L’esplosione dell’utilizzo della prova digitale, dovuto grazie agli sviluppi della scienza informatica, influisce sulla tipologia di processo penale adottata nel nostro ordinamento, spostandone il baricentro verso la fase delle indagini preliminari. È forse giunto il momento di affermare con una buona dose di certezza che il modello di processo penale italiano non è di tipo accusatorio puro, ma si configuri piuttosto come un sistema ibrido, in cui insieme ad una base di processo accusatorio, convivono forti elementi e caratteristiche tipiche del modello inquisitorio.
La differenza tra prove tipiche e atipiche
Bisogna innanzitutto tenere a mente una distinzione fondamentale, ossia quella fra prove tipiche e prove atipiche. Nel nostro ordinamento esiste infatti un numero chiuso di mezzi di prova nel processo penale. Per “mezzi di prova” si intendono i mezzi di prova che si assumono in dibattimento. I mezzi di prova tipici sono contenuti nel Libro III del c.p.p. e sono un elenco ben preciso: la testimonianza, l’esame delle parti, i confronti, gli esperimenti giudiziali, la ricognizione, la perizia e i documenti. Il nostro ordinamento è improntato ad una tipicità temperata dei mezzi di prova, in quanto sono disciplinate le modalità di assunzione anche di mezzi di prova atipici. L’art. 189 c.p.p. tempera la tipicità del sistema chiuso.
- Art. 189 c.p.p. – Prove non disciplinate dalla legge. – 1. Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il Giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona. Il Giudice provvede all’ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova.
Tuttavia, sul piano concreto non è facile distinguere una prova tipica da una atipica, nonostante la chiarezza dell’elenco dei mezzi tipici. Per esempio la metodica della BPA (Bloodstain Pattern Analysis) permette, partendo dalle macchie di sangue presenti sulla scena del crimine, di far capire la dinamica di quanto successo. La BPA è un crocevia di conoscenze: biologia, fisica, chimica, etc. Quando si iniziò ad utilizzare tale metodologia, ci si chiedeva se quest’ultima fosse semplicemente una nuova forma di perizia, e dunque un mezzo tipico, oppure un mezzo atipico con contaminazione di più discipline. La Cassazione inquadrò la BPA come perizia, quindi come mezzo tipico, mettendo fine ad ogni dubbio. L’art. 189 c.p.p. richiede due elementi per l’assunzione della prova atipica: l’idoneità all’accertamento dei fatti (ad esempio, deve essere esclusa la prova medianica), ed il mancato pregiudizio della libertà morale (che, ad esempio, comporta l’esclusione di modalità come il siero della verità ed altre tecniche particolarmente invasive). Il Giudice ammette le prove atipiche nel rispetto del contradditorio (sentite le parti), determinandone le concrete modalità assuntive.
Indagini preliminari e fase dibattimentale
Anche durante la fase delle indagini preliminari sono previsti una serie di atti tipici, espressamente normati (es. ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni, interrogatorio dell’indagato, sommarie informazioni, etc.). Tuttavia, in questa fase, accanto agli atti tipici, esiste un universo di atti atipici. E anzi, il sistema forse tollera più la atipicità delle indagini, vista la natura fluida delle investigazioni. Un atto di indagine atipico è ad esempio il pedinamento (OCP – Osservazione controllo pedinamento). Nessuno nega che la polizia possa fare attività di OCP anche se questa non è disciplinata e prevista dal c.p.p..
Per gli atti di investigazione atipici tuttavia si crea un problema: mentre per i mezzi di prova del dibattimento si ha la disciplina dell’art. 189 c.p.p., per gli atti di investigazione atipici non c’è un corrispondente del 189 c.p.p.. Durante la fase dibattimentale è previsto un sistema tipico, con il 189 c.p.p. che serve a dare un temperamento. Nelle indagini invece si prevede una tipicità iniziale, ma con una forte atipicità successiva non normata dalla legge.
Prova scientifica e Prova digitale
Innanzitutto è necessario chiarire cosa si intenda per prova scientifica. La prova scientifica è infatti qualcosa di più e di diverso rispetto alla prova atipica del 189 c.p.p., coprendo un’area più vasta di quest’ultima. Una definizione della dottrina dice che la prova scientifica riguarda tutti quei casi in cui l’ammissione, l’assunzione o la valutazione della prova, comportano per il Giudice l’impiego di nozioni o conoscenze che trascendono il sapere dell’uomo medio. Quindi, ad esempio, nella nozione di prova scientifica possono rientrare le perizie, l’esperimento giudiziale, ma anche altri mezzi di prova tradizionali a cui non si penserebbe in prima battuta, come la testimonianza (basti pensare alla testimonianza di un minore di cui bisogna valutare l’attendibilità in ragione dell’età e dello sviluppo cognitivo). Il concetto di prova scientifica è dunque trasversale: può riguardare tanto la prova atipica quanto la prova tipica. Bisogna infatti considerare la complessità del fenomeno probatorio, che consta sempre di un momento in cui la prova viene richiesta, viene ammessa, viene assunta, ed infine viene valutata. È dunque un procedimento complesso che dura nel tempo, e questa complessità può originare molti problemi.
Venendo adesso alla prova digitale, è facile constatare come quest’ultima abbia un ambito più ristretto rispetto alla prova scientifica. Ciò in quanto la prova digitale coinvolge sempre e solo una specifica scienza, quella informatica. Il sostantivo comune alla nozione di prova scientifica e di prova digitale è la parola prova. Quando si parla di prova, si parla di attività probatoria, e quindi di un’attività che viene fatta sempre per accrescere la conoscenza investigativa o giudiziale. Comune poi alla prova scientifica e digitale è il carattere tecnologico. La prova scientifica si basa sulla scienza in generale, quella digitale sulla scienza informatica. Vista la crescente ed ormai capillare diffusione dei dispositivi elettronici ed informatici, l’attività probatoria digitale è letteralmente esplosa negli ultimi anni. La prova digitale ormai viene utilizzata non solo per l’accertamento dei c.d. computer crimes, ma potenzialmente per l’accertamento di tutti i tipi di reati. Ad oggi le indagini informatiche, non hanno più una corrispondenza biunivoca con il concetto di reato informatico. La prova digitale diviene dunque utilissima e necessaria per risolvere situazioni che in un passato non troppo lontano sarebbero state risolte diversamente.
Le caratteristiche della prova digitale
La prova digitale presenta quattro caratteristiche fondamentali:
- Immaterialità – È necessario distinguere la prova, ossia il contenuto, dal supporto su cui questa viene salvata o caricata. Quindi ad esempio, se la prova è un documento salvato su una chiavetta USB, la chiavetta USB rimarrà sempre e solo un supporto.
- Dispersione – I dati informatici che costituiscono la prova possono essere salvati anche in server molto distanti da chi svolge l’attività di indagine, si pensi ad esempio alla problematica dei dati salvati in cloud.
- Promiscuità – Il dato informatico può trovarsi all’interno di un sistema in cui ci sono molti altri dati che con esso non hanno nessuna connessione. La promiscuità fa sorgere un problema, quello della tutela della riservatezza. Ad esempio, se durante un’indagine informatica si è alla ricerca di un dato in particolare, è proporzionale rispetto al bene giuridico della riservatezza entrare in contatto con tutti i dati che sono conservati sul dispositivo informatico, e magari acquisirli?
- Congenita modificabilità – Il dato informatico è estremamente alterabile. Lo stesso sistema informatico, che è la somma di tutti i dati, è estremamente modificabile. Dunque, per garantire la genuinità della prova, diventa necessario ed imprescindibile parlare di catene di custodia e di rispetto di best practices.
Il contesto attuale
L’esplosione dell’utilizzo della prova digitale negli ultimi anni, porta con sé una riflessione di carattere generale. Il legislatore del 1988, con il nuovo c.p.p., ha introdotto nel nostro ordinamento il modello del processo accusatorio, in cui la fase regina è costituita dal dibattimento orale davanti al Giudice della responsabilità. Le indagini, nel modello teorico del processo accusatorio, servono al Pubblico Ministero per determinare se esercitare l’azione penale o chiedere l’archiviazione, ma di per sé dovrebbero essere una fase leggera, che non conta e non pesa. Se mai sia stato così nel nostro ordinamento, anche in seguito all’adozione del nuovo c.p.p., oggi è evidente tuttavia che ci sia stato uno spostamento del baricentro verso la fase delle indagini.
Questo in quanto il regno della tecnologia non è il dibattimento, ma sono le indagini preliminari. Le investigazioni tecnologiche infatti, se condotte accuratamente, riescono ad inchiodare molto facilmente l’indagato alla propria responsabilità, e quindi rendono superfluo il dibattimento del giudizio ordinario, favorendo il ricorso ai riti alternativi, come il giudizio abbreviato o il patteggiamento. Di fronte ad una serie di prove difficilmente contrastabili, per l’imputato è più conveniente infatti cercare un commodus discessus che porti ad una riduzione di pena. Inoltre, le indagini tecnologiche, se condotte accuratamente, possono facilmente fondare una misura cautelare, favorendo la confessione, ed evitando ancora una volta il dibattimento.
In realtà questo fenomeno si riscontra oramai da tempo anche nei Paesi di Common Law, che pur costituendo tradizionalmente i “portabandiera” del rito accusatorio, al contempo sono ben consapevoli che il processo penale davanti alla giuria debba essere statisticamente residuale a causa dell’elevatezza dei costi e della durata, e che dunque non possa essere svolto un processo con giuria per tutte le tipologie di reati. Per questo motivo si prevedono le varie definizioni alternative, che con il guilty plea, nei Paesi di Common Law arrivano al 90%.
Conclusione
È curioso dunque constatare che dal punto di vista statistico, un processo penale accusatorio per funzionare efficientemente deve considerare il dibattimento come residuale. Invece, dal punto di vista assiologico invece, è il dibattimento il baricentro del processo accusatorio, e non di certo la fase delle indagini. Questo, insieme ai numerosi interventi legislativi avvenuti dal 1988 ad oggi, ha indotto sempre più diversi commentatori a ritenere che il modello di processo penale previsto dal nostro ordinamento non sia più di tipo accusatorio, ma nei fatti si sia evoluto piuttosto in un sistema ibrido.