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L’IA nel lavoro intellettuale e nella giustizia: le novità del ddl italiano



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Tra le tematiche più rilevanti affrontate dal disegno di legge delega ci sono le applicazioni dell’IA alle professioni intellettuali e l’impiego degli algoritmi nel settore giustizia: vediamo quali sono le prospettive alla luce del testo licenziato dal Governo

Pubblicato il 15 mag 2024

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017



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Dopo le disposizioni in materia di lavoro, l’articolo 12 del disegno di legge delega al Governo disciplina l’impiego dell’IA nelle professioni intellettuali: “1. L’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale nelle professioni intellettuali è consentito esclusivamente per esercitare attività strumentali e di supporto all’attività professionale e con prevalenza del lavoro intellettuale oggetto della prestazione d’opera.

2. Per assicurare il rapporto fiduciario tra professionista e cliente, le informazioni relative ai sistemi di intelligenza artificiale utilizzati dal professionista sono comunicate al soggetto destinatario della prestazione intellettuale con linguaggio chiaro, semplice ed esaustivo”.

Lavoro intellettuale e IA, le indicazioni del ddl

La norma è essenziale e, se vogliamo, laconica, ma fornisce chiarissime indicazioni sulla volontà del legislatore.

In primo luogo, è chiaro che le attività intellettuali, nella mente del legislatore delegando, non potranno essere sostituite da algoritmi, che potranno essere impiegati solo come attività di supporto.

Queste ultime si concretizzeranno, nella prassi, ad esempio in ricerche giurisprudenziali avanzate, in calcoli e impostazioni di file excel, in lettura veloce di documentazione ponderosa.

In altri termini, la responsabilità della scelta operativa ricadrà sempre sul professionista intellettuale, anche se quest’ultimo, verosimilmente, avrà meno necessità di collaboratori che svolgano le attività “velocizzate” e rese – forse – più efficienti – dall’impiego dell’IA.

Il secondo comma impone l’informativa al cliente sull’impiego dello strumento: è più una regola deontologica e di trasparenza con il cliente, che vuole indicare – anche- il pregio e la peculiarità della professione intellettuale.

Andrà comunque valutata una – rapida – integrazione delle informative rese ai sensi dell’articolo 14 del GDPR ai clienti, con riferimento all’impiego di IA con l’indicazione del tipo di metodo di conservazione (cloud, server dedicato) e, forse, anche dei sistemi di cybersecurity adottati per tutelare i dati.

L’IA nell’attività giudiziaria

Strettamente connessa alla tematica delle professioni intellettuali è la questione dell’impiego dell’IA nel settore giustizia, disciplinata dall’articolo 14 del disegno di legge delega: “1. I sistemi di intelligenza artificiale sono utilizzati esclusivamente per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario nonché per la ricerca giurisprudenziale e dottrinale. Il Ministero della giustizia disciplina l’impiego dei sistemi di intelligenza artificiale da parte degli uffici giudiziari ordinari . Per le altre giurisdizioni l’impiego è disciplinato in conformità ai rispettivi ordinamenti.

2. È sempre riservata al magistrato la decisione sulla interpretazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove e sulla adozione di ogni provvedimento”.

La logica è speculare: semplificazione, organizzazione e ricerca giurisprudenziale sono sempre lecite – e ci mancherebbe altro – tutto il resto è vietato.

La decisione finale spetta sempre al giudice “persona fisica”, il che esclude in radice il rischio di sentenze scritte da ChatGPT o sistemi di imputazione automatizzati come quelli adottati da alcune procure in Cina.

Conclusioni

Anche su professioni intellettuali e giustizia il disegno di legge delega sull’uso dell’IA fornisce indicazioni corrette e precise, del tutto condivisibili, almeno a parere di chi scrive.

L’informativa al cliente da parte del professionista è doverosa, se solo si pensa al sistema di fingerprint elaborato su base europea per l’uso di contenuti elaborati dall’IA.

Non è un onere eccessivo e non è neanche un sistema per aggirare le – già obsolete – norme in materia di pubblicità nelle professioni intellettuali.

In materia di giustizia, l’indicazione di ciò che è lecito indica con chiarezza il perimetro dell’illecito: tutto a parte ciò che è espressamente consentito.

Anche in questo caso, le previsioni di principio sono ampiamente condivisibili e rispettose del disposto dell’AI Act.

Il tema resta, comunque, aperto e il giusto processo vede nell’uso dell’intelligenza artificiale solo una delle tante sfide che già si stagliano all’orizzonte.

Interessante però il fatto che l’articolo 14 del disegno di legge impedisca, almeno in Italia, applicativi come quelli del precedente più rilevante in materia, ossia il caso Loomis, negli Usa.

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