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Mediazione civile online, quanta complessità: ecco perché



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La Legge Cartabia ha apportato importanti modifiche nei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie, in particolare nella mediazione civile svolta in via telematica: emergono fronti critici come quello legato alle firme

Pubblicato il 9 nov 2023

Claudia Caluori

avvocato, Polimeni.legal



giustizia

Il 2023 è stato un anno particolarmente importante per la disciplina dei sistemi cosiddetti alternativi di risoluzioni delle controversie: mediazione civile e commerciale, negoziazione assistita, arbitrato. In particolare, le disposizioni che governano la mediazione civile e commerciale, D.Lgs. 28/10, sono state modificate e integrate anche alla luce della Riforma Cartabia e della prassi diffusasi negli ultimi anni.

A distanza di pochi mesi dall’entrata in vigore riforma sono soprattutto le norme relative alla mediazione in modalità telematica (applicabili dal 28 febbraio 2023) a presentare profili di criticità, rigidità e tecnicismi, che mal si conciliano con la flessibilità connaturata al procedimento di mediazione stesso.

Mediazione in via telematica, cosa dice la legge

L’articolo 8, comma 3, del D. Lgs. 28/2010 ss.mm.ii., rimasto invariato e intitolato “Procedimento”, prevede che “Il procedimento di mediazione si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo”.

Timidamente, già il vecchio d.lgs. 28/2010 aveva disposto che “La mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo” (articolo 3, comma 4) e che le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo devono essere predisposte “in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati” (articolo 16 comma 3).

Il nuovo art. 3, comma 4, dispone che “La mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo, nel rispetto dell’articolo 8-bis”, che in maniera più audace, mette nero su bianco parte delle prassi maturate nel periodo pandemico e delimita, in maniera piuttosto perentoria, il campo della mediazione online nel suo svolgimento concreto:

  • richiama il il D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82 e ss.mm. (Codice dell’Amministrazione Digitale – CAD) per ciò che concerne la formazione degli atti del procedimento (comma 1);
  • prevede che le piattaforme utilizzate per il collegamento devono garantire la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate (comma 2);
  • dà la possibilità a ciascuna parte di chiedere al responsabile dell’organismo di mediazione di partecipare da remoto o in presenza (comma 2);
  • statuisce che, a conclusione della mediazione, il mediatore formi un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo, e lo invii alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata;
  • prevede che, nel caso di procedimenti di mediazione obbligatoria e delegata, il documento sia inviato anche agli avvocati che lo sottoscrivono con le stesse modalità (comma 3);
  • incarica il mediatore che ha ricevuto il documento informatico sottoscritto dalle parti, e eventualmente dagli avvocati, di firmarlo digitalmente e di trasmetterlo alle parti, agli avvocati, ove nominati, e alla segreteria dell’organismo (comma 4);
  • impone agli organismi di mediazione la conservazione e esibizione dei documenti nel rispetto del CAD, il quale prevede per i contratti firmati digitalmente, e.g. accordi di mediazione, la conservazione per 10 anni (comma 5).

Il ruolo della firma elettronica qualificata

Un particolare del nuovo articolo 8 bis che suscita riflessioni è proprio il riferimento alla “firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata”, richiesta alle parti per sottoscrivere il documento che il mediatore forma a conclusione del procedimento di mediazione e contenente il verbale e l’eventuale accordo.

Come noto la firma elettronica è il “processo informatico che permette di associare i dati utili a identificare il sottoscrittore al documento informatico”. La differenza tra i livelli di firma elettronica è data essenzialmente dal livello di sicurezza di ciascun tipo e la complessità del sistema di verifica dell’identità del firmatario che ciascuno di essi utilizza. Più completo è il sistema di verifica dell’identità e più aumenta la forza della firma apposta dall’autore identificato.

Il Regolamento (UE) N. 910/2014 cd. eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature), ripreso dal CAD, individua tre categorie di firme elettroniche.

La firma elettronica viene definita come dati in forma elettronica, acclusi oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici e utilizzati dal firmatario per firmare. In Italia, questa firma elettronica è comunemente conosciuta come firma elettronica semplice (FES) e normalmente viene usata nella modalità click-to-sign; un altro esempio ne è la firma a stampa (il nome e cognome in calce a un documento).

La firma elettronica avanzata (FEA) è quella che rispetta i criteri dell’articolo 26 del Regolamento stesso e del DPCM 22 febbraio 2013:

  • è connessa unicamente al firmatario;
  • è idonea a identificare il firmatario;
  • è creata mediante dati per la creazione di una firma elettronica che il firmatario può, con un elevato livello di sicurezza, utilizzare sotto il proprio esclusivo controllo;
  • è collegata ai dati sottoscritti in modo da consentire l’identificazione di ogni successiva modifica di tali dati.

La FEA garantisce, dunque, l’immodificabilità del documento e la riconducibilità della firma ad una persona, garantendone alla stessa l’uso esclusivo. La cd. “firma grafometrica” è un tipo di FEA; un altro esempio è la verifica dell’identità del firmatario con un software in aggiunta dell’inserimento del codice OTP (one time password) SMS per la firma. A volte la FEA viene apposta attraverso l’uso di tablet che raccolgono le caratteristiche di una firma autografa, quali la velocità, l’inclinazione, la pressione, l’accelerazione (e rallentamenti) e i tratti aerei.

Infine, la firma elettronica qualificata (FEQ) è definita dall’art. 3 n. 12 del Regolamento “una firma elettronica avanzata creata da un dispositivo per la creazione di una firma elettronica qualificata e basata su un certificato qualificato per firme elettroniche”; oltre ad avere i requisiti della FEA, la FEQ deve essere basata su un certificato elettronico qualificato (Allegato I) e essere creata su un dispositivo qualificato per la creazione di una firma elettronica (Allegato II).

La firma digitale

La procedura di firma digitale utilizza gli stessi criteri di sicurezza della firma avanzata e in più richiede che l’identità del firmatario venga convalidata e che la chiave della firma si trovi in un dispositivo QSCD (qualified electronic signature/seal creation device) per la creazione di una firma elettronica qualificata.

Come ormai risaputo, la firma digitale si può apporre in due modi:

  • in locale: si intende la firma digitale generata in uno strumento nel possesso fisico del titolare, smartcard o token;
  • da remoto: si intende la firma digitale generata usando strumenti di autenticazione (tipicamente user id+ password +OTP o telefono cellulare) che consentono la generazione della propria firma su un dispositivo HSM (hardware security module) custodito dal prestatore del servizio fiduciario qualificato.

Sui siti governativi è possibile reperire l’elenco dei prestatori di servizi fiduciari, attivi e cessati, per il rilascio delle FEQ. Alla data del 30 settembre 2023, sono 12 gli Identity Provider attivi (alcuni sono operanti solo in Italia, altri anche in Europa e all’estero): Intesi Group, Infocamere, Aruba, Infocert, Lepida, Namirial, Tim, Poste, Sielte, SpidItalia (Register), TeamSystem e Etna.

Ai sensi della normativa europea e nazionale, la FEQ ha effetto giuridico equivalente a quello di una firma autografa.  Con riferimento al nuovo articolo 8 bis, nessun dubbio sorge in merito alla firma digitale di per sé, ma domande sorgono in relazione alla locuzione “altro tipo di firma elettronica qualificata”. Ci si chiede, infatti,a quali altri tipi di firma elettronica qualificata si riferisca il legislatore e quale sia l’intento nel limitare la scelta della firma elettronica solo a quella qualificata o digitale.

I vantaggi

Ad oggi, nell’ordinamento italiano firma elettronica qualificata e firma digitale sono ancora sostanzialmente sinonimi: secondo l’analisi comparativa dell’AGID aggiornata al 2019, da cui sono stati presi diversi riferimenti e definizioni, la firma digitale è al momento l’unica specie del genere FEQ.

Il vantaggio di FEA e FEQ è di acquisire certezza circa l’identità del soggetto che accede e si registra ad un servizio e circa il fatto che il medesimo soggetto abbia volontariamente firmato un atto negoziale e lo abbia fatto in una certa data e a una certa ora. Peraltro, da notare come una tale certezza non è mai assoluta nel caso di firma autografa.

Mediazione civile telematica, gli strumenti necessari

Da un punto di vista pratico, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 8 bis D.Lgs. 28/2010, gli organismi di mediazione hanno adottato e stanno adottando soluzioni di notevole complessità tecnologica per essere conformi alle disposizioni in vigore; un esempio è la piattaforma realizzata, su impulso del Consiglio Nazionale Forense, per la mediazione telematica che potrà essere utilizzata dagli Organismi di mediazione forensi.

Una soluzione utilizzata dagli organismi di mediazione, quali organi fornitori di servizi online. è un tipo di firma elettronica qualificata che prevede l’utilizzo dell’identità digitale Spid –quindi delle medesime credenziali– per esprimere la volontà di sottoscrivere un documento.

Al momento del rilascio dello Spid –che prevede tre livelli di sicurezza– l’autenticazione dell’utente avviene in diverse modalità (in presenza, via webcam, tramite smartcard CIE o CNS, passaporto elettronico, firma digitale o tramite bonifico di basso importo).

Gli organismi di mediazione, in quanto fornitori del servizio di mediazione in modalità telematica, tramite accordi con gli Identity Provider, possono impostare un processo di firma ai fini della sottoscrizione del verbale e dell’eventuale accordo possono richiedere l’identificazione e l’autenticazione degli utenti. Viene allora previsto, ad esempio:

  • l’accesso ad una piattaforma dedicata;
  • la possibilità di verificare l’identità attraverso lo SPID (per chi non ha altri dispositivi FEQ, token, smartcard);
  • il rilascio di un certificato qualificato valido per una sola operazione (per cui la persona conferma i dati personali, accetta che il rilascio è soggetto alla corretta identificazione, e se consumatore, accetta che il servizio verrà erogato immediatamente senza possibilità di rescindere il contratto ai sensi delle condizioni generali dell’identity provider);
  • l’invio di un OTP tramite SMS sul numero di cellulare inserito al momento dell’accesso.

In questo modo, la firma così apposta dovrebbe essere conforme ai requisiti previsti dal Regolamento eIDAS e al CAD per la validità della FEQ/firma digitale.

I fronti critici

La previsione della FEQ nell’ambito della mediazione online, rende molto complesso e costoso il procedimento per un uso massivo dal punto di vista degli organismi di mediazione che si devono dotare delle piattaforme necessarie. Non si può prescindere, inoltre, dalla considerazione del divario digitale tra le tecnologie oggi a disposizione e la maggior parte degli utenti, che rende più caotico il procedimento.

Se l’intento del legislatore è quello di garantire l’identificazione del firmatario e attribuire la paternità del documento che soddisfa il requisito della forma scritta e l’efficacia probatoria dell’art. 2702 c.c., ex articolo 20, comma 1 bis, CAD, il dubbio sorge in merito alla mancata previsione nell’articolo 8 bis della firma elettronica avanzata. Infatti, lo stesso articolo 20 citato stabilisce che, affinché il documento rispetti i requisiti di forma scritta e efficacia probatoria prevista dall’articolo 2702 c.c., sul documento deve essere “[…] apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, […] con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore”. Inoltre, è opportuno sottolineare che l’idoneità del documento informatico, cui è apposta una firma elettronica cd. semplice, a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio è liberamente valutabile in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità.

Cosa dice Agid

L’AGID viene qui in soccorso chiarendo gli effetti giuridici delle firme elettroniche e i risvolti sull’onere della prova. L’utilizzo del dispositivo di firma elettronica FEQ si presume riconducibile al titolare della firma elettronica, salvo che questi dia prova contraria. Pertanto, al fine del disconoscimento, è l’apparente sottoscrittore  che ha l’onere di dimostrare che tale firma digitale non sia stata generata da lui. Invece, in caso di FEA, il soggetto cui la firma elettronica avanzata afferisce può disconoscerla; è onere della parte che vuole avvalersi degli effetti giuridici di tale firma dimostrare la conformità alla normativa.

La tutela della valenza probatoria

Mantenendo l’esigenza di tutelare la valenza probatoria dei documenti formati in sede di mediazione online, da un punto di vista pratico è innegabile che “diversi sono i modi in cui una certa dichiarazione contenuta in un documento elettronico può essere attribuita ad una certa persona, sia a causa della sua diversa sottoscrizione, che va da una firma elettronica debole alla firma digitale, sia anche a causa del modo della sua comunicazione, dall’indirizzo PEC ad un indirizzo PEO”, come sottolinea Bove M. in Accordi a distanza nella mediazione e nella conciliazione giudiziale, in I metodi di risoluzione alternativa delle controversie: Focus su mediazione, negoziazione assistita e conciliazione giudiziale, Quaderno 7 Scuola superiore della magistratura – Roma 2022, pag. 209.

Quale che sia lo strumento con cui la parte ha sottoscritto il documento informatico (facendo una stampa, scansionando il documento poi inviato al mediatore e all’avvocato tramite email unitamente alla copia di un documento di identità; oppure con firma elettronica semplice con OTP; oppure per il mezzo di programmi di firma elettronica quali Adobe-Sign, YouSign, DocuSign tramite abbonamento da parte del mediatore o, meglio, dell’organismo di mediazione), quando la sottoscrizione sia apposta durante la video conferenza, in presenza del mediatore e dell’avvocato, il documento digitale così formato dovrebbe rispettare i criteri previsti dall’articolo 20, comma 1 bis CAD.

Ai fini probatori, è importante che l’indirizzo PEO e il numero di telefono, su cui si ricevono rispettivamente i documenti da firmare e il messaggio SMS contenente il codice, siano intestati e associati al soggetto firmatario; negli altri casi, potrebbero essere sollevate eccezioni sull’identità dello stesso. Certezze maggiori si avrebbero nel caso di identificazione tramite Spid.

La necessità di flessibilità

Già in relazione alla disciplina emanata durante il periodo emergenziale, è stato sostenuto dalla dottrina giuridica che sarebbe stato opportuno dare alla mediazione online una sua organicità e specificità, e una sua flessibilità considerando le molteplici sfaccettature di un documento informatico che viene sottoscritto da una pluralità di soggetti, (almeno cinque nella mediazione obbligatoria o delegata e quando le parti non siano più di due) all’interno di un procedimento che stragiudiziale e che è libero da forme, per legge europea e italiana e prassi.

Va, inoltre, osservata la discrasia tra la rigidità della disposizione ex art. 8-bis e l’assenza di espresse sanzioni nel caso in cui i regolamenti degli organismi prevedano difformità dal testo di legge; un’ipotesi, tuttavia, di difficile realizzazione dal momento che i regolamenti sono approvati dal Ministero della Giustizia.

ADR e negoziazione assistita

Infine, come è stato fatto notare recentemente da autori di comprovata esperienza nel campo delle ADR, esiste attualmente anche una (tra le tante di altra natura) disparità di trattamento nella disciplina delle ADR, in particolare tra mediazione civile e commerciale e negoziazione assistita. Infatti, l’art. 8-bis, comma 3, del D.lgs. n. 28/2010 ss.mm.ii. impone a tutti coloro che partecipano agli incontri di mediazione online il possesso della firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata, mentre disposizione analoga non è prevista dall’art. 2-bis, comma 4, della L. n. 162/2014 in materia di negoziazione assistita.

Le considerazioni finora espresse sulla complessità e rigidità del procedimento di mediazione online sembrano in qualche modo disallineate con le intenzioni manifestate dal Legislatore nella Legge delega 21 novembre 2021 n. 206 per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti  di risoluzione alternativa delle controversie. L’attuale normativa non sembra neanche essere in linea con il principio alla base della digitalizzazione dei processi che dovrebbe eliminare inefficienze, criticità e problemi con lo scopo di migliorare l’operatività senza rinunciare alla certezza e alla tutela dei diritti, perché l’applicazione pratica del processo di firma elettronica qualificata sta creando notevoli difficoltà e lungaggini nella firma dei verbali da parte dei soggetti coinvolti nel procedimento di mediazione.

Il fattore umano

Chi scrive ritiene che il legislatore possa aver sovrastimato la valutazione sulle conoscenze informatiche delle parti persone fisiche che partecipano alla mediazione. Mentre gli avvocati, anche in virtù della pratica effettuata sul campo del processo telematico, non hanno nessuna difficoltà ad usare le piattaforme di firma digitale, le persone fisiche, molto spesso, non hanno minimamente idea di come fare. Infatti, pur possedendo lo SPID, in molti casi non lo utilizzano direttamente e, pur inconsapevolmente esponendosi a rischi gravissimi, concedono le credenziali ad intermediari per poter accedere ai servizi loro dedicati.

Paradossalmente, l’obiettivo del Legislatore di rendere stringente il processo di identificazione delle parti del procedimento di mediazione, rischia di ottenere un effetto contrario quando la parte persona fisica, per ignoranza digitale, concede l’uso delle proprie credenziali SPID a terzi. Se la vecchia e cara firma autografa in calce all’accordo poteva essere ritenuta un rischio, la firma tramite SPID in mano a malintenzionati, potrebbe creare grossi danni alle parti poco avvezze all’uso. È doveroso ricordare che un verbale di mediazione firmato con SPID, rectius, con firma elettronica qualificata ottenuta con l’identificazione tramite SPID, può generare obbligazioni a carico delle parti che potrebbero essere ignare addirittura dell’instaurazione del procedimento stesso.

Conclusione

Riassumendo, allo stato si riscontra oggettivamente una lentezza nella gestione dei processi di firma e si paventano dei rischi sull’effettiva volontà del firmatario. Entrambe le problematiche possono essere superate nel corso del tempo con un necessario processo di alfabetizzazione digitale da somministrare a gran parte della popolazione, ma anche con una semplificazione dei processi di firma che ad oggi spesso risultano complessi.

Nonostante le criticità evidenziate, la possibilità di svolgere la mediazione a distanza ha comunque velocizzato i tempi di gestione complessiva dei procedimenti stessi, consentito anche a parti sostanziali e avvocati di partecipare seppur distanti dalla propria dimora abituale e, ultimo, ma non meno importante, concesso a molti legali di scegliere Organismi di mediazione e mediatori più competenti, non dovendosi “accontentare” dell’offerta di mediazione fornita dagli organismi del luogo.

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