La raccolta della prova digitale è diventata una fase nevralgica dei procedimenti giudiziari. Se, fino ad una decina di anni fa, l’attività di digital forensics era appannaggio dei soli processi aventi ad oggetto reati informatici o attività criminali perpetrate, almeno in parte, tramite elaboratori e reti di comunicazione elettronica, con la successiva diffusione delle tecnologie digitali nella vita quotidiana e con la trasformazione sociale che è avvenuta ad opera, principalmente, dei social network e dei programmi di messaggistica istantanea, poter cristallizzare gli elementi di prova nei processi penali e civili è divenuto fondamentale.
La digital forensics è più volte assurta agli onori delle cronache in processi importanti, nel corso dei quali ha progressivamente sottratto spazio alle intercettazioni tradizionali, ancora molto presenti ma ormai quasi marginali rispetto alle attività connesse all’uso di trojan da parte della polizia giudiziaria per acquisire dati provenienti dai principali programmi come Whatsapp e Telegram, che dispongono di un sistema di cifratura da punto a punto, che può essere aggirato solo prendendo il controllo del dispositivo.
Anche nei processi civili, la crescente digitalizzazione della società ha portato gli operatori del diritto a doversi confrontare con gli screenshot prelevati da computer e smartphone, con la geolocalizzazione degli apparati e delle autovetture, con la produzione in giudizio di e-mail e messaggi scaricati dai computer. Anche nei processi relativi alla ripartizione dei terreni si è arrivati all’acquisizione di elementi di prova realizzati tramite sistemi di rilevamento satellitare, i cui risultati sono ovviamente memorizzati su supporto informatico. In sostanza, il processo non è divenuto telematico solo per la digitalizzazione degli atti ma soprattutto perché ormai qualsiasi attività umana si svolge anche tramite dispositivi digitali.
Le modalità di raccolta e produzione in giudizio
Sebbene i principi di diritto che sono alla base della classificazione e valutazione delle prove non siano cambiati, sono le modalità di raccolta e produzione in giudizio, da parte dei diretti interessati o dei consulenti del giudice e delle parti, a presentare sfide uniche rispetto alla introduzione di prove tradizionali come documenti cartacei o testimonianze oculari.
Uno dei principali problemi nella raccolta della prova digitale è la sua natura volatile. I dati possono essere facilmente manipolati, cancellati o alterati ed è quindi fondamentale adottare le precauzioni necessarie a preservare l’integrità e la disponibilità delle prove, al fine di garantirne la validità e ammissibilità in tribunale.
Inoltre, è molto importante poter garantire la conformità dell’acquisizione delle prove da un punto di vista procedurale, poiché, ad esempio, qualsiasi tipo di intercettazione di comunicazioni, in assenza di una provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari, è inutilizzabile in giudizio. Così come, nel processo civile, si potrà addivenire alla inutilizzabilità delle prove acquisite violando le misure di sicurezza poste a protezione di un sistema informatico (perché provenienti da delitto) oppure delle quali non si può garantire l’integrità rispetto all’originale che, nel frattempo, è andato perduto.
Non è, quindi, solo un problema di natura tecnica ma anche formale. Per garantire i diritti e le libertà dei cittadini, alla raccolta delle prove digitali si deve procedere rispettando i confini posti dall’ordinamento alla tutela del domicilio informatico, alla libertà di pensiero, alla riservatezza delle comunicazioni interpersonali, alla tutela dei dati personali dell’interessato.
Come garantire l’integrità delle prove digitali
Per garantire l’integrità delle prove digitali è necessario utilizzare strumenti e metodi che, pur non codificati dall’ordinamento, consentano:
- di rispettare la migliori pratiche in ambito internazionale;
- di dimostrare che nessuna alterazione è possibile nella fase di raccolta, elaborazione e produzione;
- di assicurare che il supporto originale sia sempre disponibile per ulteriori analisi.
Diversamente, la copia prodotta in giudizio, nel processo civile dovrà essere liberamente valutata dal Giudice come riproduzione meccanica, mentre, nel processo penale, in assenza di incidente probatorio, potrà anche essere espunta dal fascicolo, per l’impossibilità di garantire il contraddittorio e i diritti della difesa.
Peraltro, l’integrità del supporto originale non è importante solo per verificare che ciò che è stato estratto sia conforme a ciò che era presente nel dispositivo, ma anche per valutare che le prove non siano state decontestualizzate (ad esempio estraendo solo alcuni messaggi da una conversazione o solo alcuni fotogrammi da un filmato più lungo) ovvero che non vi siano altri elementi favorevoli all’indagato, in assenza dei quali la valutazione della responsabilità alla quale si perviene è diversa, parziale, carente.
Acquisire dati da innumerevoli dispositivi
Un’altra sfida nella raccolta della prova digitale è la vastità dei dati disponibili per effetto della diffusione delle tecnologie digitali anche in ambiti che, fino a qualche anno fa, non rientravano nell’alveo dell’analisi forense. Oggi un singolo smartphone può contenere migliaia di messaggi di testo, immagini, video, e-mail e altro ancora ma le memorie elettroniche e di massa sono ormai presenti in tutti i dispositivi IOT, inclusi i wearable come orologi e cinture per il fitness, così come nelle installazioni civili ed industriali, come i server delle linee di produzione, gli impianti di allarme e sorveglianza integrati da sistemi di analisi comportamentale o rilevamento degli eventi (incendio, allagamenti, fughe di gas, ecc.) e perfino nelle smart TV presenti nei salotti di casa come nelle sale riunione delle multinazionali. Ognuno di questi sistemi dispone di sensori, telecamere, microfoni, che rilevano dati anche sui presenti, ed ognuno di tali dispositivi ha un proprio sistema operativo e misure di sicurezza spesso proprietari, coperti da segreto industriale.
Anche solo la mole di dati che può essere ricavata da un orologio digitale con il quale un cittadino svolge attività sportiva e lavorativa è enorme, perché l’apparato è solitamente collegato allo smartphone ed acquisisce, oltre ai dati della posizione geografica, altri parametri come lo stato di stress, quelli dell’attività fisica, gli spostamenti in auto o a piedi, l’altitudine, la pressione atmosferica, ecc. (tutti elementi solitamente inutilizzati, ma che, nell’ambito di un processo, civile o penale, potrebbero essere determinanti alla decisione). Un assistente vocale come Alexa o Siri registra i comandi impartiti, che possono quindi fornire ulteriori elementi utili alle indagini ed i vari strumenti di pagamento consentono di acquisire ulteriori informazioni sull’attività dell’utente, sia in termini di acquisti che di spostamenti.
Non si tratta, quindi, di analizzare solo computer e telefoni, come avveniva in passato (peraltro con memorie e formati di numero decisamente irrisorio rispetto alla situazione attuale), ma di acquisire dati da innumerevoli dispositivi, spesso tra loro connessi ma anche semplicemente presenti sui luoghi in cui è transitato l’interessato (come le telecamere di sorveglianza), che utilizzano hardware di ogni tipo, hanno sistemi operativi e firmware diversi e spesso incompatibili tra loro, comunicano tramite bluetooth, sensori a radiofrequenza, reti di comunicazione wireless e cablate, perfino con protocolli proprietari come AirDrop di Apple.
A ciò si aggiunga che i produttori sono in gran parte statunitensi, quindi poco inclini a fornire dati alla magistratura se la richiesta può potenzialmente impattare con la libertà di pensiero o la privacy dell’interessato, e che la crescente aggressione al mercato europeo dei prodotti provenienti dal medio-oriente contribuisce ulteriormente a complicare la vita degli operatori del diritto, per la difficoltà di acquisire o farsi trasmettere le informazioni necessarie al procedimento, sulla genuinità delle quali, in ogni caso, ogni riserva è possibile.
Ecco, pertanto, che gli operatori del diritto si trovano a dover innanzitutto individuare i molteplici dispositivi dai quali si potrebbero trarre elementi utili per l’instaurando procedimento (civile o penale che sia) e come sia divenuto cruciale poter analizzare in tempi ragionevoli l’enorme massa di informazioni dalla quale è necessario trarre elementi rilevanti per il caso in esame. L’uso di software specialistici può aiutare ad accelerare questo processo, consentendo agli interessati di cercare parole chiave, confrontare immagini, analizzare database e valori, filtrare i dati e identificare rapidamente le prove pertinenti. Sta crescendo esponenzialmente il valore dell’implementazione di una strategia di intelligenza digitale (DI) per accedere, gestire e analizzare le prove digitali per estrapolare più rapidamente le informazioni utili al caso specifico.
La formazione necessaria per la raccolta della prova digitale
Infine, la raccolta della prova digitale richiede una formazione specializzata per gli operatori del diritto. Da un lato, gli inquirenti devono essere aggiornati sulle ultime tendenze e metodologie forensi digitali. La formazione continua e la collaborazione con esperti forensi possono aiutare lo sviluppo delle competenze necessarie per affrontare le sfide, sempre nuove e complesse, nella raccolta delle prove digitali. Dall’altro, sempre con riguardo al processo penale, i difensori e i loro consulenti devono essere in grado di valutare se l’acquisizione delle prove è avvenuta correttamente e nel rispetto delle prescrizioni del codice, se è possibile individuare ed acquisire altre prove a discarico del cliente, se è utile ed economicamente conveniente procedere alla loro acquisizione per produrle in giudizio.
Parallelamente, devono essere pronti alla contestazione di quelle eventualmente acquisite da altri in modo non corretto, che si dovrà cercare di far stralciare dal fascicolo del procedimento. Nel processo civile, in cui vi è una sostanziale parità delle parti rispetto alla produzione probatoria nei confronti del Giudice, è determinante poter dimostrare competenza e professionalità, dotandosi dei più moderni strumenti di acquisizione forense oppure rivolgendosi ad aziende specializzate. Sebbene non soddisfi l’esigenza di garantire a tutti i cittadini un processo equo ed imparziale, si deve prendere atto del rilevante sforzo economico oggi necessario per affrontare l’acquisizione o la valutazione della prova digitale, certamente non alla portata del cittadino comune.
Diverse aziende mettono a disposizione le loro competenze e la strumentazione che hanno realizzato a supporto della raccolta delle prove in ambito digitale ma occorre prendere atto che maggiore è la specializzazione richiesta, rispetto alla complessità delle acquisizioni, maggiore è lo sforzo economico corrispondente. Se, per la semplice acquisizione di pagine web e schermate di personal computer e dispositivi digitali esistono soluzioni anche on line a costi accettabili, quando ci si deve trasferire sull’analisi forense di dispositivi non standard o sulla ricerca di elementi online o all’interno di apparati da individuare, i costi possono diventare proibitivi anche per soggetti benestanti, anche perché le principali aziende ed i principali strumenti di analisi nascono per supportare realtà governative ed hanno quindi listini inadeguati al comune cittadino.
Conclusioni
In conclusione, la raccolta della prova digitale nel processo penale è diventata essenziale per i procedimenti giudiziari. Tuttavia, richiede una preparazione adeguata, l’uso di strumenti forensi digitali specialistici e il rispetto delle leggi poste a salvaguardia dei diritti costituzionali degli individui.
Un discorso a parte meritano i recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale, che porterà gli operatori del diritto a dover affrontare una nuova sfida di proporzioni epocali. L’attuale potenza di calcolo dei dispositivi digitali consente infatti di manipolare foto, audio e filmati senza lasciare traccia di tale alterazione e, quel che è peggio, di generare dal nulla una foto, un file audio o un filmato che possono essere attribuiti – almeno prima facie – ad un soggetto che quel comportamento non ha mai tenuto. Ne sono un esempio le foto apparse all’inizio del 2023, su molteplici fonti, relative ad un presunto arresto di Donald Trump da parte delle Forze dell’Ordine statunitensi, in realtà mai avvenuto, o il filmato in cui un attore recita un monologo che viene successivamente trasformato in analoga prestazione da parte di Morgan Freeman, che invece non l’ha mai registrato.
Se in un processo importante, la parte colpita dalla produzione del falso elemento di prova è probabilmente in grado di difendersi a colpi di consulenze e indagini suppletive, occorre invece considerare che il fenomeno appare molto preoccupante per chi, in un processo ordinario, non ha lo spessore culturale né le risorse finanziarie necessarie per poter affrontare una simile manipolazione, trovandosi sostanzialmente alla mercè di un Giudice altrettanto impreparato ed altrettanto privo di risorse, che dovrà decidere se considerare attendibile una prova basata su un file audio o su un filmato.
Gianluca Pomante