Grazie agli investimenti e agli sforzi profusi dal Ministero della Giustizia negli ultimi anni, indipendentemente dalle recenti misure PNRR, il processo civile in Italia oggi è già significativamente digitale. Così non è invece per il processo penale, che sconta ancora un importante ritardo nel livello di digitalizzazione.
Riorientando verso il settore penale parte delle risorse previste dal Piano di Ripresa e Resilienza per la digitalizzazione, sarebbe possibile ottenere un impatto importante nella riduzione dei tempi dei processi. Un’indagine realizzata da Intellera Consulting su un campione di procedimenti civili e penali evidenzia l’opportunità di riposizionare sul processo penale telematico gli investimenti PNRR.
Riforma Cartabia, manuale di soccorso per avvocati: come si fa il nuovo processo dal Giudice di pace
PNRR e giustizia digitale, gli interventi
Il Ministero della Giustizia partecipa al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) attraverso tre linee di intervento specifiche: Capitale umano e Digitalizzazione nell’ambito della Missione 1 – Componente 2, Edilizia Giudiziaria nell’ambito della Missione 2 – Componente 3. D’altro canto, il Ministero ha un ruolo determinante nell’attuazione di interventi strutturali di riforma dell’ordinamento giudiziario (la cosiddetta riforma trasversale), considerati funzionali al funzionamento di altri settori interessati dal Piano.
Tra gli obiettivi del PNRR c’è la digitalizzazione, intesa anche come sviluppo e diffusione dei sistemi telematici di gestione delle attività processuali e di trasmissione di atti e provvedimenti. Rispetto a tale obiettivo sono state fissate milestone molto chiare: innanzitutto, ridurre il disposition time, ovvero il tempo complessivo di definizione dei procedimenti (numero medio di giorni intercorrenti dalla data di iscrizione a quella di chiusura di un procedimento nei tre gradi di giudizio) del 40% nel settore civile e del 25% nel settore penale entro giugno 2026. E poi ridurre l’arretrato civile del 65% in Tribunale, del 55% in Corte di Appello entro fine 2024 e del 90% in Tribunale e in Corte di Appello entro giugno 2026.
A tal fine, fin dall’approvazione del Piano, il Ministero ha lavorato alacremente per organizzare un servizio ad hoc, capillare su tutto il territorio nazionale, per supportare agli Uffici giudiziari nelle attività di digitalizzazione degli atti non nativi digitali dei procedimenti civili (Investimento PNRR 1.6.2. “Digitalizzazione del Ministero della Giustizia”). Le milestone concordate a livello europeo sono due: 3,5 milioni di fascicoli civili digitali entro il 31.12.2023 e 10 milioni entro il 30.06.2026 per un investimento complessivo di 83,2 milioni di euro.
Processo civile digitale, i dati Intellera
Le attività operative, partite nella seconda metà del 2022, stanno facendo emergere un fenomeno positivo ma parzialmente inatteso: il settore civile presenta livelli di digitalizzazione già molto elevati, frutto di un crescente utilizzo degli ormai più che consolidati strumenti del Processo Civile Telematico (PCT). Le condizioni logistiche e organizzative imposte dalla pandemia hanno giocato un ruolo determinante in questa accelerazione, fornendo una ulteriore spinta all’adozione del PTC da parte di tutti gli operatori del settore Giustizia.
Dallo studio effettuato da Intellera Consulting su un campione di procedimenti definiti dal 01.07.2016 al 31.12.2022 emerge che il 92% degli atti relativi al contenzioso ordinario – che pesa per oltre il 75% su tutto il contenzioso civile – è già digitale; il restante 12% è costituito da atti “minori” che non impattano sulla gestione del fascicolo e del relativo procedimento. Un po’ meno digitalizzati (80%) gli atti relativi alle esecuzioni e ai fallimenti, frutto anche della numerosità degli attori coinvolti e delle peculiarità dei rispettivi iter procedurali.
I risultati si apprezzano anche sotto il profilo delle performance: tra gli anni giudiziari 2018/2019 e 2021/2022, nei tre gradi di giudizio il disposition time si è ridotto del 7% e i procedimenti pendenti sono stati abbattuti di oltre il 13%, scendendo per la prima volta sotta la soglia dei 3 milioni (nel 2009 si era registrato il picco con oltre 5,5 milioni).
La situazione del settore penale
Per il settore penale, la situazione è molto diversa. Il Processo Penale Telematico non è ancora una realtà e la gran parte degli atti che compongono il fascicolo, sia lato requirente che lato giudicante, è costituita da documenti cartacei. Pochi atti sono nativi digitali e solo in alcuni casi, in virtù di prassi organizzative che variano da Ufficio a Ufficio e con il supporto degli strumenti forniti dal Ministero, si procede alla digitalizzazione e alla creazione del fascicolo digitale. Tutto ciò si ripercuote sugli indicatori di performance: tra gli anni giudiziari 2018/2019 e 2021/2022, nei tre gradi di giudizio, a fronte di una riduzione delle pendenze di poco meno del 9%, il disposition time si è ridotto marginalmente (-2%), palesando una certa difficoltà di contrarre strutturalmente i tempi di definizione dei procedimenti.
A questo punto, è lecito chiedersi se l’intervento di digitalizzazione dei fascicoli possa essere in parte riorientato verso il settore penale, sistematizzando su tutto il territorio il servizio di supporto agli Uffici. Secondo lo studio Intellera, ribilanciando le risorse stanziate dal PNRR tra settore civile e penale, si potrebbero digitalizzare oltre 2,5 milioni di fascicoli penali da qui fino a giugno 2026. Questa misura consentirebbe inoltre un’introduzione più efficace delle nuove misure normative che puntano alla semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze e allo scambio telematico tra gli operatori del settore. In tale ottica, la digitalizzazione degli atti del penale potrebbe contribuire alla riduzione del disposition time fino al 9% rispetto ai valori base del 2019 nei tre gradi di giudizio, contribuendo al conseguimento della milestone del 2026 fissata a -25%.