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Prodigit: l’intelligenza artificiale che migliora la giustizia tributaria



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Il diritto tributario è un interessante terreno di sperimentazione per l’”intelligentizzazione” del settore giustizia, che però deve fare i conti con i rischi connessi con lo sviluppo di questi sistemi e con le problematiche immanenti al sistema della giustizia tributaria. Il punto sui vantaggi e i problemi

Pubblicato il 24 lug 2023

Riccardo Berti

Avvocato e DPO in Verona

Franco Zumerle

Avvocato Coordinatore Commissione Informatica Ordine Avv. Verona



giustizia e intelligenza artificiale

Si iniziano finalmente a intravedere i contenuti più innovativi del progetto PRO.DI.GI.T, il progetto, finanziato con 8 milioni di euro dal Programma Operativo Nazionale Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 ed inserito nel PNRR, con cui il MEF si propone di innovare la giustizia tributaria, anche con strumenti di intelligenza artificiale.

Se il progetto è noto da tempo (è stato lanciato nel 2022), i suoi contenuti finora erano chiari solo in parte, specie con riguardo alle implementazioni di intelligenza artificiale che nelle intenzioni dei promotori dovrebbero trasformare la giustizia tributaria dotandola di un modello di giustizia predittiva, modello che però finora è ai primordi della fase sperimentale, tanto da far dubitare di un suo effettivo sviluppo in seno al progetto PRO.DI.GI.T (o in ogni caso un suo sviluppo entro breve termine).

Anche se non si tratta del primo esperimento di questo tipo (basti pensare al sistema realizzato dalla Corte d’Appello e dal Tribunale di Brescia in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia, relativo ai settori del diritto del lavoro e delle imprese ed accessibile al link giustiziapredittiva.unibs.it) PRODIGIT è comunque interessante perché è il primo progetto di “smartification” predittiva della giustizia di livello nazionale, comprensivo e generale, specie se consideriamo che può contare su una dotazione finanziaria adeguata a sostenerlo.

La sfida davanti agli “innovatori” del sistema della giustizia tributaria è però irta di ostacoli (che in parte giustificano il ritardo nello sviluppo), in quanto per creare un modello predittivo è necessario trarre una conoscenza sistematica dalle sentenze, documenti ostici da elaborare perché “deformalizzati” (specie se parliamo di sentenze non “accompagnate” da dati ulteriori e sistematizzati come quelli che sono inseriti nel fascicolo telematico) e caratterizzati da un linguaggio ambiguo e complesso come quello legale.

Oltre a questo, è necessario ovviamente “preparare” l’evoluzione algoritmica della giustizia tributaria alle norme attuali (pensiamo all’art. 22 GDPR) e soprattutto a quelle di prossima entrata in vigore, quali l’AI Act che verosimilmente imporrà al MEF tutti i presidi dedicati alle intelligenze artificiali ad alto rischio nel gestire e implementare i frutti di PRODIGIT.

La summarization

La prima “fase” della realizzazione di un sistema di IA nel settore tributario (e che sarà fondamentale nel momento in cui si passerà ad un sistema di giustizia predittiva) consiste in un’attività di sommarizzazione dei contenuti dei provvedimenti, che di fatto si traduce in una estrazione di conoscenza “razionalizzata” che potrà poi costituire il nucleo del sistema di previsione dell’esito del contenzioso.

Il MEF ha gestito questa fase promuovendo una fase di addestramento dell’intelligenza artificiale attraverso la revisione degli output da parte di un gruppo di “massimatori” dedicato (di fatto una tecnica di apprendimento supervisionato dell’algoritmo).

I “massimatori” (che in origine avrebbero dovuto essere 50) sono stati selezionati fra i 90 giudici tributari componenti degli Uffici Regionali del Massimario. Di questi giudici però solo 23 hanno manifestato la loro disponibilità a far parte del progetto e così il loro gruppo è stato “integrato” da 7 studiosi di diritto tributario che hanno partecipato ad apposito bando la cui graduatoria è stata pubblicata il 19 luglio 2023.

Nel frattempo, però il progetto è entrato in una fase di “prototipazione” nel corso della quale si è provveduto a valutare diversi algoritmi al fine di valutare le loro performance (come IT5, un modello di decodifica del testo pensato per la lingua italiana ed addestrato su miliardi di parole, ma anche i più noti, e meno specialistici, GPT3 e GPT4 utilizzati quale metro di paragone).

Gli obiettivi di questa fase si dividono nella creazione di una summarization di tipo astrattivo, ovvero l’elaborazione di una “parafrasi sintetica del contenuto del provvedimento in linguaggio naturale, e di una summarization di tipo estrattivo, ovvero l’elaborazione di una “selezione” di informazioni chiave dal testo di origine (la sentenza).

Di fatto queste attività consentono di estrarre conoscenza dalle sentenze e possono essere poste alla base di un sistema di tipo predittivo, isolando fattispecie e “principio” alla base della decisione così da utilizzarlo per prevedere la decisione in casi analoghi.

Anche se l’”intelligentizzazione” del sistema processuale tributario si fermasse a questo sviluppo di “massimazione automatica” delle sentenze, è evidente che sussistono comunque dei rischi, specie perché la massima spesso guida l’interprete nel formare il suo convincimento sulla soluzione del caso, e nel momento in cui questa conoscenza viene estratta da un algoritmo è evidente che sussiste il rischio di orientare gli operatori verso principi sbagliati e mai abbracciati dalla giurisprudenza.

Il database

Altro elemento di primaria importanza riguarda il “patrimonio” su cui si fonda questo sistema di sommarizzazione (e su cui si fonderà il sistema di giustizia predittiva, se e quando sarà sviluppato), ovvero un database efficace e “taggato” di sentenze.

La creazione di un database è uno dei “livelli di intervento” di PRODIGIT (verrà creata una Banca dati nazionale di giurisprudenza di merito) e di fatto questa banca dati intellegibile dall’algoritmo sarà il fondamento per l’addestramento dei software di intelligenza artificiale (secondo notizie riportate dalla stampa l’obiettivo iniziale del MEF era quello di addestrare l’algoritmo predittivo su un milione di sentenze tributarie).

Il punto non è di scarso significato in quanto per il noto principio “garbage in garbage out” se i dati di partenza non sono perfetti il risultato è compromesso anche in presenza di un raffinato algoritmo di massimazione/predizione (anche il miglior sistema di estrazione di conoscenza automatizzato fatica ad estrarre valore da sentenze non native digitali che devono affidarsi ad una procedura di OCR per essere intellegibili dall’algoritmo, con tutte le possibili sviste del caso, allo stesso modo una pronuncia dove è difficile intellegere quali sono le deduzioni delle parti riportate dal giudice per narrazione e quale è invece l’effettiva parte motiva rappresenta una difficile sfida per l’algoritmo).

La giustizia predittiva

All’attività di sommarizzazione e allo sviluppo del database (che in seguito potranno consentire lo sviluppo di un modello predittivo su larga scala) si affiancano i primi timidi passaggi di sperimentazione di sistemi di giustizia predittiva in seno a PRODIGIT, per ora limitata a sessioni preliminari di valutazione da parte degli esperti di risultati sperimentali (sperimentazione che è essenziale per correggere i risultati dell’algoritmo nel caso di comportamenti indesiderati).

L’evidente intento del progetto non è quello di ottenere una decisione algoritmica (che del resto sarebbe del tutto incoerente con la normativa della giustizia tributaria, con il GDPR e con il Regolamento in tema di Intelligenza Artificiale di prossima adozione), quanto piuttosto quello di fornire al giudice uno strumento di supporto ed al pubblico uno strumento di previsione dello sviluppo del contenzioso (o quantomeno del fatto che, per il contenzioso che li interessa, non è possibile ottenere una previsione algoritmica).

La propalazione della tecnologia nelle due direzioni (giudice e pubblico) dovrebbe consentire da un lato di migliorare la qualità delle sentenze e dall’altro di evitare alle parti contenziosi persi in partenza, rivelandosi, in questo modo, utile anche (e forse soprattutto) ai professionisti del settore che sapranno utilizzare il sistema con maggior consapevolezza.

Le opportunità

Al netto dei ritardi di sviluppo e del fatto che non ci sono ad oggi notizie chiare sugli approdi programmati dal Ministero, va evidenziato che il diritto tributario ben si presta all’utilizzo di tecniche di AI, in quanto presenta un contenzioso spesso seriale “separato” (o separabile) a seconda dell’imposta a cui si riferisce la lamentela del ricorrente, ed a cui fa capo un plesso di norme separabile e tutto sommato circoscritto (al netto delle complicazioni tutte italiane della materia) perfetto per addestrare al ragionamento logico una intelligenza artificiale (sulla base del modello di attività proxy che prevede uno sviluppo del modello in un contesto ristretto per poi estenderne le competenze inserendo nuovi dati di partenza ma mantenendo l’apprendimento raggiunto con il caso “proxy”).

Questo fa del diritto tributario un interessantissimo terreno di sperimentazione per l’”intelligentizzazione” del settore giustizia, che però deve fare i conti con i rischi connessi con lo sviluppo di questi sistemi e con le problematiche immanenti al sistema della giustizia tributaria.

I rischi

La “smartification” della giustizia tributaria porta, infatti, con sé numerose preoccupazioni, specie perché parliamo di una giurisdizione dove il Ministero dell’Economia e delle Finanze assume una posizione duplice di parte in causa e, al contempo, di giudice, organizzando in autonomia un sistema giustizia che dipende interamente dal suo dicastero.

L’esigenza di trasparenza è quindi assoluta, solo documentando di agire con equità il MEF può continuare a proporsi come organismo di vertice di una struttura giudiziaria che lo pone in una situazione di perenne conflitto di interessi. E questa esigenza è messa in crisi da strumenti di intelligenza artificiale, che come noto proprio nella spiegabilità trovano un punto di debolezza di difficile risoluzione.

Da questo punto di vista, ad esempio, è significativo che il MEF abbia dichiarato sin dalle prime presentazioni di PRODIGIT che la banca dati della giurisprudenza tributaria che sarà sviluppata in seno al progetto, pur “residente nel sistema informativo del MEF” sarà “pubblica, gratuita e liberamente accessibile”.

Risulta però difficile tradurre queste rassicurazioni quando si parla di intelligenza artificiale, che genera un “prodotto” con un procedimento programmaticamente difficile da ripercorrere a ritroso e per sua natura entro certa misura “oscuro” all’utente che lo utilizza o lo “subisce”.

Lo stesso problema della selezione dei dati di partenza è spinoso: sarà difficile eliminare il sospetto che il sistema abbia preso in esame preferenzialmente precedenti favorevoli all’amministrazione finanziaria, ignorando invece le sentenze sfavorevoli ed ottenendo così l’effetto di ridurre il contenzioso (ed al contempo di aumentare le entrate fiscali) perché i cittadini, fidandosi del sistema predittivo messo a disposizione del MEF, penseranno di non poter contestare la cartella esattoriale ricevuta.

Prospettive

Il rischio di contenzioso è quindi elevato (ed i tributaristi si stanno attrezzando per questo tipo di contestazioni) ed è per questo che il braccio informatico del MEF, ovvero Sogei, si è preoccupata molto di cercare di ottenere una IA “antropocentrica” e trasparente per il diritto tributario. Purtroppo, questa prudente ricerca di soluzioni si è tradotta in uno scenario di scarso dinamismo e di opaca programmazione e definizione delle soluzioni, che fa temere il progetto di giustizia predittiva (approdo ultimo dell’intero scenario tecnologico promosso con PRODIGIT) non sia realizzato o comunque non si traduca in un effettivo sistema AI-assisted per la predizione dell’esito delle liti tributarie (quantomeno per ora).

Tra i presidi per garantire lo sviluppo di una IA affidabile è sicuramente interessante il fatto che in seno al progetto PRODIGIT è prevista la creazione sperimentale (in otto regioni italiane ovvero Emilia-Romagna, Veneto, Lazio, Liguria, Marche, Puglia, Sardegna e Sicilia) di un laboratorio digitale del giudice tributario (TribHub), un tavolo permanente di confronto, discussione, riflessione, aggiornamento che potrà essere sfruttato dal MEF anche per monitorare lo sviluppo dei sistemi di IA nel processo e per garantirne un uso consapevole da parte degli operatori (con l’auspicabile correttivo dell’estensione di questo laboratorio anche a rappresentanti dell’avvocatura e dell’accademia).

Come detto, in linea con questa filosofia, non dobbiamo attenderci un “giudice-robot”, ma piuttosto uno strumento di supporto informatico (forse limitato alla sola sommarizzazione smart) a disposizione del magistrato, il quale conserverà comunque il suo ruolo centrale nella procedura.

In quest’ottica uno strumento di intelligenza artificiale che supporta il giudice e lo aiuta ad estrarre conoscenza in maniera più efficiente dai precedenti appare un indubbio progresso nell’assicurare decisioni di qualità nel processo tributario, il problema nasce dalla difficoltà dell’IA di intercettare casi particolari, mai verificatisi prima o che comunque meritano una attenzione particolare in ragione della specificità della situazione concreta in cui versa il contribuente.

Per affrontare questi casi le intelligenze artificiali non sono, programmaticamente, preparate (è infatti facile realizzare che programmare una intelligenza artificiale che dà una risposta perfetta nell’80% dei casi è “facile” in quanto verosimilmente si parla di contenziosi ricorrenti, mentre alzare la soglia percentuale di output affidabile costa sempre di più fino a rendere solitamente inattuabile raggiungere il 100%).

Questo comporta una serie di problemi anche di natura etica, con il soggetto che versa in una situazione particolare (situazione che magari proprio per la sua peculiarità sarebbe meritevole di attenzione in un’ottica di welfare state) che nella migliore delle ipotesi si trova senza risposta e nella peggiore delle ipotesi ottiene dall’IA una risposta errata e che potrebbe indurre in errore il giudicante.

Se ad oggi fatichiamo ad intuire i rischi di queste derive (perché il “timone” è sempre saldamente in mano al giudice che nello scenario attuale è spesso sospettoso e prudente di fronte a queste nuove tecnologie) dobbiamo pensare agli sviluppi dell’intelligenza artificiale in altri settori per comprendere la vera sfida che dovrà affrontare il MEF (peraltro nella sua posizione “svantaggiata” che lo espone ai sospetti degli operatori e degli utenti).

Pensiamo ad esempio all’avvento della tecnologia nei sistemi di volo. Se fino a qualche anno fa era evidente che era il pilota a prendere le decisioni ora il ruolo della macchina (che cresce al crescere della sua affidabilità) è preponderante tanto che se un pilota decide “contro” il parere dell’algoritmo sarà costretto a giustificarsi per questa variazione che appare oggi del tutto anomala ed anzi pericolosa.

Se l’IA nel settore giustizia quindi inizia progressivamente a migliorare nei suoi output, è evidente che il giudice (pur non sostituito ma solo assistito dall’algoritmo) così come il professionista, saranno tentati di “riposare” sugli output di queste macchine prodigiose, dimenticando però che nella loro apparente onniscenza questi algoritmi ignorano specificità che la nostra sensibilità potrebbe e dovrebbe invece intercettare e trascurano così esigenze di giustizia che solo l’uomo può soddisfare.

Si ringrazia la Camera degli Avvocati Tributaristi del Veneto per il suo operato sul tema e per i preziosi spunti e suggerimenti forniti.

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