ucrainaLe donazioni raccolte dal governo e dall’esercito ucraino in criptovalute, quali bitcoin, token non fungibili (NFT) e stablecoin come Tether, ammontano a milioni di dollari, secondo i dati forniti dalla società di blockchain analytics Elliptic aggiornati al 4 marzo 2022.
Come si può leggere dal sito, il governo ucraino – e la ONG “Come Back Alive” che fornisce supporto alle forze militari – hanno finora raccolto 56,8 milioni di dollari, attraverso oltre 113.000 donazioni di criptovalute dall’inizio dell’invasione russa mediante gli indirizzi Bitcoin, Ethereum, TRON, Polkadot, Dogecoin e Solana. Ciò include una donazione di 5,8 milioni di dollari da parte del fondatore di Polkadot, Gavin Wood, e l’offerta del NFT CryptoPunk #5364, dal valore di oltre 200.000 dollari, mostrato nella figura seguente.
CryptoPunk #5364
Le donazioni includono anche un’unica transazione del valore di 1,86 milioni di dollari, che sembra provenire dai proventi della vendita di NFT creati da Julian Assange e dall’artista digitale Pak. È stato anche creato da UcraineDAO un NFT della bandiera ucraina dal valore di 6,5 milioni di dollari in ether, il che lo rende tra i NFT più costosi mai venduti e il cui ricavato sarà devoluto a “Come Back Alive”).
La richiesta di aiuto economico in criptovalute aveva avuto inizio il 26 febbraio quando gli account Twitter appartenenti al governo ucraino avevano pubblicato richieste di donazioni.
Come si può vedere dal grafico seguente, tuttavia, le donazioni erano iniziate due giorni prima, il 24 febbraio, raccolte da “Come Back Alive”. Quest’ultima è un’organizzazione non governativa ucraina che aiuta i militari, i volontari e le loro famiglie sulla base del crowdfunding.
Come si vede, invece, dalla figura seguente, la maggior parte delle donazioni ricevute fino ad oggi dal governo ucraino sono avvenute in Ether (33.7%) e Bitcoin (31.2%) sebbene le Stablecoin in dollari statunitensi contribuiscano in misura significativa (17.0%).
L’appello dell’Ong “Come back Alive”
L’ONG “Come Back Alive” è una delle più grandi organizzazioni ucraine ed è specializzata nel supporto tecnico, in particolare nelle termocamere, nei droni di ricognizione, nei giubbotti antiproiettile e nei dispositivi per la visione notturna e, più in generale, in progetti di formazione, aiuto medico, psicologico e altri servizi quali il recupero e la riabilitazione di militari feriti e malati, sia in servizio che veterani (quali “Invictus Game”). Il nome della ONG, fondata nel 2014, da uno specialista IT, Vitaliy Deynega, prende il nome dalle iscrizioni sui giubbotti antiproiettile che furono le sue prime donazioni all’esercito, vale a dire “Torna vivo”.
L’appello che si può leggere sul sito della ONG, in diversi linguaggi e anche in italiano, mette in evidenza come l’Ucraina sia lo scudo dell’Europa e una bandiera di libertà e democrazia non solo per l’Ucraina ma per il mondo intero.
«L’Ucraina è lo scudo d’Europa. Noi crediamo che una minaccia alla libertà ovunque, anche in Ucraina, sia una minaccia alla libertà dappertutto. [..] Qui stiamo difendendo i valori che condividiamo in tutta Europa e nel mondo. Stiamo facendo del nostro meglio per essere sicuri che certi valori – quelli di Putin – non si diffondano oltre, anche oltre i nostri confini. […] La nostra organizzazione non usa i fondi per comprare armi. La nostra missione è puramente dedicata alla fornitura di munizioni, strumenti ed esercitazioni per aiutare a salvare degli ucraini e per aiutare i soldati ucraini a difendere l’Ucraina».
Come si può vedere da questo messaggio si tratta di un aspetto significativo dell’information war attuale che viene combattuta da ambo le parti. Del resto, i gruppi di attivisti hanno svolto nel paese un ruolo fondamentale, a partire dall’estromissione dell’allora presidente filorusso Viktor Yanukovich, nel 2014. In genere, queste organizzazioni ricevono fondi da donatori privati tramite bonifici bancari o app di pagamento, ma le criptovalute come il Bitcoin sono presto emerse come un importante metodo di finanziamento alternativo. Il sito accetta donazioni mediante l’app londinese Fondy.eu e criptovalute quali Bitcoin, Ethereum (eth, usdt, usdc) e ERC20 (Tether). In questo caso, si può sottolineare che oltre all’information war vi sono delle ricadute importanti anche nella guerra cinetica in quanto vengono aiutate principalmente quelle unità militari che sono impegnate nella guerra in prima linea.
Le criptovalute per sostenere la resistenza ucraina
Anche altri gruppi che sostengono gli sforzi della resistenza ucraina hanno chiesto donazioni in criptovalute, stablecoin o NFT. Tra questi vi sono i cyber warrior della “Ukrainian Cyber Alliance (UCA)”, un gruppo di attivisti impegnati in cyber attacchi informatici contro obiettivi russi fin dal 2016. A differenza di “Come Back Alive” la raccolta di fondi da parte di UCA si basa esclusivamente su donazioni di criptovalute. A gennaio 2020 il gruppo richiedeva donazioni tramite un post su Facebook, dal titolo “Toss bitcoin to your hacker”. Anche il gruppo di attivisti informatici bielorussi “Cyber-Partisans”, che ha condotto un attacco contro la rete ferroviaria bielorussa per interrompere i movimenti delle truppe russe verso il confine ucraino, sollecita donazioni esclusivamente in Bitcoin. La società di sicurezza informatica “Cyber Unit Technologies” ha, invece, promosso un hackathon globale, iniziato il 4 marzo, al fine di compromettere i siti web russi offrendo una ricompensa di 100.000 dollari pagabili in criptovalute.
In definitiva, le criptovalute sono particolarmente adatte alle donazioni transfrontaliere, consentendo una raccolta più facile da parte dei donatori esteri e sono resistenti alla censura in quanto non esiste un’autorità centrale che possa bloccarle. In alcuni casi, difatti, esse sono servite per aggirare le istituzioni finanziarie tradizionali che hanno chiuso i conti relativi a campagne di raccolta fondi da parte di organizzazioni controverse, ad esempio, come nel caso dell’ucraina “Myrotvorets Center” per l’utilizzo del software di riconoscimento facciale “IDentigraf” oppure nel caso dei separatisti pro-russi organizzatori della campagna “Save the Donbass”.
Gli esempi visti in precedenza, legati all’attualità del confitto in corso, tra molti altri che si potrebbero fare, mostrano assai bene come le criptovalute si avviano a divenire un’alternativa sempre più popolare nelle attività di crowdfunding globale non solo nelle situazioni di economic warfare ma anche nel caso di finanziamenti dei tradizionali scontri cinetici sul campo di battaglia. In quest’ultimo caso, accettare donazioni tramite i metodi bancari usuali potrebbe essere difficile, dato l’elevato costo dell’invio di denaro all’estero, ma soprattutto per una questione di tempo; potrebbe passare del tempo prezioso, difatti, prima che l’Ucraina possa riceva il denaro che invece le serve nell’immediato per finanziare la guerra in corso.
Conclusioni
In conclusione, l’era digitale sta rimodellando anche il tradizionale ambiente economico con modalità inedite e le criptovalute vengono già oggi, ma sempre più lo saranno, utilizzate per finanziare i conflitti armati e non, con la silente approvazione dei diversi governi nazionali, più o meno apertamente coinvolti. Ciò avviene, in buona sostanza, perché vi è una continua convergenza tra economia, criptovalute e conflitto in quell’area grigia tra pace e guerra non dichiarata che interessa forme di conflitto più prolungate, complesse e sfaccettate. Del resto, sono gli stessi stati nazionali che si rivolgono all’ecosistema delle criptovalute come mezzo di crowdfunding globale, come visto nel caso del governo ucraino.
Altri stati cercano di far uso delle criptovalute per altri fini; ad esempio, utilizzare il mining di bitcoin come una modalità per alleviare le sanzioni commerciali imposte dagli Stati Uniti, situazione che riguarda adesso anche la Federazione Russa. A questo riguardo, va detto che le criptovalute non sono, a tutt’oggi, una soluzione alternativa affidabile e scalabile per i governi che mirano a bypassare l’attuale sistema finanziario globale. Utilizzi specifici possono essere, invece, assai fruttuosi come quelli della Corea del Nord che sembra stia utilizzando i proventi derivanti dai cyber attacchi tramite ransomware, con contestuale riscatto economico in criptovalute, per supportare il suo programma di sviluppo missilistico.
Leggi il nostro Speciale sulla Guerra in Ucraina