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Riforma Cartabia, cambiano gli atti introduttivi del processo civile: guida ai nuovi passaggi da fare

La riforma Cartabia apporta modifiche anche agli atti introduttivi del processo civile, per cui è importante approfondire come devono essere gestite le fasi iniziali, dall’atto di citazione ai nuovi termini indicati dalla legge: ecco un’utile guida per studi legali e avvocati

Pubblicato il 24 Mar 2023

Marco Sergio Catalano

Avvocato, Studio Irrera

Giustizia digitale

Con il D. lgs. n. 149/2022, di riforma del Codice di procedura civile, il legislatore è intervenuto in modo incisivo sulla disciplina del processo, al fine di semplificarne la struttura e renderlo più rapido ed efficiente. Nella fase introduttiva del procedimento ordinario di cognizione, tali obiettivi sono stati perseguiti mediante una parziale riesumazione della disciplina del c.d. “rito societario[1]”, caratterizzato dalla cristallizzazione del thema decidendum e del thema probandum prima dell’udienza davanti al Giudice designato per la trattazione della causa.

E così, anche nel nuovo procedimento di primo grado, le memorie di trattazione ed istruttorie – che sino all’entrata in vigore della riforma erano successive alla prima udienza – dovranno essere depositate anteriormente alla prima udienza, con l’obiettivo di far sì che il Giudice, avendo già chiaro e compiutamente definito l’oggetto del procedimento, possa regolarne l’andamento nel modo più rapido ed efficace possibile, in relazione alla complessità della causa e dell’eventuale fase di assunzione dei mezzi di prova richiesti dalle parti.

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Atto di citazione, come cambia con la riforma Cartabia

L’adeguamento al nuovo modello processuale parte da una modifica della disciplina degli atti introduttivi del giudizio, a partire dall’atto di citazione. In particolare, fra i requisiti formali dell’atto è stato introdotto, all’art. 163 bis, comma 3, n. 3 bis), C.p.c. l’obbligo di indicare, nei casi in cui la domanda sia soggetta a condizione di procedibilità, l’assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento. La finalità della disposizione è evidentemente quella di consentire al Giudice di determinare rapidamente se poter dare le disposizioni per la prosecuzione del giudizio o, viceversa, invitare le parti a dar corso agli incombenti necessari per soddisfare la condizione di procedibilità pretermessa. Peraltro, poiché l’art. 164 C.p.c. non menziona tale requisito fra quelli previsti a pena di nullità dell’atto di citazione, si deve ritenere che l’eventuale mancata indicazione del superamento della condizione di procedibilità non influisca sulla validità dell’atto, comportando tuttavia per il Giudice l’obbligo di verificare aliunde (ad esempio, dai documenti prodotti o anche dal contenuto della comparsa di costituzione avversaria) se tale condizione di procedibilità si sia verificata o no.

La riforma ha inoltre modificato l’art. 163, comma 3, n. 4) C.p.c., prevedendo che l’attore debba esporre «in modo chiaro e preciso» i fatti gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni. Il richiamo ai canoni di chiarezza e precisione costituisce una specificazione dei principi generali espressi dall’art. 121 C.p.c. (anch’esso novellato dal D. Lgs. n. 149/2022) in materia di forma degli atti processuali e si giustifica sia in un’ottica di riduzione dei tempi processuali e della leale collaborazione fra le parti nonché fra le stesse e il giudice, sia in funzione della telematizzazione del processo civile, che implica la consultazione degli atti processuali mediante videolettura[2].

Gli interpreti sono pressoché unanimi nel ritenere che la violazione dei canoni di sinteticità e chiarezza non implichi automaticamente la nullità (o l’inammissibilità) dell’atto, ma al più possa incidere sul regime delle spese processuali, in forza di quanto previsto dall’art. 46, comma 5, disp. att. C.p.c.[3]. Non si può peraltro sottacere il rischio che, ove a causa del difetto di chiarezza o precisione derivi l’assoluta impossibilità di ricostruire i fatti posti a fondamento della domanda, la citazione possa essere dichiarata nulla ex art. 164, 4° comma, C.p.c. Ma si tratta di ipotesi che dovrebbe avere natura residuale.

La chiamata in giudizio

L’ultima – e più significativa – modifica operata al contenuto dell’atto di citazione riguarda la vocatio in ius di cui all’art. 163, comma 3, n. 7), C.p.c., la quale – oltre all’indicazione della data di prima udienza e ai consueti avvertimenti in merito alle conseguenze della mancata o tardiva costituzione – dovrà contenere:

  • l’invito a costituirsi nel termine di settanta giorni (e non più venti, come nel regime antecedente la riforma Cartabia) prima dell’udienza di comparizione fissata nella citazione;
  • il duplice avvertimento sull’obbligo, per il convenuto, di avvalersi della difesa tecnica di un avvocato per le liti avanti al Tribunale, salvo che si ricada nei casi di esenzione previsti dall’art. 86, C.p.c.[4] o da leggi speciali, nonché sulla facoltà, per la parte che ne abbia i requisiti, di richiedere il gratuito patrocinio.

Parallelamente, gli artt. 166 e 167 C.p.c., nel disciplinare i termini di costituzione del convenuto e il contenuto della comparsa di risposta, sono stati modificati nel senso di prevedere che il convenuto si debba costituire almeno settanta giorni prima dell’udienza di comparizione e che debba dispiegare le proprie difese, eccezioni e domande riconvenzionali in modo chiaro e specifico, oltre ad avere l’onere di effettuare a pena di decadenza la chiamata in causa dei terzi.

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I nuovi termini per la costituzione 

La novellazione degli artt. 163, comma 3, n. 7), 166 e 167 C.p.c. è funzionale alla nuova scansione dei termini a comparire e per lo scambio delle memorie di trattazione e istruttorie che, a seguito della riforma, deve intervenire anteriormente alla prima udienza, la quale pertanto è stata collocata “a valle” di tale scambio degli atti introduttivi. Al fine di adeguare la fase introduttiva al nuovo impianto normativo, si è quindi stabilito che tra la data di notifica della citazione e la data dell’udienza debbano intercorrere termini liberi non inferiori a centoventi giorni liberi (centocinquanta se la notifica deve essere effettuata all’estero), mentre prima della riforma il termine a comparire era di novanta giorni. Resta, invece, di dieci giorni dall’ultima notifica il termine per la costituzione dell’attore mediante iscrizione a ruolo della causa.

Il convenuto, per contro, non si deve più costituire entro venti giorni dalla prima udienza, bensì settanta giorni prima dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di citazione. Si tratta di un regime, almeno tendenzialmente, più sfavorevole per il convenuto, al quale vengono assegnati termini per il deposito della comparsa più ridotti rispetto a quelli ricavabili anteriormente alla riforma. Il termine di costituzione del convenuto, peraltro, funge altresì da limite per evitare la dichiarazione di contumacia. Il nuovo impianto normativo, infatti, come in passato prevede che, laddove una delle parti si sia costituita tempestivamente, l’altra possa costituirsi anche successivamente alla costituzione della prima. Ma, se la parte non si costituisce entro il termine previsto per la costituzione del convenuto, il giudice istruttore la dichiarerà contumace[5]. Tale “anticipata” dichiarazione di contumacia, peraltro, deriva proprio dal fatto che – nel modello processuale delineato dalla riforma – le verifiche preliminari sulla regolarità del contraddittorio e sul contenuto degli atti di parte, anziché essere demandati alla prima udienza, vengono effettuati dal giudice fuori d’udienza, successivamente al decorso dei termini di costituzione delle parti.

Le verifiche preliminari del giudice

Alla disciplina delle verifiche preliminari del giudice è dedicato l’art. 171 bis C.p.c. di nuova fattura, per il quale il giudice, entro i quindici giorni successivi al termine di costituzione per il convenuto, deve:

  • verificare la regolarità del contraddittorio, ordinandone eventualmente l’integrazione;
  • eventualmente ammettere la chiamata in causa del terzo formulata dal convenuto;
  • verificare la regolarità degli atti, dei documenti, della regolarità della costituzione e della procura e, ove necessario, concedere il termine per la regolarizzazione degli atti e documenti o dei difetti di assistenza, autorizzazione e rappresentanza, o – ancora – per la sanatoria dei vizi della procura;
  • ordinare la rinnovazione della citazione nulla, in caso di mancata costituzione del convenuto, oppure, laddove le parti si siano regolarmente costituite, l’integrazione della citazione o della riconvenzionale nulle per mancanza o assoluta incertezza delle ragioni e dell’oggetto della domanda;
  • dichiarare la contumacia delle parti non costituite e l’eventuale notificazione alle stesse delle eventuali domande nuove formulate in loro confronto.

In tali ipotesi, ove il giudice debba assumere un provvedimento di regolarizzazione degli atti o del contraddittorio (ad es. per autorizzare la chiamata di terzo o fissare il termine per la sanatoria della procura), dovrà fissare una nuova udienza per la comparizione delle parti. Peraltro, anche laddove non fosse necessario assumere alcun provvedimento, al giudice sarà comunque consentito differire la prima udienza, sino ad un massimo di quarantacinque giorni. In entrambi i casi, i termini per le memorie integrative di cui all’art. 171 ter C.p.c. decorreranno dall’udienza fissata dal giudice.

Da ultimo, l’art. 171 bis C.p.c. impone al giudice di indicare alle parti le questioni rilevabili d’ufficio di cui ritenga opportuna la trattazione nelle memorie integrative, anche con riferimento alle condizioni di procedibilità e sulla sussistenza dei presupposti per mutare il rito da ordinario a semplificato[6].

Lo scambio anticipato delle memorie di trattazione e istruttorie

L’art. 171 ter C.p.c., introdotto dalla riforma, disciplina lo scambio delle memorie integrative degli atti introduttivi, le quali – come si è veduto – diversamente dal regime in vigore sino al 28 febbraio 2023, si collocano “a monte” e non “a valle” della prima udienza, ma che sul piano contenutistico non presentano sensibili divergenze rispetto alle memorie di cui all’art. 183, comma 6), C.p.c. ante-riforma. In base alle nuove disposizioni, le parti potranno quindi depositare:

  1. almeno 40 giorni prima dell’udienza, una memoria contenente la proposizione delle domande e eccezioni che sono conseguenza della riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto e dal terzo, nonché la precisazione delle domande, eccezioni e conclusioni già proposte; a pena di decadenza, con tale memoria l’attore dovrà altresì formulare istanza di chiamata in causa del terzo, laddove tale esigenza sia sorta dalle difese del convenuto;
  2. almeno 20 giorni prima dell’udienza, una memoria di replica alle domande ed eccezioni nuove o modificate dalle altre parti, contenente le relative eccezioni, nonché l’indicazione dei mezzi istruttori e la produzione dei documenti offerti in prova;
  3. almeno 10 giorni prima dell’udienza, una memoria di replica alle eccezioni nuove e indicazione di prova contraria.

Come si svolge la prima udienza

All’esito dello scambio delle memorie integrative, con la conseguente fissazione del thema decidendum e del thema probandum, si avrà finalmente il primo contatto fra le parti e il giudice, all’udienza di prima comparizione delle parti, disciplinata dall’art. 183 C.p.c., la quale costituisce anche la parte finale della fase introduttiva del procedimento[7].

Il primo comma dell’art. 183 C.p.c., novellato dalla riforma, reintroduce l’obbligo di comparizione personale delle parti, necessaria ai fini dell’interrogatorio libero e l’espletamento del tentativo di conciliazione. La mancata comparizione senza giustificato motivo è valutata come argomento di prova contro la parte ingiustificatamente assente, ex art. 116, C.p.c. Alla stessa udienza, il giudice:

  • decide sull’istanza di chiamata in causa del terzo formulata dall’attore nella prima memoria integrativa e, in caso di ammissione, fissa nuova prima udienza per consentire la comparizione del terzo[8];
  • ove ritenga la causa matura per la decisione senza necessità di istruttoria, anche solo su questioni pregiudiziali, la rimette avanti al Collegio o la trattiene avanti a sé per la fase decisoria;
  • qualora ne reputi sussistenti i presupposti, dispone con ordinanza non impugnabile che il giudizio prosegua con le forme del rito semplificato ex art. 281 decies ss., C.p.c.;
  • laddove la causa richieda l’espletamento di attività istruttoria, decide in udienza (o con ordinanza resa entro i trenta giorni successivi) sulle istanze istruttorie delle parti e stabilisce il calendario delle udienze successive con i relativi incombenti, tenendo conto della natura, dell’urgenza e della complessità della causa, ma fissando comunque la prima udienza per l’assunzione di mezzi di prova entro novanta giorni. Se, con l’ordinanza di ammissione dei mezzi istruttori, il giudice dispone d’ufficio mezzi di prova, ciascuna parte potrà chiedere, entro un termine perentorio fissato dal giudice, i mezzi di prova che si rendano necessari rispetto a quelli indicati dal giudice e, sempre entro un termine perentorio fissato dal giudice, replicare alle istanze istruttorie formulate dalla controparte. All’esito di tale scambio di memorie relativo ai mezzi istruttori disposti d’ufficio dal giudice, quest’ultimo si riserverà di provvedere in merito alle istanze probatorie dipendenti da tali mezzi.

__

Note

  1. Il quale, introdotto con D. lgs. n. 5/2003, è stato successivamente abrogato – invero senza troppi rimpianti – dalla L. n. 69/2009.
  2. Sul punto cfr. la Relazione illustrativa al D. Lgs. n. 149/2022, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale, n. 245 del 19.10.2022.
  3. V. per tutti Gradi, Doveri delle parti e dei terzi (artt. 96, 118, 121, 210, 213 c.p.c.), in La riforma Cartabia del processo civile, a cura di Tiscini, Pisa 2023, 52 ss. Particolarmente critico con la disposizione è Cossignani, Gli interventi sul processo di cognizione (di primo grado), in Aa. Vv., Il nuovo processo civile dopo la legge delega, 26 novembre 2021 n. 206 ed alla luce del d.lgs., 10 ottobre 2022, n. 149, che parla di «valore meramente ottativo» del richiamo ai requisiti di chiarezza e precisione.
  4. Che riguarda l’ipotesi dell’avvocato patrocinatore di se stesso.
  5. Ciò fermo restando che la parte dichiarata contumace potrà successivamente costituirsi in corso di giudizio, eventualmente anche alla prima udienza di comparizione, con conseguente revoca della dichiarazione di contumacia. Cfr. Delle Donne, La fase introduttiva, la prima udienza e i provvedimenti del giudice istruttore (artt. 163, 163-bis, 164, 165, 166, 167, 168-bis, 171, 171-bis, 171-ter, 182, 183, 184, 185, 187 c.p.c.), in La riforma Cartabia, cit., 280.
  6. Ossia, ai sensi dell’art. 281 decies, comma 1, C.p.c. «quando i fatti di causa non sono controversi, oppure quando la domanda è fondata su prova documentale, o è di pronta soluzione o richiede un’istruzione non complessa».
  7. Sull’udienza di comparizione v. in particolare Buoncristiani, Il processo di primo grado. Introduzione, preclusioni, trattazione e decisione, in Il processo civile dopo la riforma, a cura di Cecchella, Bologna 2023, 60 ss.; Delle Donne, Op. cit., 298 ss.
  8. In questo caso, ai sensi dell’art. 269, ultimo comma, C.p.c., «restano ferme per le parti le preclusioni maturate anteriormente alla chiamata in causa del terzo e i termini indicati dall’articolo 171-ter decorrono nuovamente rispetto all’udienza fissata per la citazione del terzo».

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