Ogni giorno sottoscriviamo elettronicamente negozi giuridici, ma non possiamo scrivere il nostro testamento digitalmente. Perché no?
Le forme del testamento
Eppure, in tutte le epoche storiche il testamento è sempre stato concepito come il negozio formale per eccellenza: a partire dalla tradizione giuridica romana, che è stata caratterizzata dal testamento orale (c.d. testamento nuncupativo) reso alla presenza di testimoni, sino ad arrivare all’era moderna, tutti gli ordinamenti giuridici si sono infatti sempre preoccupati di specificare gli aspetti formalistici da rispettare affinché il testamento potesse essere considerato valido e spiegare i suoi effetti tipici.
Il formalismo trovava (e trova) la sua ragione giustificatrice nell’esigenza, costante nel tempo, di garantire l’effettività della volontà del testatore, oltre che nell’importanza dell’atto in sé, e di assicurarne la provenienza dal suo autore.
Il testamento disciplinato nel nostro ordinamento è anch’esso caratterizzato dalle forme (artt. 602 e ss. c.c.). La legge prevede, in particolare, oltre a forme di testamento speciale, quattro forme tassative di testamento ordinario (il testamento olografo, il testamento pubblico, il testamento segreto e il testamento internazionale), tutte accomunate da un unico elemento: la forma scritta.
La volontà testamentaria, a prescindere da quale forma di testamento venga prescelta dal testatore e da chi sia il redattore, deve essere contenuta in un documento scritto, benché sia indifferente il mezzo e il supporto di scrittura.
I tempi appaiono dunque maturi per iniziare a riflettere sul testamento interamente digitale o, quanto meno, sull’adattamento delle forme di testamento previste dalla legge al contesto tecnologico.
La riflessione, peraltro, non può (e non deve) essere preclusa dal formalismo testamentario tipico dell’era analogica in quanto ciò esige semmai di essere solo reinterpretato e riletto in chiave tecnologica.
In altre parole, la questione appare più culturale che giuridica, in quanto si tratta unicamente di individuare un (nuovo) formalismo “digitale” in grado di assicurare, come quello analogico, l’effettività della volontà del testatore e la paternità e l’autenticità della dichiarazione mortis causa in modo tale da
Il testamento olografo digitale
La forma di testamento più diffusa, ma certamente meno adattabile al mondo digitale, è quella olografa di cui all’art. 602 c.c. La ragione è evidente: l’autografia, caratteristica principale del testamento olografo, è infatti un elemento irriproducibile dalle tecnologie informatiche.
L’art. 602 c.c. offre tuttavia margine per ipotizzarne una sua configurabilità in ambito digitale, in quanto la disposizione non precisa quale debba essere lo strumento a mezzo del quale il documento debba essere redatto né, tanto meno, il supporto[1].
Una parte della dottrina[2], in occasione dell’entrata in vigore del DPR n. 513/1997, ha ipotizzato, facendo leva sulla natura di scrittura privata del testamento, che l’art. 602 c.c. potesse ritenersi rispettato qualora fosse stato il testatore medesimo a utilizzare lo strumento informatico[3], essendo la firma autografa equiparabile alla firma avanzata, qualificata o digitale[4].
Oggi, tale conclusione non è più così temeraria[5] grazie all’avvento della cosiddetta firma grafometrica, valevole quale firma elettronica avanzata[6]: il sottoscrittore, utilizzando uno stilo particolare (alimentato o non alimentato) attraverso il quale il sistema acquisisce i parametri biometrici tipici del firmatario e li codifica creando un legame univoco e inscindibile tra questa e il documento, sottoscrive su un dispositivo in grado di raccogliere il tratto della sottoscrizione (ovvero una “tavoletta” digitalizzatrice) il documento informatico[7].
L’identificazione biometrica della firma si basa, come nel caso di scrittura autografa, su parametri grafometrici tipici del firmatario, quali:
- la pressione della mano sulla superficie;
- la velocità del tratto;
- l’accelerazione;
- il movimento aereo;
- il ritmo di scrittura.
Alla luce delle caratteristiche tecniche che presenta, la tecnologia grafometrica potrebbe trovare applicazione anche in ambito testamentario.
Le obiezioni sollevate da una parte della dottrina circa l’impossibilità di considerare autografa una firma apposta su una superficie inidonea ad imprime il segno grafico del redigente non sono, infatti, insuperabili: il sistema grafometrico da solo non potrebbe garantire quella sicurezza sull’autenticità della scrittura e della sottoscrizione tipici dell’olografia, ma con gli opportuni adattamenti tecnici e “procedurali” potrebbe comunque essere utilizzato.
Secondo l’ipotesi applicativa della firma grafometrica che si prospetta:
- il testatore dovrebbe richiedere lo SPID al fine di essere ufficialmente identificato digitalmente dallo Stato italiano. L’identificazione de visu (o via webcam od on-line) dovrebbe essere accompagnata dalla registrazione dei parametri biometrici legati alla scrittura e della sottoscrizione del firmatario da parte dell’Identity Provider;
- ottenuto lo SPID, il testatore dovrebbe accedere, identificandosi attraverso SPID (con autenticazione a 3 fattori), ad un portale protetto dedicato attraverso il sito del Consiglio Nazionale del Notariato o di un intermediario accreditato;
- effettuato l’accesso, il testatore dovrebbe iniziare a redigere il proprio testamento con l’ausilio della “tavoletta” digitalizzatrice per la raccolta della scrittura grafometrica (acquistata o messa a disposizione dell’intermediario accreditato). Il sistema di gestione del portale dovrebbe automaticamente incrociare i dati di autenticazione SPID con i parametri biometrici di scrittura già registrati in modo tale da garantire la coincidenza tra redattore, sottoscrittore e utilizzatore della tavoletta.
- terminata la redazione del testamento, il testatore dovrebbe sottoscrivere il documento informatico con firma grafometrica o con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, se in suo possesso.
- firmato il testamento, questo dovrebbe essere registrato e archiviato automaticamente sui server del Consiglio Nazionale del Notariato o dell’intermediario accreditato il quale dovrebbe provvedere a firmare digitalmente, con crittografia, il testamento ricevuto mettendo a disposizione del testatore una copia “semplice”.
Il documento informatico (rectius, la scheda testamentaria) risulterebbe:
- previa identificazione “forte” attraverso SPID (con autenticazione a 3 fattori), redatto interamente dal testatore con scrittura grafometrica, come se tutto il documento fosse un’unica firma (avanzata) grafometrica;
- sottoscritto elettronicamente dal testatore con firma elettronica avanzata (firma grafometrica);
- redatto e sottoscritto con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore;
- idoneo a soddisfare il requisito della forma scritta e con efficacia prevista dall’articolo 2702 c.c. (ex art. 20, co. 1 bis., CAD);
- munito di hash e di marcatura temporale, oltre che eventualmente crittografato;
- conservato in un’unica copia presso il Consiglio Nazionale del Notariato o un intermediario accreditato.
Le criticità
La soluzione proposta presenta delle criticità non soltanto di carattere tecnico, legate alla sicurezza dei software e dei portali degli intermediari, ma anche di natura giuridica.
Attualmente, infatti, la firma grafometrica è utilizzabile solo nell’ambito di un rapporto contrattuale e non laddove sia richiesta la forma scritta ad substantiam e l’atto abbia ad oggetto beni immobili.
Le problematiche sopra evidenziate potrebbero tuttavia essere superate se la firma grafometrica fosse valutata come tale, ovverosia esulando dal contesto delle firme elettroniche.
Invero, la firma grafometrica potrebbe essere equiparata ad una semplice firma autografa che, anziché essere apposta con uno strumento grafico su in foglio di carta, viene apposta su di uno speciale foglio elettronico.
Oggi associare il documento al (solo) foglio di carta costituisce soltanto un pregiudizio di tipo culturale[8].
La sottoscrizione, per tradizione, viene intesa come quel segno grafico apposto da una persona con l’inchiostro sulla carta che si caratterizza per:
- le peculiari tracce lasciate dal gesto personalissimo del sottoscrittore che possono essere oggetto di perizia calligrafica;
- la possibilità di associare il documento alla sottoscrizione;
- la possibilità di conservare nel tempo l’associazione documento – sottoscrizione.
Se tali caratteristiche vengono mantenute anche grazie alla firma grafometrica (rectius con la scrittura grafometrica), non si vede perché non si possa riconoscere a tale tipologia di firma elettronica lo stesso identico valore della firma autografa.
Del resto, il gesto di firmare resta il medesimo, sia che si firmi su un tablet sia che si firmi su un pezzo di carta[9].
Conclusioni
I legislatori sono consapevoli che un “ammodernamento” delle forme testamentarie è ineludibile: tuttavia, se è vero che, da un lato, hanno iniziato a comprendere che i beni digitali sono anch’essi parte del patrimonio ereditario e come tali devono entrare a far parte dell’asse ereditario, dall’altro lato, non si sono ancora attivati – o non hanno ancora trovato l’audacia – per adattare le attuali forme testamentarie alle nuove tecnologie né per crearne una nuova, in grado di adeguarsi alla nuova realtà socio-economica.
In un futuro non molto lontano si dovrà affrontare la questione a livello normativo e decidere se istituire una nuova forma di testamento (il testamento digitale) o adattare le forme già esistenti al contesto tecnologico, ragioni queste sufficienti per esaminare, da un altro lato, le effettive possibilità tecnico-giuridiche di confezionare un testamento interamente digitale e, dall’altro lato, le modalità di adattamento delle attuali forme di testamento alle tecnologie di cui si dispone attualmente.
Un dato è in ogni caso certo: in questo momento di “crisi della sottoscrizione”[10], nell’attesa di un intervento del legislatore, sarebbe auspicabile che venisse adottata con urgenza una regola di salvaguardia a garanzia delle volontà testamentarie, quale la cosiddetto “harmless error” (ovvero l’errore innocuo) contenuta all’interno dell’Uniform Probate Code degli Stati Uniti d’America[11].
Una disposizione di tal genere consentirebbe di colmare il gap culturale sulla validità del testamento redatto con strumenti informatici o interamente informatico e, nel contempo, di soddisfare quell’impellente esigenza di riconoscere valore ad un testamento privo delle formalità prescritte dalla legge, non rispettate per un “errore innocuo”.
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- Capozzi, Successioni e donazioni, Giuffrè, 2015, p. 213; Sasso, Il formalismo testamentario nell’era digitale tra Stati Uniti e Italia, in Rass. dir. civ., 2018, p. 213. ↑
- S. Patti, Commentario al dpr 513 del 1997, a cura di C.M. Bianca, in Nuove leggi civ. e comm., 2000, p. 64. ↑
- Sasso, Il formalismo testamentario nell’era digitale tra Stati Uniti e Italia, cit., p. 214. ↑
- Sasso, Il formalismo testamentario nell’era digitale tra Stati Uniti e Italia, cit., p. 214. ↑
- Ambanelli, Il testamento olografo, in Tratt. dir. succ. e don., diretto da Bonilini, Giuffrè, 2009, p. 1282; Sasso, Il formalismo testamentario nell’era digitale tra Stati Uniti e Italia, cit., p. 215. ↑
- La dottrina ritiene, infatti, che, qualora siano soddisfatti i requisiti di cui all’art. 26 del Regolamento eIDAS, la firma grafometrica sia da considerarsi sempre una firma elettronica avanzata sebbene attualmente solo sia considerata tale solo nei limiti di cui al DPCM 22 febbraio 2013; G. Finocchiaro, La metafora e il diritto nella normativa sulla cosiddetta “firma grafometrica”, in Dir. inf. e inform., 2013, p. 13. ↑
- G. Finocchiaro, La metafora e il diritto nella normativa sulla cosiddetta “firma grafometrica”, cit., p. 12. ↑
- G. Finocchiaro, La metafora e il diritto nella normativa sulla cosiddetta “firma grafometrica”, cit., p. 13. ↑
- G. Finocchiaro, La metafora e il diritto nella normativa sulla cosiddetta “firma grafometrica”, cit., p. 14. ↑
- S. Patti, Il testamento olografo nell’era digitale, in Riv. dir. civ., 2014, p. 992. ↑
- Sasso, Il formalismo testamentario nell’era digitale tra Stati Uniti e Italia, cit., p. 196 ↑