La presunzione di innocenza – principio costituzionale – viene tutelata e rafforzata con una normativa nazionale adottata in esecuzione di una non recentissima Direttiva europea, non recepita fino ora ma che rientra tra gli obblighi per ottenere i fondi del PNRR. In particolare, il 4 novembre 2021 è stato introdotto il decreto legislativo che prevede che sia il solo Procuratore della Repubblica, con possibilità di delega alla polizia giudiziaria, ad avere rapporti con la stampa.
Nel frattempo, la Commissione affari costituzionali discute della normativa sulle intercettazioni.
Cosa dice la Direttiva UE 16/343
L’esigenza di tutelare i dati e l’immagine del cittadino europeo è stata fortissima nel 2016: oltre alle normative sul trattamento dei dati personali, infatti, gli organi dell’Unione hanno ritenuto necessario dettare una disciplina anche per quanto riguarda l’immagine delle persone sottoposte ad indagini, necessariamente presunte innocenti fino a sentenza definitiva. Per vincolare le autorità giudiziarie degli Stati membri a preservare la presunzione di non colpevolezza, di fatto limitando il protagonismo mediatico delle autorità giudiziarie è stata, quindi, emanata la Direttiva UE16/343.
Come cambia Il diritto all’oblio con la riforma della Giustizia: è la fine della gogna perenne
L’articolo 4 (“Riferimenti in pubblico alla colpevolezza”) prevede che: “Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Ciò lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell’indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità.”
I commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente, che “Gli Stati membri provvedono affinché siano predisposte le misure appropriate in caso di violazione dell’obbligo stabilito al paragrafo 1 del presente articolo di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli, in conformità con la presente direttiva, in particolare con l’articolo 10” e che: “L’obbligo stabilito al paragrafo 1 di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli non impedisce alle autorità pubbliche di divulgare informazioni sui procedimenti penali, qualora ciò sia strettamente necessario per motivi connessi all’indagine penale o per l’interesse pubblico.” In Italia, dato l’interesse politico-economico che si impernia sulla spettacolarizzazione del processo – dal caso Tortora ad oggi – la direttiva non era mai stata recepita. Fino ad oggi: il recepimento, infatti, rientra – fortunatamente – tra gli obblighi imposti per la concessione dei fondi del PNRR.
La nuova normativa sulla presunzione di innocenza
Il decreto legislativo approvato il 4 novembre 2021 dal Governo (con parere favorevole elle Commissioni giustizia delle due camere e del CSM) prevede che sia il solo Procuratore della Repubblica ad intrattenere rapporti con la stampa, preferibilmente tramite comunicati ufficiali – e scritti -, con facoltà di delega alla polizia giudiziaria. Le conferenze stampa, quindi, dovranno essere limitate alle ipotesi di “casi di rilevanza pubblica dei fatti”.
Interessante, inoltre, l’inserimento dell’articolo 115 bis nel Codice di procedura penale: negli atti che presuppongono la valutazione di prove, indizi di colpevolezza, l’indagato non potrà mai essere designato come colpevole; fanno, ovviamente, eccezione le sentenze di merito. Gli atti del pubblico ministero dovranno limitare i riferimenti alla colpevolezza dell’indagato o dell’imputato al “minimo”, indicando cioè solo i presupposti, i requisiti o le altre condizioni necessaire all’adozione del provvedimento. È previsto un metodo di impugnazione che, presumibilmente, verrà azionato frequentemente: almeno nella prima fase di “rodaggio” della nuova normativa: quest’ultima richiede un serio cambio lessicale e culturale da parte degli operatori del diritto delle autorità giudiziarie.
Giornalismo, testate online e diritto all’oblio: il nuovo quadro complessivo
L’idea di fondo è limitare al massimo le fonti delle gogne mediatiche tramite sterilizzazione, a monte, del materiale che genera il processo show, pratica purtroppo impiegata moltissimo dalle procure della repubblica e anche da taluni avvocati. Il quadro normativo, con l’adozione del decreto legislativo di adeguamento alla direttiva UE 16/343, si amplia ancora: dopo gli interventi del Garante per la protezione dei dati personali che ha imposto il divieto di mostrare immagini ritraenti indagati o imputati in manette, la nuova normativa impone un cambio di passo anche sul piano lessicale e culturale.
Lo richiede alle autorità giudiziarie che, come visto in precedenza, vedranno vagliare attentamente non solo il contenuto degli atti – espressione elementare del diritto di difesa sancito dall’articolo 24 della Costituzione – ma anche il linguaggio utilizzato per integrare i requisiti minimi degli atti stessi. Le conferenze stampa vedranno, verosimilmente, una stretta: certamente il ruolo del procuratore capo, in questo, viene rafforzato di molto. In caso di eccessiva mediatizzazione del processo, poi, potrebbero aprirsi nuove ipotesi di responsabilità a carico di polizia giudiziaria, magistrati e giornalisti; da non sottovalutare nemmeno le ipotesi di responsabilità disciplinare. Anche gli avvocati dovranno fare i conti con il nuovo paradigma: inviare notizie alla stampa sarà una pratica più rischiosa sul piano deontologico.
Molto rilevante, infine, la nuova modalità di esercizio del diritto all’oblio per le assoluzioni: la riforma della Giustizia Cartabia prevede, infatti, l’inserimento dell’articolo 154-ter delle disposizioni attuative del Codice di procedura penale, in virtù del quale i decreti di archiviazione, le sentenze di non luogo a procedere e le sentenze di assoluzione verranno trasmessi al Garante per la protezione dei dati personali e costituiranno “titolo per l’emissione senza indugio di un provvedimento di deindicizzazione dalla rete internet dei contenuti relativi al procedimento penale”.
La rete, quindi, entra a pieno titolo nel codice di rito e ogni testata, tradizionale o online, dovrà avere presente il nuovo quadro normativo ed adeguarvisi velocemente.
Conclusioni
La spettacolarizzazione dei processi è un fenomeno che interessa fasci di interessi diversi e, a volte, economicamente molto redditizi. In Italia l’impiego dell’informazione pubblica per fini di giustizia ha avuto padri nobili e finalità assolutamente condivisibili, come, ad esempio, la lotta culturale alla mafia negli anni Novanta. Va però detto che il fenomeno ha avuto anche manifestazioni meno moralmente accettabili, come nelle ipotesi di utilizzo politico della cronaca giudiziaria, a fini di propaganda politica in genere o per attacchi personali a singoli esponenti di questo o quel partito.
Si assiste ancora oggi alla spettacolarizzazione di processi penali in ipotesi di delitti di sangue: chi non è più giovanissimo ricorderà i telegiornali che per settimane hanno dato come notizia d’apertura lo stato delle indagini sulla morte di un bimbo in una nota località di montagna. Idem dicasi per alcune trasmissioni in cui si mostravano i plastici delle scene del delitto. Se l’informazione è uno strumento di cultura, prima che di informazione, è necessario un cambio di passo. Il quadro normativo che si sta delineando da alcuni anni a questa parte, fortunatamente, va nella direzione giusta.