La riforma Cartabia ha codificato – nell’art. 121 c.p.c., accostandolo al principio della libertà di forme – il principio generale della chiarezza e sinteticità di tutti gli atti dei processi civili telematici (introdotti dopo il primo settembre 2023).
La novella riguarda sia gli atti di parte sia gli atti del magistrato, mirando, fra l’altro, ad agevolare la digitalizzazione della giustizia civile e, quindi, la lettura e la comprensione degli atti digitali nonché a garantire la ragionevole durata del processo.
La codificazione del principio generale di chiarezza e sinteticità
La riforma Cartabia ha codificato, novellando l’art. 121 c.p.c., il principio generale di sinteticità e di chiarezza di tutti gli atti del processo civile. La modifica trae origine da uno specifico criterio di delega, di cui all’art. 1, co. 17, lett. d), della legge-delega n. 206/2021. Il predetto intervento è stato deciso non solo in un’ottica acceleratoria ma soprattutto tenendo conto dello sviluppo e del consolidamento del processo civile telematico (p.c.t.).
La Relazione illustrativa al d.lgs n. 149/2022 chiarisce che tali princìpi sono ormai immanenti nel processo civile, come risulta dalla giurisprudenza consolidata della Cassazione. La Corte di cassazione, fin dal 2014, ha ripetutamente stabilito che il principio di sinteticità degli atti processuali è stato introdotto nell’ordinamento processuale con l’art. 3, co. 2, del c.p.a., il quale esprime un principio generale del diritto processuale. Tale principio generale è destinato a operare anche nel processo civile, in quanto funzionale a garantire il principio di ragionevole durata del processo, costituzionalizzato con la modifica dell’art. 111 Cost., e il principio di leale collaborazione tra le parti processuali e tra queste ed il giudice (Cass., Sez. 5, 30/04/2020, n. 8425; Cass., Sez. 5, 21/03/2019, n. 8009; Cass., Sez. Un., 17/01/2017, n. 964; Cass., Sez. 2, 20/10/2016, n. 21297; Cass., Sez. lav., 06/08/2014, n. 17698).
Cosa cambia con la riforma Cartabia
La recente riforma, oltre ad aver modificato l’art. 121 c.p.c., è intervenuta sugli artt. 163 co. 3 n. 4) (atto di citazione), 164 (nullità della citazione), 167 (comparsa di risposta), 281 undecies (atti introduttivi del procedimento semplificato di cognizione), 342 (forma dell’appello), 350 bis (decisione a seguito di discussione orale in appello), 366 (contenuto del ricorso per cassazione), 378 (deposito di memorie nel giudizio di legittimità), 380 bis (procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili) o manifestamente infondati, 380 bis.1 (procedimento per la decisione in camera di consiglio), 434 (ricorso in appello nel rito del lavoro), 436 bis (sentenza di inammissibilità, improcedibilità, manifesta fondatezza o infondatezza dell’appello nel rito del lavoro), 473 bis.12 (forma della domanda introduttiva del procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie), 473 bis.17 (ulteriori difese nel procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie) c.p.c. e sull’art. 46 disp. att. c.p.c.
Con decreto 07/08/2023 n. 110 (recante il Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell’art. 46 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile), il Ministero della giustizia ha dettato i criteri di redazione e i limiti dimensionali (per le cause di valore inferiore a 500.000 euro) di tutti gli atti del p.c.t., regolando altresì gli schemi informatici degli atti del p.c.t., con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo.
Il principio applicato al processo civile telematico
L’art. 121 c.p.c. ora sancisce oltre al principio della libertà di forme – secondo cui gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento de loro scopo – anche il principio della chiarezza e della sinteticità (a norma del quale tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico).
La novella ha specificato che tutti gli atti del p.c.t. – non solo quelli di parte ma anche quelli del giudice – sono redatti in modo:
- chiaro: l’atto deve essere facilmente e immediatamente intelligibile e comprensibile;
- sintetico: l’atto non deve contenere ripetizioni, non deve essere ridondante e prolisso. Tuttavia, sinteticità non è sinonimo di brevità. L’esposizione dovrà essere concisa, essenziale e completa, evitando il superfluo.
I suddetti due requisiti della chiarezza e della sinteticità sono autonomi fra loro ma inevitabilmente collegati. Così come il principio della libertà di forme, anche i princìpi di chiarezza e di sinteticità degli atti del p.c.t. va letto nella prospettiva della funzionalità della forma allo scopo dell’atto. L’ambito in cui può manifestarsi il principio della libertà della forma è sempre stato limitato ai pochi casi in cui nessuna disposizione di legge predetermina la forma dell’atto processuale. Si tratta di una norma di chiusura del sistema, in quanto stabilisce non solo il principio della libertà per tutto ciò che non è espressamente disciplinato ma soprattutto il principio della strumentalità delle forme.
Quest’ultima regola generale significa che le forme non hanno un valore intrinseco proprio ma sono poste per raggiungere pienamente lo scopo di ciascun atto e la loro osservanza va misurata col metro del raggiungimento di questo scopo. Direttiva principale della disciplina della nullità è proprio il principio della strumentalità delle forme: l’art. 156 co. 2 c.p.c., infatti, dispone che la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato. Pertanto, l’invalidità di un atto processuale non consegue alla semplice inosservanza della forma ma dal rapporto tra il vizio e lo scopo dell’atto; la nullità dell’atto può essere pronunciata solo quando l’atto, per effetto del vizio che presenta, non ha potuto conseguire il suo scopo. La forma dell’atto processuale deve rispondere alla necessità tecnica di far conseguire all’atto il suo scopo e di farlo pervenire alla conoscenza del suo destinatario. Il Legislatore della riforma è intervenuto per elevare alcune esigenze tecniche a regole generali. Le forme processuali rispondono a una necessità di ordine, di efficienza e la loro osservanza rappresenta una garanzia di regolare e leale svolgimento del processo e di rispetto dei diritti delle parti.
I criteri redazionali dettati dall’art. 2 d.m. n. 110/2023 contemplano, oltre alle parti tradizionali o classiche dell’atto processuale (quali, a titolo esemplificativo, la intestazione, la indicazione delle parti processuali, la parte in fatto, i motivi di diritto, le conclusioni e l’indice dei documenti prodotti), un paio di novità tipiche del documento informatico.
Il ruolo dei link
Al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità, il collegamento (link) ipertestuale ha un ruolo importante fra i criteri redazionali dell’atto processuale digitale, essendo espressamente previsto dall’art. 2 co. 1 lett. f) e lett. i) e dall’art. 5 co. 2 d.m. n. 110/2023. L’art. 2 co. 1 lett. f) e lett. i) d.m. n. 110/2023 stabilisce che i documenti offerti in comunicazione devono essere preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale. L’art. 5 co. 2 d.m. n. 110/2023 stabilisce che, nel caso in cui si renda necessario il superamento dei limiti dimensionali, dopo la intestazione dell’atto va inserito un indice preferibilmente con collegamenti ipertestuali, oltre a una breve sintesi del contenuto dell’atto.
Il collegamento ipertestuale facilita la lettura e la comprensione dell’atto processuale digitale, perché rinvia automaticamente il lettore al documento collegato, aprendolo in una nuova finestra.
Il valore delle keyword
Oltre al collegamento ipertestuale hanno un ruolo significativo anche le parole chiave (keyword) che individuano l’oggetto del giudizio (nel numero massimo di venti). Né la novella né la legge-delega specificano cosa deve intendersi con tale locuzione. La legge-delega si limita a indicare, fra l’altro, il seguente criterio direttivo: prevedere che i provvedimenti del giudice e gli atti del processo per i quali la legge non richiede forme determinate possano essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo, nel rispetto dei principi di chiarezza e sinteticità, stabilendo che sia assicurata la strutturazione di campi necessari all’inserimento delle informazioni nei registri del processo (art. 1 co. 17 lett. d).
L’art. 11 d.m. n. 110/2023 richiama espressamente l’art. 11 d.m. n. 44/2011 e dispone che gli atti giudiziari sono redatti secondo le regole dettate dalla predetta norma e sono corredati dalla compilazione degli schemi informatici conformi alle specifiche tecniche di cui all’art 34 d.m. n. 44/2011.
Divieto di sanzioni sulla validità degli atti
Il Legislatore non ha previsto specifiche sanzioni in caso di difetto dei requisiti di chiarezza e di sinteticità e ha espressamente stabilito che il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico, dei criteri di redazione e dei limiti dimensionali non comporta invalidità dell’atto processuale ma può essere valutati dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo (art. 46 co. 6 disp. att. c.p.c.).
Pur in assenza di sanzioni specifiche, l’art. 164 co. 4 c.p.c. dispone che la citazione è nulla, fra l’altro, quando manca l’esposizione dei fatti di cui al n. 4) dell’art. 163 c.p.c. La novella del 2022 ha modificato il n. 4) dell’art. 163 c.p.c., che ora prevede “l’esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”. Perciò, la mancanza di chiarezza dell’atto di citazione può determinarne la nullità, qualora sia tale da rendere assolutamente incerto il petitum o la causa petendi; in tal caso, può trovare applicazione l’art. 164 c.p.c., che prevede l’assegnazione di un termine perentorio per l’integrazione dell’atto. Parimenti, la riforma Cartabia è intervenuta sull’art. 167 co. 1 c.p.c., prevedendo che nella comparsa di costituzione e risposta il convenuto deve proporre le sue difese prendendo posizione in modo chiaro e specifico sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda.