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Processo penale digitale, lavori in corso: cosa cambia dopo il decreto attuativo

Il decreto attuativo approvato dal Governo Draghi introduce importanti novità relativamente alla procedura penale digitale: il percorso di innovazione del processo entra nel vivo, con nuove indicazioni su come svolgere a distanza le attività necessarie all’espletamento dell’iter giudiziario

Pubblicato il 02 Set 2022

Ione Ferranti

Studio legale Ferranti

Giustizia digitale

Uno degli aspetti cruciali della riforma della giustizia penale è la transizione digitale del processo penale. Il decreto attuativo approvato dal Governo Draghi il 4 agosto scorso introduce nel nostro sistema giudiziario significative novità in materia di giustizia penale digitale. L’articolo esamina le più significative di tali novità.

Riforma della giustizia civile digitale, cosa cambia con il decreto attuativo

Formazione, datazione e sottoscrizione dell’atto penale digitale

Lo schema di decreto legislativo approvato (in esame preliminare), il 4 agosto scorso, dal Governo Draghi, di attuazione della legge-delega di riforma del processo penale contiene numerose e significative novità in materia di giustizia penale digitale (cfr. G. Spangher, Riforma Cartabia: presentato al CdM lo schema di decreto attuativo della legge delega, 17/08/2022 in Il Quotidiano giuridico Ipsoa). La Relazione illustrativa chiarisce che lo schema di decreto legislativo – composto di ben novantanove articoli – contiene un riforma ampia, organica e di sistema, intervenendo sul codice penale, sul codice di procedura penale e sulle principali leggi complementari ai due codici. L’ambizioso e principale scopo della riforma è il rinvigorimento dell’efficienza della giustizia penale, in vista della piena attuazione dei princìpi costituzionali e dell’UE nonché del raggiungimento degli obiettivi del PNRR.

Uno degli aspetti cruciali della riforma è la transizione digitale e telematica del processo penale, realizzata mediante una serie di significative innovazioni in tema di formazione, deposito, notificazione e comunicazione degli atti e in materia di registrazioni audiovisive e di partecipazione a distanza ad alcuni atti del procedimento e/o all’udienza.

Il comma 5 dell’art. 1 della legge-delega n. 134/2021 delinea un unico e organico contesto normativo di riferimento ‒ ovvero un insieme di norme tali da favorire la transizione digitale, sia direttamente sia indirettamente ‒ orientato all’istituzione di un ambiente o ecosistema digitale per il procedimento penale. L’art. 1 comma 5 lett. a) legge-delega n. 134/2021 fissa i seguenti princìpi e criteri direttivi: “prevedere che atti e documenti processuali possano essere formati e conservati in formato digitale, in modo che ne siano garantite l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza; prevedere che nei procedimenti penali in ogni stato e grado il deposito di atti e documenti, le comunicazioni e le notificazioni siano effettuati con modalità telematiche; prevedere che le trasmissioni e le ricezioni in via telematica assicurino al mittente e al destinatario certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione, nonché’ circa l’identità del mittente e del destinatario; prevedere che per gli atti che le parti compiono personalmente il deposito possa avvenire anche con modalità non telematica”.

Articolo 110 c.p.p.

A tale scopo, lo schema di decreto legislativo introduce nuove disposizioni nel Libro II del codice di procedura penale (dedicato agli atti del procedimento) finalizzate alla costituzione di un ecosistema digitale per tutte le fasi del procedimento penale. Non vengono introdotte nuove previsioni in materia di invalidità degli atti ma si adattano quelle esistenti alla transizione digitale. Il novellato art. 110 c.p.p. individua, quale modalità generale di formazione di ogni atto del procedimento penale, quella digitale. Il novellato primo comma dell’art. 110 c.p.p. dispone che, quando è richiesta la forma scritta, gli atti del procedimento penale sono redatti e conservati in forma di documento informatico, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità, l’interoperabilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza. Conformemente con quanto previsto dalla legge-delega, il decreto attuativo consacra un nuovo modello di atto processuale, i cui presupposti di legittimazione nel processo penale sono legati ad alcuni requisiti imprescindibili.

Gli atti penali redatti in forma di documento informatico devono rispettare la normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la conservazione, l’accesso, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici (comma 2 art. 110 c.p.p. novellato). La norma prescrive il rispetto della normativa sovranazionale e nazionale concernente la redazione, la sottoscrizione, l’accesso, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici (v. d.m. n. 44/2011).

Al comma 3 art. 110 c.p.p., è prevista una deroga alla regola generale dettata al comma 1, per tutti gli atti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere redatti in forma di documento informatico. Tale clausola consente il ricorso alle modalità tradizionali anche nelle ipotesi – diverse dai casi di malfunzionamento di cui all’art. 175 bis c.p.p. – in cui contingenti e specifiche esigenze o caratteristiche proprie dell’atto non consentano la formazione dell’atto nativo digitale. Tale deroga è un corollario della deroga relativa al deposito telematico (di cui all’art. 111 bis c.p.p.).

Al comma 4 art. 110 c.p.p., è previsto che gli atti redatti in forma di documento analogico siano convertiti, senza ritardo, in copia informatica per mano dell’ufficio che li ha formati o ricevuti, sempre nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici, così da assicurare in ogni caso la completezza del fascicolo informatico. Lo schema di decreto non indica un termine di conversione in copia informatica dell’originale analogico ma prevede che la conversione sia effettuata “senza ritardo”. Si tratta di disposizione generale applicabile, dunque, a tutti gli atti del procedimento penale, ivi compresi, ovviamente, i provvedimenti del giudice.

Articolo 111 c.p.p.

La novella dell’art. 111 c.p.p. adatta il tema della data e della sottoscrizione degli atti alla nuova modalità digitale. Il comma 1 art. 111 c.p.p. ripresenta la regola generale vigente, da ritenersi operante sia per l’atto analogico che per quello informatico. Resta immutata la regola, già dettata dal comma 2 dell’articolo 111 c.p.p. nel testo vigente, secondo la quale se l’indicazione della data di un atto è prescritta a pena di nullità, questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza, in base ad elementi contenuti nell’atto medesimo o in atti a questo connessi. Non si è ritenuta necessaria una interpolazione relativa agli elementi da cui desumere la data dell’atto, quando questo sia redatto in forma di documento informatico, posto che il richiamo generale al rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici, rimanda inequivocabilmente ai criteri stabiliti dalle regole tecniche per ricostruire l’elemento temporale attraverso atti connessi a quello (informatico) privo di data o a dati registrati dai sistemi informatici.

Il comma 2 bis è dedicato al tema della sottoscrizione e introduce la nuova disciplina della sottoscrizione dell’atto informatico, con la tecnica del rinvio alla normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. Si tratta della tecnica prescelta per la formulazione di tutte le disposizioni cardine del nuovo processo telematico (in luogo del recepimento nel testo di specifiche regole tecniche, che avrebbe invece imposto una inammissibile necessità di continuo adeguamento delle disposizioni del codice processuale al mutamento delle predette regole conseguenti alla evoluzione tecnologica; cfr. Relazione illustrativa).

I nuovi commi 2 ter e 2 quater art. 111 c.p.p. disciplinano i casi già disciplinati dall’articolo 110 c.p.p. e in particolare:

  1. la ricezione di un atto orale: prevede la trascrizione in forma di documento informatico, contenente l’attestazione da parte dell’autorità procedente, che sottoscrive il documento a norma del comma 2 bis, della identità della persona che lo ha reso (art. 111 comma 2 ter c.p.p.)
  2. la sottoscrizione dell’atto redatto in forma di documento analogico: la norma ripropone la previsione già contenuta nel comma 1 dell’articolo 110, secondo la quale “se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell’atto, del nome e cognome di chi deve firmare”; nel caso in cui chi deve firmare non sia in grado di scrivere, il pubblico ufficiale al quale è presentato l’atto scritto o che riceve l’atto orale, accertata l’identità della persona, ne fa attestazione in fine dell’atto medesimo (art. 111 comma 2 quater c.p.p.).

La regola generale del deposito telematico e le eccezioni

Le nuove disposizioni di cui agli artt. 111 bis e 111 ter c.p.p. costituiscono l’architrave del nuovo processo telematico. La prima delle due disposizioni prevede l’obbligatorietà e la esclusività del deposito telematico di atti, documenti, richieste e memorie, conformemente ai princìpi e ai criteri direttivi fissati dal legislatore delegante. Le nuove disposizioni impongono il rispetto della normativa, sovranazionale e nazionale, anche di rango regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici (v. d.m. n. 44/2011).

Il nuovo art. 111 bis c.p.p. disciplina il deposito telematico, prevedendo al primo comma che ‒ salvo quanto previsto dall’articolo 175 bis c.p.p. ‒ in ogni stato e grado del procedimento, il deposito di atti, documenti, richieste, memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici (v. d.m. n. 44/2011). Il deposito telematico assicura la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione, nonché l’identità del mittente e del destinatario, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici (art. 111 bis comma 2 c.p.p.).

La regola generale soffre due eccezioni, previste dai commi 3 e 4 dell’art. 111 bis c.p.p.

La prima deroga è prevista dal comma 3 art. 111 bis c.p.p., il quale stabilisce che la previsione dell’obbligatorietà del deposito telematico non si applica per gli atti e documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica”. In altri termini, la regola generale del deposito telematico viene derogata nel caso di atti e documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica (art. 111 bis comma 3 c.p.p.).

La seconda deroga è prevista dal comma 4 art. 111 bis c.p.p., il quale prevede che gli atti che le parti compiono personalmente possono essere depositati anche con modalità non telematiche.

Il fascicolo processuale informatico 

L’art. 111 ter c.p.p. concerne la formazione e la tenuta dei fascicoli informatici. La norma prevede che i fascicoli informatici del procedimento penale siano formati, conservati, aggiornati e trasmessi in modalità digitale, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la accessibilità, la leggibilità, l’interoperabilità nonché un’efficace e agevole consultazione telematica. In sostanza, la transizione digitale del processo penale deve assicurare una modalità che faciliti, per il lettore, l’orientamento tra gli atti inseriti nel fascicolo informatico (funzione che, nell’analogico, è svolta, in maniera più rudimentale, dall’indice), così da garantire non solo integrità, accessibilità e facile leggibilità del fascicolo ma soprattutto maggiore effettività al diritto di difesa delle parti.

Si è previsto espressamente al comma 2 che la disposizione generale di cui al comma 1 vale anche quando la legge preveda la trasmissione di singoli atti e documenti, disgiunti dal fascicolo processuale.

Per gli atti depositati in modalità analogica, si prevede, al comma 3, una pronta conversione in copia informatica ai fini del loro inserimento nel fascicolo informatico, con la stessa clausola di salvezza prevista per gli atti e i documenti formati e depositati in forma di documento analogico che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possano essere acquisiti o convertiti in copia informatica. Tale previsione estende la clausola di salvezza a tutte le ipotesi e le forme di acquisizione di originali di scritti e documenti (di cui all’art. 234 c.p.p.). in ogni caso, nel fascicolo informatico va inserito un elenco dettagliato di tutti gli atti e documenti che, per qualsiasi ragione, siano acquisiti in forma di documento analogico e non siano stati convertiti in copia informatica. Tale disposizione mira a preservare completezza e continuità del fascicolo processuale anche laddove parte dello stesso fascicolo sia in forma di documento analogico, offrendo altresì alle parti uno strumento utile per comprendere quali e quanti degli atti e documenti che compongono quel fascicolo siano presenti solo in cartaceo.

Al comma 4 si è, infine, precisato che le copie informatiche, anche per immagine, degli atti e documenti processuali, redatti in forma di documento analogico, presenti nei fascicoli informatici, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale di attestazione di conformità all’originale. Tale previsione nel sistema processuale civilistico (in cui agli avvocati è consentito l’accesso al fascicolo informatico) ha reso possibile per l’avvocato estrarre duplicati e copie dal fascicolo informatico o ricevere via p.e.c. dalla cancelleria gli “originali” da utilizzare come duplicati o copie per successive attività processuali, senza firma di attestazione di conformità. Nel sistema processuale penale, la norma è parsa utile per le ipotesi di atti che, pur nel regime di obbligatorietà del deposito telematico, siano redatti, per ragioni processuali o contingenti in formato analogico (cfr. Relazione illustrativa).

Termini processuali e casi di malfunzionamento dei sistemi informatici

L’articolo 172 c.p.p., che detta le regole generali in materia di termini processuali, è stato novellato attraverso l’aggiunta di due commi. I due nuovi commi prevedono quanto segue:

  1. il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti in un ufficio giudiziario con modalità telematiche si considera rispettato se l’accettazione dello stesso da parte del sistema informatico avviene entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile;
  2. salvo sia diversamente stabilito, i termini decorrenti dal deposito telematico degli atti effettuato fuori dell’orario d’ufficio stabilito dal regolamento si computano dalla data della prima apertura immediatamente successiva dell’ufficio.

Scopo della disposizione è, da un lato, favorire l’esercizio del diritto di difesa e, dall’altro, non compromette l’organizzazione giudiziaria.

Malfunzionamento certificato

Il nuovo art. 175 bis c.p.p. regola specificamente due diverse ipotesi di malfunzionamento dei sistemi informatici dei domini del Ministero della giustizia. La prima ipotesi concerne il malfunzionamento c.d. certificato, ovvero le ipotesi di malfunzionamento generalizzato dei domini del Ministero della giustizia (v. commi 1 e 2 art. 175 bis c.p.p.). In tal caso, il malfunzionamento è certificato dal DGSIA del Ministero della giustizia, attestato sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia e comunicato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati. Con le medesime modalità va accertato, attestato e comunicato il ripristino del corretto funzionamento. In ogni caso, è indispensabile che vengano registrati e, quindi, attestati tanto la data di inizio e quanto quella della fine del malfunzionamento.

Malfunzionamento non certificato

La seconda ipotesi concerne il malfunzionamento c.d. non certificato, che può verificarsi in relazione a uno specifico ufficio giudiziario e/o in ambito locale e che, comunque, sia tale da impedire, per un tempo più o meno consistente, l’accesso alla modalità telematica (v. comma 4 art. 175 bis c.p.p.). In tal caso, il malfunzionamento è accertato e attestato dal dirigente dell’ufficio ed è previsto che siano verificate e attestate la data di inizio e quella della fine del malfunzionamento.

Cosa fare in caso di malfunzionamento

In relazione a entrambe le ipotesi si è comunque previsto un onere di comunicazione da parte del dirigente con modalità che si è ritenuto di definire solo con riferimento all’obiettivo perseguito di assicurare la tempestiva conoscibilità da parte dei soggetti interessati.

Il comma 3 art. 175 bis c.p.p., con una previsione che vale per entrambi i casi di malfunzionamento (attraverso il richiamo operato nel comma 4), prevede che durante tutto il periodo del malfunzionamento, gli atti e i documenti vengano redatti in forma di documento analogico e depositati con modalità non telematiche. La norma mira a evitare situazioni di stallo nell’attività processuale e, nel contempo, a garantire la completezza e la continuità del fascicolo informatico, atteso il richiamo all’obbligo di conversione in copia informatica con conseguente inserimento nel fascicolo informatico (v. artt. 110 comma 4 e 111 ter comma 4 c.p.p. novellato).

La disposizione di cui al comma 5 dell’art. 175-bis c.p.p., relativa alle ipotesi in cui la scadenza di un termine stabilito a pena di decadenza sia intervenuto nel corso del malfunzionamento, intende provvedere per i casi in cui la parte sia incorsa nella decadenza, senza fare ricorso alla tradizionale modalità analogica. Il richiamo alla disposizione di cui all’art. 175 c.p.p. chiarisce che sarà, in tali casi, onere della parte dimostrare che ciò è avvenuto per caso fortuito o forza maggiore. La disciplina operante sarà, in tali casi, quella prevista dal richiamato articolo 175 c.p.p.

La Relazione illustrativa chiarisce che la nuova disciplina si muove secondo precise direttrici fondamentali:

  1. il malfunzionamento del sistema non può incidere sulla normale prosecuzione dell’attività processuale;
  2. va escluso che i casi di malfunzionamento possano costituire causa di proroga o sospensione di diritto di termini processuali.

La riforma opera un bilanciamento dei valori in gioco, prevedendo una soluzione che non consenta eccezioni al rispetto dei termini perentori stabiliti dal codice processuale che attengono, direttamente o indirettamente, alla tutela dei diritti fondamentali (fatta salva l’operatività della rimessione in termini ex art. 175 c.p.p.). Invero, si tratta di una soluzione che implica oneri aggiuntivi di diligenza da parte di tutti gli operatori della giustizia (si pensi, per esempio, all’onere di continuo e tempestivo back up dei dati necessari allo svolgimento delle attività processuali).

Notifiche telematiche e dichiarazione di domicilio digitale

Lo schema di decreto legislativo contiene un’ampia riformulazione della disciplina delle notificazioni, improntate sulla regola generale della notificazione per via telematica, salvo i casi in cui “per espressa previsione di legge, per l’assenza o l’inidoneità di un domicilio digitale del destinatario o per la sussistenza di impedimenti tecnici, non è possibile procedere con le modalità indicate al comma 1, e non è stata effettuata la notificazione con le forme previste nei commi 2 e 3”. La nuova disposizione generale dell’art. 148 c.p.p. costruisce le coordinate fondamentali che orientano tutta la disciplina delle notificazioni. Nell’attuazione del criterio di delega relativo alle notificazioni telematiche risulta centrale la scelta di campo – che presiede a tutte le disposizioni in materia di notificazioni – operata con la individuazione del “domicilio digitale”, la cui disponibilità da parte del destinatario costituisce presupposto indefettibile perché la notificazione per via telematica garantisca, in coerenza con quanto previsto dalla legge delega, che “le trasmissioni e le ricezioni in via telematica assicurino al mittente e al destinatario certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione, nonché circa l’identità del mittente e del destinatario” (cfr. Relazione illustrativa).

Il domicilio digitale è definito e regolato dal d.lgs n. 82/2005 (“CAD”; art. 1 comma 1 lett. n-ter).Il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di p.e.c. o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. n-ter del CAD. Atteso il richiamo alla normativa anche regolamentare, va considerato quanto dispone l’art. 16 ter d.l. n. 179/2012 (conv. in l. n. 221/2012), il quale ‒ in linea con il CAD (applicabile anche al processo penale, per quanto di interesse) ‒ specifica come le notifiche nel processo debbano essere realizzate al domicilio digitale del destinatario reperito presso i pubblici elenchi. Peraltro, l’art. 2 comma 5 CAD dispone che le disposizioni del Codice stesso si applicano al processo penale “in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico)”.

I pubblici elenchi

Sono “pubblici elenchi” dai quali possono essere attinti gli indirizzi p.e.c. dei destinatari delle notifiche telematiche quelli previsti dalle seguenti norme:

  1. art. 6 bis CAD, il quale prevede la istituzione di un pubblico elenco denominato Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero dello sviluppo economico;
  2. art. 6 quater CAD, in fase di istituzione;
  3. art. 62 CAD, non ancora istituito. Al completamento dell’ANPR di cui all’art. 62, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) provvede al trasferimento dei domicili digitali contenuti nell’elenco di cui all’art. 6 quater CAD nell’ANPR;
  4. art. 16 comma 12 d.l. n. 179/2012 (conv. con modif. dalla l. n. 221/2012), il quale prevede la istituzione di un registro, formato dal Ministero della giustizia, contenente gli indirizzi di p.e.c. delle PP.AA., consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati;
  5. art. 16 comma 6 d.l. n. 185/2008 (conv. con modif. dalla l. n. 2/2009) ovvero il Registro delle Imprese;
  6. il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), gestito dal Ministero della giustizia, il quale contiene i dati identificativi nonché l’indirizzo di p.e.c. dei soggetti abilitati esterni (avvocati, curatori, CTU e ausiliari del giudice in genere);
  7. art. 6 ter CAD, realizzato e gestito dall’AgID, ma solo in caso di mancata indicazione nell’elenco di cui all’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012 (conv. con modif. dalla l. n. 221/2012) dell’indirizzo di p.e.c. della PA.

Per i comuni cittadini, il CAD prevede ora l’INAD, gestito dall’AGID, ovvero l’indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese. Le linee guida relative all’INAD sono state rilasciate dall’AGID a settembre 2021 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 172 del 25 luglio 2022.

In tale contesto normativo, l’opzione di fondo prescelta nello schema di decreto legislativo è stata quella di:

  • prevedere come regola generale la notificazione per via telematica, ove il destinatario sia titolare di un “domicilio digitale” inteso nei termini sopra riferiti (v. art. 148 c.p.p.);
  • prevedere la notifica presso un indirizzo di posta elettronica certificata solo nell’ipotesi in cui il destinatario abbia dichiarato tale domicilio telematico (v. art. 161 c.p.p.);
  • prevedere che, ai soli fini del rintraccio o delle comunicazioni di cortesia, il destinatario possa fornire anche un semplice indirizzo di posta elettronica, non certificato.

Il decreto attuativo detta una disciplina in linea con quanto stabilisce la normativa vigente riguardo al domicilio digitale, rispettosa della giurisprudenza europea e di legittimità in tema di diritto alla conoscenza del processo da parte dell’imputato. Diviene regola generale quella della notifica con modalità telematiche. In ogni caso, le modalità telematiche assicurano la identità del mittente e del destinatario, l’immodificabilità del documento trasmesso, nonché la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione. Tale generale modalità di notifica non è stata tuttavia contemplata come esclusiva, essendosi ritenuto di prevedere modalità sussidiarie discendenti dalla impossibilità di utilizzo di quella telematica e rappresentate dalle altre modalità ordinarie di notifica.

L’art. 157 c.p.p. è oggi destinato a disciplinare solo la notifica del primo atto all’imputato, al quale non sia applicabile la notifica telematica, mentre le norme ulteriori aggiunte disciplinano le notifiche successive alla prima e la notifica degli atti introduttivi del giudizio, per le quali, per l’appunto, la delega prevede modalità diverse.

In attuazione del principio generale ispiratore di tutta la disciplina delle notificazioni, volto ad accordare preminenza alla esecuzione con modalità telematica, tra le modalità alternative attraverso le quali l’imputato può comunicare all’autorità procedente la dichiarazione o elezione di domicilio ovvero il loro mutamento è prevista anche quella telematica, mediante il deposito di cui al nuovo art. 111 bis c.p.p. La modifica della norma prevede che l’elezione o dichiarazione di domicilio valga solo per la notificazione degli atti introduttivi del giudizio, e rispetto a ciò introduce una specifica eccezione che riguarda l’imputato detenuto.

Viene introdotta una specifica causa di nullità con riferimento all’ipotesi in cui il mezzo adottato non possieda i requisiti tecnici indicati all’art. 148, comma 1, idonei ad assicurare certezza anche temporale dell’avvenuta trasmissione e ricezione, l’identità del mittente e del destinatario dell’atto e l’integrità dell’atto.

Atti e udienze a distanza

Il decreto attuativo realizza nella massima ampiezza possibile l’individuazione dei nuove ipotesi di partecipazione ad atti e udienze a distanza (cfr. Relazione illustrativa). In quest’ottica, la partecipazione a distanza è stata prevista anche per atti del pubblico ministero o della polizia giudiziaria, seppur nei limitati casi in cui la configurazione degli stessi consentisse la prestazione del consenso a opera di una “parte”. Considerata la significativa estensione dell’àmbito di applicazione degli istituti in esame, il legislatore delegato ha ritenuto necessario concentrare in un apposito titolo del codice (il Titolo II bis del Libro II) una generale disciplina organica.

La significativa espansione degli istituti in questione è stata realizzata intervenendo sulla disciplina dell’istruttoria dibattimentale, inserendo nell’art. 496 c.p.p. un nuovo comma 2 bis, che generalizza la possibilità di esame a distanza di testimoni, imputati in procedimento connesso, periti, consulenti tecnici e parti private. Una disposizione sostanzialmente identica è stata inserita nella disciplina dell’attività di integrazione probatoria del giudice dell’udienza preliminare (art. 422 comma 2), che trova applicazione anche nell’ambito del giudizio abbreviato.

Suscettibili di essere partecipati a distanza sono stati ritenuti l’interrogatorio di garanzia della persona sottoposta a misura cautelare (art. 294 comma 4), nonché l’udienza di convalida dell’arresto o del fermo (art. 391 comma 1). Un ulteriore rilevante intervento, attuato sulla falsariga di quanto già previsto per il procedimento di sorveglianza (art. 678 comma 3.2), è stato eseguito sulle regole generali del rito camerale e del procedimento di esecuzione (art. 666 comma 4), per prevedere la possibilità di audizione a distanza della persona che richieda di essere sentita e risulti detenuta o internata in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, per la quale è attualmente prevista l’audizione unicamente ad opera del magistrato di sorveglianza del luogo (art. 127 comma 3).

L’impiego dei nuovi strumenti tecnologici è ritenuto compatibile nei procedimenti di cooperazione giudiziaria internazionale. Per quanto concerne la procedura estradizionale, oltre che all’interrogatorio (artt. 703 comma 2 e per i casi di arresto, 717 comma 2), la possibilità di partecipazione a distanza dell’estradando e del difensore è stata prevista, in generale, per l’intero procedimento camerale di estradizione (art. 704 comma 2).

In relazione agli atti di indagine del pubblico ministero, il legislatore delegato è intervenuto sulla disciplina degli accertamenti tecnici non ripetibili (art. 360 comma 3 bis) e dell’interrogatorio dell’indagato, anche delegato (art. 370 comma 1 bis). Per l’attività della polizia giudiziaria, in aggiunta all’ipotesi appena ricordata, è prevista la possibilità di partecipazione a distanza per l’assunzione delle sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini (art. 350 comma 4 bis).

Dibattimento ed esame a distanza

Per quanto riguarda la disciplina generale uniforme, il nuovo Titolo II bis, interpolato nel Libro II c.p.p. si compone di due sole disposizioni. La prima di esse definisce l’àmbito di applicazione e il carattere sussidiario della disciplina, la quale trova applicazione “[s]alvo che sia diversamente previsto” (art. 133 bis). Nell’art. 133 ter sono state sostanzialmente “trasferite” (con circoscritte modifiche di adattamento e coordinamento) talune regole procedurali già attualmente vigenti, contenute negli articoli 146 bis e 147 bis disp. att. c.p.p., dedicati, rispettivamente, alla partecipazione al dibattimento a distanza e all’esame degli operatori sotto copertura, delle persone che collaborano con la giustizia e degli imputati di reato connesso, che sono state dunque conseguentemente soppresse. Si stabilisce che la decisione di autorizzare il compimento di un atto a distanza o la partecipazione di una o più parti a distanza debba essere assunta dall’autorità giudiziaria procedente con decreto motivato e che, ove non emesso in udienza, il provvedimento sia notificato alle parti unitamente a quello che fissa la data per il compimento dell’atto o la celebrazione dell’udienza e, in ogni caso, almeno tre giorni prima della data suddetta.

Individuata la caratteristica essenziale del compimento di un atto o della partecipazione ad esso a distanza nella realizzazione di “un collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza, o l’ufficio giudiziario, e il luogo in cui si trovano le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza” (luogo che viene “equiparato all’aula di udienza”), si stabilisce che detto collegamento debba essere “attuato, a pena di nullità, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti all’atto o all’udienza e ad assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei diversi luoghi e la possibilità per ciascuna di essa di udire quanto viene detto dalle altre”, che “[n]ei casi di udienza pubblica [sia] assicurata un’adeguata pubblicità degli atti compiuti a distanza” e, infine, che “[d]ell’atto o dell’udienza [sia] sempre disposta la registrazione audiovisiva” (commi 2 e 3).

La regola generale è che il collegamento debba avvenire “da altro ufficio giudiziario o da un ufficio di polizia giudiziaria individuato dall’autorità giudiziaria, previa verifica della disponibilità di dotazioni tecniche e condizioni logistiche idonee per il collegamento audiovisivo” (comma 4). Sono state previste alcune eccezioni alla regola generale predetta. Nel caso di persone detenute, internate, sottoposte a custodia cautelare in carcere o ristrette in carcere a seguito di arresto o di fermo, le stesse si collegano sempre “dal luogo in cui si trovano” e, cioè, in concreto, dal carcere o dall’istituto per l’esecuzione delle misure di sicurezza (comma 5). Un’altra eccezione è rimessa al prudente apprezzamento dell’autorità giudiziaria che, sentite le parti, può autorizzare le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza a collegarsi da un luogo diverso da quello individuato in via generale (comma 6). La terza ipotesi di deroga riguarda i difensori, cui è riconosciuta la facoltà di collegarsi all’aula di udienza dai rispettivi uffici o da altro luogo, purché idoneo, fermo comunque il diritto di essere presenti nel luogo dove si trova l’assistito, o di farvi accedere propri sostituti. Allo stesso modo, è garantito il diritto dei difensori e dei loro sostituti di consultarsi riservatamente tra loro e con l’assistito per mezzo di strumenti tecnici idonei (comma 7).

Fuori dei casi in cui l’autorità giudiziaria non disponga diversamente, all’attestazione delle generalità delle persone collegate a distanza provvede un ausiliario del giudice o del pubblico ministero ovvero un ufficiale di polizia giudiziaria individuato in via prioritaria tra il personale in servizio presso le sezioni di polizia giudiziaria. In ogni caso, il soggetto designato dovrà redigere verbale delle operazioni svolte a norma dell’art. 136, dando atto delle circostanze elencate negli artt. 146 bis comma 6 e 147 bis comma 2 disp. att. (soppressi unitamente alle altre disposizioni ora riprodotte nella disposizione codicistica).

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