Le novità previste dal decreto fiscale in materia di giustizia tributaria digitale, concentrate sul processo tributario telematico, introducono -ahimè- nuovi problemi, ma anche una serie di novità che rispondono alle esigenze dei professionisti.
La norma, articolo 16 del decreto 119/2018, in vigore dal 24 ottobre 2018 dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 23 ottobre 2018, ci consegna la data di obbligatorietà delle forme telematiche nel processo tributario per i giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a far data dal 1° luglio 2019. È comunque consentita la possibilità di proseguire nelle forme cartacee per i soggetti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica ai sensi dell’articolo 12, co. 2 (ovvero in controversie di valore inferiore ai 3mila euro). È prevista inoltre la possibilità, per il giudice tributario di autorizzare, con provvedimento motivato, il deposito con modalità diverse da quelle telematiche.
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L’interpretazione autentica sulla libertà di scelta del rito telematico
Il decreto porta poi con sé gradite novità per gli operatori del processo tributario telematico, da un lato chiarendo la facoltà di scelta della forma telematica anche in caso di primo grado cartaceo o di scelta della controparte per il rito analogico, dall’altro lato disciplinando finalmente le facoltà di autentica del difensore.
Con riguardo alla facoltà di scelta del rito telematico, la normativa interviene con una interpretazione autentica dell’art. 16-bis, co. 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, affermando la facoltà delle parti di scegliere il rito telematico indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte o, in caso di giudizio d’appello, dall’avvenuto svolgimento del giudizio di primo grado con modalità analogiche.
La normativa quindi interviene e fa opportuna chiarezza a seguito di alcune prese di posizione, peraltro censurabili, da parte di alcune Commissioni Tributarie nel senso di dichiarare non ammissibile la scelta “telematica” del resistente a fronte di un ricorso analogico ovvero dell’appellante a fronte di un primo grado cartaceo.
Il potere di autentica del difensore (finalmente)
Il D.L. introduce poi il il tanto atteso potere di autentica in favore del difensore tributario, già in vigore e “retroattivo” nel senso che si potrà attestare la conformità anche di documenti cartacei o presenti nel fascicolo informatico formati in precedenza rispetto all’entrata in vigore del Decreto Legge. La formula è quella rodata già applicata al PCT, processo civile telematico, ed al PAT, processo amministrativo telematico, e quindi non dovrebbero esserci criticità nell’applicazione della normativa.
Il difensore può attestare innanzitutto la conformità all’originale delle copie informatiche di originali cartacei di atti processuali, provvedimenti giudiziali e documenti detenuti in originale allo scopo di procedere al deposito ovvero alla notifica con modalità telematiche. Chiaramente questo potere di autentica non consentirà di superare la necessità di redigere atti nativi digitali ai sensi dell’art. 10 del Decreto MEF del 04 agosto 2015 e dovrà quindi considerarsi irregolare il deposito di un atto dello stesso procedimento che sia stampato, sottoscritto e quindi scansionato per poi essere depositato telematicamente.
Analogo potere di attestazione è poi adeguatamente esteso all’operazione inversa, ovvero all’estrazione di copia analogica di atti e provvedimenti presenti nel fascicolo informatico o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dell’ufficio di segreteria. Tali atti e provvedimenti, per espressa disposizione, equivalgono all’originale anche se privi dell’attestazione di conformità all’originale da parte dell’ufficio di segreteria. La norma non parla però, nel caso, di duplicati informatici, rendendo così prudenziale l’attività di attestazione da parte del professionista a prescindere dalla tipologia di file estratto o comunicato.
Con riguardo alle modalità di attestazione la normativa fa esteso riferimento al Codice dell’Amministrazione Digitale, con la conseguenza che, nel caso di copia informativa, dovrà procedersi all’attestazione direttamente all’interno del documento, che dovrà poi essere firmato digitalmente, ma potrà anche procedersi con un’attestazione su foglio separato, connessa però al file di cui si attesta la conformità attraverso l’indicazione della funzione di hash del file e del riferimento temporale UTC ai sensi del DPCM del 13 novembre 2014, come già avviene nel processo amministrativo telematico. Anche nel PTT l’estrazione di tali copie è infine esente dai diritti di notifica e il difensore, nell’attestare, è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto di legge.
Per contenere queste disposizioni è stato introdotto nel D.Lgs. 546/92 l’art. 25-bis, rubricato “Potere di certificazione di conformità”. Esaurito l’esame di queste due opportune ed attese innovazioni, veniamo ora ai punti più controversi della nuova normativa in tema di PTT.
La notifica PEC con modalità non telematiche, un punto critico
L’articolo 16 del collegato fiscale introduce anche una innovazione di dubbia utilità laddove dispone che “in tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalità telematiche” il difensore provvede ai sensi dell’articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge 21 gennaio 1994, n. 53, ovvero tramite produzione di una copia del messaggio pec inviato e delle ricevute di accettazione e consegna, con attestazione di conformità all’originale informatico.
La normativa sembra a prima vista inutile, ed infatti se un difensore effettua una notifica telematica poi può costituirsi in telematico e gli sarà quindi possibile fornire prova della notifica con modalità telematiche, senza dover ricorrere, virtualmente, in alcun caso all’attestazione di cui alla L. 53 del 1994.
Preoccupa però la sua possibile estensione, ovvero se questa norma debba o possa essere utilizzata per consentire di non produrre la prova dell’avvenuta notifica tramite il deposito dei file eml del messaggio inviato e delle ricevute di accettazione e di consegna, bensì con un semplice file pdf delle stesse attestato conforme.
Il S.I.Gi.T. gestisce infatti anche i file in formato eml ed è possibile quindi, già ora, depositare tali file nel fascicolo telematico con conseguente prova della notifica o comunicazione con modalità telematiche. Se è pur vero che il deposito di tali file genera errore F2 (non bloccante) su tali allegati, è altrettanto vero che tali file vengono regolarmente acquisiti e che solo questa produzione consente una reale prova della regolare notifica e mette la controparte nelle condizioni di verificare le caratteristiche dei file inviati.
La norma introdotta quindi è pericolosa perché da un lato sembra revocare in dubbio la possibilità di produrre file eml nel processo tributario telematico e dall’altro perché comunque sembra consentire nella generalità dei casi di provare una notifica a mezzo pec attraverso una semplice stampa in pdf di un file complesso come quello della notifica, che contiene diverse firme e diversi file e che inevitabilmente si appiattisce pesantemente con la produzione del semplice pdf.
Di fronte ad una notifica telematica sono quindi prospettabili soluzioni contrapposte e confliggenti, da un lato un professionista potrebbe considerare necessaria l’attestazione ex L. 53 del 1994 e illegittima la produzione degli eml perché non espressamente inclusi fra i formati file ammessi dal PTT, e dall’altro lato un altro professionista potrebbe considerare necessaria la produzione degli eml e illegittima l’attestazione ex L. 53 del 1994 in quanto il potere di attestazione viene meno in forza della possibilità di provare la notifica con modalità telematiche.
File eml delle amministrazioni finanziarie
Preoccupa, inoltre, la possibilità di utilizzo di tale normativa da parte delle amministrazioni finanziarie che abbiano in precedenza utilizzato modalità telematiche per notificare o comunicare atti del procedimento di accertamento o esattivo, consentendo così a queste ultime di evitare comodamente il contenzioso sul file inviato trincerandosi dietro la modalità.
Come visto una lettura rigorosa della normativa impone anzi all’amministrazione che ha, anche in fase pregiudiziale, utilizzato strumenti digitali, la costituzione in forma telematica e il deposito degli eml, non potendosi invocare l’art. 9 L. 53 del 1994 ,in quanto questo fa sorgere il potere di autentica solamente nel caso in cui non sia possibile procedere alla prova con modalità telematiche, mentre già ora il PTT consente questa modalità di prova con conseguente venir meno il potere di attestazione, che deve considerarsi sussistente solo in difetto di alternativa telematica.
Il richiamo al CAD
La normativa, in ogni caso ed infine, è censurabile dal punto di vista della tecnica legislativa, ed infatti l’art. 9 L. 53 del 1994 rimanda ancora una volta al CAD, rendendo certo più opportuno e lineare un richiamo diretto a tale ultima normativa da parte del legislatore nel processo tributario, anche per evitare un richiamo ad una norma (la Legge 53 del 1994) che disciplina una tipologia di notifica telematica del tutto diversa da quella ammessa nel processo tributario telematico, e la cui applicazione (pur parziale e limitata alla disposizione di cui all’art. 9 co. 1-bis e 1-ter) potrebbe ingenerare confusione negli operatori.
Questa disposizione, in sostanza, crea problemi dove non ve ne erano e non risolve i problemi che si proponeva di sciogliere.
L’unica soluzione, sul punto, è una pronta legittimazione formale della producibilità dei file in formato eml all’interno del processo tributario telematico.
L’Udienza a distanza: pro e contro
Fa piacere infine evidenziare che il collegato fiscale introduce un’innovazione sostanzialmente inedita per il processo italiano ovvero quella dell’udienza a distanza. Finalmente il processo tributario telematico detta il passo dell’evoluzione digitale disciplinando un nuovo modo di fare udienza che sicuramente si farà strada anche negli altri processi.
Spiace però notare che il legislatore, che sinora ha ignorato i problemi e i costi delle trasferte dei professionisti nel processo civile, penale ed amministrativo, si accorga ora dell’opportunità di una simile innovazione solo perché, come ci racconta la relazione tecnica all’articolo, questo comporterà un elevato risparmio di spesa sulle trasferte dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate chiamati a partecipare alle udienze.
Guardando però al lato positivo è auspicabile che questa introduzione faccia da traino anche per gli altri riti con conseguenze positive anche per il settore privato. Venendo al contenuto della norma, dovremmo aspettare più decreti del direttore generale delle finanze per vedere davvero funzionare le udienze a distanza, cui le varie Commissioni Tributarie dovranno dedicare un’apposita udienza ogni mese.
Già ora però la previsione sembra irrigidirsi su una richiesta di avvalersi dello strumento sin dalla costituzione, quasi si trattasse di una scelta obbligata da compiere all’inizio del grado procedimento e a cui doversi poi attenere. Scelta che, se può essere in certo modo comoda per i funzionari statali non lo è in molti casi per i professionisti, che probabilmente avrebbero preferito una richiesta su singola udienza, da presentare con congruo anticipo.
La normativa impone poi che il collegamento da remoto avvenga dal luogo del domicilio indicato in ricorso, che per l’occasione viene parificato all’aula di udienza. Anche questa disposizione limita l’uso dello strumento (sarebbe forse stato più opportuno lasciare ai decreti attuativi indicare le modalità per individuare un luogo idoneo ad ospitare il collegamento, anche per le evidenti difficoltà a verificare che il soggetto che partecipa all’udienza da remoto sia effettivamente nel domicilio eletto).
Ciononostante l’introduzione di questa futuristica modalità di udienza è senz’altro promettente e attendiamo quindi con vivo interesse i decreti attuativi.
I nodi irrisolti del processo tributario telematico
Anche con la nuova normativa rimangono irrisolti alcuni nodi problematici, quali la richiesta di firma digitale CAdES di ogni atto o documento dimesso (ora ancora più eccentrica se si pensa che la firma può assumere, nello stesso deposito, la triplice funzione di firma per attribuzione di paternità, di firma per autentica e di semplice firma per consentire il deposito a seconda dell’atto cui si riferisce), l’inopportuna esclusione del Registro PP.AA. dai registri per le notifiche e, soprattutto la limitata lista dei formati ammessi nel PTT, specie considerando la più estesa lista dei formati gestiti dal S.I.Gi.T.
In vista della prossima obbligatorietà del tributario telematico sarà quindi essenziale affrontare e risolvere questi residui problemi di gioventù di un sistema giuridico-informatico altrimenti davvero promettente.