Procede l’IBSI – Italian Blockchain Service Infrastructure, con l’obiettivo di fornire servizi a imprese e cittadini italiani a partire da una sperimentazione che è nata ed è stata formalizzata attraverso una lettera di accordo firmata lo scorso gennaio 2021 da 13 membri.
L’iniziativa italiana deve essere vista con favore per due motivi. Il primo è certamente legato al fatto che in Italia esistono ricercatori, sviluppatori e informatici di primo livello in grado di poter dare un apporto fondamentale a livello infrastrutturale e che potrebbe fungere da guida per altri paesi europei in una ottica cooperativa/competitiva. Il secondo è per ridare impulso tecnologico al paese, inserendolo tra i primi che ambiscono ad utilizzare la blockchain per guidare la trasformazione tecnologica degli enti pubblici, anche in virtu’ della recente legge su Smart Contract e Blockchain, della creazione della Task Force del Ministero dello Sviluppo Economico, degli scritti e opinioni di Banca d’Italia e Consob.
Molto del lavoro fatto a livello parlamentare, a livello di MISE e degli organi regolatori, è infatti in gran parte di estremo interesse, ma mancava (e manca) ancora una concreta sperimentazione delle potenziali applicazioni della blockchain.
I membri di IBSI
La storia di IBSI ha pubblicamente inizio il 2 marzo 2021, quando AGID -Agenzia per l’Italia Digitale ha annunciato di essere tra i promotori di una nuova infrastruttura italiana basata sulla blockchain per l’erogazione di servizi di interesse pubblico. L’annuncio ha immediatamente suscitato un notevole interesse non solo per gli importanti obiettivi individuati ma anche per la rilevante platea di attori istituzionali che supportano tale iniziativa.
Progetto IBSI, verso la blockchain per i servizi pubblici in Italia
Non solo AGID ma anche il Centro di Informazione sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche, noto come CIMEA, il CSI-Piemonte Consorzio di Enti pubblici che dal 1977 opera nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, l’ENEA – l’Ente pubblico di ricerca italiano che opera nel settore dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie a supporto delle politiche di connettività e di sviluppo sostenibile, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), Infratel Italia, società pubblica italiana che opera nel settore delle telecomunicazioni per il Ministero dello sviluppo economico del quale è una società in house e controllata al 100% da Invitalia.
Ancora INPS, Poste Italiane, Ricerca sul Sistema Energetico – RSE S.p.A. (società controllata dal Gestore dei Servizi Energetici), Gestore dei servizi energetici GSE S.p.A. (società per azioni interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze), Sogei – Società Generale d’Informatica S.p.A., la nota azienda in house del Ministero dell’Economia e delle Finanze, da quest’ultimo controllata al 100%, operativa nel settore dell’ICT. Oltre alle istituzioni sopra indicate, un supporto fondamentale viene poi dato dal mondo universitario, con la presenza nel team del Politecnico di Milano e dell’Università di Cagliari.
Restituire ai cittadini il controllo dei dati
Come ormai ben noto, la tecnologia blockchain è nata con l’obiettivo di creare un’infrastruttura decentralizzata che consentisse la creazione e lo scambio di valuta digitale senza la necessità di un’autorità centrale che certificasse e controllasse le transazioni tra le parti. Uno degli obiettivi che stavano alla base del creatore del protocollo Bitcoin era connesso alle filosofie libertarie, e mirava ad eliminare il controllo esercitato da stati ed enti pubblici sui movimenti di valuta dei cittadini. Tali obiettivi di Satoshi Nakamoto sono talvolta sconfessati dalle frequenti iniziative promosse da stati ed enti pubblici, cioè le entità che tradizionalmente esercitano un controllo centralizzato sui dati dei cittadini. In questo caso proprio gli enti pubblici si propongono di usare tale tecnologia per restituire, almeno in parte, agli stessi cittadini il controllo dei loro dati.
È infatti questo lo scopo dei progetti EBSI ed IBSI, il primo a livello europeo, il secondo a livello italiano. EBSI è l’acronimo di European Blockchain Service Infrastructure ed è un progetto voluto dalla EBP (European Blockchain Partnership) volto a fornire ai cittadini ed alle imprese europee dei servizi digitali crossborder in tutta l’Unione Europea. Uno dei motivi fondamentali dell’EBSI era proprio quello di coordinare le varie iniziative europee anche al fine di favorire il percorso dell’Agenda Digitale Europea per una uniforme politica di trattamento, gestione e comunicazione dei dati, onde evitare frizioni e attriti tra diversi paesi.
La natura di IBSI
Che una eventuale Blockchain di Stato preveda una funzione centralizzata di validazione e gestione dei dati non deve ovviamente sorprendere, ma questo registro distribuito può essere considerato una vera e propria blockchain, come fu nelle intenzioni di Nakamoto ? Innanzitutto è bene precisare che IBSI non è una blockchain di Stato ma piuttosto un esperimento, per il quale alcuni enti pubblici, interessati ad esplorare le potenzialità di tale tecnologia, si sono accordati al fine di implementare e supportare una struttura condivisa in cui sperimentare applicazioni pratiche e casi d’uso che avessero l’obiettivo di fornire servizi a cittadini e imprese.
Come detto anche in altri articoli qui su Agenda Digitale, molti casi d’uso che oggi vengono formulati e risolti tramite una blockchain in realtà soffrono di overkill, ovvero utilizzano un eccesso di tecnologia rispetto ai loro requisiti. In molti casi, infatti sarebbero decisamente sufficienti le tradizionali e ben note tecniche crittografiche e le più semplici e convenienti soluzioni già sperimentate in passato, senza scomodare alcuna blockchain. Tuttavia l’iniziativa proprio per questo motivo deve essere considerata utile sia per validare determinate idee sia – soprattutto – per invalidarne altre, liberandoci così da alcuni “mantra” che spesso vediamo circolare in rete.
La normativa di riferimento
Inoltre deve comunque essere considerata un passaggio fondamentale per far si che anche nel nostro paese si de-strutturino le complesse e non più attuali fattispecie giuridiche che mal si attagliano alla dimensione della Blockchain. J.M. Keynes in “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” (1936), sostenne che la saggezza del mondo insegna che è cosa migliore per la reputazione fallire in modo convenzionale, anzichè riuscire in modo anticonvenzionale.
Ecco perché, pur con tutti i dubbi e le limitazioni del caso, pur con le criticità connesse alla apparente assenza di adeguati sistemi di incentivazione la “Blockchain di Stato”, qualunque sarà il suo esito, deve essere invece vista come una utile sperimentazione.
Le aspettative
Il progetto è in fase iniziale ma le aspettative dei promotori sono notevoli. Infatti IBSI ambisce anche a realizzare attività di ricerca e sviluppo sulle caratteristiche distintive di tale tecnologia per approfondirne le potenzialità, come ad esempio sviluppare modelli energeticamente sostenibili e rinnovabili.
Per il raggiungimento di tali obiettivi, in analogia a quanto accade per EBSI, il progetto prevede la contestualizzazione di diversi casi d’uso di interesse strategico quali lo studio di un sistema di gestione dell’identità digitale per mezzo della tecnologia blockchain, la tracciabilità e certificazione della filiera del biometano, la simulazione di comunità energetiche, l’uso della blockchain a supporto dei processi di gestione dell’invalidità civile e degli infortuni sul lavoro e altri ancora.
Le caratteristiche tecnologiche
Ricalcando le scelte adottate a livello europeo per EBSI, la tecnologia utilizzata in IBSI è Hyperledger-Besu. I nodi, implementati inizialmente con la versione 1.4.6 di Besu, sono attualmente passati alla 20.10.4. L’algoritmo di consenso per validare i blocchi e’ IBFT 2.0 che consente ad IBSI di essere in linea con l’esigenza di implementare una blockchain non energivora. Gli enti promotori hanno infatti optato per una scelta ecosostenibile in vista di una possibile implementazione di una blockchain nazionale dei servizi.
Ogni membro fondatore mette a disposizione almeno un nodo e, come previsto dall’algoritmo IBFT 2.0, i nodi validatori si alternano per creare il blocco successivo che prima di essere inserito nella catena deve essere firmato da una super maggioranza di essi (maggiore del 66%). I validatori esistenti in un dato momento votano le proposte per aggiungere o rimuovere nodi validatori implementando una politica paritaria di turnazione per essi. Occorre precisare che sia la scelta della tecnologia che le politiche di governance sono anch’esse parte integrante dell’ esperimento e potranno quindi evolvere, modificarsi, essere integrate. L’augurio e l’obiettivo è che il pool di partecipanti ad IBSI, e quindi il numero di nodi della rete, cresca nel tempo irrobustendo il sistema.
Il caso dell’Università di Cagliari
L’Università di Cagliari è direttamente coinvolta in questa sperimentazione e gestisce attualmente uno dei nodi dell’infrastruttura. La sua partecipazione al progetto sarà di ulteriore spinta e stimolo a portare avanti nuove linee di ricerca attraverso l’utilizzo dell’infrastruttura che permetterà di sperimentare nuovi casi d’uso di interesse sia scientifico che applicativo. I ricercatori del Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Cagliari hanno infatti iniziato ad interessarsi alla tecnologia blockchain sin dal 2014 e sono tra i più attivi in Italia (e non solo) sia per quel che riguarda le pubblicazioni scientifiche sia nell’ambito di progetti di ricerca applicata e di trasferimento tecnologico.
L’opportunità offerta dal progetto IBSI è unica in quanto permette di effettuare ricerca ed esperimenti in un contesto controllato e condiviso con diverse pubbliche amministrazioni italiane. Tra le attività di ricerca su tecnologia blockchain svolte già in passato dai ricercatori dell’Università di Cagliari vi sono quella del tracciamento di filiere agroalimentari, di certificazione di diplomi di laurea, di simulazioni del trading dell’energia, dei sistemi di e-voting. Il laboratorio IBSI permetterà nel prossimo futuro di verificare sul campo l’applicabilità della ricerca svolta utilizzando una infrastruttura unica nel suo genere ed orientata all’erogazione di servizi per i cittadini e per le imprese.
Conclusione
Come già sottolineato, IBSI è un progetto sperimentale nato sulle orme di EBSI. Il suo cammino è appena all’inizio ed è dunque ancora tutto da scrivere, ma i membri fondatori hanno la visione chiara che la tecnologia blockchain sarà sicuramente protagonista nel futuro della nostra pubblica amministrazione.