Sette imprese italiane su dieci ancora non hanno nemmeno aperto il grande libro che potrebbe riscrivere la storia economica (e sociale) del nostro Paese: il PNRR. Una recente rilevazione effettuata dal Centro studi Tagliacarne di Unioncamere mostra infatti che solo una impresa su 3 è pronta a cogliere le opportunità delle nuove risorse espressamente dedicate al sistema produttivo dal Piano, come Transizione 4.0 ed economia circolare. Il 16%, infatti, si è già attivato per aderire ai progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza mentre un altro 13% ha in programma di farlo.
PA digitale, l’informatizzazione degli enti locali vista dalla Banca d’Italia: gap e rimedi
La maggioranza assoluta, però, è ferma al palo, senza, al momento, interessarsi alle molteplici occasioni di sviluppo che si stanno aprendo. E tra queste aziende, la quota maggiore è rappresentata dalle imprese più piccole: l’80% di quelle di minori dimensioni, infatti, non ha nemmeno in programma di avvalersi delle straordinarie risorse previste dal Piano, contro il 50% delle aziende medio grandi.
È evidente che occorre invertire questa rotta, e occorre farlo al più presto anche perché il PNRR è un’opportunità storica per affrontare problemi irrisolti da decenni. Certo, il Piano rappresenta una sfida realizzativa di non poco conto per il nostro Paese, non solo perché le erogazioni dipendono dal rispetto, semestre per semestre, di ben 527 target e milestone, ma soprattutto perché il PNRR raggiungerà il suo reale obiettivo se nel 2026 avremo costruito un Paese diverso, più moderno, più equo e con un’economia più sostenibile e inclusiva. Ma questo avverrà se le riforme saranno state realizzate, gli investimenti compiuti, le infrastrutture completate. E se le nostre imprese saranno più forti e competitive e se avranno compiuto effettivamente le transizioni verso il digitale e l’ecosostenibilità.
Imprese e PNRR, stato dell’arte
I dati dell’indagine mostrano chiaramente che il raggiungimento di questo traguardo non è affatto scontato. L’Italia conta più di 5 milioni di imprese attive, diffuse nei territori e quasi tutte di dimensione micro e piccola. E che per questo non possono essere lasciate da sole, ma andrebbero informate, sollecitate, formate e accompagnate ad affrontare questi grandi cambiamenti. Imprese che peraltro stanno uscendo ora, talvolta anche con le ossa rotte, dagli effetti della pandemia, che si stanno confrontando con l’innalzamento dei costi energetici e delle materie prime, con le preoccupazioni umane ed economiche di una guerra che è praticamente ai nostri confini. Tutti fattori che possono incidere sulla loro capacità di cogliere le occasioni di sviluppo ora disponibili e di mettersi in gioco.
Con Il PNRR, il Governo ha costruito uno straordinario trampolino verso il futuro. Ma per consentire ai nostri imprenditori di raggiungere quella vetta ed essere pronti a spiccare il volo, occorre costruire i pioli della scala che porta in cima: strutturare cioè un supporto che affianchi realmente gli operatori, quelli piccoli soprattutto, a cogliere le opportunità e a lanciarsi nelle due transizioni gemelle. Proprio le Camere di commercio possono essere parte attiva nel cambiamento; uno strumento prezioso per fare conoscere alle imprese le risorse e gli strumenti previsti dal Piano e scaricare a terra le misure chiave previste.
L’importanza della digitalizzazione per le imprese
Ci sono almeno quattro temi nei quali il sistema camerale potrebbe fornire un’utile mano al Paese in questa fase storica. Nell’elencarli di seguito, parto da una delle ultime attività che il sistema camerale sta conducendo all’interno del network Industria 4.0 e che sta dando tante soddisfazioni anche per i riconoscimenti fino ad oggi ricevuti: l’impegno per la digitalizzazione delle imprese. Nell’economia 4.0 le aziende italiane, specie quelle piccole, sono indietro rispetto a quelle degli altri Paesi europei.
Il sistema camerale nello scorso quinquennio, utilizzando entrate straordinarie, ha raggiunto e sostenuto oltre 450 mila imprese tramite i Punti Impresa Digitale, i PID, best practice riconosciuta a livello europeo, e ha permesso a molte aziende di restare operative anche durante i lockdown. Non è stato un impegno da poco per il sistema camerale, ma le Camere di commercio lo hanno affrontato con coraggio ed ottimismo, rendendosi conto di quanto fosse necessaria la loro vicinanza e prossimità con le imprese per sollecitarne l’attenzione e accompagnarle nell’acquisizione degli strumenti di base del digitale. Ci sono ancora diverse centinaia di migliaia di aziende però da raggiungere. Credo allora che investire con decisione sul sistema camerale e sui PID nei programmi di transizione 4.0 potrebbe essere una scelta lungimirante.
La telematizzazione
Un altro tema chiave è quello della telematizzazione diffusa dei rapporti Stato-impresa. L’utilizzo del digitale nei rapporti con la pubblica amministrazione può essere considerato l’altra gamba della semplificazione. A partire dagli anni ‘80 le Camere di commercio hanno aperto la strada della trasformazione telematica e digitale nella Pubblica amministrazione con il Registro delle imprese, primo esempio in Europa di registro totalmente telematico. Questo non è solo un patrimonio acquisito è un’importante risorsa da valorizzare.
Di recente al sistema camerale sono stati affidati la realizzazione di una specifica piattaforma per sostituire l’autocertificazione delle imprese con forme automatizzate di verifica, la gestione dei domicili digitali, la verifica dei titolari effettivi, il supporto alla realizzazione del registro del terzo settore. In una visione sistemica, l’anello mancante di questo crescente aumento di funzioni da parte dello Stato sul registro delle imprese è la sua trasformazione in piattaforma unica di interfaccia tra imprese e PA.
Il ruolo degli sportelli unici
Un tassello fondamentale della semplificazione dei rapporti tra imprese e amministrazioni pubbliche: gli sportelli unici. Il sistema camerale ha strutturato da tempo lo sportello unico totalmente digitale adottato oggi da oltre la metà dei Comuni italiani e che tutte le associazioni imprenditoriali indicano come il più performante. A marzo 2022 lo sportello unico delle attività produttive digitale delle Camere di commercio ha raggiunto un nuovo record: attraverso la piattaforma Impresa in un giorno sono transitate oltre 99mila pratiche amministrative per l’avvio e l’esercizio dell’attività di impresa. E’ il dato mensile più elevato mai registrato dall’entrata in funzione nell’aprile 2011, superiore del 14% rispetto al precedente record del dicembre 2021 e del 27% rispetto a marzo 2021. Già i risultati del 2021 avevano peraltro dimostrato il crescente utilizzo da parte delle imprese del Suap digitale. Lo scorso anno le pratiche online sono state infatti oltre 900mila, con un incremento del 44% rispetto al 2019 e del 37% rispetto al 2020, anno condizionato fortemente dalla pandemia. Ebbene, perché non estendere l’utilizzo di questa risorsa a tutti gli altri comuni, a partire da quelli che hanno maggiori difficoltà con i processi digitali?
Come per il digitale, gli ultimi due punti che vorrei introdurre sono fortemente connessi alle misure del Pnrr espressamente destinate al sistema produttivo.
Sostenibilità e ambiente
Partiamo dall’ambiente. Gli interventi previsti dal Piano potranno essere di grande impatto per migliorare la sostenibilità. Per le imprese la transizione ecologica implica l’introduzione di quote di innovazione rilevante nell’organizzazione, nei processi, nelle filiere, nei comportamenti aziendali. Le nostre indagini mostrano che la quota di imprese che prevede entro il 2022 di superare i livelli produttivi pre-Covid raggiunge il massimo quando gli investimenti nel green e nel digitale sono finalizzati ad aumentare la flessibilità organizzativa e produttiva migliorando il modello di business (44% riguardo al digitale; 41% per il green) e che per gli investimenti green l’obiettivo della flessibilità si dimostra ancor più essenziale (rispetto a quelli digitali) per aumentare la resilienza produttiva. Come è stato fatto con i Punti impresa digitale, perché, allora, non sostenere con risorse dedicate la realizzazione di sportelli green nelle Camere di commercio per accelerare questi percorsi?
La necessità di semplificazione
Un altro tema chiave per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è quello della semplificazione. Una indagine del Centro studi Tagliacarne ci dice che una riduzione di un terzo del tempo dedicato dalle risorse umane interne alle imprese agli adempimenti burocratici, reimpiegato nelle attività produttive, comporterebbe un aumento della produttività aziendale tra il +0,5% e il +1,1%. Per un Paese come il nostro che ha un grosso deficit di produttività, già questo sarebbe un significativo miglioramento. Per ottenerlo, però, bisogna ascoltare le imprese, capire quali sono gli ostacoli burocratici più fastidiosi e pesanti e intervenire a sciogliere proprio quei nodi che stringono di più.
Va dato merito al Governo di dedicare a questo tema un impegno straordinario che ha prodotto già un notevole passo avanti. Le criticità però ci sono ancora e sono molto sentite dalle aziende, in termini di tempi e di costi. Chi opera si trova dinanzi ad una giungla di procedure, a definizioni regolatorie differenti tra regioni e a volte persino tra comuni limitrofi, a controlli privi di coordinamento, a interpretazioni diverse che espongono a rischi anche penali, basti pensare alla normativa ambientale. Negli scorsi mesi in Unioncamere abbiamo costituito una Commissione permanente sui temi della semplificazione con la partecipazione delle Confederazioni imprenditoriali dei diversi settori. Mi chiedo allora se non si possa immaginare di delegare al sistema camerale la raccolta sistematica delle proposte condivise del mondo imprenditoriale per portarle all’attenzione del Governo e del Parlamento. Che poi valuteranno e decideranno cosa fare. Avendo ben presente, però, i provvedimenti, le norme, le procedure sulle quali intervenire prima in un’ottica di semplificazione.
Conclusione
Deve essere una costante preoccupazione del decisore, Parlamento o Governo, in ogni provvedimento che vara, mettersi nei panni delle imprese, immaginare le loro difficoltà e affiancarle. Questo è il senso di un’amministrazione amica. In una fase di grande trasformazione come l’uscita dall’economia di guerra, il Governo statunitense alla fine degli anni Quaranta dello scorso secolo progettò e realizzò una struttura federale, la Small Business Administration, per affiancare le Pmi. Una realtà che continua ad operare ancor oggi. In Italia non serve creare un’agenzia né affidare ad un ministero questo compito che va svolto nei territori. Le Camere di commercio possono essere quelle agenzie territoriali, quei centri di competenza, quella rete di supporto attivo alle imprese, che l’attuazione del Pnrr richiede, in un modello di sussidiarietà più prossima ai territori.