Sempre più spesso ci si chiede se è possibile produrre nel processo civile prove come e-mail, SMS, chat WhatsApp, file video e audio, webpage, screenshot ed eventualmente con quali modalità. I dubbi riguardano il loro valore probatorio, ma non solo. Per esempio, è possibile acquisire nel processo civile una prova testimoniale attraverso videoconferenza? Le udienze istruttorie possono essere verbalizzate tramite video registrazione ed eventualmente come? Vediamo le regole previste dalla normativa di riferimento.
Che cos’è la prova digitale
La “prova digitale” (o prova elettronica), intesa in senso ampio, può avere la forma di un testo, un video, una fotografia o una registrazione sonora. I dati possono provenire da supporti e accessi diversi, quali a titolo esemplificativo smartphone, pc, GPS, webpage di un social network ecc., compresi i dati raccolti in uno spazio al di fuori del controllo della parte (cfr. le Guidelines on Electronic Evidence in Civil and Administrative Proceedings adottate il 30.1.2019 dalla Commissione europea sulla cooperazione giudiziaria del Consiglio d’Europa). La e-mail è un esempio tipico di prova digitale, la quale proviene da un supporto elettronico (per esempio, un pc) e contiene metadata (o metadati). I metadata sono dati relativi ad altri dati, i quali costituiscono le “impronte digitali” di una prova elettronica. Essi possono comprendere elementi probatori molto importanti quali: la data e l’ora della creazione o della modificazione di un file o di un documento informatico, l’autore, la data e l’ora di invio dei dati. Generalmente, tali metadata non sono direttamente accessibili. Fondamentale per l’identificazione, l’autenticazione e la sicurezza delle transazioni è il “trust service” (o “servizio fiduciario”), definito dal Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE (“Reg. eIDAS” sul quale v. G. Manca, Regolamento eIDAS, obiettivi e stato della diffusione), all’art. 3 n. 16), quale:
“un servizio elettronico fornito normalmente dietro remunerazione e consistente nei seguenti elementi:
- creazione, verifica e convalida di firme elettroniche, sigilli elettronici o validazioni temporali elettroniche, servizi elettronici di recapito certificato e certificati relativi a tali servizi; oppure
- creazione, verifica e convalida di certificati di autenticazione di siti web; o
- conservazione di firme, sigilli o certificati elettronici relativi a tali servizi.”
Dunque, la prova digitale ha caratteristiche peculiari, le quali possono porre questioni in materia di autenticità, di integrità e di sicurezza di questo tipo di prova. Queste ultime questioni possono essere più o meno complesse secondo il tipo di prova digitale: esistono forme complesse di prove digitali (per esempio, un documento informatico sottoscritto con firma digitale) e forme più semplici di prove digitali (come, per esempio, e-mail o SMS). Diversa è l’efficacia probatoria secondo il tipo di prova digitale. Nell’accezione ampia qui adottata, prova digitale è anche la prova testimoniale raccolta tramite videoconferenza e conservata su supporto informatico.
Documento informatico, firma elettronica e digitale
La dematerializzazione dei documenti ha trasformato il concetto di “prova scritta” nel processo civile. Tra le prove documentali oggi assumono peculiare rilievo i documenti informatici, destinati ad acquisire una importanza sempre maggiore rispetto ai documenti cartacei[1]. Mentre la normativa sulle prove documentali è contenuta nel codice civile e nel codice di procedura civile, il documento informatico è disciplinato dal d.lgs n. 82/2005 e successive modificazioni (recante il Codice dell’amministrazione digitale; “CAD”). La lett. p) dell’art. 1 CAD definisce il documento informatico come “il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.
La normativa nazionale va integrata e coordinata con la legislazione dell’Unione europea. In particolare, l’art. 3 n. 35) Reg. eIDAS definisce documento elettronico “qualsiasi contenuto conservato in forma elettronica, in particolare testo o registrazione sonora, visiva o audiovisiva”. L’art. 46 Reg. eIDAS (rubricato Effetti giuridici dei documenti elettronici) stabilisce che “a un documento elettronico non sono negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica.” Pertanto, la prova digitale costituita dal documento elettronico deve avere pieno accesso nel processo civile, sia pure con una diversificata efficacia probatoria. Ai sensi della lett. s) art. 1 CAD firma digitale è “un particolare tipo di firma qualificata basata su un su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare di firma elettronica tramite la chiave privata e a un soggetto terzo tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici.”
Il comma 1 ter dell’art. 20 CAD dispone che l’utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume riconducibile al titolare di firma elettronica, salvo che questi dia prova contraria. Il comma 1 quater dell’art. 20 CAD fa salve le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei documenti in via telematica secondo la normativa, anche regolamentare, in materia di processo telematico. Il comma 3 dell’art. 20 CAD stabilisce che le “regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la copia, la duplicazione, la riproduzione e la validazione dei documenti informatici, nonché quelle in materia di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica, sono stabilite con le Linee guida.”
Il comma 4 dell’art. 20 CAD dispone che con le medesime regole tecniche sono definite le misure tecniche, organizzative e gestionali volte a garantire l’integrità, la disponibilità e la riservatezza delle informazioni contenute nel documento informatico. Infine, va fatto almeno un cenno al comma 1 dell’art. 32 (rubricato Obblighi del titolare di firma elettronica qualificata e del prestatore di servizi di firma elettronica qualificata), il quale stabilisce che “Il titolare del certificato di firma è tenuto ad assicurare la custodia del dispositivo di firma o degli strumenti di autenticazione informatica per l’utilizzo del dispositivo di firma da remoto, e ad adottare tutte le misure organizzative e tecniche idonee ad evitare danno ad altri; è altresì tenuto ad utilizzare personalmente il dispositivo di firma”.
Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale
L’art. 20 comma 1 bis del CAD (rubricato Validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici) stabilisce che il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. allorché “vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore”, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agid, ai sensi dell’art. 71 con “modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida.”
L’art. 2702 c.c. (rubricato Efficacia della scrittura privata) dispone che la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta. Il documento informatico sottoscritto con firma digitale ha la stessa efficacia probatoria della scrittura privata, come disciplinata dall’art. 2702 c.c.
L’art. 25 Reg. eIDAS (rubricato Effetti giuridici delle firme elettroniche) stabilisce che “1. A una firma elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti per firme elettroniche qualificate. 2. Una firma elettronica qualificata ha effetti giuridici equivalenti a quelli di una firma autografa. 3. Una firma elettronica qualificata basata su un certificato qualificato rilasciato in uno Stato membro è riconosciuta quale firma elettronica qualificata in tutti gli altri Stati membri.”
Il comma 2 bis dell’art. 21 CAD dispone, inoltre, che “Salvo il caso di sottoscrizione autenticata, le scritture private di cui all’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile, se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale. Gli atti di cui all’articolo 1350, numero 13), del codice civile redatti su documento informatico o formati attraverso procedimenti informatici sono sottoscritti, a pena di nullità, con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale ovvero sono formati con le ulteriori modalità di cui all’articolo 20, comma 1 bis, primo periodo.”
Documento informatico senza firma (e-mail, Whatsapp, video)
La Corte di cassazione, in tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, ha precisato che il messaggio di posta elettronica (c.d. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (cfr. Cass., Sez VI civ. 14.5.2018 n. 11606).
L’art. 2712 c.c. (rubricato Riproduzioni meccaniche) dispone che “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.” Tale norma è stata riformata dall’art. 23 quater CAD, inserito dall’art. 16 comma 2 d.lgs n. 235/2010, il quale ha introdotto le riproduzioni “informatiche” nell’elencazione non tassativa contenuta nell’articolo.
La Corte di Cassazione ha stabilito che il già menzionato articolo oggi comprende anche le riproduzioni informatiche prive di firma digitale e, quindi, anche gli SMS (cfr. Cass., Sez II civ. ordinanza 21.2.2019 n. 5141). La Corte di cassazione ha statuito che lo “short message service” (“SMS”) contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è riconducibile nell’ambito dell’art. 2712 c.c., con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime. L’eventuale disconoscimento di tale conformità non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, ex art. 215 c.p.c., comma 2. Mentre in quest’ultimo caso in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo della stessa, la scrittura non può essere utilizzata nel primo non può escludersi che il giudice possa accertare la rispondenza all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (nella specie, veniva in questione il disconoscimento della conformità ad alcuni SMS della trascrizione del loro contenuto).
Il disconoscimento delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c., che fa perdere alle stesse la loro qualità di prova, pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve, tuttavia, essere chiaro, circostanziato ed esplicito (dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta). Al fine di non alterare l’iter procedimentale in base al quale il Legislatore ha inteso cadenzare il processo in riferimento al contraddittorio, tale disconoscimento deve essere tempestivo. In altri termini, il disconoscimento deve avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla rituale acquisizione delle riproduzioni (nella specie, un video), dovendo perciò intendersi la prima udienza o la prima risposta successiva al momento in cui la parte onerata del disconoscimento sia stata posta in condizione, avuto riguardo alla particolare natura dell’oggetto prodotto, di rendersi immediatamente conto del contenuto della riproduzione. Ne consegue che potrà reputarsi tardivo il disconoscimento di una riproduzione visiva soltanto dopo la visione relativa e quello di una riproduzione sonora soltanto dopo la sua audizione o, se congruente, la rituale acquisizione della sua trascrizione (Cass., Sez. lav., 21.9.2016 n. 18507 ; in senso conforme, cfr. Cass., Sez. lav., 28.1.2011 n. 2117).
La giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che la registrazione su nastro magnetico di una conversazione telefonica può costituire fonte di prova, a norma dell’art. 2712 c.c., se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta e che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, sempre che non si tratti di conversazione svoltasi tra soggetti estranei alla lite. Tale giurisprudenza ha anche chiarito che, affinché il giudice possa dedurre argomenti di prova da una registrazione su nastro magnetico è necessario che almeno una delle parti, tra le quali la conversazione stessa si svolge, sia parte in causa (cfr. Cass., Sez. VI civ., ordinanza 1°.3.2017 n. 5259). Per quanto concerne il disconoscimento, non è sufficiente una generica contestazione del documento. In tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c., il disconoscimento idoneo a fare perdere alle stesse la qualità di prova pur non soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c. deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (cfr. Cass., Sez. III civ., 19.1.2018 n. 1250; Cass., Sez. lav., 2.9.2016 n. 17526 ; Cass., Sez. lav., 17.2.2015 n. 3122 ; Trib. Milano, Sez. spec. imprese, Sez. A, 4.11.2015 n. 12287).
Tuttavia, il disconoscimento idoneo a fare perdere alle riproduzioni informatiche la qualità di prova non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215 comma 2 c.p.c. Mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura privata, il disconoscimento delle riproduzioni informatiche non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (cfr. Cass., Sez. III civ., 19.1.2018 n. 1250 cit.; Cass., Sez. lav., 2.9.2016 n. 17526 cit.; Cass., Sez. lav., 17.2.2015 n. 3122 cit.). In altri termini, l’avvenuto disconoscimento non inficia del tutto la portata probatoria di tali riproduzioni ma le degrada a livello di presunzioni semplici.
Udienze istruttorie in videoconferenza
Nel contesto della giustizia elettronica europea, l’utilizzo della videoconferenza nei procedimenti giudiziari è parte del Piano d’azione in materia di giustizia elettronica europea fin dal 2008[2]. Storicamente, l’assunzione delle prove costituisce l’utilizzo più importante della videoconferenza nei procedimenti transfrontalieri ma lo stesso è utilizzato per l’audizione di testimoni vulnerabili oppure oggetto di intimidazioni e per le audizioni di esperti, soprattutto nei processi penali. Per quanto concerne le udienze destinate all’acquisizione delle prove orali, le modalità di svolgimento a distanza impongono l’adozione di una serie di cautele volte a garantire l’effettività del diritto di difesa e il principio della parità delle armi.
I fattori che determinano l’audizione di testimoni a distanza sono economici (per esempio, la riduzione dei costi ex art. 97 Cost.), le difficoltà pratiche (per esempio, la malattia o un handicap del testimone) e la riduzione dei tempi dei processi (art. 111 Cost.). Se si tratta di una testimonianza cruciale, è opportuna l’audizione mediante comparizione fisica del testimone dinanzi al Giudice. Ça va sans dire, è meno facile osservare e interpretare il comportamento di un testimone nel caso di un’audizione a distanza. Il principio della parità delle armi va rispettato in ogni caso. Inoltre, le modalità tecniche utilizzate diventano importanti ai fini dell’acquisizione della prova testimoniale (per esempio, una connessione non perfetta può alterare la trasmissione). In altri termini, è necessario adottare cautele tali da evitare che le modalità tecniche di audizione a distanza di un testimone possano rivelarsi uno svantaggio per una delle parti (cfr. le Guidelines on Electronic Evidence in Civil and Administrative Proceedings adottate il 30.1.2019 dalla Commissione europea sulla cooperazione giudiziaria del Consiglio d’Europa).
Va, infine, ricordato che l’art. 422 c.p.c. (rubricato Registrazione su nastro) prevede che il giudice può autorizzare la sostituzione della verbalizzazione da parte del cancelliere con la registrazione su nastro delle deposizioni di testi e delle audizioni delle parti o di consulenti. La normativa emergenziale, fra l’altro, prevede lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all’assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione, mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del DGSIA del Ministero della giustizia. Pertanto, la normativa emergenziale non consente, a tutt’oggi, l’assunzione delle prove testimoniali a mezzo videoconferenza.
Tipicità dei mezzi di prova e prova atipica nel processo civile
La prova digitale è entrata con prepotenza nel processo civile già da diversi anni. Il nostro Legislatore – anziché procedere alla riscrittura delle norme sostanziali e procedurali in materia di prove nel processo civile – ha preferito dettare normativa specifica ma non organica. Invece, la tassonomia della prova digitale comprende elementi che, generalmente, sono estranei alle trattazioni sul diritto alla prova. Basti considerare, a titolo esemplificativo, i metadata, l’integrità e la sicurezza della prova digitale. Le caratteristiche di questo nuovo tipo di prove richiedono spesso operazioni di estrazione, di raccolta, di acquisizione e di produzione in giudizio affidate o supportate da tecnici informatici. Una delle caratteristiche di questo tipo di prove è la volatilità, la modificabilità e la non tracciabilità. Tant’è che le operazioni di analisi e di gestione della prova digitale possono danneggiare gli elementi probatori e, quindi, svilirne l’efficacia persuasiva nel processo civile.
Contro l’ammissibilità della prova digitale nel processo civile sono state avanzate obiezioni basate sul principio della tipicità dei mezzi di prova. In effetti, la normativa sul processo civile regola i diversi mezzi di prova, che vengono detti prove tipiche o nominate. Nell’ordinamento civilistico manca a tutt’oggi una norma generale – come quella dell’art. 189 c.p.p. nel processo penale – che legittima espressamente l’ammissibilità delle prove non disciplinate dalla legge. Tuttavia, l’argomentazione non persuade. Un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità ritiene che, difettando nell’ordinamento processuale vigente una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova, il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove c.d. atipiche (v. da ultimo Cass., Sez. II civ., 20.1.2017 n. 1593).
In Francia, il Legislatore ha scelto di modificare il Code civil con l’Ordonnance n. 2016-131 del 10.2.2016. Quest’ultima ha riformato, fra l’altro, l’1358 del Code civil, il quale oggi prevede che “Hors les cas où la loi en dispose autrement, la preuve peut être apportée par tout moyen.” Il codice civile francese oggi prevede che la prova può essere data in tutti i modi, salvi i casi in cui la legge prevede diversamente. Anche il concetto di “scritto” in Francia è stato adattato alla realtà dell’era digitale.
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Note
- Cfr. N. Picardi, Manuale del processo civile, Milano, 2019, p. 346 ss. ↑
- Cfr. La videoconferenza nel contesto della giustizia elettronica europea e il Piano d’azione in materia di giustizia elettronica europea approvato dal Consiglio nel novembre 2008. Inizialmente, l’impiego dello strumento della videoconferenza è stato previsto per le audizioni dei testimoni, esperti o vittime dalla seguente legislazione: art. 10 Convenzione 29.5.2000 relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’UE; artt. 10 par. 4 e 17 par. 4 Reg. (CE) n. 1206/2001 del Consiglio 28.5.2001 relativo alla cooperazione fra le Autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile e commerciale; art. 9 par. 1 Dir. 2004/80/CE del Consiglio 29.4.2004 relativa all’indennizzo delle vittime di reato; artt. 8 e 9 par. 1 del Reg. (CE) n. 861/2007 del Parlamento europea e del Consiglio 11.7.2007 che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità; art. 11 par. 1 Decisione-quadro 2001/220/GAI del Consiglio 15.3.2001 relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale. Più di recente v. Piano d’azione 2019-2023 in materia di giustizia elettronica europea. ↑