audiovisivi.

Questo è stato il risultato: Il provvedimento di definizione della controversia costituisce un ordine dell’Autorità, la cui inottemperanza è sanzionabile nei confronti degli operatori o dei fornitori di servizi di media audiovisivi ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 30, comma 12, del Codice e dell’articolo 1, comma 31, della legge 31 luglio 1997, n. 249. Esso è prontamente comunicato alle parti tramite la piattaforma e pubblicato sul sito web dell’Autorità.

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Attenti alle denunce “temerarie”

DAZN ha evidenziato l’opportunità di prevedere la possibilità di condannare la parte istante, oltre che alla refusione delle spese, anche al risarcimento dei danni qualora venga accertato che la proceduta è stata avviata in maniera temeraria o infondata. Su questo, l’Autorità ha rilevato la propria assoluta incompetenza in merito alla cognizione di qualsivoglia aspetto risarcitorio.

Una novità introdotta nel regolamento applicativo impatta non solo sulle controversie tra utenti e servizi di media audiovisivi, ma pure su quelle tra quelli ed operatori di comunicazioni elettroniche. Essa è stata determinata da una richiesta di Federconsumatori, quella di disciplinare espressamente, all’articolo 11 del Regolamento applicativo, la possibilità per la parte istante di opporsi alle eccezioni dell’operatore in merito all’inammissibilità dell’istanza.

L’Agcom non ha manifestato alcun problema rispetto all’accoglimento della richiesta. La piattaforma già consentiva alle parti di inserire documenti e testi nel fascicolo elettronico nel corso della procedura, ma si è riconosciuta l’opportunità di inserire una previsione espressa della facoltà (già realizzata nella prassi), per la parte istante, di controdedurre alle eventuali eccezioni di inammissibilità dell’istanza sollevate dall’operatore controparte.

L’articolo riformulato

Pertanto, l’articolo 11, comma 1, del Regolamento applicativo è stato così riformulato:

L’operatore può sollevare eventuali eccezioni di inammissibilità dell’istanza tramite l’apposito strumento della piattaforma e l’utente ha facoltà di controdedurre a tali eccezioni caricando documenti o scrivendo le proprie osservazioni nel fascicolo elettronico.

Come funziona ConciliaWeb 3.0

Per ciò che concerne l’implementazione del c.d. Conciliaweb 3.0, che partirà a breve, anch’essa costituisce un’innovazione di grande portata. Innanzitutto, mentre per la versione 2.0 era stata certificata una accessibilità (requisito essenziale per tutti i servizi on line della P.A.) parziale, la nuova è totalmente accessibile, avendo tra l’altro ovviato alle criticità connesse ai form e alla compilazione dei campi.

La veste grafica è nettamente migliorata grazie ad un utilizzo più armonioso dei testi e dei colori, in coerenza con le previsioni in tal senso delle linee guida dell’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale) e del protocollo eGLU.

La prova sul campo inizierà il 16 di questo mese e, come accade dal 2018, dall’avvento cioè del Conciliaweb, sarà disponibile un servizio di assistenza (anche con numero verde dedicato, 800116171) presso l’Agcom e presso tutti i Corecom d’Italia.

Se è vero che la piattaforma ha consentito di applicare l’ODR in Italia nel migliore dei modi, soprattutto alla prova difficilissima della pandemia, certo anche la nuova fase sarà foriera di buoni risultati. Quello che è emerso, in ogni caso, è che il ricorso alla P.A. digitale è limitato dalla ancora non sfruttata al 100 % possibilità di utilizzo dello Spid e della C.I.E., soprattutto nel Meridione d’Italia. Ma su questo tema è necessario un intervento complessivo che certo impatterà positivamente anche in questo ambito.

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